Nel giudizio di opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, il giudice, salve le ipotesi d’inesistenza, non ha il potere di rilevare d'ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto

L'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, di cui agli artt. 22 e segg. della Legge 24 novembre 1981 n. 689, configura l'atto introduttivo, secondo le regole proprie del procedimento civile, d'un giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria, il cui oggetto è delimitato, per l'opponente, dalla causa petendi fatta valere con l'opposizione stessa, e, per l'Amministrazione, dal divieto di dedurre motivi o circostanze, a sostegno di detta pretesa, diverse da quelle enunciate con la ingiunzione; ne consegue che il giudice, salve le ipotesi d’inesistenza, non ha il potere di rilevare d'ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che l'ha preceduto. (Corte di Cassazione,Sezione II, 16 gennaio 2008, n. 715)



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La Corte chiarisce che nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, ove il giudice scelga di redigere e leggere, contestualmente al dispositivo, anche la motivazione della sentenza, come è sua facoltà, egli non è esentato a pena di nullità della sentenza dall’obbligo di esporre l’oggetto del giudizio, le conclusioni delle parti e di fornire una motivazione adeguata della decisione adottata.

FATTO E DIRITTO

Il Comune di Roncofreddo impugna per cassazione la sentenza 26.11.03 n. 824 con la quale il G.d.P. di Cesena, su ricorso in opposizione proposto da T. M., ha ridotto l'entità pecuniaria della sanzione, inflitta per violazione dell'art. 142 CdS a seguito d'accertamento con verbale di contestazione n. AX .../03 redatto addì 22.5.03 dalla polizia municipale a carico del detto opponente.
Parte intimata non svolge attività difensiva.
Il ricorrente denunzia, con il primo motivo, la violazione dell'art. 204 bis comma 7 CdS e dell'art. 112 CPC; con il secondo, vizi di motivazione; con il terzo nullità ex art. 360 n 4 e 112 CPC.
Attivatasi procedura ex art. 375 CPC, il Procuratore Generale fa pervenire requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso siccome manifestamente fondato.
Al riguardo le considerazioni svolte dal Procuratore Generale e la conclusione cui è pervenuto sono senza dubbio da condividere.Il primo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente, risultano manifestamente fondati, dacché l'impugnata sentenza - che, per il fatto d'essere stata pronunziata in udienza ex art. 23 della L 689/81, non esonerava il giudice dall’obbligo d'esporre le ragioni della controversia e di fornire adeguata motivazione della decisione adottata - risulta palesemente nulla, oltre che per vizio di forma, in difetto d’indicazione delle conclusioni delle parti e dell’oggetto del giudizio quale prescritta dall’art. 132 CPC - donde, tra l'altro, l’incomprensibilità della decisione - anche per essersi, comunque, pronunziata una riduzione della sanzione decidendo ex officio e, quindi, extra petita, dacché dalla sentenza stessa non emerge fosse stata proposta dall’opponente domanda in tal senso, né l'intimato si è costituito per eccepire al motivo di ricorso d'averla invece proposta.
In vero, l'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, di cui agli artt. 22 e segg. della Legge 24 novembre 1981 n. 689, procedimento al quale rinvia l'art. 204 bis CdS per la materia, configura l'atto introduttivo, secondo le regole proprie del procedimento civile, d'un giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria, il cui oggetto è delimitato, per l'opponente, dalla causa petendi fatta valere con l'opposizione stessa, e, per l'Amministrazione, dal divieto di dedurre motivi o circostanze, a sostegno di detta pretesa, diverse da quelle enunciate con la ingiunzione; ne consegue che il giudice, salve le ipotesi d’inesistenza, non ha il potere di rilevare d'ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che l'ha preceduto, nemmeno sotto il profilo della disapplicazione del provvedimento stesso, e che l'opponente, se ha facoltà di modificare l'originaria domanda nei limiti consentiti dagli artt. 183 e 184 CPC, non può introdurre in corso di causa domande nuove, a meno che su di esse non vi sia accettazione del contraddittorio da parte dell'Amministrazione (da ultimo, Cass. 9.3.04 n. 4781, 17.9.03 n. 13667, 24.6.03 n. 9987, ma già Cass. 28.10.83 n. 6381).
Nello specifico, va considerato, dunque, come la modifica del provvedimento limitatamente all’entità della sanzione, non possa essere disposta dal giudice se non in accoglimento della corrispondente domanda dell'opponente (cfr. Cass. 11.11.04 n. 21486, 11.5.01 n. 6555) che, come già evidenziato, non risulta fosse stata nella specie propostaIn secondo luogo, va anche considerato come, nella stessa materia, debbano applicarsi i seguenti principi: ove la norma indichi un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice determinarne l'entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi; il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione, né la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata ove tali limiti siano stati rispettati, ma sempre che dal complesso della motivazione risulti l'avvenuto compimento di quella valutazione ed, in particolare, che nel valutare complessivamente il fatto e la personalità dell’autore dell’illecito, il giudice abbia indicato, nella formazione del suo giudizio di fatto, quali elementi siano stati ritenuti di valore preminente rispetto agli altri (Cass. 11.5.01 n. 6555, 2.8.00 n. 10113); ove, poi, l'infrazione non abbia caratterizzazioni specifiche tali da indurre a maggiore o minor rigore, deve ritenersi corretto il riferimento, che peraltro deve pur esservi, alla misura deducibile dall’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dalla quale si prevede il pagamento in misura ridotta pari alla terza parte del massimo edittale o, se più favorevole, al doppio del minimo (Cass. 24.3.04 n. 5877, 4.11.98 n. 11054, 1.6.95 n. 6155).
Anche il secondo motivo è palesemente fondato, in ragione dell'illogicità della motivazione della sentenza impugnata, laddove si decide in base a considerazioni non solo irrazionali, quale la particolare potenza del veicolo, ma anche erronee, quali le condizioni della strada e del traffico che, se consentite ove sia contestato un generico eccesso di velocità in relazione alle dette condizioni ex art. 141/1 CdS, non sono consentite ove si tratti di contestazione del superamento d'un limite specifico ex art. 142 CdS, in ordine alla violazione del quale non è prevista alcuna valutazione discrezionale.
Il ricorso merita, dunque, accoglimento e l'impugnata sentenza va, pertanto, cassata, peraltro senza rinvio, dovendo questa Corte decidere esclusivamente sul capo di sentenza impugnato, in quanto gli altri motivi dell’originaria opposizione risultano disattesi (dichiarandosi accoglimento parziale) dalla sentenza in esame non impugnata, al riguardo, con ricorso incidentale.Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza per il giudizio di legittimità mentre, per quello di merito, non v’ha luogo a provvedere in difetto della nota delle spese vive affrontate dall’Amministrazione per la difesa a mezzo funzionario.
LA CORTE accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la statuizione dell’impugnata sentenza con la quale è disposta la riduzione dell’entità della sanzione; condanna M. T. alle spese che liquida in € 450,OO per onorari ed € 100,OO per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Camera di Consiglio i 19.10.2007.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2008

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