L'ombra lunga del "massimo scoperto".
L'ANTITRUST HA "BACCHETTATO" LE BANCHE, IN QUANTO IL "ROSSO" SUL CONTO CORRENTE È OGGI ANCORA PIÙ CARO, NONOSTANTE L'ABOLIZIONE DEI COSTI LEGATI ALLA COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO, MENTRE UNA "PALLIDA" CONVENIENZA SI APPALESA SOLO NEL CASO DI UTILIZZO DEL FIDO CONCESSO.
I costi per i correntisti italiani rimangono troppo elevati. L’Antitrust lo ha di recente rilevato ed ha inviato una segnalazione al riguardo al Governo, al Parlamento e alla Banca d’Italia. Sotto accusa le commissioni bancarie che hanno preso il posto di quella di massimo scoperto, vale a dire di quella clausola del contratto bancario di apertura di credito (c.d affidamento) in base alla quale agli interessi convenzionali (da corrispondere alla banca), calcolati sulla somma utilizzata dal correntista, andava aggiunta una percentuale, calcolata ad un tasso convenuto, sulla massima esposizione raggiunta dal conto corrente durante il trimestre di riferimento. In forza della normativa introdotta dal D.L. 185/08 detta commissione è stata infatti dichiarata nulla (e con efficacia immediata per i nuovi contratti di conto corrente) quando: 1) il cliente non ha un fido; 2) il saldo del conto corrente è in “rosso” per meno di trenta giorni consecutivi; 3) per la banca è convenuta nel contratto una remunerazione per la sola messa a disposizione di una linea di credito, a prescindere dall’utilizzo da parte del cliente; 4) per la banca è prevista una remunerazione a prescindere dalla durata dell’utilizzo dei fondi da parte del cliente. Va ricordato che l’abolizione della clausola di massimo scoperto era già stata ipotizzata con il disegno di legge Bersani del 25.01.07, rimasto senza seguito, ed il suo annullamento era già stato deciso da varie sentenze di merito emesse da parte dei Tribunali italiani (tra tutte la sentenza n.1191 del 04.12.2008 del Tribunale di Viterbo). La nuova normativa introdotta dal dal D.L. 185/08 ha inoltre previsto, per i contratti di affidamento già in corso al momento dell’entrata in vigore della riforma e che prevedano pattuizioni difformi dalle nuove norme, la possibilità di un adeguamento entro 150 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione (n.2/09) del D.L. 185/08 stesso (e quindi entro fine giugno 2009). Il mancato rispetto dell’obbligo di adeguamento da parte delle banche costituisce giustificato motivo di recesso ai sensi e per gli effetti dell’art.118 comma 1 del Dlgs 385/1993 (Testo Unico della legge bancaria). La legge di riforma prevede anche delle eccezioni e quindi possono essere previste commissioni di massimo scoperto quando: 1) sono approvate per iscritto dal cliente con patto non rinnovabile tacitamente; 2) il tasso debitore è riferito per le somme effettivamente utilizzate; 3) il tasso debitore è proporzionale all’importo e alla durata del fido; 4) al cliente è riconosciuto il diritto di recesso unilaterale. L’eliminazione della commissione di massimo scoperto, varata nell’ambito delle risposte governative anti-crisi, era stata salutata con favore come una svolta nel rapporto banca-cliente, visto il peso che questo tipo di balzelli possono avere per coloro che si muovono sul sottile filo della concorrenza. Anche perché il cliente è stato posto, con la normativa in esame, in condizione di poter chiedere il rimborso degli interessi illegittimamente applicati negli ultimi DIECI anni. Sta di fatto che, ferma restando la possibilità di richiedere il rimborso sopra indicato, le banche italiane hanno operato la soppressione della predetta commissione ormai fuori legge, di pari passo con l’introduzione di altre nuove commissioni. Il balzello è stato quindi riproposto con altre definizioni, quali commissione scoperto di conto, corrispettivo sull’accordato, indennità per sconfinamento; in alcuni casi poi la banca prevede, per il cliente che va in “rosso” senza fido una commissione giornaliera d’importo prefissato, commisurata all’ammontare dello sconfinamento, oppure, nel caso del cliente che chiede il fido e non lo supera per utilizzo, una commissione onnicomprensiva per la messa a disposizione del fido; oppure la remunerazione per la banca viene ottenuta grazie solamente al tasso d’interesse applicato sugli importi effettivamente utilizzati. Nel caso poi in cui il cliente chiede il fido e lo supera per utilizzo, in aggiunta alle eventuali commissioni previste per la concessione del fido, sull’importo che va oltre il limite prestabilito la banca fa gravare un tasso di interesse più elevato oppure una commissione giornaliera di importo prefissato e commisurata all’ammontare dello sconfinamento rilevato. Il quadro appare piuttosto articolato, ma, purtroppo per i clienti, i nuovi meccanismi si sono rivelati più onerosi dei precedenti e dunque in contrasto con lo spirito della riforma introdotta. Al punto che, come detto, l’Antitrust ha deciso di monitorare le condizioni applicate alla clientela, coinvolgendo nell’analisi tutti i maggiori operatori del settore bancario. Il risultato dell’esame non solo ha confermato il peggioramento della situazione a carico dei clienti rispetto a quella anteriore all’intervento legislativo in esame, ma addirittura in alcuni casi i costi a carico del cliente sono risultati aumentati dal doppio sino a quindici volte di più. La segnalazione dell’Antitrust si conclude quindi con un invito rivolto al legislatore a considerare le criticità evidenziate per trovare una soluzione in linea con lo spirito della riforma introdotta con il D.L.185/08. A fronte di ciò l’Associazione Bancaria Italiana ha replicato respingendo ogni accusa ed esprimendo perplessità nel merito e circa il metodo dell’indagine promossa dall’Antitrust; e questo mentre cresce il numero dei soggetti che non riesce a far fronte con regolarità alle bollette da pagare, a causa del disagio economico in atto.