Anche se il piazzale dell'autolavaggio è sempre umido e bagnato il gestore ha l'obbligo di collocare idonei dispositivi antincendio

Se per l'esercizio di una certa attivita' come quella esercitata dal gestore di un autolavaggio, la legge prescrive l'adozione, per la pericolosita' in se' dell'attivita' esercitata, di determinate misure antinfortunistiche in tutti i luoghi dell'azienda ed in ogni parte di essa ove viene svolta l'attivita', non puo' essere rimessa alla discrezionale volonta' del gestore individuare le zone ove il pericolo di incendio sussiste e quelle ove non sussiste. E', infatti, opinabile asserire che, laddove sussiste una situazione di umidita' o di bagnato, l'incendio non potrebbe mai verificarsi e che, quindi, manca l'elemento del pericolo richiesto dalla norma incriminatrice, in quanto e' scientificamente dimostrato che liquidi infiammabili (nel caso di specie veniva effettuata anche l'attivita' di lavaggio rapido di automezzi pesanti e leggeri con la possibilita' che da essi potessero fuoriuscire carburanti), pur mischiandosi con l'acqua, mantengono la loro capacita' incendiaria. Per tale ragione è responsabile di omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro il gestore dell'autolavaggio.

Corte di Cassazione Sezione 4 Penale, Sentenza del 7 settembre 2011, n. 33294



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. D'ISA Claudio - rel. Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) MA. GI. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 3/2009 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 22/09/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/06/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D'ISA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonio Gialanella, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;

Udito il difensore Avv. Inlanotti Michelangelo, in sostituzione dell'avv. (Ndr: testo originale non comprensibile).

RITENUTO IN FATTO

MA. GI. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 22.09.2010, della Corte d'Appello di Catanzaro che, in riforma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Cosenza il 30.06.2008 in ordine ai reati di cui al 451 c.p..

Si premette che, con riferimento al citato capo E) dell'imputazione, nella parte in cui si contesta all'imputato il reato di cui all'articolo 451 c.p., puniti l'uno a titolo di dolo e l'altro a titolo di colpa. Dunque, si conclude, considerando che l'omessa predisposizione di dispositivi antincendio ha riguardato non l'intero complesso aziendale ma soltanto una zona specifica dello stesso e piu' precisamente il piazzale destinato all'attivita' di autolavaggio e dotato, quindi, di attrezzature quali pompe capaci di sprigionare con potenza abbondanti getti d'acqua e piu' in generale tali da creare una zona completamente umida e bagnata, nel caso contestato non si puo' configurare alcuna rappresentazione di un pericolo determinato, ovvero generico, di incendio.

RITENUTO IN DIRITTO

Il motivo esposto e' infondato sicche' il ricorso va rigettato. Questa Corte ha affermato che, in materia di omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro (articolo 451 c.p.) - mirando la norma a limitare i danni derivanti da incendio, disastro o infortuni sul lavoro nelle ipotesi in cui detti eventi si dovessero verificare - la condotta punibile e' quella soltanto che consiste nella omessa collocazione ovvero nella rimozione, ovvero ancora nella resa inidoneita' allo scopo degli apparecchi e degli altri mezzi predisposti alla estinzione dell'incendio nonche' al salvataggio o al soccorso delle persone. Ne consegue che non si richiede anche che si verifichi in concreto uno degli eventi, i cui ulteriori danni la norma mira ad impedire o, comunque, a limitare (Cass. 6 12 dicembre 1995, Vendrame, CP 1997, 1008).

Orbene, la deduzione di fatto circa la mancata adozione dei presidi antincendio in una zona in cui non sussisterebbe il pericolo di incendio correttamente non e' stata considerata dalla Corte distrettuale, essendo del tutto evidente che, se per l'esercizio di una certa attivita' come quella di cui e' titolare il ricorrente, la legge prescrive l'adozione, per la pericolosita' in se' dell'attivita' esercitata, di determinate misure antinfortunistiche in tutti i luoghi dell'azienda ed in ogni parte di essa ove viene svolta l'attivita', non puo' essere rimessa alla discrezionale volonta' del gestore individuare le zone ove il pericolo di incendio sussiste e quelle ove non sussiste. E', infatti, opinabile asserire che, laddove sussiste una situazione di umidita' o di bagnato, l'incendio non potrebbe mai verificarsi e che, quindi, manca l'elemento del pericolo richiesto dalla norma incriminatrice, in quanto e' scientificamente dimostrato che liquidi infiammabili (nel caso di specie veniva effettuata anche l'attivita' di lavaggio rapido di automezzi pesanti e leggeri con la possibilita' che da essi potessero fuoriuscire carburanti), pur mischiandosi con l'acqua, mantengono la loro capacita' incendiaria. La scelta eventuale di non ritenere sussistente il pericolo di incendio in un determinato luogo dell'azienda ove viene svolta un'attivita' che richiede l'adozione delle misure antincendio, puo' essere rimessa solo all'organo tecnico deputato al controllo ed al rilascio delle relative autorizzazioni, ma non certo, alla parte interessata.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

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