Bond Argentina:colossale "esproprio" di risparmio italiano.

A seguito di un massiccio acquisto, iniziato nell'anno 1996, da parte di grandi banche internazionali ed italiane del debito argentino dell'epoca, tra il 1998 ed 2001 (anno del default dichiarato dalla Repubblica di Argentina) tale debito è stato "scaricato", sotto forma di titoli obbligazionari, sui piccolo risparmiatori, allettati dai rendimenti molto alti.

La vicenda descritta in epigrafe è ormai nota, in particolare in Italia, dove si è registrata la maggiore percentuale di piccoli risparmiatori coinvolti nella vicenda (al contrario di paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti in cui questi sono rimasti del tutto immuni alla stessa). La vicenda in parola ha infatti toccato le tasche di quasi mezzo milione di famiglie italiane ed è ben lungi dall’essere terminata. Infatti, dopo la dichiarazione di default avvenuta nel dicembre del 2001, la Repubblica di Argentina ha smesso di rimborsare le cedole agli investitori, chiedendo una moratoria per il rimborso del capitale. Successivamente, nel gennaio del 2005 venne annunciata la proposta di ristrutturazione del debito, che prevedeva la restituzione del capitale solo nella misura del 30% con un piano di rientro di durata dai venti ai trenta anni, con cedole rinegoziate a tassi ridottissimi. Tale proposta venne accettata dal 76% dei sottoscrittori e divenne valida ed esecutiva. Per chi fu consigliato di non aderire alla proposta (nella speranza che la stessa non trovasse accoglimento, con conseguente obbligo per l’Argentina di riproporre una proposta migliorativa) si è da allora materializzato l’incubo della perdita dei risparmi di una vita di lavoro e l’inizio della battaglia per il recupero degli stessi. Circa 100.000 risparmiatori, seguendo i consigli della TASK Force Argentina (T.F.A.) hanno prestato adesione al maxi ricorso arbitrale (dall’esito ancora incertissimo e con tempi lunghissimi) innanzi all’I.C.S.I.D. (organo che svolge funzioni di arbitro nelle dispute tra Stati ed investitori privati). Altri (ma rappresentano la minima parte degli investitori), dopo aver messo in mora la propria banca (dalla quale avevano acquistato i bond Argentina), con una lettera avente anche lo scopo di interrompere i termini di prescrizione del diritto, hanno percorso la strada della causa civile. A tal riguardo va detto che i Tribunali italiani hanno, in primo grado, per la gran parte dei casi, accolto le richieste di restituzione delle somme investite, consentendo, grazie all’esecutività della sentenza, il recupero del denaro in parola. In molti casi poi le banche citate in giudizio hanno scelto la strada della transazione in corso di causa; ed anche in questo caso l’iniziativa del cliente è risultata fruttuosa, consentendo magari non il recupero integrale del denaro investito, ma di una gran parte di esso in tempi molto rapidi. Altri ancora (e sono la gran parte dei possessori dei bonds in parola), magari meno informati, si sono sin’ora rassegnati a questo “esproprio” di denaro, dal quale, come spesso avviene nel nostro Paese, pochi soggetti forti hanno guadagnato molto, a scapito di una frastagliata platea di soggetti deboli, privi di tutela e di rappresentanza. C’è però un aspetto peculiare di questa vicenda, che magari è sfuggito ai più, ma che va messo in risalto in quanto costituisce la chiave di lettura della questione in Italia. Quasi tutti i prospetti d’accompagnamento delle emissioni di bonds argentini recavano pesanti avvertimenti circa la rischiosità dell’investimento, che pertanto andava destinato SOLO ad investitori istituzionali (in grado di gestire rischi speculativi) e non a piccoli risparmiatori. Le notizie recenti sulla questione sono quelle relative alla proposta, annunciata dall’Argentina, di una nuova offerta di rimborso agli obbligazionisti ancora insoddisfatti, ma a condizioni peggiori di quelle del 2005. Anche in questo caso il sospetto che circola è quello che tale offerta servirà ad arricchire tre grandi banche internazionali che hanno comprato i crediti sui bonds a prezzi stracciati. Ma altra recente notizia è anche quella secondo la quale l’Argentina stessa ha trasferito circa l’80% delle proprie riserve presso la Banca per i Regolamenti Internazionali, con sede in Svizzera, al solo scopo di proteggere quei fondi dalle azioni risarcitorie da parte dei creditori, costituendo un pericoloso precedente internazionale, di dubbia legalità. La situazione è particolarmente delicata, anche perché l’economia argentina continua a deteriorarsi e la Repubblica di Argentina ha quindi urgente necessità di raccogliere capitali sui mercati internazionali, senza averne la “reputazione” per farlo. Solo mostrando di pagare i debiti pregressi potrà riabilitare la propria immagine. Ma le condizioni proposte ai risparmiatori “traditi” appaiono inaccettabili. La strada ancora percorribile quindi è quella di affidarsi alla Giustizia, la quale, anche se a fronte di tempi non brevi (ed ora ancora più lunghi, a seguito dell’avvenuta abolizione del più veloce processo societario) ha sin’ora riconosciuto le ragioni dei risparmiatori nei confronti delle banche negoziatrici dei bonds argentini. Ciò in particolare nel caso in cui la negoziazione messa in atto dalla banca sia risultata carente sotto il profilo di un’adeguata informativa sui rischi dell’investimento, così come prevista dal Testo Unico sulla Finanza e dal Regolamento C.O.N.S.O.B. n.11522. In materia è anche intervenuta di recente la Corte di Cassazione (Sez.I 17.02.2009 n.3773), la quale precisando le norme di condotta dell’intermediario finanziario, ha ribadito che lo stesso deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico dalla normativa in materia e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito con la specifica diligenza richiesta. Il principio ribadito dalla Suprema Corte è dunque quello che, in presenza di un’operazione non adeguata l’intermediario deve astenersi dal dare esecuzione all’operazione se prima non abbia avvertito l’investitore dei rischi legati alla stessa ed ottenuto dal medesimo investitore l’espressa autorizzazione ad agire ugualmente sulla base di un ordine contenente l’esplicito riferimento alle informazioni ricevute. Ma, per quanto sopra esposto, è facilmente comprensibile come ciò non sia avvenuto nella maggior parte delle transazioni di vendita dei bonds argentini. Va da ultimo precisato che, anche a seguito degli eventi sopra descritti (ai quali vanno in passato associati gli scandali Cirio, Parmalat e Giacomelli) il Legislatore italiano ha reagito approntando la legge 262/05, ovvero la c.d legge sul risparmio, con l’intenzione di offrire maggiore tutela al pilastro chiave del sistema finanziario: il risparmio. Ma le recenti vicende legate ai bonds Lehman hanno purtroppo dimostrato che la storia, nonostante ciò, si ripete!

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