In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la nozione attuale di causa violenta comprende qualsiasi fattore presente nell'ambiente di lavoro che provochi un infortunio sul lavoro o una malattia professionale

Con riferimento all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la nozione attuale di causa violenta comprende qualsiasi fattore presente nell'ambiente di lavoro, in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell'ambiente esterno, il quale, agendo in maniera concentrata o lenta, provochi (nel primo caso) un infortunio sul lavoro o (nel secondo) una malattia professionale. La prova del relativo nesso causale deve avere un grado di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'eziopatogenesi professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un elevato grado di probabilità, per accertare il quale il giudice deve valutare le conclusioni probabilistiche del consulente, desunte anche da dati epidemiologici.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 30 agosto 2010, n. 18852



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente

Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere

Dott. DI CERBO Vincenzo - Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - rel. Consigliere

Dott. CURZIO Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 34320/2006 proposto da:

GO. AR. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato ASSENNATO Giuseppe Sante, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA Luigi e FAVATA EMILIA, giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma dell'11/01/07, rep. 72594;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3625/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 25/08/2006 r.g.n. 4616/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/06/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l'Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE DANTE; udito l'Avvocato EMILIA FAVATA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 14-3-2002, il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da Go.Ar. nei confronti dell'INAIL, diretta ad ottenere la rendita per infortunio sul lavoro subito il (OMESSO).

Il Go. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l'accoglimento della domanda, lamentando che la pronuncia di primo grado erroneamente aveva escluso il nesso causale del danno oculare con l'infortunio dedotto in causa.

La Corte d'Appello di Roma, disposta nuova CTU medico legale, con sentenza depositata il 25-8-2006, rigettava l'appello e dichiarava irripetibili le spese di causa, ponendo a carico dell'INAIL, quelle di CTU.

In sintesi la Corte territoriale, alla luce delle risultanze della CTU, espletata con l'ausilio di uno specialista oculista, affermava che nella fattispecie non era stata raggiunta la prova del nesso di causalita' tra affezione ed infortunio sul lavoro.

Per la cassazione di tale sentenza il Go. ha proposto ricorso con un unico complesso motivo.

L'INAIL, ha resistito con controricorso.

Il Go. ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico complesso motivo il ricorrente, denunciando violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 2, articoli 2727 e 2729 c.c., articolo 112 c.p.c. e articolo 41 c.p., e vizio di motivazione, in sostanza deduce che "nel ricorso di appello si era ricordato che il tipo di lavorazione espletata dal giovane periziando espone al verificarsi di tali disgraziate evenienze, risultando statisticamente significativi i danni oculari da schegge metalliche e/o di marmo negli operai marmisti addetti alla lavorazione della pietra con mazza e scalpello" e lamenta che erroneamente la Corte d'Appello "e' pervenuta all'esito di rigetto della domanda per mancanza di prova del nesso di causalita' tra affezione ed infortunio sul lavoro", essendo nella fattispecie ravvisabile la causa violenta "con qualsiasi contatto degli occhi con schegge di marmo colpito con lo scalpello" e ben potendo il nesso di causalita' provarsi anche a mezzo di presunzioni semplici.

Il ricorrente lamenta inoltre che la motivazione della sentenza impugnata e' insufficiente, "perche' era necessario accertare, se per il tipo di lavoro e di mansioni di operaio marmista e in relazione alle mansioni svolte in concreto, secondo l'id quod plerumque accidit, cioe' in base a cio' che avviene normalmente e non eccezionalmente, il Go. avesse contratto l'affezione all'occhio nello svolgimento" della sua attivita' lavorativa, e, quindi, se "l'attivita' di operaio marmista con utilizzo continuo dello scalpello svolta dal ricorrente integrava gli elementi della causa violenta, in presenza dell'accertato danno oculare".

In particolare secondo il ricorrente la Corte d'Appello "non si e' posta affatto il problema epidemiologico limitandosi ad escludere il nesso sulla base del criterio cronologico senza avvedersi o approfondire con riguardo alla sussistenza del rischio professionale specifico e senza considerare che lo specifico evento denunciato dell'1 settembre" poteva essere stato "momento rilevatore di un presumibile evento infortunistico lavorativo occorso in precedenza".

Il motivo e' fondato nei limiti di seguito precisati.

In base al principio affermato da questa Corte e che va qui nuovamente enunciato, "con riferimento all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la nozione attuale di causa violenta comprende qualsiasi fattore presente nell'ambiente di lavoro, in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell'ambiente esterno, il quale, agendo in maniera concentrata o lenta, provochi (nel primo caso) un infortunio sul lavoro o (nel secondo) una malattia professionale. La prova del relativo nesso causale deve avere un grado di ragionevole certezza, nel senso che. esclusa la rilevanza della mera possibilita' dell'eziopatogenesi professionale, questa puo' essere ravvisata in presenza di un elevato grado di probabilita', per accertare il quale il giudice deve valutare le conclusioni probabilistiche del consulente, desunte anche da dati epidcmiologici" (v. Cass. 26-5-2006 n. 12559).

Nella fattispecie la Corte d'Appello ha escluso che l'evento conclusivo (perdita del bulbo oculare) potesse ricollegarsi ad un evento traumatico del (OMESSO), in quanto sulla scorta delle conclusioni del CTU, "il trauma avrebbe dovuto comportare una aggressivita' dell'evento settico di maggiore entita', con una sintomatologia soggettiva piu' drammatica, che sarebbe stata diagnosticata nel referto", laddove "la infezione riscontrata il (OMESSO) e' invece evoluta progressivamente e lentamente ed e' compatibile con una lesione avvenuta molti giorni prima (almeno 20 e quindi databile intorno alla meta' di agosto)".

La Corte di merito ha quindi affermato che, "l'istruttoria orale di primo grado colloca temporalmente l'infortunio come descritto in ricorso nel mese di settembre", per cui "ci si trova di fronte ad una incompatibilita' medico-scientifica (dal punto di vista cronologico) tra affezione - siccome riscontrata per la prima volta il (OMESSO) - e l'azione traumatica come dedotta in causa". Nel contempo, pero', la Corte territoriale ha rilevato che "e' possibile che i testimoni e lo stesso ricorrente abbiano confuso le date dell'infortunio; ma pure non e' da escludere che l'evento traumatico che ha dato origine al leucoma si sia veriticato al di fuori del contesto lavorativo".

Tale motivazione risulta insufficiente, in quanto la Corte di merito incentra la sua valutazione sul solo dato cronologico evolutivo, omettendo qualsiasi valutazione sotto il profilo epidemiologico, in relazione alla specifica attivita' lavorativa svolta dal Go. e ai relativi rischi specifici, ed esaminando il caso semplicemente in termini di possibilita'- nell'uno o nell'altro senso, anziche' in termini di rilevante probabilita'.

Tanto basta per accogliere il ricorso, cassandosi la impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, la quale si atterra' al principio ed alle indicazioni di cui sopra, e statuira' anche sulle spese di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
 

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