Il limite di dieci anni nell'ambito dei quali il beneficiario del contributo per le ristrutturazioni è tenuto a dare in locazione l'abitazione ristrutturata o ad abitarla personalmente può essere incrementato dall'Amministrazione comunale

L'art. 11, comma 6, lett. b), della legge n. 798 del 1984 dispone l'obbligo per i beneficiari dei contributi di "abitare o utilizzare gli immobili interessati per un periodo non inferiore a dieci anni a partire dalla data di ultimazione degli interventi, ovvero a locarli per lo stesso periodo alle condizioni concordate con il comune, che tengano conto del reddito dell'immobile prima del restauro o del risanamento e delle spese sostenute, ridotte del contributo ricevuto". Il limite di dieci anni imposto dalla legge è minimo e l'Amministrazione comunale ha il potere di aumentarlo a seconda di circostanze che ricadono nella propria sfera discrezionale. In tal caso se tale termine non viene rispettato il beneficiario decade dal'agevolazione.

Consiglio di Stato Sezione 5, Sentenza del 23 febbraio 2010, n. 1060



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5400 del 2009, proposto da:

Gl.As., rappresentato e difeso dall'avv. St.Sa., con domicilio eletto presso St.Sa. in Roma, Borgo (...);

contro

Comune di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv. Ma.Ba., Gi.Gi., A.Ia., M.M.Mo., Ni.On., Ni.Pa., Gi.Ve., con domicilio eletto presso Ni.Pa. in Roma, via (...);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00883/2009, resa tra le parti, concernente REVOCA CONTRIBUTO PER RESTAURO IMMOBILE.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2009 il Cons. Eugenio Mele e uditi per le parti gli avvocati Sa. e Pa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L'appello è proposto dalla signora Gl.As. e si dirige a censurare la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha respinto un ricorso dalla stessa presentato in quella sede giudiziaria avverso un provvedimento del Comune di Venezia di revoca di un contributo assegnato alla sua dante causa per il restauro di un immobile sito nel Comune medesimo.

La convenzione (passata all'avente causa) prevedeva l'utilizzo dell'immobile medesimo o a favore proprio o di propri parenti in linea collaterale, ovvero, in mancanza di ciò, in locazione a cittadini residenti in Venezia o aventi il luogo di lavoro nel centro storico veneziano o nelle isole della laguna veneziana.

Acquistato l'immobile e liberatosi lo stesso dalla locazione, a seguito di una relazione dalla quale risultava che l'immobile era vuoto, veniva emanato il provvedimento di revoca del contributo.

I motivi di appello, che risultano per l'effetto devolutivo gli stessi già proposti in primo grado sono i seguenti:

1) Violazione dell'art. 11 della legge n. 798 del 1984, dell'art. 1341, comma 2, cod. civ., dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, illogicità ed incongruità manifesta, travisamento ed erronea applicazione di legge; e ciò in quanto mentre la legge stabilisce un vincolo di destinazione di dieci anni, il Comune di Venezia ha individuato un termine superiore (15 anni), senza le specifiche guarentigie di cui all'art. 1341 del codice civile (clausole vessatorie);

2) Violazione artt. 3 e segg. della legge n. 241 del 1990 e art. 97 Cost.; nonché carenza e perplessità della motivazione, difetto di istruttoria e difetto di presupposto; avendo l'Amministrazione comunale proceduto alla revoca del contributo solo per il fatto che l'immobile risultava vuoto, senza considerare che la signora As., venuta meno la precedente locazione e constatato il pessimo stato dell'immobile, si era predisposta alla sua sistemazione, che però non poteva essere immediatamente iniziata per l'onerosità della spesa; mentre la mera indicazione del fatto dell'esser vuoto l'appartamento non poteva portare, senza una ulteriore valutazione, all'adozione del provvedimento di revoca; inoltre, la verificazione disposta dal primo giudice confortava lo stato di grave degrado dell'immobile.

Chiede, pertanto, l'appellante, la riforma della sentenza appellata.

Il Comune di Venezia si costituisce in giudizio e resiste all'appello, chiedendone la reiezione.

Rileva in proposito l'appellata Amministrazione che l'appellante, residente peraltro in diverso appartamento del medesimo stabile, non avendo rispettato gli oneri ad ella trasferiti dalla sua dante causa, a seguito dell'acquisto dell'appartamento, non poteva che considerarsi soggetta alla revoca del contributo.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza dell'11 dicembre 2009, ed il collegio se ne è riservata la decisione.

DIRITTO

L'appello proposto dalla signora As. contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto è infondato.

Il primo motivo dell'appello (che ripropone quello presentato in sede di ricorso di primo grado) non ha fondamento.

Infatti, come già rilevato dal primo giudice, il limite di dieci anni, nell'ambito dei quali, il soggetto beneficiario del contributo era tenuto a dare in locazione l'abitazione ristrutturata ovvero ad abitarla personalmente, non è affatto un termine fisso ed intoccabile, ma al contrario un termine minimo che poteva essere aumentato (ma non diminuito) dall'Amministrazione.

Infatti, come già indicato dal primo giudice, l'art. 11, comma 6, lett. b), della legge n. 798 del 1984 dispone l'obbligo per i beneficiari dei contributi di "abitare o utilizzare gli immobili interessati per un periodo non inferiore a dieci anni a partire dalla data di ultimazione degli interventi, ovvero a locarli per lo stesso periodo alle condizioni concordate con il comune, che tengano conto del reddito dell'immobile prima del restauro o del risanamento e delle spese sostenute, ridotte del contributo ricevuto".

Come è chiaro dalla semplice lettura della norma appena riportata nella sua parte rilevante per la presente fattispecie, il limite di dieci anni è solo un limite minimo, mentre l'Amministrazione comunale è titolare del potere di aumentare tale limite a seconda di circostanze che ricadono nella propria sfera discrezionale, cosa che è avvenuta nella specie, per cui appare legittimo il maggior termine temporale posto in essere dall'Amministrazione comunale di Venezia, né lo stesso può considerarsi irragionevole, considerata la modesta entità dell'aumento rispetto al minimo stabilito dalla legge. E comunque tale termine è stato concordato ed accettato dalla dante causa al momento della concessione del contributo, e non è stato contestato dalla ricorrente all'atto del suo subentro.

Anche il secondo motivo dell'appello (pure esso trasposto in via devolutiva dal ricorso di primo grado) è infondato.

Ed invero, al di là del fatto che sembra, nella comune logica, poco credibile che dovesse procedersi a lavori di ristrutturazione e di risistemazione di un'abitazione che aveva da poco ricevuto un contributo proprio per essere ristrutturato e risistemato, vi sono più considerazioni che determinano la legittimità del provvedimento adottato.

Innanzitutto, l'abitazione era stata rilasciata dal precedente locatario da più tempo (almeno un anno e mezzo, secondo le dichiarazioni dell'appellante) e per tutto tale tempo la stessa abitazione era rimasta vuota (cosa accertata da un verbale della polizia municipale del Comune di Venezia), mentre l'appellante abitava in un appartamento al quarto piano dello stesso stabile.

In secondo luogo, l'appellante ha più volte dichiarato che era sua intenzione fare delle operazioni di risistemazione dell'immobile che sarebbe stato lasciato in condizioni di non abitabilità dal precedente inquilino, ma che non avrebbe nel frattempo potuto procedervi, a causa di ristrettezze economiche.

Ora, però, tralasciando la considerazione delle ristrettezze economiche, tutte da dimostrare da parte di chi, abbia acquistato un appartamento, vi è stata un'ampia istruttoria disposta dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto, in esito alla quale è stato stabilito che l'appartamento, salvo piccoli dettagli, non aveva bisogno di grandi sistemazioni, per cui l'assunto dell'appellante non trova evidenti giustificazioni. E comunque, mutandosi l'utilizzo dell'immobile da come convenuto nella convenzione, era necessario il consenso del Comune di Venezia, da formalizzarsi con un atto aggiuntivo alla convenzione.

L'appello va, conseguentemente, rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo rigetta.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Venezia, liquidate come in motivazione.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:

Stenio Riccio - Presidente

Vito Poli - Consigliere

Eugenio Mele - Consigliere, Estensore

Adolfo Metro - Consigliere

Angelica Dell'Utri - Consigliere

Depositata in Segreteria il 23 febbraio 2010.

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