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Per i danni subiti dal motociclista che cade nello scavo è responsabile l'appaltatore che sta eseguendo i lavori e non il committente

In caso di esecuzione dei lavori appaltati, l'appaltatore opera di regola in autonomia, con propria organizzazione ed apprestando i relativi mezzi, ed è quindi esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell'esecuzione dell'opera, salva l'esclusiva responsabilità del committente laddove questi abbia preso parte ai lavoro con direttive vincolanti, che abbiano ridotto l'appaltatore al rango di "nudus minister". Il altre parole, la corresponsabilità del committente sussiste solo nel caso in cui questi abbia emanato direttive specifiche che abbiano delimitato l'autonomia dell'appaltatore. Non sussiste dunque responsabilità del committente (in questo caso l'Ente locale) se non si accerta che questi, avendo in forza del contratto di appalto la possibilità di impartire prescrizioni nell'esecuzione dei lavori o di intervenire per chiedere il rispetto della normativa di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione dei lavori o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa del sinistro. I suindicati principi trovano applicazione anche nell'appalto di opere pubbliche, atteso che anche in tali ipotesi, pur se i limiti più ristretti rispetto all'appaltatore di opera privata, l'appaltatore conserva i margini di autonomia; quest'ultimo è da considerasi di regola l'unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, mentre la responsabilità concorrente e solidale dell'amministrazione committente si può configurare solamente laddove il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall'amministrazione committente. Una responsabilità esclusiva di quest'ultima resta configurabile solo allorquando essa abbia rigidamente vincolato l'attività dell'appaltatore, così da neutralizzarne completamente la libertà di decisione.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 20 settembre 2011, n. 19132



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso - Presidente

Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE BISACQUINO (OMESSO) in persona del Sindaco in carica Dott. CO. FI. , elettivamente domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'Avv. CARONNA ANDREA giusto mandato in atti;

- ricorrente -

contro

PI. MA. (OMESSO), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 5, presso lo studio dell'avvocato LOFFREDA GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall'avvocato GERACI STEFANO giusto mandato in atti;

- controricorrente -

e contro

EA. EN. AC. SI. (OMESSO), IMPRESA CA. GI. ;

- Intimati -

Nonche' da:

EA. EN. AC. SI. in liquidazione (OMESSO) in persona del Commissario Liquidatore e legale rappresentante p.t. Dott. MA. MA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VINCENZO BELLINI 4, presso lo studio dell'avvocato ANDREA GEMMA, rappresentato e difeso dall'avvocato SPALLINO AURELIA giusto mandato in atti;

- ricorrente incidentale -

e contro

PI. MA. (OMESSO), COMUNE BISACQUINO (OMESSO), IMPRESA CA. GI. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 217/2009 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 11/02/2009 R.G.N. 747/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l'Avvocato STEFANO PARLATORE per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell'11/2/2009 la Corte d'Appello di Palermo, in accoglimento del gravame interposto dalla sig. Pi.Ma. nei confronti della pronunzia Trib. Termini Imerese 19/11/2002, condannava il Comune di Bisacquino, l'Ente Acquedotti Siciliani (E.A.S.) ed il sig. Ca. Gi. , quale titolare dell'omonima impresa individuale, al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il (OMESSO), allorquando la Pi. cadeva dal ciclomotore di cui era alla guida a causa della presenza di uno scavo nella sede stradale.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il Comune di Bisacquino propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resistono, con separati controricorsi, la Pi. e l'Ente Acquedotti Siciliani (E.A.S.), il quale ultimo spiega altresi' ricorso incidentale sulla base di 2 motivi.

L'intimato Ca. , nella qualita', non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 e il 2 motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito l'abbia ritenuto responsabile, in difetto di prova in ordine all'esatto punto nel quale la caduta e' nel caso avvenuta, trattandosi di strada appartenente in parte al Comune di Giuliana.

Formula al riguardo i seguenti quesiti di diritto:

se ove si chieda al giudice di accertare ed affermare la responsabilita' della pubblica amministrazione in dipendenza dell'articolo 2051 c.c., in relazione a strade pubbliche, ove sussista almeno incertezza sulla proprieta' della strada (2 motivo).

Con il 3 motivo denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la corte di merito ha pronunziato omettendo di considerare le emergenze dalla querela a firma Pi. Mi. e Ba. Fr. .

Formula al riguardo il seguente momento di sintesi: In conclusione e' da riconoscere che la motivazione e' carente ed insufficiente la' ove ha omesso di tenere conto di quanto affermato e risultante nella querela acquisita, dalla quale e' possibile evincere l'asserita direzione di marcia del motociclo, e sotto altro profilo e' contraddittoria la' ove si intendono applicare obblighi od almeno possibilita' per il comproprietario a soggetto che tale qualifica non riveste.

Con il 4 motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che rigettandosi l'appello le spese processuali avrebbero dovuto essere poste a carico di parte avversa.

Formula al riguardo il seguente quesito: se costituisce violazione dell'articolo 91 c.p.c. la mancata condanna della parte soccombente alle spese.

Con il 1 motivo il ricorrente in via incidentale denunzia erronea e falsa applicazione degli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la corte di merito non ha «minimamente considerato e accertato il fatto colposo del danneggiato che abbia eventualmente escluso il nesso causale necessario ovvero abbia dato luogo a un eventuale concorso eziologico, con connesse carenze e contraddittorieta' di motivazione, ed inadeguato ed illogico apprezzamento degli elementi processuali raccolti.

Formula al riguardo il seguente quesito: se, in virtu' dell'articolo c.c. ed ex articolo 2051 c.c. prescindendo da ogni accertamento circa l'esistenza del nesso causale tra fatto ed evento e da ogni valutazione circa l'eventuale apporto causale del comportamento dello stesso danneggiato ed in carenza di prova piena nel merito in ordine al concorso della doppia condizione della non visibilita' oggettiva e della non prevedibilita' soggettiva caratterizzanti una situazione di pericolo occulto.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili, in applicazione degli articoli c.p.c. e articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L'articolo Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il sito di diritto di cui all'articolo Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel caso i quesiti di diritto formulati nel ricorso principale e nel ricorso incidentale non risultano informati allo schema delineato da questa Corte (cfr. in particolare Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), non recando invero la riassuntiva indicazione degli aspetti di fatto rilevanti; del modo in cui gli stessi sono stati dai giudici di merito rispettivamente decisi; della diversa regola di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione.

Nel sostanziarsi in espressioni evocanti le rispettive non accolte tesi difensive, i suddetti quesiti si palesano invero privi di decisivita', tali cioe' da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

L'inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell'impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all'articolo Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Tanto piu' che nel caso i motivi risultano formulati in violazione del principio di autosufficienza, atteso che i ricorrenti, sia principale che incidentale, fanno richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito es., all'atto notificato il 21/12/2000, alle comparse di costituzione e risposta del giudizio di primo grado, alle prove testimoniali, alla sentenza del giudice di prime cure, all'atto di appello della Pi. , alle informazioni pervenute dal Comune di Giuliana (il ricorrente in via principale); agli atti dei giudizi di merito e alle dichiarazioni dei testi escussi in primo grado sigg.ri Tu. Ma. e To. Gi. (il ricorrente in via incidentale) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente ed esaustivamente -per quanto in questa sede d'interesse - riprodurli nel ricorso, ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, e, ai sensi dell'articolo Cass., 12/12/2008, n. 29279).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, risponde a consolidato principio che a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (articolo 366-bis c.p.c.).

Al riguardo si e' precisato che l'articolo Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso il 3 motivo del ricorso principale ed il 1 motivo del ricorso incidentale non recano la "chiara indicazione" - nei termini piu' sopra indicati - delle relative "ragioni", tale non potendo invero ritenersi la proposizione, piu' sopra riportata, posta dal ricorrente principale (laddove il momento di sintesi non risulta invero nemmeno "adombrato" dal ricorrente in via incidentale) a chiusura del motivo, non contemplando essa la sintetica e riassuntiva indicazione del fatto controverso, la specifica indicazione degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione, degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria, inammissibilmente rimettendosene l'individuazione all'attivita' esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell'abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Con il 2 motivo il ricorrente in via incidentale denunzia erronea e falsa applicazione degli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito l'abbia ritenuto responsabile pur avendo appaltato i lavori all'Impresa Ca. Gi. , senza prova o deduzione che l'appaltatore fosse stato ridotto a nudus minister.

Il motivo e' fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha gia' avuto piu' volte modo di affermare, poiche' di regola nell'esecuzione dei lavori appaltati opera in autonomia, con propria organizzazione ed apprestando i relativi mezzi, l'appaltatore e' esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell'esecuzione dell'opera, salva (a parte l'ipotesi di una culpa in eligendo) l'esclusiva responsabilita' del committente laddove questi si sia ingerito nei lavori con direttive vincolanti, che abbiano ridotto l'appaltatore al rango di nudus minister; ovvero la corresponsabilita' del medesimo, qualora si sia ingerito con direttive che abbiano solamente ridotto l'autonomia dell'appaltatore.

Ne consegue che non sussiste responsabilita' del committente se non rimane accertato che questi, avendo in forza del contratto di appalto la possibilita' di impartire prescrizioni nell'esecuzione dei lavori o di intervenire per chiedere il rispetto della normativa di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalita' di esecuzione dei lavori o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro (v. Cass., 12/7/2006, n. 15782).

I suindicati principi trovano applicazione anche nell'appalto - come nella specie - di opere pubbliche, atteso che anche in tali ipotesi, pur se in limiti piu' ristretti rispetto all'appaltatore di opera privata (stante l'obbligatorieta' della nomina del direttore dei lavori e la continua ingerenza dell'amministrazione appaltante), l'appaltatore conserva margini di autonomia, sicche' e' da considerarsi di regola unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, la responsabilita' concorrente e solidale dell'amministrazione committente potendo configurarsi solamente laddove il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall'amministrazione committente, mentre una responsabilita' esclusiva di quest'ultima resta configurabile solo allorquando essa abbia rigidamente vincolato l'attivita' dell'appaltatore, cosi' da neutralizzarne completamente la liberta' di decisione (v. Cass., 31/7/2002, n. 11356).

Accertare se ricorra o meno la responsabilita' del committente costituisce questione di fatto, come tale rimessa al giudice di merito, la cui decisione e' insindacabile in sede di legittimita' in presenza di congrua motivazione (v. Cass., 21/6/2004, n. 11478).

Orbene, nell'affermare la responsabilita' (oltre che dell'impresa Ca. , per avere omesso di sistemare il manto stradale, in modo da porlo in condizioni di efficienza, e che e' intervenuta dopo l'incidente occorso alla Pi. , anche) dell' EA. , per non avere tale ente esercitato gli specifici poteri di controllo nella fase finale dell'esecuzione dei lavori, e per avere in particolare omesso di imporre all'appaltatore, a mezzo del direttore dei lavori, l'esecuzione delle opere necessarie per consentire il transito sulla strada in sicurezza, la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi, pervenendo a ravvisare la sussistenza della (cor)responsabilita' dell'ente committente in ordine al sinistro de quo erroneamente argomentando dalla relativa mancata ingerenza nell'appalto, con esplicazione di attivita' di controllo e di direttiva vincolanti al punto di eliminarne del tutto l'autonomia dell'appaltatore.

Movendo cioe' da assunti logici invero esattamente contrari ai principi, piu' sopra riportati, che governano la materia.

Dell'impugnata sentenza s'impone pertanto la cassazione in relazione.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa puo' essere peraltro decisa nel merito ex articolo 384 c.p.c., comma 2, con esclusione della responsabilita' dell'ente EA. , anche in ordine alle spese processuali dei gradi di merito, delle quali ultime va disposta la compensazione per quanto riguarda la relativa posizione.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e si pongono a carico del ricorrente principale in favore di ognuna delle controparti costituite.

Non e' viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell'intimato Ca. , nella qualita' di titolare dell'omonima impresa individuale, non avendo il medesimo svolto attivita' difensiva.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 2 motivo del ricorso incidentale, dichiara inammissibile il 1 motivo del medesimo e il ricorso principale. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, esclude la responsabilita' dell'ente EA. , anche in ordine alle spese processuali dei gradi di merito, che per quanto riguarda la sua posizione compensa. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuna delle controparti costituite.
 

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