Responsbilità civile della banca

La banca che illegittimamente abbia richiesto decreto ingiuntivo e provveduto alle iscrizioni ipotecarie non è responsabile del successivo dissesto economico e finanziario dell'impresa allorquando si accerti che lo stato di crisi di quest'ultima era preesistente. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 12 dicembre 2007, n. 26007)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Consigliere

Dott. SALME' Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

IT. DI RO. IT. &. C. S.N.C., in persona dell'Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA PASUBIO 15, presso l'avvocato DARIO BUZZELLI, rappresentata e difesa dagli avvocati PERFETTI UBALDO, VITTORIO MICUCCI, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

BA. DE. MA. S.p.a., in persona del Presidente del C.d.A. pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE ANGELICO 38, presso l'avvocato DEL VECCHIO SERGIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ANTONIO MASTRI, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

e sul 2 ricorso n 18077/03 proposto da:

BA. DE. MA. S.P.A., in persona del Presidente del C.d.A. pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE ANGELICO 38, presso l'avvocato SERGIO DEL VECCHIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ANTONIO MASTRI, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;

- ricorrente incidentale -

contro

IT. DI RO. IT. &. C. S.N.C., in persona dell'Amministratore Unico pro tempore, elettivamente: domiciliata in ROMA VIA PASUBIO 15, presso l'avvocato DARIO BUZZELLI, rappresentata e difesa dagli avvocati UBALDO PERFETTI, VITTORIO MICUCCI, giusta procura in calce al ricorso principale;

- controricorrente al ricorso incidentale -

avverso la sentenza n. 79/03 della Corte d'Appello di ANCONA, depositata il 10/02/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/05/2007 dal Consigliere Dott. Giuseppe SALME';

udito, per il ricorrente, l'Avvocato PERFETTI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, inammissibilita' o rigetto del ricorso incidentale;

udito, per il resistente, l'Avvocato MASTRI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, l'accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, inammissibilita' o assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 5 novembre 1982, il tribunale di Ancona ha dichiarato illegittimo il decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, del 18 luglio 1980 con il quale, su richiesta della Cassa di Risparmio di (OMESSO), la It. s.n.c. e i fideiussori Sa. Ma., Sa.Jo., Sa.Sa. e Ro.It. sono stati condannati al pagamento della somma di lire 97.233.722, pari all'importo di titoli cambiari scontati per i quali era stata infondatamente invocata la decadenza del beneficio del termine. Il tribunale ha anche condannato la banca al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio e la It. al pagamento in favore della banca della somma di lire 53.233.840, subordinando al pagamento di detta somma la cancellazione delle ipoteche iscritte sulla base del decreto ingiuntivo. La sentenza e' stata confermata dalla corte d'appello di Ancona con sentenza del 7 giugno 1985, passata in giudicato a seguito di rigetto del ricorso con sentenza di questa Corte del 15 maggio 1990 n. 4164.

Con atto di citazione del 29 ottobre 1986 la It. ha convenuto in giudizio davanti al tribunale di Ancona la Ba. de. Ma. s.p.a., che nel frattempo e' succeduta alla Cassa di Risparmio di (OMESSO), esponendo che l'emanazione del decreto ingiuntivo e l'iscrizione di ipoteche sui beni dei fideiussori aveva creato allarme nelle altre banche e nei fornitori, che avevano interrotto i rapporti contrattuali, con la conseguenza che, nel volgere di poche settimane, era stata costretta a cessare l'attivita' sociale. La societa' attrice ha quindi chiesto la condanna della banca al pagamento a titolo di risarcimento della somma di lire 1.720.000.000, pari a dieci volte il reddito conseguito nel 1980.

La Ba. de. Ma. ha chiesto il rigetto della domanda contestando l'esistenza del nesso causale tra il dissesto dell'impresa e la sua istanza monitoria, e sostenendo che l'insolvenza era preesistente, come era dimostrato dalla circostanza che nella stessa data in cui e' stato emesso il decreto ingiuntivo di cui e' causa ne sono stati emessi altri tre, a richiesta di altri creditori e che due opposizioni a tali decreti erano state respinte. Inoltre, le iscrizioni ipotecarie avevano riguardato non beni della societa', ma dei garanti.

In via riconvenzionale la banca ha chiesto la condanna della societa' al risarcimento dell'ulteriore danno derivante dall'inadempimento del decreto ingiuntivo ovvero la condanna al pagamento degli interessi convenzionali.

Con sentenza del 12 aprile 2000 il tribunale di Ancona ha accolto la domanda della It. liquidando la somma di lire 150.000.000 a titolo di risarcimento del danno, e, quanto alla riconvenzionale, ha accolto la domanda della banca limitatamente alla condanna al pagamento degli interessi legali, perche' la misura di quelli extralegali non era stata pattuita per iscritto.

La corte d'appello d'Ancona, con sentenza del 10 febbraio 2003, ha integralmente riformato la sentenza di primo grado, negando la sussistenza del nesso di causalita' tra la richiesta di decreto ingiuntivo e l'iscrizione di ipoteca sui beni dei garanti, da una parte, e i danni lamentati dalla It., dall'altra.

Il dissesto economico-finanziario della societa', infatti, era anteriore al comportamento illecito della banca (consistente nella richiesta di decreto ingiuntivo e nell'esecuzione delle iscrizioni ipotecarie) accertato dal giudicato sull'an debeatur. I consulenti tecnici avevano affermato che era prevedibile che in assenza dell'iniziativa della banca la vita della societa' non sarebbe stata facile ne' agevole, ma non sarebbe stata messa in pericolo ("la It. sarebbe rimasta lo stesso in piedi"). Le loro opinioni, se pure tecnicamente qualificate, erano sminuite dall'accertamento compiuto dagli stessi consulenti secondo cui nei primi sei o sette mesi del 1980 la societa' aveva avuto una veloce espansione commerciale, ma anche una contrazione dei ricavi e un aumento delle perdite sui crediti e degli interessi passivi. Infatti, la societa' il 30 giugno 1980 non aveva pagato cinque ricevute bancarie per lire 19.780.060 e il 15 luglio successivo aveva emesso due assegni dell'importo di lire 21,000.000 ciascuno, che erano andati in protesto. Sintomatica del pregresso dissesto finanziario e' anche la notevole mole degli insoluti (per lire 206.467.000, oltre a lire 53.233.840 di cui al decreto ingiuntivo di cui e' causa), che non poteva essere conseguenza dell'iniziativa della banca, perche' cio' implicherebbe ammettere che i debitori della societa' non avevano adempiuto solo perche' avevano fatto affidamento sulla debolezza del proprio creditore evidenziata dall'iniziativa predetta. Ne' poteva ritenersi che i creditori della societa', tra i quali le altre banche, non avrebbero agito per il recupero dei propri crediti in mancanza della richiesta di decreto ingiuntivo della Cassa di Risparmio di (OMESSO), perche' invece lo avrebbero fatto comunque, una volta venuti a conoscenza dei protesti e degli insoluti della It. e di quelli dei suoi debitori. Pertanto il comportamento illecito della banca potrebbe solo avere prodotto una anticipazione dei tempi del dissesto economico, ma non direttamente l'evento dannoso. Ne' a diversa conclusione si poteva giungere per la circostanza che altra banca aveva ri-fiutato di concedere un mutuo ipotecario perche' i crediti per i quali erano stati iscritte ipoteche sui beni da dare in garanzia ne avevano assorbito il valore, mancando ogni prova per ritenere che la nuova liquidita' avrebbe consentito di superare la crisi, consentendo l'estinzione delle posizioni debitorie gia' accumulate, l'annullamento delle conseguenze delle insolvenze della clientela e il recupero del credito mercantile e bancario, perche' tale credito era gia' stato perso o fortemente limitato a seguito dell'iscrizione di ipoteche volontarie sui beni dei soci.

Infine, la corte territoriale ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale della banca perche' basata su un titolo diverso da quello azionato dalla It. e privo anche di alcun connotato di connessione obbiettiva con lo stesso.

Avverso la sentenza della corte d'appello d'Ancona la It. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi e la Ba. de. Ma. ha proposto controricorso con ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. Entrambe le parti hanno presentato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c., e in particolare dei principi in tema di nesso causale e, in via subordinata, errata o omessa motivazione, la ricorrente lamenta che non ostante avesse ammesso che il comportamento illecito della banca aveva prodotto un'anticipazione della definitiva crisi economica dell'impresa la corte territoriale ha immotovatamente escluso che il comportamento stesso potesse essere considerato quanto meno causa concorrente del danno, in contrasto con il principio secondo cui tutte le condizioni che concorrono a determinare un evento, con la sola esclusione delle condizioni che si pongono al di fuori della verosimile serie causale, nel senso che per escludere il nesso causale occorre dimostrare che l'evento si sarebbe prodotto egualmente anche senza l'intervento di una determinata condizione. Nella specie la corte non solo non aveva spiegato per quale ragione anche se la banca non avesse illegittimamente aggredito il patrimonio della societa' e ipotecato i beni dei soci e fideiussori si sarebbe egualmente prodotta la crisi economica, ma aveva contraddittoriamente affermato che il comportamento della banca aveva anticipato il verificarsi dell'evento dannoso.

Con il secondo motivo, deducendo il vizio di omessa e contraddittoria motivazione, viene approfondito ulteriormente il punto relativo al contrasto tra l'idoneita' del comportamento della banca ad anticipare l'evento dannoso e l'immotivata esclusione del nesso causale.

Altro profilo di contraddittorieta' e omissione di motivazione viene dedotto con il terzo motivo, con il quale si lamenta, da un lato, che la corte territoriale non abbia tenuto conto delle valutazioni dei consulenti tecnici pur utilizzandone i dati sui quali le valutazioni stesse si sono basate, e, dall'altro, che abbia disatteso la prognosi degli stessi consulenti, secondo la quale in mancanza dell'iniziativa illegittima della banca l'impresa sarebbe rimasta in vita, sostituendo alla qualificata previsione di tecnici, una propria previsione non sorretta da adeguata argomentazione.

2. I motivi non sono fondati.

La corte d' appello di Ancona ha fatto corretta applicazione dei principi applicabili per l'accertamento del nesso causale. Infatti, in presenza di una pluralita' di fatti coevi o succedutisi nel tempo, deve essere riconosciuta a tutti un'efficacia causativa del danno, ove abbiano determinato una situazione tale che, senza l'uno o l'altro di essi, l'evento non si sarebbe verificato, mentre deve attribuirsi il rango di causa efficiente esclusiva ad uno solo dei fatti imputabili quando lo stesso, esaurendo sin dall'origine e per forza propria la serie causale, riveli l'inesistenza, negli altri fatti, del valore di concausa e li releghi al livello di occasioni estranee (Cass. n. 18094/2005, n. 8348/1996).

La corte territoriale ha accertato, sulla base di una pluralita' di circostanze delle quali ha dato anche una valutazione complessiva, che preesisteva uno stato di dissesto economico-finanziario dell'impresa tale da rendere irrilevante la successiva iniziativa processuale della banca, che non solo non ha costituito la causa unica della cessazione dell'attivita' imprenditoriale, ma neppure e' stata idonea a renderla irreversibile. La corte d'appello ha, infatti accertato, che nei primi sei o sette mesi del 1980, prima, quindi, della richiesta di decreto ingiuntivo che e' stato emesso il 18 luglio 1980, da una parte, si e' verificata una veloce espansione commerciale (e' stato realizzato un volume di vendite pari all'intero volume conseguito l'anno precedente), ma dall'altro c'e' stata una netta contrazione dei ricavi, un aumento delle perdite sui crediti, a causa dell'insolvenza di clienti, e del pari un aumento degli interessi passivi. In conseguenza si e' verificata una grave crisi di liquidita' dimostrata dal mancato pagamento di cinque ricevute bancarie per un importo complessivo di lire 19.780.060, e di due assegni bancari dell'importo di lire 21.000.000 ciascuno. Sia la negativa evoluzione della situazione finanziaria che gli inadempimenti dell'impresa sono stati ritenuti indipendenti dal comportamento della banca.

L'accertamento di fatto appare fondato su argomentazioni corrette, dal punto di vista logico e giuridico, ed esaurienti e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimita'. Rispetto a tale accertamento non si pone in contraddizione l'affermazione, formulata non in termini di certezza, ma in termini di concessione dialettica ("...l'illegittima iniziativa del 18 luglio 1980 puo' avere prodotto soltanto una anticipazione dei tempi di consumazione dell'evento finale, ma non direttamente questo.") e come argomentazione ad abundantiam - sostanzialmente un obiter dictum - secondo cui il comportamento della banca potrebbe avere soltanto prodotto un'accelerazione del verificarsi dell'evento dannoso.

D'altra parte non appare neppure convincente il richiamo della ricorrente a quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui per la sussistenza del nesso causale sarebbe sufficiente anche che un determinato fatto o comportamento abbia soltanto accelerato o anticipato il verificarsi dell'evento dannoso perche' tale orientamento si e' formato in tema di lesione del "bene vita" (Cass. n. 5962/2000) o del "bene salute" (Cass., n. 279/2005, n. 19682/2003, n. 13928/2004, n. 1196/1998, n. 11559/1995), in relazione al fatto non solo che si tratta di beni oggetto di diritti fondamentali, ma anche di beni rispetto ai quali l'elemento temporale costituisce una componente essenziale.

Ne' sussiste contraddizione tra il non avere condiviso il giudizio prognostico dei consulenti tecnici, secondo i quali in mancanza dell'iniziativa della banca, l'impresa "sarebbe rimasta in piedi" e l'utilizzazione dei dati economici e finanziari accertati dai consulenti stessi, rientrando nei poteri del giudice del merito valutare le conclusioni della consulenza tecnica, anche pervenendo a esiti diversi, purche' con argomentazione logica e corretta. L'iter argomentativo seguito dalla corte territoriale, in effetti, appare corretto, perche' basato su elementi di fatto ritualmente accertati dai consulenti tecnici e coerente con i canoni della logica.

In conclusione il ricorso principale deve essere respinto.

Il ricorso incidentale condizionato proposto dalla banca per censurare la valutazione dell'incidenza negativa delle iscrizioni ipotecarie effettuate sui beni dei fideiussori, resta assorbito.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di questo giudizio in relazione all'alterno esito dei giudizi precedenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Compensa le spese.

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