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Lo studente bocciato a causa dei danni subiti da un sinistro ha diritto al risarcimento del danno da lucro cessante

Lo studente che, a causa dei danni subiti in conseguenza di un sinistro, non ha conseguito il risultato scolastico, ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante.
Lo ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 3949/2007, ha cassato la pronuncia della Corte territoriale, rea di non aver applicato il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in forza del quale  il danno patrimoniale da lucro cessante, per un soggetto privo di reddito e a cui siano residuati postumi permanenti in conseguenza di un fatto illecito altrui, configura un danno futuro, da valutare con criteri probabilistici, in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto.
Pertanto, nel valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o alle sue inclinazioni, rapportati alla posizione economico-sociale della famiglia, oppure (nel caso in cui quella previsione non possa essere formulata) adottando come parametro di riferimento quello di uno dei genitori,presumendo che il figlio eserciterà la medesima professione del genitore.



- Leggi la sentenza integrale -

Suprema Corte di Cassazione
Terza Sezione Civile
 Sentenza n. 3949/2007

Motivi della decisione

Nei due motivi di ricorso la N. lamenta i vizi della motivazione e la violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c. [1].

1) – In particolare, il primo motivo censura il punto della sentenza in cui è stata respinta la domanda di risarcimento del danno subito per il mancato conseguimento del risultato scolastico nell'anno in cui s'è verificato il sinistro, nonché quella del risarcimento conseguente alla diminuita capacità lavorativa, accertata dal CTU nella misura del 20% ed incontestata tra le parti.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha respinto le domande in questione nella considerazione che "non sussistono elementi per calcolare una diminuzione reale della specifica capacità di guadagno, che all'epoca l'infortunata non possedeva". Siffatta affermazione non solo è viziata da difetto di motivazione ma, soprattutto, contrasta con il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui il danno patrimoniale da lucro cessante, per un soggetto privo di reddito e a cui siano residuati postumi permanenti in conseguenza di un fatto illecito altrui, configura un danno futuro, da valutare con criteri probabilistici, in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto.

Pertanto, se occorre valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o alle sue inclinazioni, rapportati alla posizione economico-sociale della famiglia, oppure (nel caso in cui quella previsione non possa essere formulata) adottando come parametro di riferimento quello di uno dei genitori,presumendo che il figlio eserciterà la medesima professione del genitore (in tal senso tra le varie, cfr. Cass. 2 ottobre 2003, n. 14678).

La sentenza va dunque , cassata sul punto ed il giudice, adeguandosi al principio di diritto sopra enunciato, dovrà procedere all'accertamento ed alla eventuale liquidazione del risarcimento del danno da mancato guadagno subito dalla vittima, tenendo conto che, benché non sia configurabile un danno da lucro cessante specificamente rapportabile al ritardo (in via eziologia riferibile all'atto illecito produttivo del danno alla persona) nel conseguimento del titolo di studio, di questa circostanza può essere eventualmente tenuto conto nella misura in cui quel ritardo stesso allunga i tempi per svolgere la probabile attività lavorativa (produttiva di reddito) per il cui esercizio il titolo di studio è necessario.

2) – Nel secondo motivo la ricorrente – dolendosi del vizio della motivazione e della violazione dell'art. 2059 c.c. – censura la sentenza per avere respinto il suo motivo d'appello in ordine al danno morale (liquidato dal primo giudice in L. 36.740), sulla base della mera affermazione che esso "è stato liquidato in maniera congrua", senza poi di fatto procedere alla relativa liquidazione. Aggiunge che il giudice non ha tenuto conto dei propri rilievi circa il fatto che la liquidazione del danno morale deve tenere conto della diminuita capacità lavorativa e della gravità delle lesioni subite.

Il motivo è infondato, in quanto la sentenza contiene una congrua motivazione in ordine allo specifico punto oggetto di denunzia.

3) – Pertanto, accolto il primo motivo e respinto il secondo, la sentenza deve essere cassata, con rinvio al giudice designato nel dispositivo, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Roma, 22 novembre 2006.

L'Estensore Il Presidente

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

IL 20 FEBBRAIO 2007

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