Il provvedimento di affiliazione delle società sportive va inquadrato nell'ambito delle « ammissioni » amministrative

Il provvedimento di affiliazione delle società sportive va inquadrato nell'ambito delle « ammissioni » amministrative, in quanto determina l'acquisizione di uno stato, appunto quello di soggetto dell'ordinamento sportivo, che postula il potere delle Federazioni di inserire i sodalizi sportivi nelle proprie organizzazioni. Si tratta, quindi, di un provvedimento adottato dalla Federazione nell'esplicazione di un potere pubblicistico, di fronte al quale sono configurabili interessi legittimi giurisdizionalmente tutelabili davanti al giudice amministrativo, per la loro incidenza sullo stato di associato e sulle facoltà ad esso connesse. Di tale natura partecipa anche la revoca dell'affiliazione, che si concreta nell'espulsione delle società affiliate dall'ordinamento sportivo, quando si verifichino circostanze che ne rendano la sopravvivenza inconciliabile con le finalità dell'ordinamento sportivo. (Consiglio di ,Sezione 6 Sentenza del 25 gennaio 2007, n. 268)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

II Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6860/2005, proposto dalla:

Sa. Sp. S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gu.Sc., Gi.Ma.Ma. e Ge.Te. ed elettivamente domiciliata in piazza di Sp. n. (...), Ro., presso l'avv. Ge.Te.;

contro

Fi. - Fe.It.Gi.Ca., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lu.Me. e Ma.Ga. ed elettivamente domiciliata in via Po. n. (...), Ro., presso l'avv. Ma.Ga.;

CONSIGLIO FEDERALE DELLA Fe.It.Gi.Ca., COMMISSIONE DI VIGILANZA SOCIETA' Ca.Pr. DELLA Fi., COLLEGIO ARBITRALE Ca. di Co. e Ar.Sp. c/o Co., CAMERA DI Co. E Ar. per lo Sp. C/O Co., Vi.Ca. S.p.a., Pe.Ca. S.p.a., Co. - COMITATO Ol.Na.It., LEGA NAZIONALE Pr., Li. S.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali, tutti non costituiti in giudizio;

Na.So. S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pa.Mi. e St.Vi. ed elettivamente domiciliata in via Em. n. (...), Ro., presso l'avv. St.Vi.;

Us. Ca. S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Ge.Ca. ed elettivamente domiciliata presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in piazza Ca. di Fe. n. (...), Ro.;

Centro di Coordinamento Sa.Cl., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ca. Di Ru., Fe.Fe. ed It.Ro. ed elettivamente domiciliato in viale di Vi.Gr. n. (...), Ro., presso l'avv. G.Gi.;

Provincia di Sa., in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Lo.Le., ed elettivamente domiciliato in viale di Vi.Gr. n. (...), Ro., presso l'avv. G.Gi.;

Comune di Sa., in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Di.Va. e Pa.Va. ed elettivamente domiciliato sul Lu.Ma. n. (...), Ro., presso l'avv. Di.Va.
per l'annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell'efficacia,

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma, sezione III, n. 6077/2005, resa tra le parti e concernente la mancata ammissione della squadra Sa.Sp. al campionato di serie B - stagione sportiva 2005/2006.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sa., della Fi., della Provincia di Sa., della Na.So. S.p.a., della Us. Ca. S.p.a. e del Centro di coordinamento Sa. Cl.;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza dell'11 luglio 2006, il Consigliere Aldo SCOLA;

Uditi, altresì, per le parti, gli avv.ti Ge.Te., Lu.Me., Pa.Mi., Lo.Le. e Di.Va.;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

La squadra calcistica attuale appellante proponeva ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio per ottenere l'annullamento dei seguenti atti e provvedimenti (prospettando vari profili di violazione di legge e di eccesso di potere), onde scongiurare il pericolo d'immediato fallimento della società medesima:

1) deliberazione del Consiglio federale della Fi. di cui al comunicato ufficiale n. 12/A del 15/7/2005, che aveva disposto la non ammissione della Sa.Sp. al campionato di serie B per la stagione sportiva 2005/2006;

2) parere della Co.A.Vi.So.C., reso nella seduta del 14/7/2005;

3) decisione della CO.Vi.So.C. adottata nella seduta del 7/7/2005;

4) ove occorra, del C.U. della Fi. n. 189/A del 15/3/2005, relativamente al punto 7, lett. B;

5) ove occorra, del C.U. della Fi. n. 162/A del 31/1/2005;

6) del lodo/procedimento reso dal Collegio arbitrale della Camera di conciliazione ed arbitrato per lo Sp. presso il Co.;

7) nonché per l'accertamento del diritto della Sa.Sp. a partecipare al campionato di serie B per l'anno 2005/2006.

Si costituivano in giudiziosa Fi., il Co., la Na.So. S.p.a. e la Us. Ca. S.p.a., che resistevano al gravame, poi respinto (dopo un ricorso per motivi aggiunti proposto dalla medesima Sa.Sp., un ricorso incidentale proposto dal Vi.Ca. S.p.a., distinti atti di intervento ad adiuvandum del Centro di Coordinamento Sa. Cl., della Li. srl, della Provincia di Sa. e del Comune di Sa., nonché un atto di intervento ad opponendum del Pe.Ca. S.p.a.) dai primi giudici per la ritenuta inammissibilità delle censure dedotte avverso il lodo arbitrale in questione (atto negoziale non considerato suscettibile di censure attinenti all'errore di giudizio), dopo aver escluso la legittimazione passiva del Co. e la sussistenza della transazione tributaria (pur ritenuta necessaria e, comunque, non comprovante la pendenza di una lite non temeraria), non bastando la mera disponibilità della p.a. finanziaria al riguardo, come pure la natura di collegio perfetto della Co.A.Vi.So.C. (non essendo previsti componenti supplenti e bastando il quorum strutturale per le relative deliberazioni) e la necessità del c.d. preavviso procedimentale, in rapporto a controlli finanziari finalizzati alla verificazione del dovuto equilibrio finanziario societario.

La relativa sentenza (resa in forma semplificata, all'esito della camera di consiglio cautelare) veniva impugnata dalla società ricorrente originaria soccombente per i seguenti motivi (ivi comprese, innanzitutto, pure le originarie sette censure di cui al ricorso introduttivo, disattese dal Tribunale adito e qui riproposte per prime) :

I. violazione degli artt. 1 e 3 legge n. 241/1990 e succ. modif. ed integr.; dell'art. 97, Cost., e dell'art. 1175, c.c.; eccesso di potere per difetto istruttorio e motivazionale e perplessità;

II. violazione dei principi in tema di formazione della volontà degli organi collegiali; dell'art. 90 bis, comma 3, n.o.i.f.; degli artt. 1, 3 e 6, legge n. 241/1990 e succ. modif. ed integr.; ancora dell'art. 97, Cost. e del giusto procedimento;

III. violazione dell'art. 10 bis, legge n. 241/1990, introdotto ex art. 6 legge n. 15/2005 ed ulteriore violazione procedimentale per omesso preavviso di rigetto;

IV. violazione del punto 7, lett. B, comunicato ufficiale del Consiglio federale Fi. n. 189/A del 15 marzo 2005; ulteriore eccesso di potere per perplessità e difetto d'istruttoria e di motivazione; violazione dell'art. 3 legge n. 241/1990 e dell'art. 1 comma 2, d.l. n. 220/2003, conv. legge n. 280/2003 rifer. art. 3, comma 3, d.l. 138/2003, ed artt. 3, 24 e 53, Cost.;

V. violazione del punto 7, lett. B, com. uff. n. 189/A cit., rifer. art. 1 comma 2, d.l. n. 220/2003, conv. legge n. 280/2003, art. 3, comma 3, d.l. n. 138/2003, ed artt. 3, 24 e 53, Cost.; omessa comparazione dei diritti e degli interessi coinvolti ex art. 1322, c.c.;

VI. violazione dell'art. 12 legge n. 91/1981 modif. legge n. 586/1996 sviamento ed ulteriore carenza di motivazione;

VII. motivi aggiunti: ancora violazione dell'art. 3 legge n. 241/1990 e dell'art. 97, Cost., ed eccesso di potere per perplessità, carenza motivazionale ed istruttoria, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, illogicità e contraddittorietà;

VIII. errori "in procedendo" ed "in judicando"; eccesso di potere giurisdizionale; straripamento di potere (art. 24, 103, 113 e 125, comma 2, Cost.);

IX. errore di giudizio per travisamento, incongrua e carente motivazione, violazione del punto 7, lett. B, com. uff. n. 189/A cit., e della circolare 4 marzo 2005 n. 8, nonché mancato esame di documenti rilevanti;

X. errori "in procedendo" ed "in judicando"; violazione dei principii in tema dì formazione della volontà degli organi collegiali; violazione degli artt. 101 e 115, c.p.c., e dell'art. 24, Cost.;

XI. errore di giudizio; violazione degli articoli 1, 3, 6, lett. B), 10 e 10 bis, l. n. 241/1990 e succ. modif. ed integr.; dell'art. 97, Cost.; dell'art. 1175, c.c.; dell'art. 112, c.p.c.; omessa pronuncia su punti decisivi;

XII. errore di giudizio; violazione dell'art. 12 legge n. 91/1981 modif. legge n. 586/1996 e dell'art. 85, comma 8, n.o.i.f., Fi.;

XIII. errori "in procedendo" ed "in judicando"; violazione del punto 7, lett. B, com. uff. n. 189/A cit., rifer. art. 1 comma 2, d.l. n. 220/2003, conv. legge n. 280/2003, art. 3, comma 3, d.l. n. 138/2003, ed artt. 3, 24 e 53, Cost.; omessa comparazione dei diritti e degli interessi coinvolti ex art. 1322, c.c.;

XIV. errore di giudizio e violazione dell'art. 3 comma 1, d.l. n. 220/2003, conv. legge n. 280/2003;

XV. errori "in procedendo" ed "in judicando"; violazione dell'art. 3, comma 3, legge n. 280/2003, degli artt. 23 bis, commi 2 e segg., legge n. 1034/1971, e succ. modif. ed integr., e degli articoli 24 e 113, Cost.

All'esito della (nuova) pubblica udienza di discussione (seguita ad un rinvio da quella del 13 gennaio 2006) la vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di un appello cautelare (disposto con ordinanza di questa stessa sezione n. 3864/2005).

DIRITTO

L'appello è infondato e va respinto, per le ragioni che seguono:

1) sono ammissibili ma infondate le censure dedotte in primo grado contro il lodo in discussione e la correlativa non ammissione al campionato (non direttamente impugnabile di fronte ai giudici della Repubblica), alla luce della irritualità della procedura arbitrale in questione, poi conclusasi con il lodo impugnato dall'attuale appellante Sa. s.p.a.: l'arbitrato sportivo libero od irrituale (in ipotesi, riferibile pure agli interessi legittimi, oltre che ai diritti soggettivi: cfr. art. 11 legge n. 241/1990 ed art. 3, legge n. 280/2003), infatti, non si sostituisce alla giustizia resa dagli organi giudiziari dello Stato, ma sfocia in un atto - il lodo - avente natura di mero provvedimento amministrativo, espressivo della volontà ultima dell'ordinamento sportivo, conseguente all'esaurimento dei vari gradi interni di gravame. Come tale il lodo, pertanto, ove incidente su interessi legittimi, è soggetto all'ordinario giudizio di legittimità del giudice amministrativo. Sul punto v. amplius il successivo n. 7.

2) Sono del pari inattendibili le doglianze in prima istanza prospettate contro le disposizioni federali disciplinanti le procedure di ammissione delle varie squadre di calcio ai campionati professionistici, in virtù del principio di autonomia, che implica la separazione tra i vari ordinamenti, per cui il giudice dello Stato non può avere diretta cognizione delle norme interne associative tipiche dell'ordinamento sportivo.

3) Quanto alle asserite violazioni dei principi della partecipazione procedimentale e del contraddittorio, in rapporto alla violazione della legge n. 241/1990 questa sezione ha già in passato ritenuto che il provvedimento di affiliazione delle società sportive va inquadrato nell'ambito delle "ammissioni" amministrative, in quanto determina l'acquisizione di uno stato, appunto quello di soggetto dell'ordinamento sportivo, che postula il potere delle federazioni di inserire i sodalizi sportivi nelle proprie organizzazioni; che si tratta, quindi, di un provvedimento adottato dalla Federazione nell'esplicazione di un potere pubblicistico, di fronte al quale sono configurabili interessi legittimi giurisdizionalmente tutelabili davanti al giudice amministrativo, per la loro incidenza sullo stato di associato e sulle facoltà ad esso connesse; che di tale natura amministrativa partecipa anche la revoca dell'affiliazione, che si concreta nella espulsione delle società affiliate dall'ordinamento sportivo, quando si verifichino circostanze che ne rendano la sopravvivenza inconciliabile con le finalità dell'ordinamento sportivo; che il provvedimento di revoca dall'affiliazione deve conseguentemente essere preceduto dalla comunicazione dell'avvio del procedimento di cui all'art. 7 della legge n. 241 del 1990, al fine di consentire di realizzare il contraddittorio partecipativo (Cons. Stato, VI, n. 1050/1995).

4) In proposito, basterà ricordare che la deliberazione 15 luglio 2005 del Consiglio federale è stata assunta dopo un procedimento di secondo grado attivato su reclamo delle società escluse, il che ha comportato un doppio riesame (da parte della CO.Vl.SOC. e del competente organo d'appello CO.A.VI.SOC.) di tutte le censure dedotte, nel pieno rispetto delle esigenze del contraddittorio e di quelle motivazionali, estrinsecatesi in argomentazioni sintetiche ma sufficienti a spiegare il percorso logico seguito dall'apparato decidente, che ha correttamente stigmatizzato la presenza e la rilevanza di indici sintomaticamente indicativi di una situazione di squilibrio economico-finanziario inevitabilmente influenzante i destini societarii: conseguentemente, non occorreva alcun preavviso di rigetto, per di più in presenza di una procedura sostanzialmente assimilabile a quella di natura concorsuale (diverse squadre che aspirano a partecipare al campionato di categoria superiore, cui solo alcune potranno essere ammesse), che ne esclude la necessità (cfr. art. 10 bis, n. 1, ultima parte, legge n. 241/1990 introdotto dall'art. 6 legge n. 15/2005).

5) Non sono, poi, sindacabili i criteri dettati dal C.U. n. 189/A per l'individuazione dei requisiti legittimanti l'ammissione ai campionati in esame, trattandosi di normativa federale (sottratta all'ordinario controllo giurisdizionale statale, in quanto disciplinante una materia riservata esclusivamente all'ordinamento sportivo) non tempestivamente impugnata e nei cui confronti è stata, dunque, fatta acquiescenza, il che impedisce ogni successivo ripensamento.

6) Ogni società, chiamata a dar prova di aver pagato i debiti scaduti o di aver instaurato contenziosi non temerari né strumentali, non potrebbe far altro che produrre attestati di liti pendenti (rilasciati dal competente ufficio giudiziario) insieme a copie dei relativi ricorsi introduttivi: il che - sintomaticamente - non è avvenuto per la società attuale appellante (nei cui confronti risulta insignificante la nota 23 giugno 2005 della competente Agenzia delle entrate, attestante meri intenti transattivi e dilatori), che si è limitata a dedurre l'ancora non verificato passaggio in giudicato della decisione della Commissione provinciale di Sa. 15 aprile 2005 n. 2/13/05 (peraltro di rigetto dei suoi due ricorsi, uno dei quali in materia di I.V.A., notoriamente ininfluente in sede sportiva); la perdurante pendenza del temine per poter impugnare un'altra cartella esattoriale concernente debiti interessanti la Federazione; la possibilità di futuri contenziosi su ulteriori debiti fiscali già scaduti, ma non ancora iscritti a ruolo.

7) Scendendo nel dettaglio, deve ricordarsi, innanzitutto, che la Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport, istituita ai sensi dell'art. 12 dello Statuto del C.O.N.I., con funzioni di carattere consultivo, conciliativo ed arbitrale, è competente per la pronuncia definitiva sulle controversie che contrappongono una Federazione a soggetti affiliati o tesserati, a condizione che siano previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o, comunque, che si tratti di decisioni non soggette ad impugnazione nell'ambito della giustizia federale (art. 12, comma 2, Statuto cit.).

L'art. 27 dello Statuto della F.I.G.C. prevede che è obbligatorio sottoporsi al tentativo di conciliazione presso la Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport (istituita presso il Co.), dopo aver esaurito i gradi interni della giustizia federale (comma 3) e che, a seguito di esito negativo del tentativo di conciliazione, le parti "accettano di risolvere la controversia in via definitiva mediante arbitrato, promosso su istanza di una delle parti davanti alla predetta Camera arbitrale" (comma 4).

Tali disposizioni implicano che i gradi della giustizia sportiva non si esauriscono con i ricorsi interni federali, ma comprendono anche l'ulteriore ricorso alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport, sia per il tentativo di conciliazione, sia per l'arbitrato.

Del resto, la tesi contraria, secondo cui il ricorso all'arbitrato costituirebbe una facoltà, contrasta con l'interpretazione delle stesse norme resa dalla massima autorità di garanzia nell'ordinamento della Fi.: la Corte federale (tale definita dall'art. 32, comma 1, dello Statuto Fi.).

Con la Comunicazione Ufficiale n. 16/cf, pubblicata anche sul sito internet ufficiale della Fi., la Corte federale ha ritenuto che i rimedi interni dell'ordinamento sportivo si esauriscono solo dopo il tentativo di conciliazione davanti alla Camera di conciliazione ed arbitrato del Co. e dopo l'arbitrato, in caso di infruttuoso esperimento del tentativo di conciliazione (punto 2, in cui i due rimedi vengono indicati come obbligatori), e che proprio ai sensi dell'art. 3, legge n. 280/2003, risulta rafforzato il ruolo della Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport, cui il citato art. 3 assegna funzioni di carattere nomofilattico all'interno dell'ordinamento sportivo (punto 5).

La stessa Corte federale, quindi, dimostra di condividere la tesi secondo cui il ricorso alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport costituisce l'ultimo grado della giustizia sportiva, da adire quindi in via obbligatoria, prima dell'eventuale ricorso giurisdizionale.

E' evidente che tale ricostruzione risulta incompatibile con la qualificazione del lodo pronunciato da tale Camera come vero e proprio lodo arbitrale, alternativo alla giurisdizione statale.

Si tratta, invece, di una decisione emessa dal supremo organo della giustizia sportiva sulla base di principi e garanzie tipiche del giudizio arbitrale, ma che resta soggetta agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale per le fattispecie non riservate all'ordinamento sportivo, secondo i principi indicati in precedenza.

Peraltro, la qualificazione giuridica della decisione della Camera arbitrale istituita presso il Co. risulta del tutto indipendente dall'impugnazione dell'art. 7.7. del Regolamento della camera (vigente all'epoca del proposto ricorso introduttivo), che definisce rituale la procedura arbitrale, in quanto tale disposizione può avere il solo fine di indicare le norme applicabili alla procedura, ma non anche quello di qualificare giuridicamente una decisione per aspetti derivanti direttamente da norme di rango superiore.

Un ulteriore argomento conferma tale tesi proprio con riguardo alla controversia in esame: secondo la giurisprudenza di questa sezione, sono configurabili posizioni di interesse legittimo rispetto ai procedimenti di non ammissione di una società ad un determinato campionato, in quanto si tratta di atti adottati in applicazione di norme che perseguono finalità di interesse pubblico, quali il controllo sulla gestione economico-finanziaria delle Leghe e delle società professionistiche, delegato dal Co. alla Federazione, e che attengono non alla sfera dell'organizzazione interna delle Federazioni, come tale irrilevante per l'ordinamento, bensì a quella della discrezionalità amministrativa della Fi.

La conseguenza di tale qualificazione è costituita anche dalla indisponibilità della res litigiosa e dalla impossibilità di devolvere ad arbitri le relative controversie.

L' art. 6 legge n. 205/2000, nel prevedere che "le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto", ha definitivamente superato l'orientamento della Cassazione che fondava il criterio circa l'ammissibilità dell'arbitrato rituale non sulla natura della situazione giuridica fatta valere, ma sulla natura del giudice cui la controversia era attribuita, escludendone la possibilità nel caso di controversia rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., n. 7643/1995).

Lo stesso art. 6 non ha, però, fatto venir meno il principio, secondo cui non è ammessa la devoluzione ad arbitri di controversie aventi ad oggetto interessi legittimi (anzi sembra aver dato una base normativa a tale principio, affermando espressamente la possibilità di devolvere ad arbitri le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo).

Pertanto, l'impugnata decisione della Camera di conciliazione e arbitrato per lo Sp. del Co. non costituisce un vero e proprio lodo arbitrale, ma rappresenta la decisione di ultimo grado della giustizia sportiva, avente quindi il carattere sostanziale di provvedimento amministrativo negoziale, benché emesso con le forme e le garanzie tratte dal giudizio arbitrale.

Di conseguenza, si tratta di atto sindacabile in modo pieno dal giudice amministrativo e non vige la limitazione dei motivi di impugnazione a quelli di nullità del lodo ex art. 829, c.p.c.

Il ricorso introduttivo della Sa. Ca. deve dunque essere ritenuto ammissibile sotto tale profilo.

La qualificazione dell'impugnato lodo quale decisione di ultimo grado della giustizia sportiva, e non come vero e proprio lodo arbitrale, dimostra l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità, che deve quindi essere respinta.

In aggiunta alle considerazioni svolte in precedenza, si osserva che, proprio con la sentenza n. 3655/03, la V sezione di questo Consiglio di Stato ha affermato che, in caso di controversie devolute al giudice amministrativo, oggetto del giudizio arbitrale possono essere solo quelle che, per loro natura, se proposte innanzi al giudice amministrativo, potrebbero essere apprezzate nella loro intrinseca portata sostanziale, ovvero le controversie di natura esclusivamente patrimoniale, poste a valle di quelle attinenti al corretto esercizio del potere pubblicistico di conformazione delle situazioni soggettive dei privati.

Tali principi dimostrano la fondatezza della tesi circa la non qualificabilità come lodo tecnicamente arbitrale della decisione della Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport del Co.

8) E' evidente, in ultima analisi, come legittimamente la Lega possa richiedere le dichiarazioni liberatorie ai tesserati, accompagnate da garanzie fideiussorie in caso di pattuizioni per il differimento dei pagamenti.

La generica dichiarazione di inesistenza di debiti, contenuta nel c.d., "modello azzurro", non può in alcun modo essere ritenuta idonea a dimostrare il prescritto adempimento.

Tale circostanze preclude ogni altra considerazione sul possesso dei restanti requisiti.

Già in analoga controversia, avente ad oggetto l'iscrizione ai campionati di calcio, questa sezione ha ritenuto la perentorietà del termine fissato dalla Lega per la regolarizzazione degli adempimenti economici da parte delle società, affermando che la natura perentoria dei limiti temporali fissati a tal fine, pur se non sancita dal dato testuale delle disposizioni federali vigenti all'epoca, fosse ricavabile dalla natura e della finalità del termine in rilievo, in quanto la sua funzione, di individuare gli aventi titolo alla partecipazione al campionato, implica la necessità di uno sbarramento temporale netto e sufficientemente anticipato, al fine di garantire l'espletamento di tutti gli incombenti organizzativi funzionali all'avvio del campionato (Cons. Stato, VI, n. 2546/2001).

Tale principio deve essere condiviso e ribadito, anche se va precisato che la ragionevolezza, la proporzionalità e l'adeguatezza di tali termini rispetto agli adempimenti richiesti costituiscono elementi pienamente assoggettati al sindacato del giudice amministrativo.

Come chiarito in precedenza, il procedimento di non ammissione delle società ad un determinato campionato è un procedimento a formazione progressiva, al cui interno si collocano sia i ricorsi federali, sia il ricorso alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport istituita presso il Co.

Ciò comporta la necessità di procedimentalizzare l'intero iter di formazione della decisione finale, impugnabile davanti al giudice amministrativo; da un lato, viene rafforzata l'esigenza di termini perentori per le varie fasi procedimentali, sempre nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza; dall'altro, si rende necessario prevedere, quanto meno nella fase dei ricorsi federali, la possibilità di richiedere integrazioni o spiegazioni in relazioni a questioni non chiare all'esito delle produzioni documentali.

Anche riguardo alla fase finale del ricorso alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport occorre prevedere termini contenuti, in modo da esaurire i gradi della giustizia sportiva con sufficiente anticipo rispetto all'inizio del campionato senza pregiudicare l'effettività dell'eventuale tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo; solo in tal modo il previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, previsto dall'art. 3, legge n. 280/2003, può essere ritenuto compatibile con i principi costituzionali in materia di tutela giurisdizionale.

L'affermazione dell'irragionevolezza di requisiti che legittimino la non iscrizione di una società anche per debiti di minima entità (di Euro 1) può essere in astratto condivisa, ma nel caso di specie la non ammissione al campionato di serie C/1 è avvenuta per inadempimenti più gravi, rispetto ai quali i requisiti di iscrizione previsti nelle impugnate disposizioni federali non possono in alcun modo essere ritenuti irragionevoli. In particolare, l'assenza di debiti nei confronti di tesserati costituisce elemento tutt'altro che irrilevante sotto il profilo degli obblighi gravanti sulle società di calcio, il cui rispetto deve appunto essere controllato anche in sede di iscrizione ai campionati.

Una volta deciso l'ampliamento della serie B a 24 squadre, il ripescaggio delle 4 retrocesse non poteva che avvenire a condizione, come già detto, della loro regolare iscrizione alla serie C/1, non potendo il requisito dell'esistenza di un contenzioso supplire a tale elemento.

La mancata ammissione della Sa. Calcio al campionato in questione ha, quindi, determinato l'esigenza di ripescare altra società, individuata secondo criteri che quella non ha alcun tutelabile interesse a contestare.

9) A quanto sopra deve, da ultimo, ulteriormente aggiungersi che:

a) ai fini della ricorrenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva, alternativo all'avvenuto pagamento dei debiti scaduti al 15 marzo 2005, sarebbe stato necessario il deposito, entro il 30 giugno 2005, di documentazione comprovante la pendenza di lite non temeraria (cfr. comunicato ufficiale n. 189/A del 15 marzo 2005, della Federazione Italiana Gi.Ca., allegato A);

b) entro il suddetto termine del 30 giugno 2005 non risulta essere stata depositata documentazione all'uopo idonea, posto che il mero riferimento, nell'istanza di transazione, al ricorso avverso due cartelle esattoriali, non accompagnato dall'allegazione dei relativi ricorsi e delle successive decisioni, non consente l'apprezzamento, oltre che della pendenza, anche della natura non temeraria e non strumentale della controversia (v. sopra), il che coonesta l'avvenuta esclusione della Sa. s.p.a. e legittima il subentro di altro sodalizio;

c) in ogni caso, in rapporto ad una terza cartella, non è controversa la circostanza della non pendenza di alcun contenzioso;

d) la lettera e la ratio della suddetta prescrizione risultano poi ostative ad ogni ipotizzabile equiparazione tra la sussistenza di un contenzioso virtuale o potenziale e la richiesta effettiva pendenza attuale del contenzioso;

e) per gli stessi motivi non è ricavabile la pendenza del contenzioso dalla mera attestazione, sopra richiamata e resa dal direttore dell'Agenzia delle entrate, circa il possibile esito positivo dell'accordo di transazione e dilazione;

f) detta attestazione, non seguita dalla concessione della pure invocata sospensione, non incide nemmeno sulla esigibilità del debito e, quindi, sulla conclamata situazione di inadempimento alla suddetta data del 30 giugno 2005.

Conclusivamente, l'appello dev'essere respinto (come già la connessa domanda cautelare), con salvezza dell'impugnata sentenza, mentre le spese del giudizio di seconda istanza possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti costituite, tenuto anche conto del loro reciproco impegno difensivo e delle peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

- respinge l'appello;

- compensa tutte le spese del giudizio di secondo grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio dell'11 luglio 2006, con l'intervento dei signori magistrati:

Giorgio GIOVANNINI Presidente

Sabino LUCE Consigliere

Carmine VOLPE Consigliere

Luciano BARRA CARACCIOLO Consigliere

Aldo SCOLA Consigliere rel. est.

DEPOSITATO IN SEGRETERIA

il 25 GEN. 2007

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