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Nei comportamenti negligenti od omissivi dell'intermediario finanziario, qualora accertati, possono ravvisarsi solo i profili della colpa contrattuale
Pubblicata il 10/11/2008
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Monza - Prima Sezione Civile - riunito in Camera di Consiglio il 17/01/2008, nelle persone di
dott. Leopoldo LITTA MODIGNANI - Presidente relatore -
dott. Flavia TUIA - Giudice -
dott. Patrizia RE - Giudice -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di prima istanza, promossa con atto di citazione notificato in data 20/12/2006 ex art. 2 D.Lgs n. 5/2003
da
VI.Al. e VA.Ca., residenti a Pessano con Bornago, rappresentati e difesi dagli avv.ti Gi.F.Co. e St.Ma., nel domicilio eletto in Monza, Corso (omissis)
- attori -
nei confronti di
BA.CR. Soc. Coop., rappresentata e difesa dagli avv.ti Lu.Cl., Ma.Fr.Cl. e Ma.Ve., nel domicilio eletto in Carugate, Via (omissis)
- convenuta -
Oggetto: Intermediazione mobiliare - D.Lgs n. 58/1998.
azione di nullità ex art. 1418 c.c. - risoluzione contrattuale;
risarcimento danni.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato in data 20/12/06, i coniugi Vi. e Va. convenivano qui in giudizio la BC. di Carugate, esponendo:
1 - di avere aperto nell'anno 1989 un conto corrente presso la Banca convenuta, con un deposito titoli n. (omissis) (doc. n. 1) in ordine al quale avevano conferito all'istituto l'incarico di negoziazione, custodia e amministrazione di valori mobiliari (doc. 2);
2 - di essere pensionati con licenza di scuola media, con caratteristiche di investitori "conservativi", privi di esperienza in materia finanziaria e non propensi ad operazioni rischiose;
3 - nel febbraio 1998, su proposta e consiglio della Banca, gli attori avevano acquistato obbligazioni argentine per ben 50.000.000 di Lire (doc. 5), senza avere ricevuto le debite informazioni sulla natura prettamente speculativa dei titoli stessi;
4 - riguardo al medesimo acquisto la Banca aveva omesso di informare i clienti che la vendita avveniva in contropartita diretta, fuori dal mercato, e che si trattava di operazione non adeguata.
Ciò posto, gli attori deducevano la violazione da parte dell'istituto delle norme formali e sostanziali che regolavano i servizi di negoziazione (Legge 415/96, Delibera Consob n. 10943/97, D.lgs 24/02/1998 n. 58 e relativo Regolamento Consob n. 11522/98) e domandavano al Tribunale di pronunciare la nullità dell'operazione di acquisto, ovvero di annullarla o di risolverla, con la condanna della Banca convenuta al risarcimento del danno.
Nel costituirsi ritualmente, con comparsa notificata il 13/12/05 ex art. 4 D.lgs, la BC. contestava sotto vari profili, sia in fatto che in diritto, la fondatezza delle domande avversarie.
La convenuta esponeva in particolare che il sig. Vi. era stato dipendente della Banca per oltre venticinque anni, fino al 31/12/1992, e che in ogni caso non vi era stata da parte dei funzionari alcuna sollecitazione all'acquisto dei titoli argentini; il Vi. - al contrario si era determinato spontaneamente a detto investimento, attratto dall'alto rendimento delle obbligazioni, che avevano fruttato tra il 1998 e il 2001 cedole per complessivi Euro 8.449,81.
La BC. concludeva, pertanto, per il rigetto delle domande attoree e in subordine, in caso di accoglimento delle pretese risarcitorie, instava per la restituzione dei titoli negoziati e delle cedole incassate, ovvero per la compensazione corrispondente.
La difesa attrice notificava quindi istanza di fissazione dell'udienza di discussione; a tale atto, depositato in cancelleria il 14/03/07, faceva seguito il rituale deposito della nota di precisazione delle conclusioni della convenuta.
Il Giudice relatore emetteva, in data 12/11/07, il decreto previsto dall'art. 12 del D.lgs 5/03.
Nell'udienza collegiale del 20/12/07 il Tribunale, sentite le parti, esperiva il tentativo di soluzione bonaria della controversia; successivamente - in data odierna - preso atto del mancato accordo transattivo, il Collegio invitava i difensori alla discussione, all'esito della quale confermava le determinazioni del giudice relatore sulle istanze istruttorie e deliberava la decisione in Camera di Consiglio.
MOTIVAZIONE
Osservazioni in fatto.
E' pacifico che i coniugi Vi. e Va. siano titolari da circa trent'anni di un conto corrente presso la BC. di Carugate (n. 3571/79); il sig. Vi., peraltro, è stato dipendente della stessa banca fino all'anno 1992, con mansioni di commesso/archivista, privo di particolare qualifica professionale.
Nell'anno 1989 gli attori aprirono un deposito titoli in custodia e amministrazione (n. 70049 del 8/08/89 prodotto come doc. n. 1 att. e doc. n. 4 convenuta), mentre in data 10/02/92 sottoscrissero il contratto quadro di negoziazione e raccolta di ordini per la compravendita di valori mobiliari (doc. n. 2 att. e n. 5 conv.).
L'ordine di acquisto per cui è causa fu impartito dal sig. Vi. con il modulo (privo di data, ma riferibile al mese di febbraio 1998), e aveva per oggetto Obbligazioni Argentina (emissione 1997, scadenza 11/08/07, rendimento 7,625) per il valore nominale di Lire 50.000.000, con un esborso, totale riportato dalla nota di esecuzione del 09/02/08, di Lire 52.893.633, comprensivo di rateo di interessi già maturati, e senza commissioni, trattandosi di operazione effettuata in contropartita diretta sui mercati non regolamentati, al prezzo di poco superiore al nominale (100,35 - vedi documento n. 7 conv.).
Nel corso degli anni successivi, prima del noto default dichiarato dalla Repubblica Argentina nel dicembre 2001, gli attori incassarono le cedole per quattro annualità e per un totale di 8.449,81 Euro, come risulta dal prospetto e dalle contabili di cassa, prodotte dalla BCC con i documenti da 8 a 10.
La stessa Banca convenuta ha altresì prodotto (doc. n. 11) un quadro delle operazioni immobiliari eseguite sul conto in questione tra il settembre 1999 e il settembre 2006, da cui risulta la compravendita di titoli di Stato italiani (CC. e BT.), ma anche acquisto di azioni e obbligazioni di vario rischio (Bu., En., Sa., Ol. e Pa.).
La rispondenza al vero di tale ultimo prospetto è stata contestata dalla difesa attrice nell'ambito dell'istanza di fissazione d'udienza, con modalità ritenute irrituali dalla convenuta.
Il Collegio - pur ritenendo, per inciso, che sia legittimo il disconoscimento da parte degli attori delle circostanze dedotte ex adverso, al fine esclusivo di non farle considerare come ammesse - osserva che la questione sollevata è priva di rilevanza pratica, atteso che tutte le operazioni descritte nel contestato prospetto sono ampiamente posteriori al febbraio 1998 e che pertanto non possono essere assunte per la valutazione della propensione al rischio degli attori all'epoca della vicenda per cui è causa.
Appare altresì superflua ogni attività istruttoria, compresa la richiesta CTU, diretta ad accertare i rating dei titoli argentini nel corso del tempo, come pure i valore attuale delle stesse obbligazioni, trattandosi di elementi in parte pacifici e in parte notori, comunque desumibili da atti pubblici acquisibili con i comuni strumenti di informazione.
E' opportuno, però, un inquadramento generale della materia, al fine di pervenire ad un corretta applicazione delle norme di legge e regolamentari che presidiano lo svolgimento dei servizi di negoziazione di valori mobiliari.
Le obbligazioni della Repubblica Argentina.
Il fenomeno della diffusione tra i risparmiatori italiani delle obbligazioni emesse dallo Stato dell'Argentina ha assunto - prima ancora di essere trattato in sede giudiziaria - un notevole rilievo politico/economico, in ragione dell'elevato numero di investitori che hanno subito pregiudizio per l'insolvenza dichiarata dal governo argentino nel dicembre 2001, sia per l'entità dei capitali coinvolti.
Per i profili che interessano la presente vertenza, il Collegio ritiene di prendere a riferimento in dati oggettivi desumibili dal testo dell'Audizione del Presidente della Consob davanti alla Commissione Finanze della Camera dei Deputati, in data 27/04/04, trattandosi di un intervento pubblico di particolare autorevolezza.
Si considerano dunque come acquisiti - attesa la pubblicità della fonte - i fatti esposti nella relazione suddetta e negli allegati.
Possono parimenti considerarsi noti i livelli di rischio degli investimenti in titoli argentini, secondo i rating elaborati periodicamente dalle principali agenzie internazionali, Mo., SP., Fi.; si tratta di informazioni di pubblico dominio, ampiamente richiamate nei documenti di cui sopra e negli stessi scritti difensivi delle parti (vedi doc. n. 17 convenuta).
Il Tribunale osserva quindi, innanzi tutto, che la Repubblica Argentina è sempre stata classificata - pur con gradazioni diverse - nella categoria speculativa ("speculative grade") dai principali operatori internazionali e che tutte le agenzie interessate, a partire dall'ottobre 1999, ed ancora più incisivamente nel corso del 2001, hanno progressivamente declassato il rating del paese sudamericano, fino a collocarlo con ripetuti "downgrade" nel livello più basso della categoria speculativa.
Più in dettaglio - e avuto riguardo all'andamento delle valutazioni dell'agenzia Mo. in un arco di tempo più ampio - notiamo che l'ultima "promozione" (upgrade) del rating argentino risale al mese di ottobre 1997, con passaggio da B1 - livello speculativo medio - a Ba3, livello speculativo basso.
Questo è dunque il rating riferibile all'operazione di cui oggi si discute (valutatone che trova corrispondenza nel dato BB, attribuito dalle agenzie SP. e Fi., e che riflette parimenti un livello speculativo basso).
Tra il 1999 e il 2001, come detto, si registravano vari declassamenti del rating, fino al default del dicembre 2001 (vedi tabella sub. doc. 17 conv.).
Nonostante la dichiarata categoria speculativa del titolo, secondo dati forniti dal sistema bancario, circa 430.000 investitori italiani hanno acquistato titoli argentini per un valore nominale di 12,8 miliardi di Euro; il 95% dei titoli circolanti in Italia risultavano detenuti da investitori privati.
Si tratta di un fenomeno davvero singolare, rivelatosi poi disastroso per i risparmiatori, e non c'è dubbio che questa vicenda (che non è rimasta peraltro un caso isolato) abbia messo in luce una complessiva disfunzione del nostro sistema finanziario.
Secondo le considerazioni del Presidente della Consob, che paiono condivisibili, la spiegazione di questa straordinaria mole di acquisti è dovuta alla natura dei titoli, che - in quanto emessi da uno stato sovrano - possono avere ingenerato un maggiore affidamento sulla solvibilità del debitore; a ciò si deve aggiungere l'ulteriore elemento di richiamo, costituito dagli alti rendimenti riconosciuti dal governo argentino, in relazione al parallelo e progressivo calo dei rendimenti offerti dai titoli di stato italiani, che avevano rappresentato in precedenza l'investimento di gran lunga preferito dai risparmiatori.
Fu trascurato però, con evidente superficialità anche degli operatori professionali, che i titoli del debito pubblico italiano - a differenza di quelli argentini - godevano di un livello di affidabilità assai superiore, essendo sempre stati classificati dalle agenzie nella categoria "investment grade", nei rating riservati alle obbligazioni di alta qualità.
Considerazioni in diritto.
L'operazione per cui è causa, effettuata nel febbraio 1998 (prima dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 58/98 e del Regolamento Consob n. 11522 del 1/07/98), resta soggetta alle previgenti disposizioni del D.lgs 415/96 e della deliberazione Consob n. 10943 del 30/09/97.
In particolare gli art. 17 e 18 della Legge e gli articoli da 3 a 7 del regolamento dettavano già allora - in termini sostanzialmente analoghi a quelli attuali - i criteri generali cui le banche dovevano attenersi e i doveri di informazione e cautela nei riguardi degli investitori privati.
Ebbene - sorvolando sugli elementi formali del contratto quadro e sugli obblighi di informazione generica preventiva (che nella fattispecie risultano rispettati, come appare dai documenti allegati) - il Collegio concentra l'attenzione sui doveri di informazione specifica riguardo all'ordine di acquisto di obbligazioni argentine, di cui i sigg. Vi. e Va. lamentano la violazione, e sul dovere di astensione da operazioni inadeguate, che parimenti la difesa attrice non ritiene essere stato assolto dall'intermediario.
D.lgs 415/96.
Art. 17: "Nella prestazione dei servizi, le banche devono
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati.
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre informati.
...
Art. 18: "... 5. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi .. spetta all'impresa di investimento, alla banca ... l'onere della prova di avere agito con la specifica diligenza richiesta."
Regolamento Consob n. 10943/97.
Art. 5:
".. 2) gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni .. se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento .."
Art. 6 - "Operazioni non adeguate"
1 - Gli intermediari si astengono dell'effettuare per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensioni.
3. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad un'operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione.
Qualora l'investitore intenda comunque dare corso all'operazione, gli intermediari possono eseguire l'operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute".
Tutto ciò premesso, il Tribunale osserva in primo luogo che - se da un lato gli attori non hanno dimostrato (né chiesto di provare) che fu addirittura il funzionario della banca, An.Vi., a proporre e sollecitare l'acquisto delle obbligazioni argentine, assicurandone l'assenza di rischio - la BC. non ha potuto a sua volta dimostrare, come era suo onere, di avere convenientemente assolto gli obblighi di informazione, riguardo alla particolare natura e ai rischi connessi con l'operazione de qua.
La stessa Banca, inoltre, si è mostrata palesemente inadempiente all'obbligo di astensione dall'esecuzione dell'ordine, essendo indiscusso che il funzionario preposto ritenne di non segnalare al Vi. i profili di inadeguatezza presenti nella circostanza; manca infatti sul documento, come prescritto dall'art. 5 Req. cit., l'esplicita menzione delle avvertenze impartite e la disposizione del cliente di dare comunque corso all'operazione.
Quanto al primo aspetto, per la verità, la difesa convenuta ha dedotto due capitoli di prova testimoniale, il primo dei quali si riferisce a circostanze irrilevanti, perché già desumibili dal contesto, mentre il secondo - in modo più pertinente - vorrebbe dimostrare che il Vi. fu informato circa i rating attribuiti ai titoli argentini dalle principali agenzie internazionali.
La prova orale sul punto - astrattamente ammissibile e in qualche modo rilevante sul secondo capitolo - non può essere ammessa nella fattispecie, avendo parte attrice legittimamente contestato l'indicazione del teste, An.Vi., ritenuto incapace secondo la previsione dell'art. 246 CPC.
Questo Tribunale, infatti, ribadendo il proprio costante orientamento sull'argomento, osserva che sin dall'atto introduttivo l'attore ha imputato alla Banca un responsabilità contrattuale, per comportamenti illegittimi ed omissivi attribuiti al funzionario che diede corso all'operazione impugnata.
Da qui discende la responsabilità, personale e diretta del funzionano medesimo, il quale sarebbe legittimato a partecipare al giudizio in veste principale o quale interveniente autonomo, e potrebbe in futuro essere destinatario di un'azione di garanzia da parte dell'istituto.
In senso conforme è ormai orientata la prevalente giurisprudenza di merito, nel solco tracciato, negli scorsi decenni, dalle pronunce della Suprema Corte (CASS. 3432/98, 6962/87 e 1267/73).
In conclusione, la mancanza di prove circa l'osservanza dei doveri informativi specifici imposti all'intermediario conduce il Tribunale a ritenere che gli attori, allorché impartirono la disposizione di acquisto dei bond argentini, non fossero stati congruamente edotti in ordine ai rischi dell'operazione.
Gli attori, privi di specifica preparazione e cognizione tecnica (il Vi. aveva lavorato nella banca fino al 1992, ma in un ruolo meramente esecutivo), non furono dunque in grado di assumere una scelta di investimento meditata e consapevole, per cui vi è motivo di affermare che, se correttamente informati, essi non avrebbero riposto un capitale così elevato su un titolo insicuro, ma - avrebbe optato per prodotti a loro più confacenti.
Quanto all'aspetto dell'inadeguatezza, il Collegio ritiene che - sebbene i titoli argentini si trovassero nel febbraio 1998 in un livello prossimo alla categoria di investment grade, secondo la stima delle agenzie di rating - non potesse comunque essere trascurata la loro natura di titoli speculativi, esposti a rischio di perdita del capitale e perciò adatti unicamente ad investitori istituzionali.
I coniugi Vi. e Va. - per quanto risulta agli atti - non potevano considerarsi in quel periodo risparmiatori con propensione al rischio, né per la loro qualità personale, né per le precedenti scelte finanziarie, essendo del tutto irrilevante ogni considerazione al riguardo fondata sulle operazioni messe in atto negli anni successivi, tra il 1999 e il 2006.
L'acquisto dei titoli argentini non era dunque adeguato, non solo per la tipologia dello strumento prescelto, ma soprattutto per l'entità del capitale impiegato (50 milioni di Lire), in contrasto con la regola di prudenza che impone di diversificare gli impieghi, al fine attenuare le conseguenze di andamenti negativi del singolo prodotto.
Sulla invocata nullità del contratto e sulle sanzioni applicabili alla fattispecie.
La difesa attrice ha chiesto in via principale la declaratoria di nullità dell'ordine di acquisto de quo, evocando un orientamento dottrinale e giurisprudenziale - agganciato alla definizione delle c.d. "nullità virtuali" - secondo cui le norme che disciplinano il mercato finanziario sarebbero improntate alla tutela di interessi di natura pubblicistica.
L'orientamento in questione, per quanto inizialmente diffuso, è stato motivatamente contestato dalla prevalente dottrina ed è oggi respinto dalla gran parte dei Tribunali, i quali - con il conforto di alcuni recenti pronunciamenti della Cassazione - si sono consolidati sull'opposto convincimento che la nullità dei contratti di negoziazione finanziaria possa essere dichiarata soltanto nelle ipotesi espressamente indicate dalla legge, mentre in relazione a comportamenti negligenti od omissivi possono ravvisarsi solo i profili della colpa contrattuale (così ad es. Trib. di Milano, Sez, VI, n. 4882 del 26/04/06).
Questo Collegio concorda con tale ultimo orientamento, rimandando, per esigenze di sintesi, al principio espresso nella massima della Suprema Corte, Sez. I civile, n. 19024 del 31/03 - 29/09/05:
"La nullità del contratto, per contrarietà a norme imperative ai sensi dell'art. 1418 comma 1 CC, postula che siffatta violazione attenga ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del contratto, e quindi l'illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista ...".
Esclusa, quindi, la fondatezza della domanda di nullità, oltre che di quella di annullamento, di cui non ricorrono i presupposti, il Tribunale deve accogliere la domanda subordinata dei coniugi Vi. e Va., pronunciando la risoluzione del contratto, con tutte le conseguenze di natura restitutoria e risarcitoria, tale essendo la legittima sanzione civile che può ricondursi all'accertata violazione da parte della banca degli obblighi di natura contrattuale derivanti dalla legge.
Trattandosi di un'obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro certa e liquida fin dall'origine, l'entità del reintegrazione va determinata, innanzi tutto, con riferimento alla somma capitale sborsata nel febbraio 1998 (Lire 52.693.633 pari ad Euro 27.214,00), dalla quale devono essere dedotti Euro 8.450,00, ottenuti medio tempore con le cedole annuali.
Totale netto dovuto Euro 18.764,00.
Ai fini della liquidazione del danno, dovuto al tempo trascorso, il Tribunale ritiene di attenersi al principio generale, secondo cui il danneggiato deve essere reintegrato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il pregiudizio non fosse stato prodotto, ossia, nel caso in esame, se l'intermediario avesse messo in atto le cautele imposte dalla legge, in modo tale da indirizzare la scelta degli investitori su prodotti più sicuri.
Orbene, poiché nel passato gli attori, per loro stessa ammissione, si erano orientali sui titoli dello Stato Italiano, BT. e CC., pare logico e congruo che debba loro essere riconosciuta - in aggiunta alla rifusione della perdita in linea capitale - una somma corrispondente al rendimento medio dei titoli pubblici italiani nel periodo intercorrente tra l'investimento de quo e l'odierna sentenza.
A tal fine, ricorrendo anche ad un criterio equitativo, il Collegio considera il dato di comune esperienza, per cui negli ultimi anni il rendimento netto dei titoli di Stato si è sostanzialmente allineato con il tasso degli interessi legali (anche per effetto della modifica dell'art. 1282 c.c. operata dalla legge 353/90 per cui il saggio legale è fissato annualmente con decreto ministeriale sulla base dei parametri dell'inflazione e dei rendimenti dei titoli pubblici), con la conseguenza che l'attribuzione degli interessi stessi può considerarsi misura idonea al risarcimento del pregiudizio subito dagli attori in conseguenza del comportamento della convenuta.
Alla BC. spetta, come espressamente richiesto dalia difesa convenuta, la restituzione dei titoli in oggetto, che mantengono tuttora un valore di mercato, oscillante tra il 25% e il 30% del nominale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo a carico della Banca convenuta, tenuto conto della natura della lite e dell'esito delle diverse questioni affrontate.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunziando, nel contraddicono delle parti, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa,
1) accertato l'inadempimento da parte della BC. di Carugate degli obblighi derivanti dall'art. 17 D.lgs 415/96 e dagli art. 5 e 6 Reg. Consob 10943/97, dichiara risolta l'operazione di acquisto di titoli argentini disposta dagli attori nel febbraio 1998.
2) condanna quindi la Banca convenuta al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 18.764,00, con gli interessi al tasso legale dal 09.02.98 al saldo effettivo.
3) dichiara tenuti gli attori a restituire alla Banca medesima i titoli oggetto dell'acquisto impugnato.
4) condanna la convenuta al pagamento delle spese di lite, liquidate in favore degli attori in complessivi Euro 4.900,00 (di cui 400 per esborsi, 1.000 per diritti e 3.500 per onorari), oltre spese generali, CPA, IVA e successive.
Sentenza provvisoriamente esecutiva.
Così deciso in Monza il 17 gennaio 2008.
Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2008.