E' illegittimo il provvedimento di imposizione del vincolo archeologico se non si non si dimostri che nella zona vincolata esistano beni archeologici suscettibili di protezione

Il presupposto indefettibile per l'imposizione del vincolo archeologico è l'effettiva esistenza dei beni da tutelare, con la conseguenza che il provvedimento recante l'imposizione del predetto vincolo deve considerarsi illegittimo ove non si dimostri che nella zona vincolata esistano beni archeologici suscettibili di protezione. Quanto detto trova giustificazione nel fatto che il vincolo va ad incidere sul diritto di proprietà, cosicché per evitarne un'inutile limitazione, occorre la certezza o la consistente e notevole probabilità dell'esistenza delle cose oggetto di tutela, indipendentemente dalla circostanza che le stesse siano o meno portate alla luce. Stante quanto detto, nel caso concreto, avente ad oggetto l'annullamento degli atti con cui l'Amministrazione resistente ha dichiarato le unità immobiliari di proprietà del ricorrente d'interesse particolarmente importante, sottoponendole al relativo regime di tutela a norma degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. n. 42 del 2004, risulta corretta ed esente dalle censure di erroneità dei presupposti, d'illogicità e di carenza istruttoria e di motivazione, la decisione dell'Amministrazione di estendere alle predette aree il vincolo archeologico già imposto in precedenza, atteso che, come motivato negli atti impugnati e nei relativi allegati, le indagini all'uopo espletate avevano evidenziato una qualificata presunzione che nelle stesse potessero rinvenirsi ulteriori reperti, in considerazione della breve distanza delle particelle identificative degli immobili di proprietà della ricorrente dai luoghi di accertata esistenza dei reperti archeologici (decine di metri), a nulla potendo rilevare, evidentemente, la diversità di quota tra la proprietà del ricorrente ed i detti luoghi.

Tribunale Amministrativo Regionale Campania - Salerno Sezione 1, Sentenza del 3 marzo 2011, n. 400



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA

SEZIONE STACCATA DI SALERNO

SEZIONE PRIMA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 298 del 2006, proposto da At.Ma., rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Es. con domicilio eletto presso lo stesso in Salerno nello studio dell'avv. Gi.Da.;

contro

- il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania e la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Salerno, Avellino e Benevento - rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliati per legge in Salerno,

- la Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t. – non costituita in giudizio -

per l'annullamento: 1) del provvedimento n. 207 del 3/11/2005 della Direzione Regionale di Napoli per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania col quale le unità immobiliari ubicate in Positano di proprietà del ricorrente sono state dichiarate, ai sensi degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. n. 42/2004, d'interesse particolarmente importante e sottoposta al relativo regime di tutela, nonché la relazione storico archeologica allo stesso allegata; 2) della comunicazione n. 10364/3 del 2005 della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Salerno, Avellino e Benevento, di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante dell'immobile e della nota n. 13088/3S del 14/10/2005 della medesima Autorità; 3) degli atti relativi alle indagini geoarcheologiche eseguite dalla società GE. per conto della menzionata Soprintendenza.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2010 il dott. Ferdinando Minichini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 16 gennaio 2006, depositato il 9 febbraio successivo, il signor At.Ma. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe coi quali l'Amministrazione intimata, a norma degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. n. 42/2004, ha dichiarato d'interesse particolarmente importante ed ha sottoposto al relativo regime di tutela gli immobili di sua comproprietà nel Comune di Positano identificati nel N.C.E.U. alla partic. n. 609, 610, 615, 617 e 694 del foglio n. 5.

Vengono dedotti i seguenti motivi di gravame:

1) violazione degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. 22/1/2004 n. 42 in relazione agli artt. 45, 46 e 47 del medesimo testo normativo, dell'art. 3 della legge 7/8/1990 n. 241 ed eccesso di potere, assumendosi la carenza di motivazione e d'istruttoria e l'illogicità degli atti impugnati, nonché l'erroneità dei presupposti posti a fondamento degli stessi;

2) violazione degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. 22/1/2004 n. 42 in relazione agli artt. 45, 46 e 47 del medesimo testo normativo, dell'art. 3 della legge 7/8/1990 n. 241 ed eccesso di potere, sostenendosi che alcun elemento nuovo sarebbe sopravvenuto alle indagini geoarcheologiche del 1988 effettuate nella medesima area che diedero luogo a provvedimenti analoghi a quello impugnato;

3) violazione degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. 22/1/2004 n. 42 in relazione agli artt. 45, 46 e 47 del medesimo testo normativo, dell'art. 3 della legge 7/8/1990 n. 241 ed eccesso di potere, rilevandosi che illogicamente un'unità immobiliare della medesima area (part. n. 610) è stata sottoposta al vincolo solo limitatamente all'area di sedime ed altre unità immobiliari contigue non sono state vincolate.

L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio il 14 febbraio 2006, ha depositato documenti ed ha controdedotto chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza con la memoria depositata il 14 ottobre 2010.

Il ricorrente in data 18 ottobre 2010 ha depositato memoria e relazione tecnica.

Nell'odierna udienza il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Come è stato esposto in narrativa, il ricorrente Ma.At. contesta gli atti dell'Amministrazione intimata con i quali le unità immobiliari di sua proprietà nel Comune di Positano sono state dichiarate d'interesse particolarmente importante e sottoposte al relativo regime di tutela a norma degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. n. 42/2004.

Il provvedimento impugnato è stato adottato sulla base d'indagini geoarcheologiche in estensione a precedenti vincoli emessi nel 1988 a seguito di scoperta dell'esistenza nell'area d'interesse di una villa romana presumibilmente databile tra la fine del I secolo a.C. e l'inizio dell'età imperiale distrutta dall'eruzione vesuviana del 79 d.C.

Preliminarmente si rileva che l'atto lesivo dell'interesse del ricorrente è il provvedimento emesso dal Direttore Regionale di Napoli per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, e si osserva che gli artt. 13 e 16 del codice del processo amministrativo di recente emanazione (D.Lgs. n. 104/2010) stabiliscono che la competenza territoriale - che s'individua sulla base del luogo in cui ha sede l'Autorità emanante - è inderogabile e rilevabile d'ufficio, conseguendone che, avendo l'Autorità emanante sede in Napoli, competente per territorio sarebbe il TAR di Napoli.

Tuttavia, nel caso in esame, questo Tribunale ritiene sussistente la propria competenza in base al principio espresso dall'art. 5 del c.p.c. secondo cui il momento determinate la competenza è quello della proposizione della domanda giudiziale, considerandosi anche che, in forza dell'art. 39 del codice del processo amministrativo, le norme del codice di procedura civile sono applicabili in quanto compatibili o, come nella fattispecie, siano espressione di principi generali.

Nel merito, per la soluzione della controversia è necessario richiamare gli orientamenti giurisprudenziali affermatisi in materia e seguiti, peraltro, da questo Tribunale in fattispecie analoghe riguardanti proprio l'area (partic. n. 870) in cui sono ubicate le unità immobiliari del ricorrente (decisioni n. 927 del 22/8/2007 e n. 1282 del 2/4/2009 della Sezione 2°).

In materia la giurisprudenza ha affermato che presupposto indefettibile per l'imposizione del vincolo è l'effettiva esistenza dei beni da tutelare, con la conseguenza che il provvedimento deve considerarsi illegittimo ove non si dimostri che nella zona vincolata esistano beni archeologici suscettibili di protezione. Il vincolo, infatti, incide sul diritto di proprietà e, al fine di evitarne un'inutile limitazione, risulta indispensabile l'acquisita certezza ovvero la consistente e notevole probabilità dell'esistenza delle cose oggetto di tutela, indipendentemente dalla circostanza che le stesse siano o meno portate alla luce (Cfr., ex multis, Cons.Stato- Sez. VI - 4-11-2002 n. 5997; id. 27-9-2005 n. 5069; TAR Campania - NA - Sez. VII - 29-5-2006 n. 6209). Ed è stato precisato che la circostanza che i reperti archeologici siano ancora interrati risulta ininfluente, risultando sufficiente che il complesso indagato risulti adeguatamente definito e che il vincolo archeologico appaia adeguato alla finalità di pubblico interesse al quale è preordinato (Cfr. sent. n. 5997/2002 citata).

Viene, dunque, sostenuta la legittimità del vincolo anche nell'ipotesi di consistente probabilità d'esistenza dei beni suscettibili di protezione, prefigurandosi tale ipotesi come peculiare fattispecie di presunzione (Cfr. Cons.Stato - Sez. VI - sent.. n. 5069/2005 citata) con la precisazione che non deve trattarsi di mera presunzione, ma di giustificata notevole probabilità d'esistenza dei reperti.

Viene al riguardo sottolineato che, ove mai si ammettesse la possibilità di adottare la misura vincolistica in base ad una presunzione mera, sfornita di adeguato supporto probatorio, il relativo provvedimento finirebbe con l'assumere la fisionomia di misura di salvaguardia non prevista dalla legge.

Altro principio di consolidata acquisizione giurisprudenziale (Cfr. Cons. Stato, sentt. 5997/2002 e 5069/2005; TAR Campania – NA – Sez. VII - sent. n. 6209 citata e TAR Lazio - Roma – Sez. II - 3-10-2005 n. 7649) è quello secondo cui il vincolo può essere esteso ad intere aree in cui siano disseminati i ruderi archeologici, chiarendosi che è necessario che questi costituiscano un complesso unitario ed inscindibile tale da rendere indispensabile il sacrificio totale degli interessi dei proprietari e, dunque, in mancanza di possibilità d'adozione di soluzioni meno radicali ed, in ogni caso, in esclusione di un'imposizione sproporzionata rispetto alla finalità di pubblico interesse perseguita.

Tale ultimo canone, invero, evidenzia l'operatività di ulteriori limiti tipici dell'attività amministrativa che di questa rappresentano i principi regolatori, e cioè la ragionevolezza e la proporzionalità.

Il principio di ragionevolezza esprime il criterio secondo cui la P.A. è tenuta a bilanciare gli interessi compresenti nel procedimento in maniera plausibile e giustificabile e riguarda la regola del bilanciamento qualitativo degli interessi.

Il principio di proporzionalità attiene alla scelta della soluzione adeguata alla cura dell'interesse pubblico con il minor sacrificio degli altri interessi compresenti, sicchè i suoi elementi sono l'idoneità dell'attività amministrativa (che esprime il rapporto tra mezzo impiegato e fine perseguito), la doverosità della conformità dell'attività medesima alla regola del mezzo più mite e l'adeguatezza dell'azione complessiva alla pluralità degli interessi coinvolti. Esso, dunque, è riferibile al bilanciamento quantitativo degli interessi.

Richiamati gli orientamenti giurisprudenziali dai quali questo Tribunale non ha ragioni per discostarsi, può passarsi all'esame della fattispecie per cui si controverte.

Premesso che il vincolo contestato costituisce, come innanzi è stato chiarito, estensione di quelli imposti nell'area nel 1988, si deve rilevare che: a) non è posta in dubbio da parte ricorrente l'importante interesse storico-archeologico della "villa marittima romana di Positano" scoperta nell'area d'interesse in occasione di ricerca del lapillo a fini edili, della quale pezzi di colonne e mosaici si rinvennero nel 1758 presso il campanile della Chiesa Madre; b) come si evince dal provvedimento impugnato e come risulta dall'atto di comunicazione dell'avvio del procedimento, l'estensione dell'imposizione dei vincoli del 1988 deriva da indagini condotte di recente che hanno accertato l'esistenza di alcuni ambienti della menzionata Villa Marittima con conseguente estensione dell'area indiziata.

E, dunque, i dati appena esposti, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali in precedenza richiamati, consentono di osservare che - vera restando l'affermazione della ricorrente secondo cui dalle più recenti indagini non risulta alcun rinvenimento nelle precipue particelle in cui sono ubicate le unità immobiliari per cui si controverte - è decisivamente rilevante per l'estensione del vincolo la presunzione qualificata, che come innanzi si è chiarito è condizione sufficiente per l'imposizione del vincolo, dell'esistenza di reperti nei luoghi appena circostanti gli immobili di comproprietà del ricorrente. E la qualificazione della presunzione è data dalla breve distanza delle particelle identificative degli immobili dai luoghi di accertata esistenza dei reperti archeologici (decine di metri), a nulla potendo rilevare, evidentemente, la diversità di quota tra la proprietà del ricorrente ed i detti luoghi pure accennata nel ricorso.

Ne deriva che l'azione amministrativa in questione appare esente dalle censure, dedotte col primo e secondo motivo di gravame, di erroneità dei presupposti, d'illogicità e di carenza istruttoria e di motivazione, tenuto conto per questi ultimi profili delle indagini esperite e della relazione esplicativa allegata al provvedimento impugnato.

E' inammissibile, poi, la censura prospettata col terzo motivo di ricorso, di mancata imposizione del vincolo ad altre unità immobiliari vicine a quelle del ricorrente, atteso che, stante l'affermata legittimità del vincolo imposto alla proprietà del ricorrente, questi nessuna utilità conseguirebbe dall'eventuale illegittimità della mancanza d'imposizione di vincoli ad altre proprietà.

E' fondata invece, la censura, prospettata sempre col terzo motivo di ricorso e chiarita con la memoria difensiva supportata dai grafici dell'allegata relazione tecnica, con la quale si pone in luce che incongruamente il vincolo è stato imposto non solo sul piano di sedime, ma anche su tutto il fabbricato sovrastante che si svolge verticalmente su più livelli.

Al riguardo, invero, va richiamato il principio di proporzionalità in precedenza esposto secondo cui l'imposizione del vincolo, laddove sia possibile in relazione alle sue concrete finalità, non deve essere una limitazione eccessivamente gravosa del diritto di proprietà.

Nel caso in esame, dunque, nel quale la finalità perseguita è quella di conservare le antiche vestigia per evitarne la dispersione e consentirne in futuro il loro dissotterramento, appare adeguato, come del resto questo Tribunale ha già affermato in fattispecie riguardanti proprio l'area in questione (decisioni n. 927/2007 e n. 1282/2009), limitare il vincolo alle parti del fabbricato del ricorrente che abbiano diretto collegamento con il suolo senza estensione ai piani superiori.

Nei limiti appena esposti, conseguentemente, il ricorso è fondato e in siffatti limiti e sensi va parzialmente accolto, conseguendone l'annullamento in parte qua degli atti impugnati.

In definitiva, il ricorso in parte è inammissibile ed in parte va parzialmente accolto con conseguente annullamento in parte qua degli atti impugnati.

Il parziale accoglimento dell'impugnativa motiva la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente giudicando sul ricorso in epigrafe proposto da At.Ma., in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo accoglie parzialmente nei sensi e nei limiti indicati in motivazione e, per l'effetto, annulla in parte qua gli atti impugnati.

Dispone la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni De Leo - Presidente

Sabato Guadagno - Consigliere

Ferdinando Minichini - Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 3 marzo 2011.

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