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Non esiste alcuna correlazione biunivoca tra entita' delle lesioni fisiche e entita' del danno patrimoniale da lucro cessante

Non esiste alcuna correlazione biunivoca tra entita' delle lesioni fisiche e entita' del danno patrimoniale da lucro cessante: lesioni gravi possono infatti non incidere affatto sullo svolgimento dell'attivita' lavorativa (ad es., la perdita dell'arto inferiore per un notaio); cosi' come lesioni lievi possono impedirla del tutto (ad es., una modesta riduzione del visus in pilota di aerei di linea). (Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 12 maggio 2015, n. 9571)

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 12 maggio 2015, n. 9571



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni B. - Presidente

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere

Dott. SESTINI Danilo - Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24872/2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS);

- intimati -

avverso la sentenza n. 1090/2011 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/04/2011, R.G.N. 145/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2015 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l'inammissibilita' in subordine rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il (OMISSIS) (OMISSIS) rimase vittima d'un sinistro stradale, allorche' alla guida d'un motociclo venne urtato a tergo da altro motociclo.

Per ottenere il risarcimento dei danni patiti, nel 2002 convenne dinanzi al Tribunale di Napoli (OMISSIS), proprietario e conducente del veicolo che causo' il sinistro, ed il suo assicuratore della responsabilita' civile, la (OMISSIS) s.p.a. (che in corso di giudizio, in seguito a fusione per incorporazione, mutera' ragione sociale in " (OMISSIS)- (OMISSIS)").

2. I convenuti si opposero alla domanda e ne chiesero il rigetto.

Il Tribunale di Napoli con sentenza 10.10.2006 accolse la domanda attorea. La sentenza venne impugnata in via principale dalla (OMISSIS), la quale si dolse della misura eccessiva con cui il Tribunale aveva stimato il danno; ed in via incidentale da (OMISSIS), il quale formulo' la censura esattamente opposta, ovvero si dolse della sottostima dei danni subiti.

3. La Corte d'appello di Napoli sentenza 5.4.2011 n. 1090 accolse l'appello principale, rigetto' quello incidentale e ridetermino' conseguentemente il l quantum debeatur.

La Corte d'appello, in particolare, ritenne non provata da parte della vittima ne' l'esistenza del danno patrimoniale da lucro cessante conseguente alla perdita della capacita' di lavoro, ne' la derivazione causale di esso dalle lesioni provocate dal sinistro.

4. La sentenza d'appello e' stata impugnata per cassazione da (OMISSIS), sulla base di u n solo motivo.

Nessuno degli intimati si e' difeso in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il motivo di ricorso.

1.1. Con l'unico motivo del proprio ricorso (OMISSIS) sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'articolo 360 c.p.c., n. 3, (si assumono violati agli articoli 1223, 1226, 2043, 2055, 2056, 2727 e 2729 c.c.); sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5.

Espone il ricorrente che la sentenza d'appello ha errato nell'escludere l'esistenza d'un danno alla capacita' di lavoro e di guadagno della vittima, e che due sarebbero gli errori sottesi da tale statuizione:

(a) da un lato, la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere non dimostrata l'esistenza del danno, senza fare ricorso alla prova presuntiva;

(b) dall'altro lato, la Corte d'appello avrebbe errato nel valutare le prove raccolte nel corso dell'istruttoria, le quali dimostravano a sufficienza l'esistenza della riduzione del reddito ed il suo ammontare.

1.2. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge il motivo e' inammissibile.

Nella sentenza impugnata non si ravvisa una sola affermazione che infranga le sette norme che si pretendono violate dal ricorrente.

Il giudice di merito non ha certo negato che il fatto illecito causativo di danno obblighi l'autore a risarcirlo (articoli 2043 e 2055 c.c.); ne' che la liquidazione possa avvenire in via equitativa (articolo 1226 c.c.); ne' che il risarcimento debba comprendere il mancato guadagno (articolo 1223 c.c.); ne' che dalla prova d'un fatto noto possa risalirsi alla prova d'un fatto ignorato (articoli 2727 e 2729 c.c.).

Il giudice di merito ha semplicemente escluso che vi fosse la prova dell'esistenza d'un danno patrimoniale da lucro cessante: e questo e' un accertamento di fatto, sindacabile in sede di legittimita' solo sotto il profilo del vizio di motivazione.

Pretendere che il giudice abbia violato l'articolo2043 c.c., sol perche' ha escluso la prova dell'esistenza del danno significa stravolgere i principi del giudizio di legittimita'.

1.3. Nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione il ricorso e' infondato.

Com'e' noto, il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.

E' altresi' noto che il giudice di merito al fine di adempiere all'obbligo della motivazione non e' tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma e' invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

E, infine, noto che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione del giudice del merito.

Da questi principi pacifici discende che non puo' chiedersi al giudice di legittimita' una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito. Il sindacato della Corte e' limitato a valutare se la motivazione adottata dal giudice di merito sia esistente, coerente e consequenziale: accertati tali requisiti, nulla rileva che le prove raccolte si sarebbero potute teoricamente valutare in altro modo.

1.4. Nel caso di specie la Corte d'appello ha in sostanza ritenuto:

(a) che i postumi permanenti derivanti dalla frattura del polso e della tibia non sono lesioni di per se' ostativi allo svolgimento di un lavoro intellettuale, quale quello di amministratore di societa' di capitali, svolto dalla vittima;

(b) che in ogni caso non vi era prova d'una correlazione tra le menomate condizioni di salute del danneggiato ed una riduzione del reddito.

Tale motivazione e' ovviamente esistente, sicche' non sussiste il vizio di motivazione "insufficiente" lamentato dalla parte ricorrente. In secondo luogo e' logica e coerente con la massima di esperienza secondo cui non esiste alcuna correlazione biunivoca tra entita' delle lesioni fisiche e entita' del danno patrimoniale da lucro cessante: lesioni gravi possono infatti non incidere affatto sullo svolgimento dell'attivita' lavorativa (ad es., la perdita dell'arto inferiore per un notaio); cosi' come lesioni lievi possono impedirla del tutto (ad es., una modesta riduzione del visus in pilota di aerei di linea).

3. Le spese.

Non e' luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio degli intimati.

P.Q.M.

la Corte di cassazione, visto l'articolo 380 c.p.c.:

-) rigetta il ricorso.

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