Il caposquadra è responsabile della morte del lavoratore che per pulire una grata si appoggia su una lamina sottile e precipita: il caposquadra è responsabile

La funzione di garanzia del preposto non può significare che il medesimo debba essere costantemente presente. Non è questione di,presenza continua, ma di corretto esercizio delle tipiche funzioni del preposto che, in quanto delegato alla diretta sorveglianza dei lavoratori a lui affidati, è certamente tenuto, indipendentemente dalla presenza almomento del fatto, a una attenta e assidua vigilanza e specialmente a dare istruzioni anche per lavori che possono ritenersi di semplice esecuzione, tanto più quando, si sia trattato di un lavoro che egli stesso aveva ordinato e di lavoratore che vi era stato addetto per la prima volta.

Corte di Cassazione, Sezione 4 penale, Sentenza 1 febbraio 2012, n. 4412



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - rel. Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SI. AN. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 10460/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del 04/01/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/12/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Cons. Dott. Pietro Gaeta che ha concluso per la inammissibilita' del ricorso;

Udito il difensore Avv. Aj. Cr. in sostituzione dell'Avv. La. come da nomina, che chiede l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La corte di appello di Roma ha confermato la condanna a due mesi di reclusione nei confronti di Si. An. per il reato di cui all'articolo 590 c.p., commesso in danno del dipendente De. Ci. Pa. . Ha invece dichiarato non doversi procedere in ordine alla contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera e), in quanto estinta per intervenuta prescrizione. Si e' trattato di un infortunio sul lavoro avvenuto in (OMESSO), allorche' il De. Ci. , dipendente della ditta Pa. S.p.A. di (OMESSO) che aveva in appalto la pulizia dello stabilimento Fiat di (OMESSO), era intento ad effettuare la pulizia di una grata; De. Ci. era stato incaricato dal Si. An. , caposquadra del gruppo di operai a cui apparteneva anche De. Ci. , di effettuare il lavoro di pulizia di una grata; si dovevano eliminare cicche di sigarette, rifiuti e quant'altro si era accumulato al di sotto di una griglia metallica posta sul marciapiede, quasi a livello del piano stradale, sotto della quale erano alloggiati i motori dell'impianto di condizionamento dello stabilimento; sotto la griglia era stata collocata una lamiera per raccogliere appunto i rifiuti che filtravano dalla grata ed evitarne la caduta piu' in basso, sui motori di condizionamento, il che avrebbe reso piu' difficoltosa la pulizia. Il De. Ci. , per svolgere meglio il lavoro, appoggiava il piede sulla lamiera, che era di spessore molto sottile e non sosteneva il peso del suo corpo, e cosi' precipitava rovinosamente all'interno della buca da un'altezza di circa 3 mt..

2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. Con un primo motivo deduce mancanza di motivazione e difetto di logicita' in ordine all'acritica adesione che i giudici di merito hanno riservato alle dichiarazioni della persona offesa, secondo il ricorrente ritenute attendibili senza alcuna valutazione delle testimonianze rese dagli altri testi; in particolare non si sarebbe tenuta tenuto conto delle dichiarazioni rese dai testi Di. Ma. e Ve. , non esaminate nella loro interezza. Il teste Di. Ma. aveva affermato che vi erano stati corsi di formazione e che egli non aveva mai svolto il lavoro di pulizia di cui si tratta, ma che tuttavia sapeva come si doveva fare per averlo sentito spiegare dai caposquadra; il teste Ve. aveva dichiarato che, nella sua qualita' di capo squadra, ogni volta che si doveva fare un lavoro egli dava istruzioni ai lavoratori ed anche per quanto riguarda la pulizia della grata aveva spiegato come si doveva fare; l'ispettore Ge. aveva confermato che le particolari cautele da usare per appoggiarsi su quella lama, abbastanza sottile (di circa 2,3 mm), dovevano essere valutate volta per volta; aveva ritenuto corretto il modo di procedere dell'azienda. Con il secondo motivo di ricorso ci si duole del fatto che la sentenza abbia sbagliato nell'applicare i principi che regolano la materia della sicurezza sul lavoro; non si e' tenuto conto della abnormita' del comportamento dello stesso lavoratore, da apprezzare secondo quanto ritenuto dalla sentenza della quarta sezione della corte di cassazione del 10 novembre 2009, secondo cui l'abnormita' e' configurabile anche riguardo ai comportamenti connessi con lo svolgimento delle mansioni lavorative, allorche' siano consistiti in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore. Nella specie la condotta del lavoratore era stata del tutto abnorme ed imprevedibile. La corte ha poi sbagliato l'applicazione della legge penale in materia di sicurezza sul lavoro in relazione ai limiti del dovere di sorveglianza del preposto che, per pacifica giurisprudenza di questa corte, non e' tenuto a una costante presenza sul luogo di lavoro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non merita accoglimento.

Con riferimento al primo motivo di ricorso, rileva il Collegio che la motivazione della sentenza impugnata ha preso in specifici considerazione le dichiarazioni dei testi Di. Ma. e Ve. riportandole nella stessa sentenza qui impugnata; le loro dichiarazioni non sono stato affatto, come sostiene il ricorrente, travisate. Di. Ma. ha riferito, e di cio' ha dato atto la corte d'appello, che egli aveva partecipato a corsi di formazione, che era prassi vigente nella Pa. di affiancare operai giovani a quelli piu' esperti, ma ha precisato di non essere stato puntualmente ed appositamente informato su come doveva essere svolto il lavoro che il giorno dell'incidente stava svolgendo De. Ci. , avendolo solo appreso per sentito dire. Si e' trattato soltanto di informazioni apprese per sentito dire che non possono certamente, come invece vorrebbe il ricorrente, far venire meno il dovere di dare precise istruzioni al lavoratore che si incarica di svolgere un lavoro e controllare che egli lo svolga senza mettere in pericolo la propria e l'altrui incolumita', che e' il tipico contenuto dell'attivita' del preposto. Il Ve. ha dichiarato che i corsi di formazione erano stati fatti ma non sullo specifico profilo in considerazione ed in particolare ha dichiarato che per quanto riguardava la pulizia delle griglie dopo l'installazione delle lamiere, era stato loro detto soltanto di stare attenti, "stare a occhio", a non farsi male, confermando dunque che nessuna specifica istruzione era stata data. E che vi fosse necessita' di specifiche istruzioni, apatie allorche' il lavoro - come nella specie - veniva eseguito per la prima volta, era evidente specie dopo l'installazione della grata, atteso che non essendo la stessa in grado di reggere il peso di una persona bisognava che di cio' i lavoratori fossero debitamente informati e che si precisassero le modalita' dell'azione di pulizia.

Per quanto riguarda il secondo motivo, e' pacifico che solo il comportamento abnorme del lavoratore puo' interrompere il nesso di causalita', e nella specie correttamente si e' escluso che il Si. abbia posto in essere un comportamento abnorme, atteso che il Si. ha semplicemente posto il piede sulla grata nel tentativo di svolgere l'opera di pulizia che gli era stata ordinata e che nessuno gli aveva spiegato come dovesse essere effettuata. Neppure giova al ricorrente invocare una supposta inesigibilita' dell'obbligo di formazione e sorveglianza, sotto il profilo che la funzione di garanzia del preposto non puo' significare che il medesimo debba essere costantemente presente. Nella specie infatti non e' questione di,presenza continua, ma di corretto esercizio delle tipiche funzioni del preposto che, in quanto delegato alla diretta sorveglianza dei lavoratori a lui affidati, e' certamente tenuto, indipendentemente dalla presenza al momento del fatto, ad una attenta ed assidua vigilanza e specialmente a dare istruzioni anche per lavori che possono ritenersi di semplice esecuzione, tanto piu' quando, come nel presente caso, si sia trattato di un lavoro che egli stesso aveva ordinato e di lavoratore che vi era stato addetto per la prima volta.

3. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

- Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
 

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