La revoca dell'assegnazione di un'area per la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica comporta l'automatica caducazione anche della relativa convenzione

La revoca dell'assegnazione di un'area per la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica comporta l'automatica caducazione anche della relativa convenzione, e ciò in quanto l'atto di assegnazione di un lotto di edilizia residenziale pubblica e la relativa convenzione attuativa compongono entrambe la fattispecie complessa della concessione amministrativa ed istituiscono tra concedente e concessionario un rapporto unitario, di tal che il venir meno di uno dei due atti di cui la fattispecie si compone comporta la caducazione anche dell'altro atto.
(Consiglio di Stato Sezione 5, Sentenza del 25 giugno 2007, n. 3637)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,

Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso in appello n. 9372/2006, proposto dalla Società Cooperativa Edilizia Ar. a r.l., in persona del legale rappresentante Sig. Ma.Ca., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Lu.Be., Mi.Pa. e Br.D'Am., con i quali è elettivamente domiciliata in Ro., Piazza Ma.Di.Be., n. (...),

CONTRO

Il Comune di Al., in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Fu.Lo. e An.Ma., con i quali è elettivamente domiciliato in Ro., via F.Go., n. (...),

la Società Cooperativa Yd., a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita,

la Società Cooperativa Edilizia Al. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Ga.Pi. e dall'avvocato Gi.At.De.Ma., elettivamente domiciliata in Ro., presso lo studio del primo in via Sa. (...);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del Veneto, II Sezione, del 31.7.2006, n. 2221;

Visto il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti tutti di causa;

Relatore, alla udienza pubblica del 2.2.2007, il Consigliere Claudio Marchitiello;

Uditi gli avvocati Pa., Ma. e Pi. come da verbale d'udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La Ar., s.c.a.r.l. ha proposto in primo grado quattro ricorsi.

Con il ricorso n. 3109/2003, la Società Ar. ha impugnato il provvedimento del 15.7.2003, n. 638, con il quale il Comune di Al. ha assegnato alla società ricorrente il lotto n. 2 del piano di zona Sa.Lo. e la deliberazione del Consiglio comunale del 30.12.2002, n. 121. Tali provvedimenti sono stati impugnati nella parte in cui stabiliscono il prezzo di cessione dell'area.

Con il ricorso n. 2918/2004, la Società Ar. ha impugnato la diffida del 2.7.2004, n. 19909/2004, l'atto di comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca dell'assegnazione dell'area del 16.7.2004, n. 21467/2004, la revoca dell'assegnazione dell'area del 6.8.2004, n. 23659/2004, il provvedimento del Responsabile del Settore Pianificazione Patrimonio ed Edilizia Residenziale Pubblica del 23.5.2004, n. 431.

Con il ricorso n. 2456/2005, la Società Ar. ha impugnato il rigetto dell'istanza di permesso di costruire 12.8.2005, n. 24846, la nota 10.12.2004 di sospensione del procedimento di rilascio del permesso di costruire e ha chiesto l'accertamento delle responsabilità patrimoniali del comune.

Con il ricorso n. 273/2006, la Società Ar. ha impugnato il provvedimento del 23.12.2004, n. 1226, di assegnazione alia Cooperativa Edilizia Al. del lotto n. 2.

Il Comune di Al. si è costituito per tutti i ricorsi, opponendosi al loro accoglimento.

La cooperativa Al. si è costituita per il ricorso n. 273/2006.

Per i ricorsi nn. 2918/2004 e 2456/2004 la Cooperativa Al. è intervenuta ad opponendum.

Il T.A.R. del Veneto, II Sezione, con la sentenza del 31.7.2006, n. 2221, previa riunione, ha rigettato i ricorsi nn. 23/2004 e 2456/2005 e ha dichiarato inammissibili i ricorsi nn. 3109/2003 e 273/2006.

La Società Ar. appella la sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.

Si sono costituiti in appello il Comune di Al. e la Società Cooperativa Edilizia "Al.", che hanno chiesto la conferma della sentenza appellata.

All'udienza del 2.2.2007, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

1.- Giova premettere all'esame dell'appello proposto dalla Società Cooperativa Ar., a r.l., avverso la sentenza del 31.7.2006, n. 2221, della II Sezione del T.A.R. del Veneto, un riassunto dei fatti, nei profili che interessano la presente controversia, seguendo la precisa ricostruzione effettuata dal Comune di Al., che trova conferma nelle deliberazioni e nei provvedimenti adottati dal predetto comune relativi al Piano per l'Edilizia Economica e Popolare denominato "Nu. (...) - Sa.Lo."

Il P.E.E.P. "Nu. (...) - Sa.Lo." è stato adottato con la deliberazione della Giunta Municipale del 13.11.2002, n. 112, ed approvato con la deliberazione del Consiglio comunale del 23.12.2002, n. 113, che ha anche individuato le opere di urbanizzazione e il relativo quadro economico di spesa (con le tavole progettuali, la relazione illustrativa e il computo metrico estimativo ad essa allegati).

Il Comune ha quindi approvato il "progetto preliminare" delle opere di urbanizzazione primaria e ha stabilito di fare realizzare tali opere dagli assegnatari, come risulta dalla deliberazione del Consiglio comunale del 30.12.2002, n. 121, che ha stabilito il prezzo di cessione delle aree, conteggiandolo al netto della spesa presunta per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.

Il Bando del 20.1.2003, n. 1694, pertanto, alla voce "Opere di urbanizzazione primaria" stabilisce che: "la realizzazione delle opere di urbanizzazione sarà a carico degli assegnatari acquirenti che dovranno costituire allo scopo un consorzio o un'associazione temporanea; in ogni caso le opere saranno realizzate secondo il progetto, redatto dal Comune di Al., che sarà approvato dall'amministrazione comunale e la realizzazione dovrà avvenire tramite impresa in possesso di esperienza per lavori analoghi".

Il punto 10 del Bando, a sua volta, dispone la presentazione da parte dei partecipanti alla gara di un "impegno a firma del legale rappresentante o in qualità di amministratore unico o sulla base di un provvedimento del consiglio di amministrazione, a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione costituendo allo scopo un consorzio o un'associazione temporanea con gli altri operatori assegnatari di aree all'interno del Nucleo ed affidando i lavori ad impresa con provetta esperienza in lavori analoghi".

Tale clausola è riportata alla lettera anche all'art. 4 dello schema di convenzione allegato al bando ("Esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria. Aspetti economici").

Il Comune di Al., dopo la pubblicazione del bando, con le deliberazioni della Giunta Municipale del 23.5.2003, n. 81, e del 28.8.2003, n. 113, ha rispettivamente approvato il "progetto definitivo" e il "progetto esecutivo" delle opere di urbanizzazione.

Tali opere (secondo quanto affermato dal Comune senza contestazioni da parte della Società appellante) sono le medesime di quelle già approvate con le deliberazioni di massima più indietro richiamate (deliberazione della Giunta Municipale del 13.11.2002, n. 112; deliberazione del Consiglio comunale del 23.12.2002, n. 113), con previsione, in definitiva, anche della stessa spesa fin dall'origine preventivata per la loro realizzazione.

La Cooperativa Ar. a r.l., assegnataria del lotto n. 2, come da provvedimento del 17.7.2003, n. 638, ha stipulato la convenzione 10.10.2003, n. 76221, per la cessione in proprietà delle aree.

La convenzione all'art. 7 conferma l'art. 4 dello schema allegato al bando, sia per quanto concerne la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria sia per quanto riguarda la successiva predisposizione di un "disciplinare" per l'affidamento dei lavori.

Secondo quanto previsto dal bando, la Cooperativa Ar. avrebbe dovuto collegarsi con le altre assegnatarie dei lotti del p.e.e.p. "Nu. (...) - Sa.Lo." per costituire il consorzio o l'associazione temporanea di imprese per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.

Peraltro, mentre le assegnatarie degli altri due lotti, la Cooperativa Yd. a r.I. e l'impresa Ma., S.p.A., si sono unite in associazione temporanea di imprese come richiesto dall'art. 4 dello schema di convenzione allegata al bando, la Cooperativa Ar., in un primo tempo si è rifiutata di sottoscrivere tale atto, in un secondo momento ha aderito all'atto costitutivo sottoscritto dalle altre due assegnatarie dichiarando di fare propri solo i punti 1 e 5 di tale atto ed escludendo il mandato alla capogruppo, già individuata dall'atto nella Cooperativa Yd., a definire e sottoscrivere il disciplinare per l'affidamento delle opere.

In data 21.6.2004, peraltro, la Cooperativa Ar., con un atto integrativo, ha precisato che "la cooperativa Yd. è autorizzata a definire con il Comune di Al. le opere di urbanizzazione da realizzare e relativo importo entro il limite massimo di quanto dovuto ai sensi della legge n. 19/77 e ai sensi pure del comma dodici dell'art. 35 della legge n. 865/1981" e, nello stesso tempo, ha fatto presente che la propria adesione allo schema di convenzione per l'affidamento delle opere resta subordinato all'inserimento in detto schema delle proprie contestazioni e riserve sulle opere di urbanizzazione da realizzare.

Alla diffida dell'amministrazione a stralciare, nel termine di otto giorni, dall'atto integrativo la suddetta clausola, la Cooperativa Ar. ha fatto presente al Comune di avere incaricato dell'esecuzione dei lavori l'impresa Cooperativa Pa.Mu., con la quale aveva anche sottoscritto il relativo contratto di appalto, e che i lavori sono iniziati.

Ha fatto seguito una nuova diffida da parte del Comune che, all'inottemperanza della Cooperativa Ar. ad aderire alla costituita associazione temporanea, ha disposto la revoca dell'assegnazione dell'area con provvedimento del 6.8.2004, n. 23659/2004, previa comunicazione di avvio del relativo procedimento del 16.7.2004, n. 21467/2004.

A seguito della revoca, il Comune di Al., nel frattempo subentrato al posto della Cooperativa Ar. nella convenzione stipulata con la ditta appaltatrice per l'esecuzione delle opere, per non ritardarne la realizzazione, ha assegnato il lotto n. 2 alla Cooperativa Al. che, nella graduatoria relativa all'assegnazione del Lotto n. 2, si era classificata al secondo posto.

Nel frattempo, la Cooperativa Ar. ha proposto due domande di permesso di costruire per la realizzazione di alloggi sul lotto n. 2 (con l'istanza presentata il 13.5.2004, prot. n. 14571, e con la istanza del 4.6.2004, prot. n. 16794).

Il Comune di Al., sul presupposto della indisponibilità dell'area dovuta alla revoca dell'assegnazione, con provvedimenti del 17.9.2004, n. 27894 e 27815 ha negato le concessioni edilizie richieste.

Tali provvedimenti non sono stati impugnati dalla Cooperativa Ar.

Con le note del 12.8.2005, nn. Prot. 24862 e 24871, il Comune ha confermato tale diniego a fronte delle istanze in data 22.6.2005, con le quali la Cooperativa Ar. ha reiterato l'istanza di permesso di costruire.

Anche un'ulteriore richiesta di permesso di costruire relativa alla realizzazione di 18 alloggi sull'area 2B è stata respinta con provvedimento del 23.6.2005 dal Comune di Al. che, in un primo momento ne aveva sospeso l'esame in attesa che il T. A. R. si pronunciasse sul ricorso concernente la revoca dell'assegnazione.

Ciò premesso, come già riferito al precedente punto 1, dalla Cooperativa Ar. sono stati proposti quattro ricorsi.

Con il primo, contrassegnato con il n. 3109/2003, sono stati impugnati il provvedimento del 15.7.2003, n. 638, di assegnazione dell'area e la deliberazione del Consiglio comunale del 30.12.2002, n. 121, limitatamente al profilo attinente al prezzo di cessione del lotto.

Con il secondo, n. 2918/2004, sono state impugnate la diffida del 2.7.2004, la comunicazione dell'avvio del procedimento per la revoca dell'assegnazione del 16.7.2004, il provvedimento di revoca dell'assegnazione, i provvedimenti dirigenziali del 18.5.2004, n. 389, che ha approvato un primo schema di convenzione per l'affidamento dei lavori relativi alle opere di urbanizzazione, e del 27.7.2004, n. 431/2004, che ha approvato lo schema definitivo di detta convenzione.

Con il terzo ricorso, contrassegnato con il n. 2456/2005, è stato impugnato il diniego di permesso di costruire di cui al provvedimento del 23.6.2005 (e la successiva comunicazione del 12.8.2005, prot. n. 24846, di conferma circa la non assentibilità della permesso di costruire).

Con il quarto ricorso, (n. 273/2006), infine, è stata impugnata l'assegnazione del lotto n. 2 alla Cooperativa Al.

La II Sezione del T.A.R. del Veneto, con l'appellata sentenza del 31.7.2006, n. 2221, previa riunione, ha rigettato i ricorsi nn. 2918/2004 e 2456/2005 e ha dichiarato inammissibili i ricorsi nn. 273/2006 e 3109/2003.

2. L'appello proposto dalla Cooperativa Ar. avverso tale sentenza è da respingere.

I primi rilievi concernono la sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha respinto il ricorso di primo grado contrassegnato con il n. 2918/2004.

Le deduzioni della Cooperativa appellante sono dirette a contestare l'esistenza dell'obbligazione a suo carico alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria così come definite dai progetti del Comune, deducendosi, come rilievo di fondo, la illegittimità della pretesa del Comune di porre a carico della Cooperativa appellante la realizzazione di opere di urbanizzazione in misura superiore a quanto stabilito dal bando, dall'art. 7 della convenzione del 10.10.2003 e dagli artt. 35 della legge n. 865 del 1971 e 4 della legge n. 847 del 1964.

Secondo la Cooperativa Ar., il Comune di Al. avrebbe imposto la realizzazione di opere di urbanizzazione ulteriori rispetto a quelle definite tali dagli artt. 4 della legge 29.9.1964, n. 847 e 4 della legge 28.1.1977, n. 10 (attuale art. 16, comma 7, del D.Lgs 6.6.2001, n. 380), con incremento dei costi rispetto a quelli derivanti dall'applicazione dell'art. 35 comma 12, della legge 22.10.1971, n. 865.

II rilievo è infondato.

I criteri di determinazione delle opere di urbanizzazione di cui all'art. 35 ora citato, indipendentemente dalla considerazione che essi sono stabiliti per il caso in cui sia il comune a realizzare le opere di urbanizzazione e dagli assegnatari debba pagarsi un corrispettivo, non sono applicabili alla fattispecie in cui la Cooperativa appellante si è obbligata, partecipando alla gara e, in particolare, con la convenzione stipulata il 10.10.2003, alla realizzazione delle predette opere secondo il progetto approvato dal Comune.

L'art. 7 di detta convenzione che, come riportato nella narrativa di cui al precedente punto n. 2, ripete l'art. 4 dello schema di convenzione allegato al bando, chiaramente pone a carico degli assegnatari le opere di urbanizzazione primaria, individuandole specificamente con riferimento anche al presumibile costo che gli assegnatari avrebbero dovuto sopportare.

La Cooperativa Ar., nonostante abbia sottoscritto tale convenzione assumendosene in tal modo le relative obbligazioni, ne contesta la legittimità deducendo che essa si porrebbe in contrasto con il già richiamato art. 35 della legge n. 865 del 1971.

Vari argomenti sono stati portati a sostegno di tale tesi.

Secondo l'appellante, gli oneri urbanizzativi insieme al costo delle aree sono "funzione dei prezzi o canoni degli alloggi".

Poiché tali prezzi o canoni devono essere "bassi", trattandosi di edilizia residenziale pubblica, gli oneri dell'acquisizione delle aree e della relativa urbanizzazione sono prestabiliti. Per quanto concerne gli oneri di urbanizzazione, questi, come dispone in modo inderogabile l'art. 35 citato al comma 12, devono corrispondere "al costo di realizzazione in proporzione al volume edificabile naturalmente della urbanizzazione indispensabile per il comprensorio interessato".

Tale tesi non può essere condivisa.

Innanzitutto è da escludere che con il bando e la convenzione, con le obbligazioni da queste regolate relativamente alle opere di urbanizzazione, il Comune abbia violato l'art. 35 comma 12 della legge n. 865 del 1971.

Tale disposizione, contrariamente all'assunto della Cooperativa ricorrente, non è affatto inderogabile. Essa non preclude che sia il Comune a stabilire quali debbano essere le opere di urbanizzazione da realizzare, come condizione per la concessione delle aree e che tutte le conseguenti obbligazioni siano rimesse alla disciplina contenuta nella convenzione attuativa del provvedimento concessorio.

Si rivelano prive di fondamento, quindi, tutte le conclusioni che la Cooperativa appellante fa derivare dalla sua tesi circa la inderogabilità dell'art. 35 in discorso e, cioè, che ogni patto contrario sarebbe affetto da nullità o, ancora, che la disposizione in parola, per la sua natura imperativa, sarebbe idonea a conseguire gli effetti di cui all'art. 1339 cod. civ., inserendosi di diritto nella convenzione, in sostituzione della eventuale difforme disciplina voluta dalle parti.

L'ulteriore argomento che fa derivare la natura inderogabile dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971 dalle finalità sociali della normativa in materia di edilizia residenziale pubblica, che mira a soddisfare il fabbisogno di abitazione dei meno abbienti, è suggestivo ma non si rispecchia nella formulazione della norma.

E' infondato anche il rilievo, anch'esso concernente l'obbligo posto a carico degli assegnatari delle aree di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione primaria, circa la indeterminatezza della convenzione riguardo a tali opere.

Dalla narrativa che precede emerge, infatti, che le opere di cui trattasi sono indicate fin dalle previsioni del bando, riferendosi questo alle opere contenute nel "progetto redatto dal Comune di Al.", e sono poi specificamente riportate nelle premesse della convenzione (con il richiamo alla deliberazione della Giunta Municipale del 19.11.2002, n. 112, concernente il "progetto di massima" e avente ad oggetto "le opere e i relativi costi indicati negli elaborati progettuali, nella relazione illustrativa e nel computo metrico estimativo" di seguito definitivamente approvate con la deliberazione del Consiglio comunale del 23.12.2002, n. 113).

Deve ancora osservarsi che, contrariamente a quanto sostenuto nell'atto di appello con altro profilo del motivo in esame, le opere da realizzarsi dagli assegnatari delle aree rientrano certamente nella categoria delle opere di urbanizzazione primaria.

Ed invero, "i passaggi pedonali, il ponte consortile, le opere stradali relative alla limitrofa ZTO C1 39 (lottizzazione privata), la segnaletica stradale e le piste ciclabili" non sono altro che opere afferenti le "strade residenziali" di cui alle norme richiamate dalla Cooperativa ricorrente. Non si può ritenere, invero, che le norme urbanistiche, nell'inserire le strade residenziali tra le opere di urbanizzazione primaria, abbiano fatto riferimento al solo manto stradale e, per quanto concerne specificamente i piani per l'edilizia pubblica, al solo manto stradale strettamente aderente agli immobili da realizzare (ovvero circostanti a questi) e, addirittura, senza collegamenti con la viabilità preesistente (quale quella, indicata nell'atto di appello, che permette la comunicazione con la vicina area lottizzata). Il ponte consortile, che unisce due segmenti di una stessa strada, è poi, con tutta evidenza, un necessario completamento di questa.

Lo stesso dicasi per le "alberature", che realizzano spazi di verde, e per le aree lastricate interne al parco. Trattasi di completamenti di infrastrutture certamente ascrivibili alle opere di urbanizzazione primaria ("spazi di verde attrezzato").

E' del tutto infondata, pertanto, la tesi ribadita in più punti dell'atto di appello, diretta a far rilevare la incongruità dell'obbligo posto a carico degli assegnatari, in quanto le opere previste nel progetto del Comune non rientrerebbero tra quelle indicate negli artt. 4 della legge n. 847 del 1964 e 4 della legge n. 10 del 1977 (attuale art. 16, comma 7, del D.Lgs n. 380 del 2001).

Di nessuna rilevanza è poi la circostanza che dette opere al momento della pubblicazione del bando, fossero inserite nel programma pluriennale delle opere pubbliche comunali per gli anni 2003 - 2005, giacché tale inserimento non implica che le opere considerate dovessero necessariamente essere realizzate dall'amministrazione comunale, come si afferma dalla
Cooperativa appellante.

In ordine a tale profilo dell'appello, occorre anche aggiungere che si rivela privo di fondamento anche il rilievo che ha di mira il cd. "disciplinare".

La Cooperativa appellante rileva che, con tale atto, il Comune avrebbe unilateralmente modificato le pattuizioni in essere con gli assegnatari addossando agli stessi opere ulteriori rispetto a quelle non previste dalla legge. Il rilievo è in parte già confutato dalle considerazioni fin qui svolte relativamente alla fonte dell'obbligo per gli assegnatari della realizzazione delle opere.

Si deve solo aggiungere che è corretto quanto affermato dalla pronuncia del T.A.R. a! riguardo, atteso che il disciplinare in questione, previsto dall'ultimo comma dell'art. 7 della convenzione, è solo lo strumento attuativo di questa, con il quale l'amministrazione ha stabilito la normativa di dettaglio relativa all'affidamento dei lavori per la realizzazione delle opere.

L'art. 7 della convenzione, infatti, come riportato in narrativa, dopo avere stabilito che le opere di urbanizzazione primaria dovevano essere realizzate a cura e spese degli assegnatari delle aree, secondo il progetto approvato dal Comune, ha previsto che gli assegnatari dovessero riunirsi in associazioni temporanee (o in consorzi) per eseguire i lavori nel termine previsto per la costruzione dei fabbricati e comunque non oltre un anno da tale termine dandoli in appalto ad una impresa di collaudata esperienza nel settore.

La disposizione prevede, inoltre, la riserva all'amministrazione della disciplina di dettaglio relativa all'affidamento dei lavori da effettuarsi con "apposito disciplinare ".

Correttamente la pronuncia appellata evidenzia come mera disciplina di dettaglio il contenuto del disciplinare.

Questo, approvato con il provvedimento dirigenziale del 27.5.2004, n. 431, dopo avere confermato l'obbligo già assunto dalle assegnatarie dei lotti in sede di partecipazione alla gara e di sottoscrizione della convenzione di cessione di realizzare a proprie cure e spese le opere di urbanizzazione in conformità al progetto esecutivo, si limita a fissare le modalità per tale adempimento, sotto il controllo del Comune.

In particolare, la convenzione prevede: a) il termine entro cui doveva essere scelta la impresa esecutrice dei lavori, termine già stabilito dalla convenzione stipulata il 10.10.2003; b) i termini di inizio e di ultimazione delle opere coincidente con quello già indicato nella predetta convenzione; c) la cauzione definitiva a garanzia del puntuale adempimento già stabilita dalla convenzione; d) il controllo da parte dell'amministrazione dell'esecuzione dei lavori, con la nomina di un direttore dei lavori e di un funzionario responsabile, la riserva all'amministrazione del collaudo e della nomina dei collaudatori ed altre incombenze già tutte previste e regolate nella convenzione del 10.10.2003.

Il disciplinare, pertanto, non ha un nuovo contenuto rispetto alla convenzione sottoscritta dalla Cooperativa Ar. il 10.10.2003.

Da respingere è anche la censura con la quale la Cooperativa appellante contesta la pronuncia del T.A.R. che ha dichiarato irricevibile la impugnativa del provvedimento dirigenziale n. 431 del 2004, di approvazione dello schema definitivo di detto disciplinare (la impugnativa del provvedimento del 18.5.2004, n 389, di approvazione di un primo schema di disciplinare è stata dichiarata improcedibile dal T.A.R., in quanto sostituito appunto dal provvedimento n. 431).

Ed invero, la Cooperativa Ar. ha chiesto, con la nota del 1.6.2004, che venissero apportate modifiche allo schema di disciplinare.

3.- La chiara volontà della Cooperativa appellante di non voler adempiere agli obblighi assunti con la convenzione stipulata il 10.10.2003 ha determinato la revoca dell'assegnazione, con il provvedimento del 6.8.2004, n. 21467/2004.

Sono infondate le deduzioni dell'appello dirette a contestare le conclusioni alle quali è pervenuto il T.A.R. sui motivi di ricorso dedotti in primo grado, con i quali erano state denunciate la incompetenza dell'organo che ha adottato la revoca e il difetto di motivazione del relativo provvedimento.

Correttamente, secondo le regole del contrarius actus, il provvedimento di revoca è stato adottato dal Responsabile del Settore Pianificazione Patrimonio ed Edilizia Residenziale Pubblica, cioè dallo stesso organo che ha deliberato l'assegnazione dell'area.

Quanto al difetto di motivazione, deve opporsi che l'atto è congruamente motivato anche in ordine alle ragioni di interesse pubblico che hanno indotto l'amministrazione ad adottarlo.

4. - Il Collegio ritiene che non siano da esaminare le censure formulate in primo grado, che la Cooperativa appellante ha riportato pedissequamente, nello stesso, identico testo del ricorso originario, nell'atto di appello (da pag. 36 a pag. 81).

Come già più volte ha affermato questo Consiglio di Stato (Cons. St., VI Sez. 23.6.2006, n. 4062; 15.5.2006, n. 2702; 21.2.2005, n. 549; IV Sez. 13.11.1995, n. 932), la parte soccombente in primo grado, quando adisce il giudice di appello, non può limitarsi a riproporre i motivi di doglianza già dedotti e disattesi dal primo giudice, ma deve anche indicare le ragioni per le quali le conclusioni alle quali quest'ultimo è pervenuto non possano essere condivise.

Non ha alcuna rilevanza, infine, la circostanza che la revoca sia stata pronunciata dal Comune prima che scadessero i termini per realizzare le opere di urbanizzazione, risultando inequivoca la volontà della Cooperativa Ar. di non volerle realizzare secondo le disposizioni impartite dal Comune.

5. - La sentenza appellata va confermata anche nella parte in cui ha respinto il ricorso n. 2456/2005, diretto all'annullamento dei provvedimenti del 10.11.2004, n. 34440, e del 12.8.2005, n. 24846, sospensione del procedimento per il rilascio delle concessioni edilizie e di rigetto della istanza di permesso di costruire nonché la domanda di accertamento delle responsabilità patrimoniali del Comune di Al.

La Cooperativa appellante rileva che i permessi di costruire dovevano essere assentiti, stante, in ogni caso, la vigenza della convenzione.

La Sezione non è dello stesso avviso.

Deve ritenersi, infatti, priva di fondamento la tesi secondo cui non vi sarebbe la stretta correlazione ravvisata dai primi giudici fra assegnazione dell'area e disponibilità dell'area giacché, secondo la Cooperativa appellante, la convenzione sarebbe "l'atto privatistico bilaterale con il quale si trasferisce la proprietà" di tal che non sarebbe ammissibile, né previsto dalla convenzione, un recesso unilaterale da tale atto bilaterale, che, pertanto, sarebbe da ritenere vigente, come valido presupposto per ottenere il permesso di costruire.

La convenzione, inoltre, aggiunge la Cooperativa appellante, non pone l'inadempimento delle sue clausole come causa risolutiva del diritto di proprietà dell'area assegnata.

La Sezione ritiene corretta la pronuncia del T.A.R., che ha affermato come la revoca dell'assegnazione dell'area comporti l'automatica caducazione anche della convenzione.

L'atto di assegnazione di un lotto di edilizia residenziale pubblica e la relativa convenzione attuativa compongono entrambe la fattispecie complessa della concessione amministrativa ed istituiscono tra concedente e concessionario un rapporto unitario di tal che il venir meno di uno dei due atti di cui la fattispecie si compone comporta la caducazione anche dell'altro atto.

La circostanza che la Cooperativa Ar. abbia trascritto l'atto di assegnazione dell'area non è di ostacolo alla revoca giacché è estraneo a tale istituto la funzione di creare un diritto.

Correttamente, quindi, alla Cooperativa Ar., non sono stati assentiti i permessi di costruire richiesti, in quanto privata della disponibilità dell'area, cioè di uno dei presupposti stabiliti dalla legge per ottenere il permesso di costruire (art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 380 del 2001).

6. - Per le ulteriori deduzioni concernenti la parte della sentenza che ha respinto il ricorso n. 2456/2004 (da pag. 86 a pag. 106 dell'atto di appello) che si esauriscono in un rinvio, senza alcuna modificazione, neppure di ordine formale, alle censure proposte con il ricorso originario, la Sezione richiama le considerazioni già svolte al precedente n. 4, ritenendo di dover escludere dall'oggetto del giudizio di appello le censure così richiamate.

7. - Nei confronti della sentenza appellata che ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 273, con il quale la Società appellante aveva impugnato in primo grado il provvedimento con il quale il lotto n. 2 è stato assegnato alla Cooperativa Al., la Cooperativa ricorrente ha solo dedotto espressamente che l'annullamento della revoca dell'assegnazione dovuta all'accoglimento dell'appello per tale profilo determinerebbe anche la caducazione di tale provvedimento.

La sentenza del T.A.R. che ha respinto il ricorso avverso la revoca è confermata dalle considerazioni che precedono.

Ne consegue cha anche la pronuncia di improcedibilità del ricorso n. 273/2006, per difetto sopravvenuto di interesse deve essere confermata. Le considerazioni della Cooperativa appellante che ripetono (da pag. 107 a pag. 120) il ricorso proposto davanti al T.A.R. (che comprendono anche parte dei precedenti ricorsi già confutati nelle considerazioni che precedono) non sono quindi esaminate dalla Sezione.

Valgano anche nei confronti di dette deduzioni le osservazioni già formulate ai precedenti punti 4 e 6.

9. - Anche in ordine alla improcedibilità dell'originario ricorso n. 3109/2003, con il quale la Cooperativa appellante aveva impugnato i provvedimenti di assegnazione del lotto n. 2, nella parte relativa al prezzo dell'area e gli atti ad essi connessi, la Cooperativa appellante deduce che tale pronuncia legata alla illegittimità della revoca dovrebbe essere riformata in dipendenza dell'accoglimento dell'appello rivolto contro la pronuncia del T.A.R. che ha respinto il ricorso contro il provvedimento di revoca.

Ne conseguirebbe l'esame delle censure proposte in primo grado con tale ricorso che la Cooperativa appellante reitera (da pag. 121 a pag. 131).

La reiezione dell'appello, per quanto concerne, la revoca dell'assegnazione esime la Sezione dall'esaminare specificamente la parte dell'atto di appello diretta avverso la sentenza n. 3109/2004 (in gran parte, peraltro, già confutata).

10. - L'appello, in conclusione deve essere respinto.

11. - Le spese del secondo grado del giudizio, come di regola, seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, respinge l'appello.

Condanna la Cooperativa Ar. a r.l. a pagare le spese del secondo grado del giudizio Comune di Al. e alla Cooperativa edilizia Al. in ragione di Euro 5000,00 (cinquemila, 00) ciascuno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso, in Roma, in Camera di Consiglio, il 2.2.2007, con l'intervento dei signori:

Emidio Frascione Presidente

Cesare Lamberti Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere Est.

Caro Lucrezio Monticelli Consigliere

Marzio Branca Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il 25/06/2007

(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)

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