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Accertamento delle imposte sui redditi e domicilio fiscale persone fisiche
Pubblicata il 20/04/2010
Sent. n. 25095 del 27 novembre 2006 (ud. del 23 ottobre 2006) della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Saccucci, Rel. Botta
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Sent. n. 25095 del 27 novembre 2006 (ud. del 23 ottobre 2006)
della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Saccucci, Rel. Botta
Tributi erariali diretti - Accertamento delle imposte sui redditi -
Domicilio fiscale - Persone fisiche - Soggetti residenti - Trasferimento
della loro residenza anagrafica all'estero - Domicilio fiscale -
Accertamento - Criteri - Notifica dell'accertamento tributario - Modalità -
Notifica consolare all'estero - Esclusione - Notifica al domicilio fiscale -
Affermazione - Modalità - Spedizione di raccomandata - Esclusione affissione
all'albo comunale - Affermazione - Fondamento - Lesione del diritto di
difesa del contribuente - Negazione - Art. 58 del D.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600
Massima - Ai sensi dell'art. 58, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600/1973, la
persona fisica che, dopo la presentazione della dichiarazione abbia
trasferito la propria residenza anagrafica all'estero, ha il domicilio
fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito (o, se il reddito si è
prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più
elevato). Pertanto, ove la notificazione dell'avviso di accertamento fiscale
non possa essere eseguita presso il domicilio indicato nella dichiarazione
dei redditi per il trasferimento all'estero del contribuente, essa non deve
essere eseguita nelle forme consolari (ed anzi la notifica tramite il
Consolato sarebbe inesistente), ostandovi la previsione dell'art. 60, comma
1, lettera f), del D.P.R. n. 600 del 1973, ma, in mancanza di abitazione,
ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale, deve essere svolta, sul
presupposto dell'esecuzione di adeguate ricerche nel detto comune, non già
per mezzo della spedizione della raccomandata, ma con l'affissione
dell'avviso di deposito all'albo del comune, ai sensi dell'art. 60, comma 1,
lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, senza che tale disciplina, tenuta
ferma anche dallo Statuto del contribuente di cui alla L. n. 212 del 2000
(art. 6, comma 1), possa dirsi lesiva del diritto di difesa del
contribuente, il quale deve essere contemperato con l'interesse fiscale
Svolgimento del processo - La controversia concerne l'impugnativa
dell'intimazione a pagare l'imposta Invim relativa ad una donazione, in
ordine alla quale l'Ufficio del registro di Trieste, formatosi il giudicato
sulla determinazione del valore finale dell'immobile oggetto di accertamento
sotto tale profilo, aveva inutilmente notificato al contribuente, nel
frattempo trasferitosi all'estero, il relativo avviso di liquidazione. A
fondamento della propria impugnazione il contribuente deduceva la nullità
della notifica dell'avviso di liquidazione e la conseguente decadenza
dell'ufficio.
Vistosi rigettato il ricorso tanto in primo, quanto in secondo grado, il
contribuente, da un lato, produceva istanza di condono ai sensi
dell'art. 53, comma 5, della L. n. 413/1991, e, dall'altro, ricorreva alla
Commissione tributaria centrale, la quale, con la sentenza in epigrafe,
accoglieva il ricorso originariamente proposto avverso l'intimazione di
pagamento e, considerato conseguenzialmente non esaurito il rapporto e
pendente la controversia, affermava la legittimità della suindicata istanza
di definizione agevolata.
Avverso tale sentenza, il Ministero dell'economia e delle finanze e
l'Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione con due motivi.
Resiste il contribuente con controricorso, illustrato anche con memoria.
Motivi della decisione - Con il primo motivo di ricorso, le parti
ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 60,
lettera e), del D.P.R. n. 600/1973, 140 del codice di procedura civile, 74
del D.P.R. n. 634/1972 e 31 del D.P.R. n. 643/1972, nonché motivazione
apodittica, incerta e contraddittoria, ed omesso esame di un punto decisivo
della controversia.
La Commissione tributaria centrale avrebbe erroneamente, ad avviso delle
parti ricorrenti, ritenuto applicabile nella fattispecie l'art. 140 del
codice di procedura civile, mentre la disposizione cui doveva farsi
riferimento era costituita dall'art. 60, lettera e), del D.P.R. n. 600/1973.
La censura proposta è, sotto il profilo della violazione di legge,
fondata. È infatti pacifico, lo ammette chiaramente lo stesso contribuente,
che questi si era trasferito all'estero all'epoca della contestata notifica
dell'avviso di liquidazione: siffatta situazione imponeva all'ufficio di
procedere alla predetta notifica non già ai sensi dell'art. 140 del codice
di procedura civile, bensì ai sensi dell'art. 60, lettera e), del D.P.R.
n. 600/1973.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, "le persone fisiche,
che dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi non sono più
residenti nel territorio dello Stato per aver trasferito la propria
residenza anagrafica all'estero, hanno, per espressa previsione di legge, il
domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito (o, se il
reddito si è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il
reddito più elevato) (art. 58, commi 1 e 2, del D.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600). Pertanto, la notificazione dell'avviso di accertamento fiscale, ove
non possa essere eseguita presso il domicilio indicato nella dichiarazione
dei redditi per il trasferimento all'estero del contribuente, non deve
essere eseguita nelle forme consolari, ostandovi la previsione dell'art. 60,
lettera f), del D.P.R. n. 600 del 1973, ma, in mancanza di abitazione,
ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale, deve essere svolta, sul
presupposto dell'esecuzione di adeguate ricerche nel detto comune, non già
per mezzo della spedizione della raccomandata, ma con l'affissione
dell'avviso di deposito all'albo del comune, ai sensi dell'art. 60, lettera
e), del D.P.R. n. 600 del 1973, senza che tale disciplina, tenuta ferma
anche dallo Statuto del contribuente di cui alla L. n. 212 del 2000 (art. 6,
comma 1), possa dirsi lesiva del diritto di difesa del contribuente, il
quale deve essere contemperato con l'interesse fiscale dello Stato" (Cass.
n. 7773/2006).
Anzi, la Corte ha stabilito che, contrariamente a quanto mostra di
ritenere il controricorrente, sarebbe stata inesistente una notifica
eseguita ai sensi dell'art. 142 del codice di procedura civile, la cui
applicazione è esplicitamente esclusa dall'art. 60, lettera f), del D.P.R.
n. 600/1973. Infatti, ha affermato la Corte, "in tema di imposta di
registro, la notifica dell'avviso di accertamento di maggior valore relativo
alla compravendita di un immobile a persona non residente, né dimorante, né
domiciliata nella Repubblica, effettuata all'estero tramite il Consolato
d'Italia, è inesistente, dovendosi effettuare, ai sensi dell'art. 60, comma
1, lettera e), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nel comune di
stipulazione o formazione dell'atto" (Cass. n. 8456/1996).
Nel caso di specie, quindi, correttamente l'ufficio aveva proceduto a
notificare l'avviso di liquidazione ai sensi dell'art. 60, lettera e), del
D.P.R. n. 600/1973, notifica che si perfeziona con l'affissione del deposito
dell'atto all'albo della casa comunale, ove deve rimanere esposto per 8
giorni consecutivi, senza che occorra la spedizione dell'avviso
(dell'avvenuto deposito) mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Essendo state rispettate le formalità prescritte dalla surrichiamata
disposizione (ed essendo inapplicabile la procedura di notifica prevista
dall'art. 140 del codice di procedura civile), non poteva essere dichiarato
il mancato esaurimento del rapporto ed affermata la validità dell'istanza di
definizione agevolata prodotta dal contribuente: invero, se la Commissione
tributaria centrale avesse accertato, come avrebbe dovuto, il rispetto delle
formalità di cui all'art. 60, lettera e), del D.P.R. n. 600/1973 e, quindi,
la validità della notifica dell'avviso di liquidazione, non impugnato dal
contribuente, ne sarebbe conseguita la definitività dell'accertamento e
della relativa liquidazione con l'impossibilità di ricorrere al condono ex
art. 53 della L. n. 413/1991 non essendo pendente alcuna controversia alla
data del 30 settembre 1991 (l'avviso di liquidazione era stato notificato
l'11 aprile 1989).
Deve essere accolto, quindi, il primo motivo di ricorso, assorbito il
secondo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo
accolto e, non essendo necessario alcun altro accertamento di fatto, la
causa può essere decisa nel merito mediante il rigetto del ricorso
introduttivo del contribuente. Sussistono giusti motivi per compensare tra
le parti le spese dell'intero giudizio.
P.Q.M. - la Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di
ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del
contribuente. Compensa le spese dell'intero giudizio.