La semplice illegittimita' del protesto e' di per se' sufficiente per la liquidazione del danno

La semplice illegittimita' del protesto, pur costituendo un indizio in ordine alla esistenza di un pregiudizio alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non e' di per se' sufficiente per la liquidazione del danno, essendo necessarie la gravita' della lesione e la non futilita' delle sue conseguenze, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, fermo restando l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entita' del pregiudizio (Cass. 25 marzo 2009, n. 7211).

Corte di Cassazione Sezione 6 Civile, Ordinanza del 8 settembre 2011, n. 18476



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME' Giuseppe - Presidente

Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere

Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere

Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



ORDINANZA

sul ricorso 12825/2010 proposto da:

PA. RO. (OMESSO), BA. CO. SRL (OMESSO) in persona del legale rappresentante pro tempore sig. BA. MA. , BA. RO. (OMESSO), BA. CA. (OMESSO), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MAZZINI 146, presso lo studio dell'avvocato SPAZIANI TESTA EZIO, rappresentati e difesi dall'avvocato TOFI Vinicio, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

AS. FI. SPA - societa' appartenente al Gr. Ba. Un. e per essa UN. CR. MA. BA. SPA (gia' denominata UG. BA. SPA) - societa' appartenente al Gr. Ba. Un. quale mandataria, in persona del quadro direttivo elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOACCHINO BELLI 27, presso lo studio dell'avvocato MEREU Paolo, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato SOLERIO FRANCO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrente -

e contro

SI. SPA (OMESSO);

- intimata -

avverso la sentenza n. 1124/2009 della CORTE D'APPELLO di GENOVA dell'11.6.09, depositata il 13/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO RORDORF.

E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato a norma dell'articolo 377 c.p.c., ha depositato una relazione del seguente tenore:

"1. La Corte d'appello di Genova, con sentenza depositata il 13 novembre 2009, in parziale riforma della pronuncia emessa in primo grado dal Tribunale di Sanremo, ha condannato Ca. s.p.a. (gia' Ba. di. Ro. s.p.a., nel cui interesse era costituita in giudizio la mandataria S.I.G.RB.C. s.p.a.) a risarcire alla Ba. Co. s.r.l. i danni sofferti da quest'ultima in conseguenza dell'illegittimo protesto di quattro assegni bancari emessi entro i limiti dell'affidamento concesso dall'istituto di credito e prima che il relativo rapporto fosse risolto. Tali danni, consistenti nelle spese sopportate dalla Ba. Co. per resistere ad istanze di fallimento proposte nei suoi confronti in forza dei titoli malamente protestati, sono stati liquidati in complessivi euro 5.000,00. Non e' stata invece accolta la richiesta di risarcimento di ulteriori pregiudizi lamentati dalla stessa societa' ed, in particolare, del danno all'immagine.

Con la medesima sentenza la corte genovese ha accolto il gravame proposto dall'istituto di credito avverso il capo della pronuncia di primo grado che, dopo aver revocato il decreto ingiuntivo originariamente emesso per maggior somma e dopo aver condannato la Ba. Co. in solido con i fideiussori, sigg.ri Pa. Ro. , Ca. e Ba.Ro. al pagamento di un saldo passivo di conto corrente, aveva posto a carico del medesimo istituto di credito le spese processuali. Tali spese, invece, al pari di quelle di secondo grado, in base al principio della soccombenza, sono state addossate dalla corte territoriale alla Ba. Co. ed ai summenzionati fideiussori.

Avverso la decisione del giudice d'appello hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione la Ba. Co. ed i sigg.ri Pa.Ro. , Ca. e Ba.Ro. (quest'ultimo erroneamente indicato nel dispositivo dell'impugnata, sentenza col nome di battesimo Ma. ).

Ha resistito con controricorso la As. Fi. s.p.a., cessionaria del credito controverso.

2. Il ricorso puo' essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 380-bis e 375 c.p.c., poiche' e' prospettabile la sua manifesta infondatezza.

2.1. Preliminarmente va detto che l'eccezione d'inammissibilita' del ricorso per difetto di autosufficienza e di specifica indicazione degli atti sui quali si fonda, sollevata dalla controricorrente, non sembra accoglibile, o almeno non nella sua interezza.

Salvo quanto si osservera' poi con riferimento al terzo motivo, infatti, l'esposizione del ricorso appare idonea a far intendere al giudice di legittimita' le questioni sulle quali egli e' chiamato a pronunciarsi, e si tratta di questioni da risolvere con l'applicazione di principi di diritto a situazioni di fatto ormai non piu' controverse, sicche' non puo' affermarsi che le doglianze dei ricorrenti siano fondate atti o documenti la cui specifica indicazione ed allegazione fosse percio' indispensabile.

2.2. I primi due motivi del ricorso, che conviene esaminare congiuntamente, censurano l'impugnata sentenza nella parte in cui, pur riconoscendo l'illegittimita' del protesto di quattro assegni bancari tratti a suo tempo dalla Ba. Co. su un conto corrente acceso presso il Ba. di. Ro. , ha negato la riconoscibilita' e la liquidabilita' in via equitativa del danno per lesione all'immagine della societa'. Facendo applicazione dei principi enunciati in termini generali dalle Sezioni unite con la sentenza n. 26972 del 2008, questa corte ha di recente avuto gia' occasione di chiarire che la semplice illegittimita' del protesto, pur costituendo un indizio in ordine alla esistenza di un pregiudizio alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non e' di per se' sufficiente per la liquidazione del danno, essendo necessarie la gravita' della lesione e la non futilita' delle sue conseguenze, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, fermo restando l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entita' del pregiudizio (Cass. 25 marzo 2009, n. 7211).

Alla stregua di tale orientamento, che fa apparire ormai superati i piu' risalenti precedenti invocati nel ricorso a sostegno della tesi secondo la quale l'illegittimita' del protesto implicherebbe di per se stessa la prova di un danno risarcibile per lesione del diritto ali'immagine, le doglianze prospettate dalla, societa' ricorrente non paiono fondate, giacche' e' rimessa al giudice di merito e non e' censurabile in sede di legittimita' la valutazione circa l'esistenza, nel caso concreto, di elementi significativi, allegati dalla parte, dai quali poter desumere che il protesto degli assegni ha effettivamente provocato una lesione all'immagine ed alla reputazione della societa' ricorrente.

E' bensi' vero che, sul punto, la motivazione dell'impugnata sentenza appare assai sintetica (non pero' inesistente), ma per altro verso sembra di dover osservare che anche gli elementi addotti nel ricorso per fondare la presunzione di danno sono alquanto generici, o comunque non tali da rivestire carattere decisivo e da indurre ad affermare che, ove il giudice di merito li avesse presi in maggiore considerazione, ne sarebbe scaturita una diversa decisione. Non puo' infatti trascurarsi che la corte d'appello (a differenza del tribunale) ha reputato illegittima non la totalita' dei protesti elevati a carico della Ba. Co. , ma solo il protesto di quattro assegni su sei.

In una tale situazione e' percio' evidente che non basta sottolineare il potenziale pregiudizio derivante dal fatto in se' dell'iscrizione nel bollettino dei protesti del nome della societa' e dalla manifestazione all'esterno di una sua situazione di difficolta' finanziaria, occorrendo invece dimostrare che proprio il protesto (non dovuto) di quei quattro specifici assegni, in aggiunta al legittimo protesto degli altri, ha inciso negativamente in modo significativo sull'immagine e sulla reputazione della medesima societa'.

2.3. Il terzo motivo di ricorso fa riferimento alla documentazione prodotta dall'odierna ricorrente nel giudizio di merito, al fine di dedurne l'idoneita' a fondare una presunzione di lucro cessante in conseguenza della inversione di tendenza dell'andamento economico fatta registrare dalla societa' dopo la revoca degli affidamenti bancari.

La doglianza in esame, a differenza delle altre esposte nel ricorso, potrebbe pero' rivelarsi inammissibile per la mancata indicazione specifica del contenuto dei documenti sui quali si fonda (articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4).

In ogni caso, vai la pena di aggiungere che difficilmente tale doglianza potrebbe trovare accoglimento, giacche' essa implica, una valutazione in concreto della prova documentale offerta, nonche' della sua concludenza e rilevanza in ordine all'assunto prospettato dalla parte, che esula, dall'ambito del giudizi di legittimita' per sconfinare in quello di merito. Ne' va taciuto che la stessa ricorrente sembra riferire il cattivo andamento economico della sua impresa non gia' specificamente all'illegittimo protesto degli assegni sopra menzionati, bensi' alla revoca degli affidamenti bancari, che pero' la corte d'appello non ha ritenuto di per se' illegittima.

2.4. L'ultimo motivo di ricorso attiene alla posizione dei fideiussori della Ba. Co. , i quali si dolgono della condanna loro inferta. al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Neppure tale doglianza sembra essere fondata.

Dovendosi considerare l'esito complessivo della causa ed essendo stati i sigg.ri Pa. e Ba. condannati in solido con la Ba. Co. a pagare all'istituto di credito la somma di euro 20.494,00 (pur se inferiore a quella originariamente richiesta col ricorso per decreto ingiuntivo), e' innegabile la loro condizione di soccombenti.

Sembra percio' di poter dire che correttamente la corte ha posto a loro carico le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

3. Ove si condividano siffatti rilievi, il ricorso dovra' essere rigettato".

La corte condivide tali considerazioni, che non appaiono idoneamente scalfite dai rilievi formulati nella memoria successivamente depositata dai ricorrenti.

Costoro insistono nel sostenere: a) che la corte d'appello non avrebbe motivato la ragione per la quale ha escluso la riferibilita' del danno all'ammontare delle somme portate dagli assegni malamente protestati; b) che vi sarebbe contraddizione nell'aver riconosciuto la ripetibilita' delle spese legali occorse per evitare il fallimento e nell'aver negato che vi sia prova del danno all'immagine derivato dall'illegittimo protesto dei titoli si quali la richiesta di fallimento era basata; c) che l'illegittimita' era stata si accertata soltanto per il protesto di alcuni degli assegni di cui si era discusso, ma si trattava di quelli di maggiore importo, emessi a favore di enti e fornitori di particolare rilievo; d) che sono stati puntualmente richiamati i documenti allegati al ricorso introduttivo per dimostrare l'esistenza e l'entita' del danno; e) che, infine, quanto alla condanna alle spese processuali dei sigg.ri Ba. e Pa. , si sarebbe dovuto tener conto della loro sostanziale estraneita' al giudizio di secondo grado.

In ordine al rilievo sub a), e' sufficiente osservare che la non deducibilita' del danno per illegittimo protesto di titoli di credito dall'ammontare dell'importo dei titoli medesimi non richiedeva particolare motivazione, essendo evidente che l'illegittimita' del protesto non interferisce col rapporto debitorio avente ad oggetto le somme portate dai titoli di credito e che, di conseguenza, nulla consente di instaurare una qualsiasi equazione necessaria tra l'ammontare di dette somme ed il pregiudizio che l'emittente possa aver subito in conseguenza del protesto illegittimo.

In ordine al rilievo sub b), va considerato che l'avere il protesto degli assegni reso necessaria una attivita' defensionale per evitare la dichiarazione di fallimento non e' circostanza da cui si possa necessariamente far discendere, sul piano logico, l'esistenza del lamentato danno d'immagine. Il rilievo sub c) implica, all'evidenza, valutazioni di merito non consentite in questa sede.

Il rilievo sub d), se anche fosse fondato in punto di specificita' dell'indicazione dei documenti sui quali il motivo di ricorso si fonda, non varrebbe a superare l'improcedibilita' derivante dal mancato deposito di tali documenti, ne' le osservazioni della relazione in ordine al fatto che la censura contenuta in detto motivo sconfina in valutazioni di merito non sottoponibili al giudice di legittimita'.

Neppure e' condivisibile il rilievo sub e). Infatti, i fideiussori della societa' Ba. Co. , sigg.ri Ba. e Pa. , hanno partecipato ad entrambi i gradi del giudizio originato dall'opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso nei confronti loro e della debitrice principale. Essi sono risultati soccombenti in primo grado, essendo stati condannati al pagamento di quanto dovuto in favore della banca creditrice, e si sono poi difesi in appello anche nei riguardi della doglianza della banca in punto di spese processuali del primo grado (spese che il tribunale aveva posto a carico della banca medesima). Tale doglianza e' stata accolta dalla corte territoriale, la quale ha ritenuto che l'esito del giudizio svoltosi dinanzi al tribunale comportasse la soccombenza dei predetti fideiussori, oltre che della debitrice principale, e quindi la loro condanna al pagamento delle spese di lite. Dunque, quanto meno sul punto relativo al carico delle spese del primo grado, vi e' stata soccombenza dei fideiussori anche in secondo grado, e tanto basta a rendere legittima la pronuncia di condanna al pagamento delle spese di entrambi i gradi.

Al conseguente rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento anche delle spese del giudizio di legittimita', liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita', che liquida in euro 2.000,00 per onorari e euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

 

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