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La giustizia amministrativa
La giurisdizione per la tutela degli interessi legittimi nei confronti dell'Amministrazione pubblica.
Si realizza attraverso un processo che si svolge davanti a giudici particolari individuati dalla Costituzione, all’art. 103, specificatamente nel Consiglio di Stato e, genericamente, in “altri organi di giustizia amministrativa”; ai quali è attribuita la giurisdizione per la tutela degli interessi legittimi nei confronti dell’Amministrazione pubblica.
Giurisdizioni del giudice amministrativo
Sono di tre specie:
- Giurisdizione generale di legittimità: è ammesso ricorso per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere contro qualsiasi provvedimento amministrativo, il quale abbia leso un interesse legittimo;
- Giurisdizione speciale di merito: a differenza di quella di legittimità, questa giurisdizione si esercita solo sulle materie tassativamente stabilite dalla legge e rappresenta un plus rispetto a quella di legittimità, nel senso che il giudice amministrativo, oltre ai normali poteri della giurisdizione di legittimità, gode di poteri più ampi, potendo accertare, in maniera più penetrante, i fatti e potendo sostituirsi all’autorità amministrativa mediante la riforma del provvedimento impugnato;
- Giurisdizione esclusiva: è una giurisdizione speciale attribuita dalla legge Tar e da altre leggi su determinate materie, per le quali la cognizione non è limitata agli interessi legittimi, ma si estende anche ai diritti soggettivi. In questa giurisdizione si prescinde dall’impugnativa di un provvedimento amministrativo, poiché la giurisdizione si estende all’intero rapporto.
All’interno di questa giurisdizione possono essere emesse nei confronti dell’amministrazione non solo sentenze costitutive di annullamento, ma anche sentenze dichiarative di fatti e situazioni giuridiche e sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro.
Le parti del processo amministrativo
In relazione al rapporto giuridico controverso e quindi sotto l’aspetto sostanziale, è opportuno distinguere:
- Dal lato attivo è parte chi può legittimamente pretendere tutela in quanto asserisce di essere stato leso in una situazione giuridica tutelata (un interesse legittimo e, nella giurisdizione esclusiva, anche un diritto soggettivo); ancora, dal lato attivo è parte in senso sostanziale chi può far valere nel processo in nome proprio un interesse o un diritto altrui: si parla in tal caso di sostituzione processuale.
Inoltre vanno menzionati i cointeressati del ricorrente (cioè quei soggetti che subiscono anch’essi direttamente un danno dal provvedimento impugnato dal ricorrente), i quali possono pure essi partecipare al processo quali parti attive, purchè presentino anch’essi il ricorso entro il termine perentorio per ricorrere; - Dal lato passivo è parte in senso sostanziale colui al quale è imputabile la lesione.
Il processo amministrativo configura come parte necessaria dal lato passivo anche chi verrebbe a subire uno svantaggio dall’accoglimento del ricorso: questi prende il nonme di controinteressato.
Misure cautelari
Sono quelle con cui si realizza la tutela processuale cautelare, ossia una forma di tutela strumentale, in quanto mirante non già ad attuare definitivamente il diritto in forma giurisdizionale, bensì ad assicurare che il decorso del tempo destinato alla risoluzione del giudizio pregiudichi l’integrale soddisfazione della pretesa azionata. Oltre al carattere dell’interinalità le misure cautelari hanno carattere strumentale alla sentenza che definisce il giudizio di merito.
Prima della legge n. 205\2000 il giudice amministrativo conosceva esclusivamente la misura cautelare volta a sospendere la efficacia del provvedimento impugnato ora, in seguito alla citata riforma il giudice amministrativo è abilitato ad adottare tutte “le misure cautelari, che, secondo le circostanze, appaiono più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione del ricorso”. Si è, in sostanza, passati dalla tipicità della misura cautelare della sospensione, alla atipicità delle misure cautelari adottabili nel processo amministrativo.
I presupposti per la concessione delle misure cautelari sono due:
- Fumus boni juris: il ricorso si deve presentare prima facie ammissibile e fondato;
- Periculum in mora: deve sussistere il pericolo che dalla mancata adozione di una misura cautelare derivino pregiudizi gravi e irreparabili.
Impugnazioni
I mezzi di impugnazione del processo amministrativo sono: l’appello, la revocazione, l’opposizione di terzo, ricorso in Cassazione solo per motivi di giurisdizione.
L’appello è la sentenza del tribunale amministrativo regionale è impugnabile innanzi al Consiglio di Stato. Il giudice di appello esercita gli stessi poteri di cognizione e di decisione del giudice di primo grado.
Il termine per la proposizione dell’appello è di 60 giorni dalla notifica della sentenza; in difetto di notificazione, trova applicazione il termine c.d. lungo di un anno decorrente dalla data in cui la decisione è stata depositata.
La revocazione è un mezzo di impugnazione che trova la propria disciplina nel codice di procedura civile. E’ esperibile soltanto nei casi tassativamente previsti dall’art. 395 c.p.c..
L’art. 395 c.p.c. prevede:
- L’ipotesi della sentenza che sia l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;
- L’ipotesi in cui la decisione si fondi su prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza, ovvero in cui il riconoscimento o la dichiarazione di falsità, anteriore alla sentenza, sia stato ignorato dalla parte;
- L’ipotesi del ritrovamento, successivamente alla sentenza, di uno o più documenti decisivi che la parte non ha potuto produrre per causa di forza maggiore ovvero per fatto dell’avversario;
- L’ipotesi in cui la sentenza sia inficiata da un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa;
- L’ipotesi della contraddittorietà della statuizione contenuta nella sentenza precedente avente tra le parti autorità di giudicato;
- L’ipotesi del dolo del giudice accertato con sentenza passata in giudicato.
L’opposizione di terzo è un mezzo straordinario di impugnazione che è riservato a colui che, non avendo partecipato al processo, vede pregiudicata una propria situazione soggettiva dalla sentenza.
La opposizione non è espressamente prevista dalla legge, ma è stata introdotta con una sentenza additiva della Corte Costituzionale (Corte Costituzionale 17 maggio 1995, n. 177).
Ricorso in Cassazione: è ammesso solo per motivi inerenti la giurisdizione.
L’Amministrazione ha l’obbligo di dare esecuzione alla sentenza.
Qualora la sentenza del giudice amministrativo sia autoesecutiva, ossia non abbia bisogno della collaborazione dell’Amministrazione per esplicare i propri effetti, la posizione giuridica lesa vienze reintegrata per il semplice effetto demolitorio della sentenza.
Più spesso però s’impone l’esigenza di adeguare la situazione di fatto e di diritto al dispositivo della sentenza, mediante una ulteriore attività dell’autorità amministrativa.
Qualora l’Amministrazione non si conformi alla sentenza, all’interessato è offerto il rimedio del ricorso per l’ottemperanza, tendente ad ottenere l’adempimento dell’obbligo dell’autorità amministrativa di conformarsi al giudicato per quanto riguarda il caso deciso.
Il giudice dell’ottemperanza, dopo aver accertato che la sentenza è rimasta totalmente o parzialmente inadempiuta, prende le misure più efficaci per l’esecuzione della sentenza e che possono così esemplificarsi:
- Misure consistenti nella intimazione alla Amministrazione ad ottemperare entro un termine assegnato pena la irrogazione di sanzioni;
- Misure repressive tese ad annullare gli atti eventualmente emanati dalla p.a. contrastanti con il giudicato;
- Misure volte ad nominare un commissario ad acta per compiere gli atti necessari al fine di eseguire il giudicato.