Accertamento delle imposte sui redditi e domicilio fiscale persone fisiche

Massima - Ai sensi dell'art. 58, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600/1973, la persona fisica che, dopo la presentazione della dichiarazione abbia trasferito la propria residenza anagrafica all'estero, ha il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito (o, se il reddito si è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato). Pertanto, ove la notificazione dell'avviso di accertamento fiscale non possa essere eseguita presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi per il trasferimento all'estero del contribuente, essa non deve essere eseguita nelle forme consolari (ed anzi la notifica tramite il Consolato sarebbe inesistente), ostandovi la previsione dell'art. 60, comma 1, lettera f), del D.P.R. n. 600 del 1973, ma, in mancanza di abitazione, ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale, deve essere svolta, sul presupposto dell'esecuzione di adeguate ricerche nel detto comune, non già per mezzo della spedizione della raccomandata, ma con l'affissione dell'avviso di deposito all'albo del comune, ai sensi dell'art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, senza che tale disciplina, tenuta ferma anche dallo Statuto del contribuente di cui alla L. n. 212 del 2000 (art. 6, comma 1), possa dirsi lesiva del diritto di difesa del contribuente, il quale deve essere contemperato con l'interesse fiscale dello Stato.

Sent. n. 25095 del 27 novembre 2006 (ud. del 23 ottobre 2006) della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Saccucci, Rel. Botta



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Sent. n. 25095 del 27 novembre 2006 (ud. del 23 ottobre 2006)
della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Saccucci, Rel. Botta
Tributi  erariali  diretti  -  Accertamento  delle  imposte  sui  redditi  -
Domicilio fiscale - Persone fisiche -  Soggetti  residenti  -  Trasferimento
della  loro  residenza  anagrafica  all'estero   -   Domicilio   fiscale   -
Accertamento - Criteri - Notifica dell'accertamento tributario - Modalità  -
Notifica consolare all'estero - Esclusione - Notifica al domicilio fiscale -
Affermazione - Modalità - Spedizione di raccomandata - Esclusione affissione
all'albo comunale - Affermazione -  Fondamento  -  Lesione  del  diritto  di
difesa del contribuente - Negazione - Art. 58 del D.P.R. 29 settembre  1973,

n. 600

Massima - Ai sensi dell'art. 58, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600/1973, la
persona  fisica  che,  dopo  la  presentazione  della  dichiarazione   abbia
trasferito la propria  residenza  anagrafica  all'estero,  ha  il  domicilio
fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito (o, se il  reddito  si  è
prodotto in più comuni, nel comune in cui  si  è  prodotto  il  reddito  più
elevato). Pertanto, ove la notificazione dell'avviso di accertamento fiscale
non possa essere eseguita presso il domicilio indicato  nella  dichiarazione
dei redditi per il trasferimento all'estero del contribuente, essa non  deve
essere eseguita nelle forme  consolari  (ed  anzi  la  notifica  tramite  il
Consolato sarebbe inesistente), ostandovi la previsione dell'art. 60,  comma
1, lettera f), del D.P.R. n. 600 del 1973, ma, in  mancanza  di  abitazione,
ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale, deve essere  svolta,  sul
presupposto dell'esecuzione di adeguate ricerche nel detto comune,  non  già
per  mezzo  della  spedizione  della  raccomandata,  ma   con   l'affissione
dell'avviso di deposito all'albo del comune, ai sensi dell'art. 60, comma 1,
lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, senza che  tale  disciplina,  tenuta
ferma anche dallo Statuto del contribuente di cui alla L. n.  212  del  2000
(art.  6,  comma  1),  possa  dirsi  lesiva  del  diritto  di   difesa   del
contribuente, il quale deve  essere  contemperato  con  l'interesse  fiscale

dello Stato. (1)

Svolgimento  del  processo  -  La  controversia  concerne  l'impugnativa
dell'intimazione a pagare l'imposta Invim  relativa  ad  una  donazione,  in
ordine alla quale l'Ufficio del registro di Trieste, formatosi il  giudicato
sulla determinazione del valore finale dell'immobile oggetto di accertamento
sotto tale  profilo,  aveva  inutilmente  notificato  al  contribuente,  nel
frattempo trasferitosi all'estero, il relativo  avviso  di  liquidazione.  A
fondamento della propria impugnazione il contribuente  deduceva  la  nullità
della notifica  dell'avviso  di  liquidazione  e  la  conseguente  decadenza
dell'ufficio.
    Vistosi rigettato il ricorso tanto in primo, quanto in secondo grado, il
contribuente,  da  un  lato,  produceva  istanza   di   condono   ai   sensi
dell'art. 53, comma 5, della L. n. 413/1991, e, dall'altro,  ricorreva  alla
Commissione tributaria centrale, la quale,  con  la  sentenza  in  epigrafe,
accoglieva il ricorso  originariamente  proposto  avverso  l'intimazione  di
pagamento e, considerato  conseguenzialmente  non  esaurito  il  rapporto  e
pendente la controversia, affermava la legittimità della suindicata  istanza
di definizione agevolata.
    Avverso tale sentenza, il Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  e
l'Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione  con  due  motivi.
Resiste il contribuente con controricorso, illustrato anche con memoria.
    Motivi della decisione - Con  il  primo  motivo  di  ricorso,  le  parti
ricorrenti denunciano  violazione  e  falsa  applicazione  degli  artt.  60,
lettera e), del D.P.R. n. 600/1973, 140 del codice di procedura  civile,  74
del D.P.R. n. 634/1972 e 31  del  D.P.R.  n.  643/1972,  nonché  motivazione
apodittica, incerta e contraddittoria, ed omesso esame di un punto  decisivo
della controversia.
    La Commissione tributaria centrale avrebbe erroneamente, ad avviso delle
parti ricorrenti, ritenuto applicabile  nella  fattispecie  l'art.  140  del
codice  di  procedura  civile,  mentre  la  disposizione  cui  doveva  farsi
riferimento era costituita dall'art. 60, lettera e), del D.P.R. n. 600/1973.
    La censura proposta è, sotto  il  profilo  della  violazione  di  legge,
fondata. È infatti pacifico, lo ammette chiaramente lo stesso  contribuente,
che questi si era trasferito all'estero all'epoca della contestata  notifica
dell'avviso di liquidazione: siffatta  situazione  imponeva  all'ufficio  di
procedere alla predetta notifica non già ai sensi dell'art. 140  del  codice
di procedura civile, bensì ai sensi dell'art. 60,  lettera  e),  del  D.P.R.
n. 600/1973.
    Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, "le  persone  fisiche,
che dopo la presentazione della  dichiarazione  dei  redditi  non  sono  più
residenti  nel  territorio  dello  Stato  per  aver  trasferito  la  propria
residenza anagrafica all'estero, hanno, per espressa previsione di legge, il
domicilio fiscale nel comune in cui si è  prodotto  il  reddito  (o,  se  il
reddito si è prodotto in più comuni, nel comune in  cui  si  è  prodotto  il
reddito più elevato) (art. 58, commi 1 e 2, del D.P.R.  29  settembre  1973,
n. 600). Pertanto, la notificazione dell'avviso di accertamento fiscale, ove
non possa essere eseguita presso il domicilio indicato  nella  dichiarazione
dei redditi per il  trasferimento  all'estero  del  contribuente,  non  deve
essere eseguita nelle forme consolari, ostandovi la previsione dell'art. 60,
lettera f), del D.P.R. n. 600 del  1973,  ma,  in  mancanza  di  abitazione,
ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale, deve essere  svolta,  sul
presupposto dell'esecuzione di adeguate ricerche nel detto comune,  non  già
per  mezzo  della  spedizione  della  raccomandata,  ma   con   l'affissione
dell'avviso di deposito all'albo del comune, ai sensi dell'art. 60,  lettera
e), del D.P.R. n. 600 del 1973, senza  che  tale  disciplina,  tenuta  ferma
anche dallo Statuto del contribuente di cui alla L. n. 212 del 2000 (art. 6,
comma 1), possa dirsi lesiva del diritto  di  difesa  del  contribuente,  il
quale deve essere contemperato con l'interesse fiscale dello  Stato"  (Cass.
n. 7773/2006).
    Anzi, la Corte ha stabilito  che,  contrariamente  a  quanto  mostra  di
ritenere  il  controricorrente,  sarebbe  stata  inesistente  una   notifica
eseguita ai sensi dell'art. 142 del  codice  di  procedura  civile,  la  cui
applicazione è esplicitamente esclusa dall'art. 60, lettera f),  del  D.P.R.
n. 600/1973. Infatti,  ha  affermato  la  Corte,  "in  tema  di  imposta  di
registro, la notifica dell'avviso di accertamento di maggior valore relativo
alla compravendita di un immobile a persona non residente, né dimorante,  né
domiciliata nella Repubblica, effettuata  all'estero  tramite  il  Consolato
d'Italia, è inesistente, dovendosi effettuare, ai sensi dell'art. 60,  comma
1, lettera e),  del  D.P.R.  29  settembre  1973,  n.  600,  nel  comune  di
stipulazione o formazione dell'atto" (Cass. n. 8456/1996).
    Nel caso di specie, quindi, correttamente l'ufficio  aveva  proceduto  a
notificare l'avviso di liquidazione ai sensi dell'art. 60, lettera  e),  del
D.P.R. n. 600/1973, notifica che si perfeziona con l'affissione del deposito
dell'atto all'albo della casa comunale, ove  deve  rimanere  esposto  per  8
giorni  consecutivi,   senza   che   occorra   la   spedizione   dell'avviso
(dell'avvenuto deposito) mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
    Essendo state rispettate le  formalità  prescritte  dalla  surrichiamata
disposizione (ed essendo inapplicabile la  procedura  di  notifica  prevista
dall'art. 140 del codice di procedura civile), non poteva essere  dichiarato
il mancato esaurimento del rapporto ed affermata la validità dell'istanza di
definizione agevolata prodotta dal contribuente: invero, se  la  Commissione
tributaria centrale avesse accertato, come avrebbe dovuto, il rispetto delle
formalità di cui all'art. 60, lettera e), del D.P.R. n. 600/1973 e,  quindi,
la validità della notifica dell'avviso di liquidazione,  non  impugnato  dal
contribuente, ne sarebbe  conseguita  la  definitività  dell'accertamento  e
della relativa liquidazione con l'impossibilità di ricorrere al  condono  ex
art. 53 della L. n. 413/1991 non essendo pendente alcuna  controversia  alla
data del 30 settembre 1991 (l'avviso di liquidazione  era  stato  notificato
l'11 aprile 1989).
    Deve essere accolto, quindi, il primo motivo di  ricorso,  assorbito  il
secondo. La sentenza impugnata deve essere cassata in  relazione  al  motivo
accolto e, non essendo necessario alcun  altro  accertamento  di  fatto,  la
causa  può  essere  decisa  nel  merito  mediante  il  rigetto  del  ricorso
introduttivo del contribuente. Sussistono giusti motivi per  compensare  tra
le parti le spese dell'intero giudizio.
    P.Q.M. - la Corte Suprema di Cassazione  accoglie  il  primo  motivo  di
ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in  relazione  al
motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo  del

contribuente. Compensa le spese dell'intero giudizio.

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