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Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Soggetti passivi
Pubblicata il 19/04/2010
Sent. n. 29455 del 17 dicembre 2008 (ud. del 30 ottobre 2008) della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Miani Canevari, Rel. Merone
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Sent. n. 29455 del 17 dicembre 2008 (ud. del 30 ottobre 2008)
della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Miani Canevari, Rel. Merone
Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Soggetti passivi -
Persone fisiche Residenza nel territorio dello Stato - 20,
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - Rapporto di pubblico impiego - Luogo di
lavoro - Stato estero - Art. 19, Convenzione Italia-Confederazione svizzera
contro le doppie imposizioni
Massima - Deve ritenersi applicabile la norma convenzionale ex art. 19,
dell’accordo internazionale fra la Repubblica Italiana e la Confederazione
svizzera all’ipotesi di cittadino iscritto all’AIRE e legato da rapporto di
pubblico impiego con ente italiano ancorché impiegato all’estero.
Conseguentemente, in virtù dei criteri di residenza, territorialità ed
origine del reddito prodotto ed in assenza di prelievi tributari operati
all’estero, la retribuzione del contribuente risulta imponibile nel
territorio dello Stato.
Rilevato in fatto - Il sig. P.D.C., dipendente dell’ente Ferrovie dello
Stato (ora Trenitalia s.p.a.), dal 1994 ha prestato la propria attività
presso la sede delle Ferrovie italiane di Chiasso, in Svizzera. Assume che
dall’anno 1994 la propria famiglia è stata iscritta nell’anagrafe dei
cittadini residenti all’estero (AIRE) e che dallo stesso anno risiede a
Vacallo, appunto in Svizzera.
Con raccomandata del 2 luglio 2001, il sig. D.C. ha chiesto il rimborso
delle ritenute irpef operate sulla retribuzione, a suo dire indebitamente.
Formatosi il silenzio rifiuto, il contribuente ha proposto ricorso
dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale sostenendo che:
- in forza del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 3, comma 3, lett.
c), (T.U.I.R.), vigente ratione temporis, le ritenute non dovevano essere
effettuate, trattandosi di reddito derivante da lavoro dipendente "prestato
all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto";
- non trova applicazione nella specie l’art. 19, della convenzione tra
la Repubblica italiana e la Confederazione Svizzera per evitare le doppie
imposizioni, ratificata e resa esecutiva con L. 23 dicembre 1978, n. 943,
(che prevede l’imposizione nello Stato di origine delle remunerazioni degli
enti pubblici), perché con l’approvazione del T.U.I.R. è mutata la
disciplina fiscale nazionale, nel senso che mentre la convenzione aveva un
senso (nel prevenire le doppie imposizioni) vigente il D.P.R. n. 597 del
1973, che considerava soggetti passivi di imposta le persone fisiche
"residenti e non residenti nel territorio dello Stato" (art. 2, comma 1),
tale convenzione non ha più ragione di essere dopo l’approvazione del
T.U.I.R. che esclude dalla base imponibile "i redditi derivanti da lavoro
dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo
del rapporto" (art. 3, comma 3, lett. c);
- che, comunque, la citata convenzione non è applicabile dopo la
trasformazione delle ferrovie dello Stato nella società denominata
Trenitalia s.p.a..
La Commissione tributaria provinciale adita ha accolto in parte il
ricorso, sul rilievo che la trasformazione delle Ferrovie dello Stato ha
reso inapplicabile nella specie la citata convenzione, ma ha riconosciuto il
diritto al rimborso soltanto in relazione ai quarantotto mesi precedenti la
richiesta del contribuente, dovendo trovare applicazione nella specie la
disciplina di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, e non il termine di
prescrizione decennale, invocato dal contribuente.
Avverso tale decisione hanno proposto appello l’Agenzia delle Entrate in
via principale e il contribuente in via incidentale (per ottenere il
riconoscimento decennale del diritto al rimborso).
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello dell’Agenzia
delle Entrate, assorbito quello del contribuente, ritenendo legittimo il
prelievo in Italia, sulla base dei seguenti rilievi
a) la trasformazione delle Ferrovie dello Stato in Trenitalia S.p.a. non
rileva sulla applicazione della convenzione, che continua a trovare
applicazione "reciproca", in relazione alle Ferrovie federali svizzere (art.
19, comma 2, lett. b, n. 1);
b) la trasformazione non può incidere "unilateralmente" sulla
applicazione della convenzione, anche perché avrebbe l’effetto paradossale
di escludere da ogni forma di prelievo il reddito in questione, piuttosto
che sottrarlo al rischio della doppia imposizione;
c) lo Stato italiano non ha attribuito a tale trasformazione alcun
effetto sulla convenzione, dal momento che anche le convenzioni adottate
successivamente utilizzano la stessa terminologia ("Ferrovie dello Stato" e
non "Trenitalia s.p.a.").
Con un unico articolato motivo, illustrato anche con memoria, il
contribuente denuncia, sotto vari profili, violazioni di legge e vizi di
motivazione, in relazione al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 3, comma
3, lett. c), (T.U.I.R.) vigente fino al 31 dicembre 2000, e artt. 15
(ora 169), del medesimo T.U.I.R., artt. 19 e
15 della Convenzione italo-svizzera ratificata con L. n. 943 del 1978, D.L.
5 dicembre 1991, n. 386, art. 1, conv. in L. n. 35 del 1992, (sulla
trasformazione dell’Ente pubblico Ferrovie dello Stato in società per azioni
di diritto privato), art. 2, comma 2 bis, citato T.U.I.R., e art. 4,
paragrafo 2, della citata convenzione.
L’amministrazione finanziaria resiste con controricorso.
Considerato in diritto - Il ricorso è infondato e va rigettato.
1. Posto nei suoi corretti termini, il quesito di diritto, al quale
questa Corte deve rispondere, è il seguente: "se i redditi derivanti da
lavoro dipendente prestato all’estero, nella specie in Svizzera (paese a
fiscalità privilegiata), da parte di cittadini italiani iscritti
nell’anagrafe dei cittadini residenti all’estero (AIRE) e asseritamene
residenti all’estero, dipendenti delle Ferrovie dello Stato, ora Trenitalia
s.p.a., siano soggetti a prelievo fiscale.
a) in Italia;
b) nella Confederazione svizzera;
c) in entrambi gli Stati;
d) in nessuno dei due Stati".
Si tratta, come oggi si dice, di un quesito a risposta multipla, delle
quali una soltanto è quella corretta.
Ritiene il Collegio che debba escludersi a priori che le risposte sub c)
e d) possano essere corrette.
Infatti, l’ipotesi della doppia imposizione è esclusa, sul piano della
disciplina interna, in forza principio generale del divieto della doppia
imposizione (v. art. 126, cit. T.U.I.R., nel testo vigente fino al 31
dicembre 2003, ora D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 163 e 67, per i quali "La
stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso
presupposto neppure nei confronti di soggetti diversi"), e, sul piano dei
rapporti internazionali, nella specie con la Confederazione Svizzera, dalla
convenzione bilaterale citata in narrativa, intesa appunto a "evitare le
doppie imposizioni", come si legge nel titolo e nel preambolo della
convenzione stessa.
Anche la soluzione che si tratti di reddito sottratto ad imposizione in
entrambi gli Stati non può essere presa in considerazione, perché si
risolverebbe in una esenzione non prevista dalla legge, in contrasto con il
principio della tassazione in base alla capacità contributiva (art. 53
Cost). È noto che le esenzioni, in quanto derogano al regime generale del
prelievo fiscale, devono essere espressamente previste dal legislatore (né
sono suscettibili di applicazione analogica), e sono legittime in quanto
siano giustificate da ragioni di equità o di politica fiscale, che non le
ponga in rotta di collisione con i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.),
di capacità contributiva (art. 23
Cost.). Proprio per impedire che, nell’intento di evitare le doppie
imposizioni, le convenzioni relative possano essere utilizzate invece per
eludere gli obblighi fiscali, è previsto (almeno con riferimento ai rapporti
tra Italia e Confederazione Svizzera) che quando uno degli Stati contraenti
abbia riscosso mediante ritenuta una imposta in ipotesi non dovuta,
l’istanza di rimborso presentata allo Stato contraente (contrariamente a
quanto eccepisce con l’ultima censura la parte ricorrente) deve essere
accompagnata da un "attestato ufficiale", rilasciato dall’altro Stato
contraente, che certifichi che sussistono le condizioni richieste per avere
diritto al rimborso (art. 19, paragrafi 1 e 2, della convenzione italo -
svizzera). Nella specie non risulta che il contribuente (sul quale gravava
il relativo onere di allegazione e di prova, trattandosi circostanza di
fatto costitutiva del fondamento del diritto fatto valere in giudizio) abbia
corredato la istanza di restituzione con la richiesta documentazione.
2. Restano soltanto le prime due alternative: tassazione in
Italia/tassazione in Svizzera.
Posto che il D.C. non ha mai sostenuto di aver subito alcun prelievo
fiscale in Svizzera, basterebbe questo per concludere, sulla base delle
osservazioni già svolte, che legittimamente il prelievo è stato effettuato
in Italia e che nessun rimborso è dovuto al contribuente. Giova però
effettuare una più analitica ricognizione normativa per verificare anche sul
piano della specifica disciplina positiva la correttezza di tale
conclusione, al fine di escludere che possano esistere "sacche" normative
inesplorate che legittimino una qualsiasi forma di esenzione per i redditi
in esame.
Le norme interne da esaminare sono quelle che definiscono, in materia di
imposte sui redditi, il presupposto dell’imposta, i soggetti passivi che
subiscono il prelievo fiscale e la base imponibile incisa dal tributo; norme
che la parte ricorrente assume che siano state violate o falsamente
applicate, anche per vizi logici nella ricostruzione dei fatti controversi.
Il presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è
costituito dal "possesso di redditi in denaro o in natura", "proveniente da
qualsiasi fonte" (secondo quanto disponeva il D.P.R. n. 597 del 1973, art.
1), ovvero rientranti in una delle nelle categorie previste dal T.U.I.R.
(D.P.R. n. 917 del 1986, art. 1). Quindi, il possesso del reddito comporta
di per sé la nascita dell’obbligazione tributaria in Italia, salvo che non
si tratti di redditi esenti in forza di specifiche disposizioni di legge. Le
altre disposizioni legislative, intese ad individuare il soggetto passivo
dell’obbligazione tributaria e le modalità di calcolo dell’imposta (base
imponibile ed aliquota), non influiscono sulla sussistenza del presupposto
d’imposta, sull’an debeatur, ma servono soltanto ad individuare il soggetto
obbligato al pagamento del tributo e il quantum debeatur. Soggetto attivo è
in ogni caso lo Stato italiano, salvo che in base a specifiche disposizioni
di diritto internazionale interno o di diritto internazionale pattizio non
sia diversamente stabilito. Infatti, in forza del principio della tassazione
del reddito mondiale sono soggetti passivi d’imposta, in Italia, tutte "le
persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato"
(D.P.R. n. 597 del 1973, art. 2,
comma 1), purché, per i non residenti, si tratti di redditi "posseduti" in
Italia; rectius, "prodotti nel territorio dello Stato" (D.P.R. n. 597 del
1973, art, 2, comma 3, e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 3, comma 1). Si
considerano sempre prodotti nel territorio dello Stato, e quindi soggetti al
prelievo territoriale, i redditi di lavoro dipendente prestato nello Stato
stesso (art. 20, comma 1, lett. c), cit. T.U.I.R.). Di converso erano sempre
esclusi dalla base imponibile in Italia, "i redditi derivanti da lavoro
dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo
del rapporto" (art. 3, comma 3, lett. c), vigente fino al 31.12.2000). L’
esclusione aveva come implicito presupposto la tassazione nello Stato di
produzione del reddito di lavoro dipendente, speculare rispetto alla omologa
disposizione già ricordata (art. 20, comma 1, lett. c), cit. T.U.I.R.) che
prevede la tassazione in Italia, e che era intesa ad attuare il principio
del divieto della doppia imposizione. Si tratta di disposizioni di diritto
internazionale interno di carattere generale, rispetto alle quali, però,
prevalgono le speciali disposizioni stabilite con le convenzioni bilaterali,
che recano appunto le norme di disciplina particolare calibrate sulle
reciproche esigenze degli Stati contraenti. Proprio per fornire una
disciplina differenziata, in relazione alle peculiarità degli ordinamenti
tributari degli Stati, la prassi internazionale registra il fenomeno degli
accordi bilaterali, piuttosto che trattati internazionali multilaterali da
valere per tutti gli Stati. Nella specie, pur in presenza della norma
interna (valida comunque nei confronti degli altri Stati, in mancanza di
convenzioni bilaterali) che limitava il potere impositivo dello Stato
italiano attraverso il meccanismo della esclusione del reddito di lavoro
dipendente (che abbia il carattere della continuità e della esclusività)
dalla base imponibile (senza però sancirne l’esenzione assoluta), lo Stato
italiano, in sede convenzionale, si è riappropriato del potere impositivo e
l’altro Stato contraente ha rinunciato ad esercitare il proprio potere
impositivo, altrimenti riconosciuto dalla norma interna italiana. La norma
convenzionale, dunque, contrariamente a quanto eccepisce la parte ricorrente
non ha introdotto un nuovo presupposto impositivo (che rimane il possesso
del reddito), ha solamente ricostituito in capo allo Stato italiano il
potere impositivo, facendo rientrare nella base imponibile un reddito
comunque generatore di obbligazione tributaria, riconducibile nella
fattispecie del presupposto d’imposta definita dall’art. 1, cit. T.U.I.R..
In definitiva, la norma interna che escludeva dalla base imponibile i
redditi in questione resta valida nei rapporti con gli Stati con i quali non
vi fossero diverse disposizioni convenzionali. Nei confronti della
Confederazione svizzera, deve trovare applicazione la disposizione speciale
contenuta nell’art. 19 della convenzione, la quale, peraltro, non è
totalmente sovrapponile alla norma interna. In forza del citato art. 19,
paragrafo 1, "Le remunerazioni, comprese le pensioni, pagate da uno Stato
contraente o da una sua suddivisione politica o amministrativa o da un suo
ente locale, oppure ancora da una persona giuridica o da un ente autonomo di
diritto pubblico di detto Stato, sia direttamente sia mediante prelevamento
da un fondo speciale, a una persona fisica che ha la nazionalità di detto
Stato a titolo di servizi resi presentemente o precedentemente, sono
imponibili soltanto nello Stato contraente da dove provengono dette
remunerazioni". Il paragrafo 2, poi, precisa che "Ai fini del presente
articolo l’espressione persona giuridica o ente autonomo di diritto pubblico
designa: a) per quanto riguarda l’Italia: 1) le Ferrovie dello Stato
(F.S.);... b) per quanto riguarda la Svizzera: 1) le Ferrovie federali
svizzere (FFS);...". La norma convenzionale, dunque, si attaglia
perfettamente alla fattispecie in esame.
La norma interna resta applicabile, ratione temporis, quando il reddito
derivante da lavoro dipendente prestato in Svizzera in via continuativa e
come oggetto esclusivo del rapporto, non sia costituito da remunerazioni
pagate da enti ed amministrazioni pubbliche a favore di persone fisiche che
abbiano la stessa nazionalità e per particolari attività. Infatti, la
somiglianza tra le due norme (art. 3, comma 3, lett. c), cit. T.U.I.R., e
art. 19 della convenzione) è soltanto apparente, nel senso che vi possono
essere fattispecie sussumibili ad entrambe le previsioni normative in
relazione alle quali vale il principio di specialità, ma vi sono anche casi
in cui le due disposizioni non si pongono in termini di concorso. In altri
termini, dal quadro normativo di riferimento, costituito dalla normativa
interna e da quella convenzionale, risulta che il legislatore ha individuato
tre criteri di collegamento territoriale per disciplinare l’esercizio della
"sovranità fiscale":
a) il criterio della residenza, in forza del quale il reddito mondiale
del residente deve essere tassato in Italia, salvo le deroghe espressamente
previste;
b) il criterio della territorialità del reddito prodotto, in forza del
quale il reddito viene tassato nel luogo di produzione;
c) il criterio della origine del reddito, in forza del quale la
tassazione avviene sulla base della nazionalità dell’ente pagatore.
Nella specie, dunque, occorre procedere all’analisi comparativa delle
due disposizioni in ipotesi applicabili e non v’è dubbio che la soluzione
della controversia debba passare attraverso l’applicazione della norma
convenzionale.
L’art. 3, comma 3, lett. c), cit. T.U.I.R., prevedeva che fossero
esclusi dalla base imponibile i redditi imponibili derivanti da lavoro
dipendente prestato all’estero a certe condizioni. L’unica possibile ragione
giustificativa della sottrazione di questa tipologia reddituale dalla base
imponibile era costituita dal suo carattere di extraterritorialità (si badi
che la norma prescinde anche dalla residenza del dipendente). Testimoniava
dunque la volontà di autolimitazione del potere impositivo dello Stato
italiano che, come già rilevato, costituisce il reciproco del potere
impositivo sui redditi comunque prodotti sul territorio italiano. La norma
non presentava indici che facessero pensare ad una agevolazione/esenzione
fiscale (la quale peraltro sarebbe di difficile compatibilità
costituzionale), anche perché l’esclusione dalla base imponibile dei redditi
esenti (in contrapposizione a quelli soltanto esclusi dalla base imponibile
"italiana") è espressamente prevista nel medesimo art. 3, comma 3, lett. a),
citato T.U.I.R.. La riprova che la disposizione limitativa della base
imponibile in Italia fosse dovuta alla considerazione che il reddito
prodotto all’estero era esposto alla tassazione dello Stato in cui veniva
svolto è data dal fatto che assieme alla sua abrogazione è stato introdotto
un meccanismo di credito d’imposta pari all’ammontare delle ritenute
gravanti sul reddito di lavoro dipendente prestato all’estero (D.Lgs. 23
dicembre 1999, n. 505, art. 15).
Rispetto alla previsione interna, che riguarda in generale soltanto il
reddito di lavoro subordinato, la norma convenzionale prevede espressamente
una diversa disciplina che riguarda però tutte le "remunerazioni" (anche non
dipendenti da lavoro subordinato), le quali sono imponibili "soltanto nello
Stato contraente da dove provengono dette remunerazioni", quando il soggetto
percipiente ed il soggetto erogante abbiano determinati requisiti: l’ente
pagatore deve essere un ente pubblico in senso lato e il lavoratore deve
avere la stessa nazionalità dell’ente. Quando si verifica questa specifica
fattispecie, il prelievo fiscale va effettuato secondo la norma
convenzionale. Questa, disciplinando fiscalmente tutte le tipologie
reddituali, copre un area di rapporti molto più ampia, rispetto a quella
disciplinata dall’art. 3, comma 3, lett. c), citato T.U.I.R..
Nell’ambito del lavoro dipendente, invece, la norma convenzionale
disciplina esclusivamente i rapporti tra enti pubblici, in senso lato, e
dipendenti che abbiano la stessa nazionalità e, quindi, si pone, per questo
verso, in rapporto di specialità con la norma interna. Di qui la prevalenza
della norma convenzionale in forza appunto del principio di specialità.
Né rileva, nella specie, quanto dispone l’art. 15, della medesima
convenzione, invocato dalla parte ricorrente, che prevede una specifica
disciplina per i redditi da lavoro dipendente, in forza del quale "i salari,
gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato
contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili
soltanto in detto Stato". Infatti, a parte altre considerazioni
sull’effettivo tenore della norma, la stessa esordisce facendo salvo quanto
dispone l’art. 19, che qui interessa.
In definitiva, va affermato il principio che i redditi derivanti da
lavoro dipendente prestato all’estero che abbiano i requisiti di cui
all’ari. 19, della convenzione italo - svizzera, ratificata e resa esecutiva
con L. 23 dicembre 1978, n. 943, sono disciplinati da tale convenzione e
quindi vanno tassati nello Stato di origine.
3. Occorre ora esaminare se, nella specie, ricorrano tutti i presupposti
e le condizioni previste dalla norma convenzionale per la sua applicazione.
È pacifico che la vicenda riguarda la tassazione dei redditi rappresentati
dalle remunerazioni erogate dalle Ferrovie dello Stato, prima, e da
Trenitalia s.p.a., poi, in favore di un cittadino italiano, benché residente
all’estero. Quindi, si tratta di una fattispecie perfettamente sussumibile
alla previsione convenzionale, la quale precisa espressamente che
l’espressione "persona giuridica o ente autonomo di diritto pubblico", le
cui remunerazioni sono soggette alla disciplina dell’art. 19, designa, per
quanto riguarda l’Italia "le ferrovie dello Stato (FS)" (art. 19, par. 2,
lett. a), n. 1) e, per quanto riguarda la Svizzera "le Ferrovie federali
Svizzere (FFSS). Pertanto, non v’è dubbio che i due Stati hanno stabilito la
tassazione domestica dei redditi in questione in regime di reciprocità,
regime che non può essere modificato unilateralmente.
La parte ricorrente, però, denunciando la violazione degli artt. 19 e 15
della convenzione e il D.L. n. 386 del 1991, art. 1, conv. in L. n. 35 del
1992, eccepisce che in forza della trasformazione delle Ferrovie dello Stato
in Trenitalia s.p.a., la convenzione non sarebbe più applicabile, sul solo
versante italiano, in relazione alle remunerazioni erogate da tale ente.
Ritiene il Collegio che sia invece da condividere la conclusione cui giunge
la CTR, secondo la quale "la trasformazione delle Ferrovie dello Stato nella
società pubblica a partecipazione statale "Trenitalia s.p.a." non incide
sulla operatività e funzionalità della convenzione internazionale... sia per
il tenore letterale dell’art. 19 della convenzione stessa, laddove si
individuano come enti autonomi di diritto pubblico (come è da ritenersi
tuttora "Trenitalia s.p.a.") interessati dalla convenzione e ad essa
soggetti, le Ferrovie dello Stato e le Ferrovie federali indipendentemente
dalla struttura giuridica che tali enti abbiano assunto all’interno dei
singoli Stati;... sia perché, essendo comunque (e dovendo essere comunque)
osservata quella convenzione dalla Parte che non ne avrebbe modificato
unilateralmente il contenuto, si perverrebbe alla illogica conclusione che
essa determinerebbe l’assoluta completa sottrazione dei redditi in questione
da qualsiasi imposizione tributaria" (pp. 2/3 della sentenza impugnata). Per
loro natura le modifiche agli accordi bilaterali contro le doppie
imposizioni devono essere anch’essi bilaterali, perché lo spostamento della
materia imponibile da una ad un’altra area della sovranità fiscale, se non è
concordata, comporta necessariamente o la totale sottrazione al prelievo
fiscale o il doppio prelievo, che le convenzioni intendono prevenire.
La tesi della irrilevanza della trasformazione nella vicenda in esame
trova conforto anche nella la giurisprudenza di questa Corte, secondo la
quale, dopo la trasformazione stessa dell’ente, non è mutato il regime
fiscale del reddito dei lavoratori dipendenti (Cass. 10087/2003) e nella
circostanza, già evidenziata dai giudici di appello, che nelle convenzioni
stipulate dopo la trasformazione non è mutata la dizione per individuare
l’ente in questione.
Quindi, ai fini dell’applicazione dell’art. 19, della convenzione
citata, non rileva la trasformazione delle FF.SS. in Trenitalia s.p.a..
4. In base alle considerazioni svolte, risulta evidente che nella
vicenda in esame non rileva il requisito della residenza, posto che l’art.
19 della convenzione collega il potere impositivo al diverso presupposto
dell’origine della retribuzione e della cittadinanza. Quindi, il motivo di
ricorso con il quale il ricorrente denuncia violazioni di legge e vizi di
motivazione, assumendo di avere dimostrato la propria residenza estera in
base all’iscrizione all’AIRE, è irrilevante e quindi inammissibile. A parte
l’ulteriore motivo di inammissibilità che deriva dalla carenza di
autosufficienza dello stesso.
Per le stesse ragioni, non rilevano le particolari disposizioni dettate
dall’art. 4 della convenzione, in tema di residenza, che la parte ricorrente
assume violate.
Giova, però, chiarire che, comunque, nei rapporti con i Paesi a
fiscalità privilegiata, quale è la Confederazione Svizzera (v. D.M. 4 maggio
1999, art. 1, che individua, con norma ricognitiva, gli Stati e i territori
aventi un regime fiscale privilegiato), in base all’art. 2, comma 2 bis,
citato T.U.I.R. (norma di interpretazione autentica, e quindi ad efficacia
retroattiva, introdotta dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 10, comma
1), si considerano residenti in Italia i cittadini anche dopo che siano
stati cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e che risultino
emigrati in tali Stati o territori e, quindi, "l’iscrizione del cittadino
nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per
escludere la residenza fiscale in Italia" (Cass. 13803/2001). Pertanto,
anche nel merito la censura non risulta fondata.
5. Quanto alla giurisprudenza citata dal ricorrente a sostegno della
propria tesi, si tratta di controversie relative a un dipendente Rai s.p.a.
che lavorava in Uruguay (Cass. n. 12201/2002), a un dipendente del Ministero
degli Esteri per attività lavorativa prestata in Giordania (Cass. n.
1540/2003), a un marittimo imbarcato su nave battente bandiera estera (Cass.
n. 251/2004) e al trattamento fiscale dell’assegno di confine corrisposto ad
un dipendente della dogana (Cass. n. 13053/2004) e in nessun caso si è posto
il problema della applicazione dell’art. 19 della convenzione italo -
svizzera o di norme convenzionali in genere.
6. Conseguentemente, il ricorso va rigettato, con la compensazione delle
spese del giudizio di legittimità, in considerazione della novità della
questione.
P.Q.M. - La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di
legittimità.