Disciplina fiscale delle Controlled foreign companies (Cfc)

In via generale si rileva che la normativa riguardante le cosiddette controlled foreign companies (cfc) è stata introdotta dall'articolo 1 della Legge 21 novembre 2000, n. 342, con efficacia dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di individuazione dei regimi di Stati o territori a fiscalità privilegiata di cui all'articolo 127bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (cosiddetta black list).

Attualmente la normativa Cdc è disciplinata dall’articolo 167 (cui è stato trasfuso il dettato normativo di cui al previdente articolo 127 bis) del DPR n. 917/1986.

Presupposto per la applicazione della normativa relativa alle cfc è il possesso di redditi conseguiti in uno degli Stati o territori con regime fiscale privilegiato da imprese, società o enti controllati, direttamente o indirettamente, da persone fisiche, anche non titolari di reddito di impresa in Italia, o dai soggetti di cui agli articoli 5 (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice) e 87, comma 1, lettere a), b) e c) (soggetti passivi IRPEG) del TUIR, residenti nel territorio dello Stato. Rientrano in detta disposizione anche i redditi conseguiti da controllate estere, ancorché non residenti in uno degli Stati o territori individuati dal citato decreto ministeriale, che tuttavia provengano da stabili organizzazioni situate in uno di detti Stati o territori.

Verifica della situazione di controllo

Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del D.M. 21 novembre 2001, n. 429, per la verifica della sussistenza del controllo (che è il presupposto per la imputazione dei redditi al soggetto residente) rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato.

Nel caso in cui né dallo statuto del soggetto estero controllato né dalle disposizioni generali del paese estero sia dato individuare una data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione, si dovrà fare riferimento alla data di chiusura dell’esercizio fiscale del soggetto residente controllante.

Effetti dalla normativa Cfc

Il reddito conseguito dalla controllata estera è imputato al soggetto residente controllante prescindendo dal periodo di possesso della partecipazione e dall’effettiva percezione dei dividendi.

 Verificandosi il presupposto del controllo alla data di chiusura dell’esercizio della partecipata estera, il reddito conseguito nell’esercizio dovrà essere imputato al soggetto residente controllante in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili e verrà tassato in modo separato in capo allo stesso secondo quanto previsto dall’articolo 167 comma 6 del Testo Unico. Pertanto, poiché il reddito in discorso è imputato al soggetto residente che esercita il controllo come conseguenza del possesso della partecipazione agli utili alla data di chiusura del proprio esercizio, per procedere alla imputazione dei redditi per trasparenza, è necessario che oltre al controllo (rilevato alla data di chiusura dell’esercizio della controllata), esista una partecipazione agli utili del soggetto non residente ancora posseduta alla data di chiusura dell’esercizio della controllata.

Disapplicazione della disciplina Cfc

La normativa in materia di imprese estere partecipate prevede che i soggetti residenti, tramite apposita istanza di interpello, possano ottenere una pronuncia di disapplicazione delle disposizioni di cui al comma 2 del citato art. 167, qualora dimostrino alternativamente:

a) che la cfc svolga, in via principale, nello stato o territorio nel quale ha sede, una effettiva attività industriale o commerciale;

b) che dalle partecipazioni possedute non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.

E’ sufficiente pertanto dimostrare anche una sola delle riferite cause di disapplicazione per ottenere l’accoglimento dell’istanza da parte della Agenzia delle entrate.

Il soggetto residente ha l’onere di interpellare l’amministrazione finanziaria prima di presentare la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale intende disapplicare l’art. 167 del TUIR. Il mancato rispetto della condizione di preventività non preclude la possibilità di acquisire il parere dell’Agenzia, ma l’eventuale accoglimento dell’istanza (con la conseguente disapplicazione delle normativa cfc) potrà valere solo a partire dal periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione presentata dopo la comunicazione della risposta resa dall’Agenzia.

Decorsi 120 giorni senza che sia stato emesso un atto espresso da parte dell’Agenzia delle entrate, la risposta si intende accolta, con la conseguenza che che alla controllata estera cui è riferita l’istanza di interpello non si applicano le disposizioni dell’articolo 127bis del TUIR.

Si ritiene importante rilevare che l'art. 13, D.L. 1.7.2009, n. 78, conv. con modif. con L. 3.8.2009, n. 102 (cd. "manovra d'estate"), ha recato importanti modifiche di carattere restrittivo alla disciplina prevista in materia di Controlled foreign companies (Cfc), inasprendo, da un lato, la circostanza esimente volta alla dimostrazione dell'effettiva attività commerciale esercitata dalla società (o ente) localizzata in Stati o territori "a regime fiscale privilegiato" e, dall'altro lato, estendendo l'ambito di applicazione del regime Cfc (subordinatamente al verificarsi di specifiche condizioni attinenti al livello di reddito ed alla composizione dei proventi) a tutte le imprese estere controllate ovunque residenti.

In particolare il Legislatore ha introdotto - nel novellata norma inserita nella lett. a) del co. 5 dell'art. 167, D.P.R. 917/1986 - la condizione che, al fine di ottenere la disapplicazione della disciplina Cfc a mezzo della prima esimente, il contribuente debba dimostrare, mediante la  procedura di interpello di cui all'art. 11, L. 27.7.2000, n. 212, oltre all'esistenza di una struttura organizzativa adeguata anche l'effettivo svolgimento da parte della società controllata di un'attività industriale e commerciale prevalentemente rivolta al territorio di insediamento.

Conseguentemente, ai fini della disapplicazione della normativa Cfc, non è più sufficiente la sola presenza di un adeguata struttura organizzativa nel Paese ospitante "a regime fiscale privilegiato" ma è necessario anche dimostrare che l'attività, da cui la controllata ne ricava la maggior parte dei propri proventi, sia effettivamente esercitata nel "mercato dello Stato o territorio di insediamento".

Estensione del regime Cfc alle controllate ovunque residenti

Il nuovo co. 8-bis dell'art. 167, D.P.R. 917/1986, con carattere del tutto innovativo, prevede l'applicazione del regime di trasparenza fiscale della Cfc anche ai soggetti localizzati in Paesi o territori non a fiscalità privilegiata, se sussistono congiuntamente le seguenti condizioni:

  • le società controllate sono soggette a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia (in base alla normativa fiscale italiana);
  • le società hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall'investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà intellettuale, letteraria o artistica nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l'ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l'ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari (cosiddetti servizi infragruppo).

La prima condizione impone di raffrontare il livello di tassazione effettivo subito dalla società controllata con il livello di tassazione che avrebbe teoricamente gravato la società qualora avesse operato in Italia.

La seconda condizione richiede che i proventi corrisposti alla società Cfc non pervengano, in modo prevalente, da attività da cui originano i "passive income" ovvero da prestazioni di servizi infragruppo.

Se vengono soddisfatte entrambe le condizioni si rende applicabile la disciplina di imputazione per trasparenza in Italia dei redditi maturati dalla società residente all'estero, determinando le corrispondenti imposte al netto di quanto già corrisposto all'estero.

Con riferimento ai servizi infragruppo la norma in commento comporta notevoli problemi ai gruppi che possiedono società in paesi a fiscalità non privilegiata che svolgono servizi di subfornitura. In pratica si tratta di società controllate che effettuano alcune fasi della produzione (come ad es. nel settore tessile) in paesi in cui il costo della manodopera è minore rispetto a quello italiano ovvero in pesi in cui sono previste agevolazioni fiscali di carattere temporaneo. In questo caso tali gruppi, se vengono soddisfatte le su indicate condizioni, sono soggetti a  tassazione per trasparenza, secondo le disposizioni normative italiane, con riferimento agli utili prodotti dalle controllate.

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