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In tema di infortuni sul lavoro vi è una responsabilità solidale da parte di tutti coloro che causano il danno
Pubblicata il 19/10/2017
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 3 agosto 2017, n. 19435
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni - Presidente
Dott. CURCIO Laura - Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere
Dott. DE GREGORIO Federico - rel. Consigliere
Dott. GARRI Fabrizio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3997-2012 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) S.P.A. c.f. (OMISSIS), (OMISSIS) S.A.S., (OMISSIS), (OMISSIS);
- intimati -
avverso la sentenza n. 778/2011 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/06/2011 R.G.N. 483/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l'inammissibilita', in subordine rigetto;
udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega verbale (OMISSIS).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giudice del lavoro di Pistoia con sentenza in data 8 ottobre - 14 dicembre 2009 accolse la domanda di risarcimento danni avanzata dagli stretti congiunti di (OMISSIS) in relazione al decesso di costui per infortunio sul lavoro avvenuto il (OMISSIS), mentre come apprendista alle dipendenze della subappaltatrice (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) stava eseguendo un allacciamento di impianto telefonico con l'operaio (OMISSIS).
La domanda, dichiarata improponibile nei confronti della S.p.a. (OMISSIS), veniva rigettata nei riguardi di (OMISSIS) S.p.a., mentre veniva accolta nei confronti di (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS), di quest'ultima in proprio, di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS) S.p.a., condannati quindi tra loro in solido al pagamento della somma di Euro 325.000,00 ciascuno a favore di (OMISSIS) e di (OMISSIS), nonche' della somma di 200.000,00 ciascuna a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre accessori, nonche' al pagamento delle spese di lite.
La sentenza veniva separatamente impugnata da (OMISSIS), nonche' dai familiari del deceduto e da (OMISSIS). Gli appellati (OMISSIS) s.a.s., (OMISSIS) e (OMISSIS) restavano contumaci, mentre (OMISSIS) S.p.a. si costituiva in giudizio per resistere agli interposti gravami.
La Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia n. 361/2009, con sentenza n. 778 in data 9-22 giugno 2011, riuniti i distinti procedimenti, rideterminava gli importi liquidati a titolo di risarcimento danni in ragione delle somme all'uopo precisate per ciascun attore (in valuta da ottobre 2009: Euro 279.000,00 ciascuno a (OMISSIS) e (OMISSIS), Euro 129.000,00 ciascuno a (OMISSIS) e (OMISSIS)), oltre interessi legali dal 17-12-2002 al sei agosto 2010, da calcolarsi sul capitale devalutato al 17-12-2002 e quindi annualmente rivalutato. Estendeva, inoltre, la condanna solidale emessa in primo grado nei confronti di (OMISSIS) S.p.a. e visto l'articolo 2055 c.c. determinava le singole colpe nelle seguenti misure: 30% a carico di (OMISSIS), 30% a carico di (OMISSIS), 15% a carico di ITES s.a.s. e di (OMISSIS) in proprio (alla quale peraltro per il fatto reato in questione era stata applicata pena detentiva ex articolo 444 c.p.p. con sentenza del Tribunale di Pistoia in data tre novembre 2005); 15% a carico di (OMISSIS) e 10% a carico di (OMISSIS), rigettando nel resto le impugnazioni.
Condannava, poi, (OMISSIS) S.p.a. a rimborsare a (OMISSIS) la meta' delle spese per il doppio grado del giudizio, dichiarando compensata la residua quota, liquidando l'intero in 10.000,00 Euro, oltre accessori. Dichiara, infine, compensate (per intero) le spese di secondo grado tra le altre parti.
Per quanto interessa ancora in questa sede, la Corte fiorentina riteneva di non poter escludere il concorso di colpa, pur residuale, a carico di (OMISSIS), il quale di fatto nell'occasione fungeva da caposquadra, in quanto all'epoca egli era operaio qualificato con esperienza maturata fin dal 1970 nel settore della installazione e manutenzione di linee telefoniche anche in grandi imprese.
Non c'era dubbio che al (OMISSIS) fosse affidata la guida, la sorveglianza e la formazione di (OMISSIS), il quale era stato assunto come apprendista ed era ancora minorenne nel dicembre dell'anno 2002. Ne' il (OMISSIS) poteva sottrarsi alla sua responsabilita' facendo valere il fatto di essere stato assunto con un contratto a termine da poche settimane, trattandosi di aspetto giuridico irrilevante nella serie causale in esame. Nondimeno, il collegio teneva conto delle verosimili allegazioni di (OMISSIS), circa il fatto che essendo stato da poco assunto nessuno gli aveva fornito adeguate informazioni (aspetto implicitamente condiviso anche dalla sentenza penale nei confronti di (OMISSIS), sia pure nelle forme dell'articolo 444 c.p.p.). In definitiva, il collegio non poteva negare che nella situazione data la lunga esperienza e la prudenza del (OMISSIS) restavano l'ultimo possibile importante baluardo a tutela della vita di (OMISSIS) quando si misero all'opera la mattina del (OMISSIS). La percentuale di colpa a carico del predetto veniva fissata in ragione del 10% residuo, considerato che la posizione del caposquadra (OMISSIS) si inseriva in una paradigmatica tragica sequenza di altrui e prevalenti negligenze e precarieta', nella quale facevano spicco l'appalto, il fallimento dell'appaltatrice, il subappalto ed il contratto a termine e l'apprendista adibito infine al compito piu' rischioso.
D'altro canto, la Corte distrettuale rigettava l'appello dei familiari superstiti nella parte in cui lamentavano che il Tribunale non aveva posto a carico del (OMISSIS) uno specifico obbligo risarcitorio per essersi allontanato dal luogo dell'incidente. Infatti, le prove acquisite dimostravano che il (OMISSIS) chiamo' i soccorsi e che soltanto dopo che erano presenti altre persone sul posto e dopo che era stato allertato il 118 egli si allontano' sconvolto per avvertire i responsabili della (OMISSIS), ma per poi presentarsi spontaneamente ai Carabinieri intorno alle 13. Di conseguenza, nessun rimprovero poteva essergli mosso ai fini risarcitori prospettati dagli appellanti.
Avverso l'anzidetta pronuncia di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) con atto di cui e' stata chiesta la notifica fin dal 13 gennaio 2012, con un unico motivo variamente articolato (violazione e falsa applicazione degli articoli 2087 e 2055 del codice civile, nonche' dei principi e delle norme che attengono alla sicurezza dei lavoratori e tutelano le condizioni di lavoro, specificamente del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articoli 3, 4, 5, 6, 18, 19, 21, 22 e 23, nonche' del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, articoli 4, 8 e 10, ed ancora del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articoli 16 e 18; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia - articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), cui ha resistito (OMISSIS) S.p.A. mediante controricorso, del quale e' stata chiesta la notifica il 15 marzo 2012.
Le altre parti sono rimaste intimate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con riferimento al complesso motivo di ricorso, il (OMISSIS) ha evidenziato che, trattandosi di una societa' di persone, non sarebbe applicabile la delega di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, laddove poi dagli atti era documentato che (OMISSIS) risultava come responsabile dei servizi di prevenzione e protezione con l'indicazione delle caratteristiche significative per la sicurezza, costituiti da rischio elettrico, rischio rumore, rischio caduta dall'alto e rischio movimentazione manuale dei carichi. Di conseguenza, esso (OMISSIS) non era ricompreso tra i soggetti preposti alla sicurezza, ne' risultava essere stata conferita una formale delega al riguardo e neanche di essere stato addestrato per assumere la responsabilita'.
Quindi, la sentenza impugnata aveva erroneamente riconosciuto la responsabilita' del ricorrente sul presupposto di una sua qualifica come caposquadra di fatto, in contrasto con le disposizioni di legge in tema di sicurezza del lavoro, che escludono l'assunzione di responsabilita' per un soggetto privo di una espressa e formale delega in merito e di uno specifico addestramento per assolvere compiti della sicurezza sul lavoro. Egli non solo era privo dell'addestramento richiesto per assolvere al compito della sicurezza dei dipendenti, ma non era stato nemmeno informato sui rischi relativi al lavoro da eseguire il (OMISSIS), tant'e' che nel buono di lavoro consegnato dalla (OMISSIS) le sole istruzioni fornite dal responsabile della sicurezza consistevano nella indicazione dei numeri corrispondenti alle colonne dei fili da installare per attivare la linea, in base alle indicazioni fornite dalla (OMISSIS), dichiarando che si trattava di un intervento semplice.
Le anzidette considerazioni vedevano cosi' estraneo alla fattispecie anche il dato normativo di cui all'articolo 2055 c.c., applicato dall'impugnata sentenza per graduare la responsabilita' del (OMISSIS).
Inoltre, vi era un evidente vizio di motivazione, laddove si faceva riferimento alla esperienza maturata nel settore dell'installazione e manutenzione di via telefoniche ed il fatto di aver notato la presenza di fili elettrici. Infatti, secondo il ricorrente, l'incidente che aveva causato il decesso era dipeso dall'impiego, da parte del (OMISSIS), di una scala di alluminio allungabile, estendendola per tutta la sua lunghezza di metri lineari 6,50 nonostante che il lavoro da eseguire sul palo (OMISSIS) si trovasse ad un'altezza di 5,47 mt., cosi' urtando il cavo elettrico, posto ad un'altezza di metri 7,10 dalla base del palo, rimanendo il ragazzo cosi' folgorato (giusta il rapporto dei Carabinieri in data 21 dicembre 2002). Tale dinamica del sinistro non aveva percio' alcun collegamento logico con il fatto che il (OMISSIS) avesse maturato una lunga esperienza lavorativa nel settore dell'installazione e della manutenzione delle linee telefoniche, dalle quali non passava sicuramente elettricita'. Inoltre, la presenza di cavi elettrici al di sopra di quelli telefonici, notata dal (OMISSIS), non poteva percio' non essere anche notata dal (OMISSIS). In sostanza, l'esperienza maturata nei precedenti lavori svolti nel settore della telefonia e la circostanza di aver notato la presenza di cavi elettrici in prossimita' della linea telefonica non costituivano fatti che potessero essere legati da alcun rapporto causale con l'evento, che aveva causato la morte dell'apprendista. Del resto, come stabilito dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 5, anche ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e ove tale cura non sia stata approntata non puo' certo addossarsi la relativa responsabilita' ad altri lavoratori, come una sorta di responsabilita' oggettiva, peraltro estranea all'ordinamento. In sostanza, i lavoratori comandati a svolgere la propria attivita' insieme ad un apprendista, anch'esso tenuto rispetto del citato articolo 5, non assumono solo per questo la responsabilita' del mancato rispetto da parte di quest'ultimo di quella normale prudenza che ogni persona deve adottare nello svolgimento di qualsiasi attivita' umana.
Le anzidette doglianze appaiono inconferenti ed infondate, di modo che vanno comunque disattese.
Ed invero i fatti di cui e' causa risultano motivatamente accertati dalla Corte di merito (cfr. in particolo pag. tre della sentenza impugnata, segnatamente alla condotta mantenuta dall'operaio (OMISSIS) e dall'apprendista (OMISSIS), il quale appoggio' ad un palo in legno una scala di alluminio allungata fino a metri 6,50, che nello sbattere ripetutamente sul palo gli trasmise una folgorazione mortale, derivata da una linea (OMISSIS) di media tensione a 15.000 volts allocata poco al di sopra dei cavi telefonici per cui stavano operando il (OMISSIS) e il (OMISSIS) in occasione del sinistro verificatosi alle 10.30 circa del (OMISSIS)). Inoltre, i giudici dell'appello ritenevano (cfr. pag. 6 della sentenza n. 778/11) di non poter escludere il concorso di colpa, pur residuale, a carico di (OMISSIS), il quale di fatto fungeva da caposquadra e risultava essere operaio qualificato con esperienza maturata sin dal 1970 nel settore dell'installazione e della manutenzione di linee telefoniche anche in grandi imprese. Infatti, secondo la Corte territoriale, non vi era dubbio che la (OMISSIS) fosse affidata la guida, la sorveglianza e la formazione di (OMISSIS), che era stato assunto come apprendista ed era ancora minorenne nel dicembre 2002. Di conseguenza, a prescindere da specifiche qualifiche o da formali incarichi nell'ambito delle procedure fissate dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, spettava al (OMISSIS) di adottare tempestivamente almeno i minimi accorgimenti suggeriti dalla prudenza e dalla pratica acquisita, tanto piu' che lo stesso (OMISSIS) aveva ammesso di aver notato la vicinanza dei fili elettrici al momento di mettersi al lavoro la mattina del (OMISSIS). In particolare, l'esperienza posseduta e la consapevolezza di dover tutelare un ragazzo non ancora diciottenne dovevano quanto meno renderlo avvertito della situazione di pericolo data dalla pioggia e dall'umidita' nell'avvicinarsi ad una linea elettrica e senza dire dell'utilizzo di una scala metallica.
Orbene, le anzidette argomentazioni risultano logiche e ragionevoli, nonche' del tutto corrette sotto il profilo giuridico.
Invero, le pur altrui accertate responsabilita', peraltro ormai coperte da giudicato per difetto di rituali impugnazioni in proposito da parte degli interessati, non escludono il nesso di causalita' tra l'evento letale verificatosi e la condotta sostanzialmente omissiva, ma pur connotata da colposa imprudenza, osservata dal caposquadra di fatto, cui erano (peraltro giocoforza, non risultando la presenza sul posto, nell'occorso, di altri operatori, all'infuori dell'esperto e qualificato (OMISSIS) e del giovane apprendista) affidate la guida, la sorveglianza e la formazione del minorenne (OMISSIS). Ed a fronte di tali precisi accertamenti e valutazioni dei giudici di merito le doglianze del pur variamente articolato motivo di ricorso non censurano specificamente e con pertinenti argomentazioni in diritto, consentite nell'ambito dei rigorosi limiti fissati dall'articolo 360 c.p.c., gli anzidetti apprezzamenti, limitandosi piuttosto a criticare questi ultimi in punto di fatto (percio' inammissibilmente in questa sede di legittimita') ed a confutarli con giustificazioni di carattere formale, fondate sulla normativa antinfortunistica (legittimamente ed espressamente, pero' superata da altre considerazioni dei giudicanti), non cogliendo quindi la vera essenza della ratio decidendi sottesa all'impugnata pronuncia.
D'altro canto, va ricordato che in tema di infortuni sul lavoro, quando un danno di cui si chiede il risarcimento e' determinato da piu' soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell'evento dannoso, si configura una responsabilita' solidale una responsabilita' solidale ai sensi dell'articolo 1294 c.c. fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ciascuno di essi e' chiamato a rispondere, dal momento che, sia in tema di responsabilita' contrattuale che extracontrattuale, se un unico evento dannoso e' ricollegabile eziologicamente a piu' persone, e' sufficiente, ai fini della responsabilita' solidale, che tutte le singole azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, alla luce dei principi che regolano il nesso di causalita' ed il concorso di piu' cause efficienti nella produzione dei danni, patrimoniali e non, da risarcire (Cass. lav. n. 8372 del 09/04/2014: "...E sempre motivi di chiarezza espositiva consigliano ancora di osservare - avendo rilevanza ai fini decisori - come la giurisprudenza di legittimita' ha statuito che quando un medesimo danno e' provocato da piu' soggetti, per inadempimenti diversi intercorsi rispettivamente fra ciascuno di essi ed il danneggiato, tali soggetti debbano essere considerati corresponsabili in solido non tanto sulla base dell'estensione alla responsabilita' contrattuale della norma dell'articolo 2055 c.c. dettata per la responsabilita' extracontrattuale - come pure e' stato sostenuto in dottrina - ma soprattutto perche' sia in tema di responsabilita' contrattuale che di responsabilita' extracontrattuale, se un evento dannoso e' imputabile a piu' persone - come e' accaduto nel caso di specie - al fine di ritenere la responsabilita' di tutte nell'obbligo risarcitorio, e' sufficiente in base ai principi che regolano il nesso di causalita', soltanto il concorso di piu' cause efficienti nella produzione dell'evento, e cioe' che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in maniera efficiente, alla determinazione dello stesso (vedi in tali sensi Cass. n. 23918 del 9 novembre 2006, Cass. n. 18939 del 10 settembre 2007 cui adde Cass. n. 7618 del 30 marzo 2010 ed in termini sostanzialmente analoghi, piu' di recente, Cass. n. 7404 del giorno 11 maggio 2012)....".
Vero e', poi, che la presunzione di responsabilita' posta dall'articolo 2048 c.c., comma 2, a carico dei precettori e dei maestri trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell'allievo, di modo che essa non e' applicabile in ordine all'azione di risarcimento del danno che l'allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso. Tuttavia, qualora con la sentenza oggetto di ricorso per cassazione il giudice di merito, pur ritenendo erroneamente estensibile la suddetta presunzione di responsabilita' all'azione da ultimo richiamata, abbia comunque accertato, procedendo alla loro descrizione e qualificazione, i fatti comportanti l'affermazione in concreto della responsabilita' di parte ricorrente per difetto di vigilanza sullo svolgimento di un'attivita' pericolosa produttiva del danno subito dal soggetto affidato, la S.C. puo' procedere - ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 2, - alla correzione della motivazione della sentenza medesima, il cui dispositivo risulti conforme al diritto (cfr. in tal sensi Cass. 3 civ. n. 10030 del 17/01 - 29/04/2006: "... Ritiene infatti la Corte che sebbene debba condividersi la censura relativa alla non applicabilita' della presunzione di responsabilita' di cui all'articolo 2048 c.c. (perche' tale presunzione trova applicazione secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite limitatamente ai danni provocati a terzi dal fatto illecito dell'allievo, Cassazione Sezioni Unite civili n. 9346 del 21 giugno 2002), tale censura deve ritenersi non risolutiva in quanto la Corte di appello ha accertato la sussistenza di tutti gli elementi per l'affermazione della responsabilita' dell'amministrazione scolastica senza dover ricorrere a tale presunzione...., la motivazione della decisione impugnata prende in considerazione tutti gli elementi per affermare la responsabilita' dell'amministrazione scolastica a prescindere dall'applicazione della presunzione di cui all'articolo 2048 c.c.. Infatti nella motivazione della sentenza della corte triestina si legge che la pericolosita' dell'oggetto affidato ai bambini per l'uso didattico imponeva una sorveglianza stretta affinche' gli alunni adoperassero in maniera strettamente corretta i punteruoli.... Questa ricostruzione del fatto appare del tutto logica e coerente e di per se' esaustiva e avrebbe dovuto portare ad affermare la responsabilita' dell'amministrazione scolastica (come in effetti e' avvenuto) senza alcun riferimento pero' alla norma di cui all'articolo 2048 c.c.. La responsabilita' dell'amministrazione discende infatti dall'applicazione della norma generale di cui all'articolo 1218 c.c., con riferimento, per quanto riguarda la pericolosita' dell'esercitazione, con riferimento alla norma di cui all'articolo 2050 del codice civile in quanto tale attivita', come la stessa sentenza di appello ha accertato, comportava una situazione di oggettiva pericolosita' in cui la produzione del danno poteva essere evitata solo con un rafforzamento della normale vigilanza cui il personale scolastico e' tenuto nei confronti degli allievi in rapporto inversamente proporzionale alla loro eta'....".
In senso analogo, v. la citata sentenza di Cass. sez. un. civ. n. 9346 in data 8 febbraio / 27 giugno 2002, che in motivazione cosi' inoltre puntualizzava: "Per completezza d'esame (la questione non ha infatti formato oggetto del presente giudizio nelle fasi di merito)..., nel caso di danno arrecato dall'allievo a se stesso, appare piu' corretto ricondurre la responsabilita' dell'istituto scolastico e dell'insegnante non gia' nell'ambito della responsabilita' extracontrattuale, con conseguente onere per il danneggiato di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito di cui all'articolo 2043 c.c., bensi' nell'ambito della responsabilita' contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall'articolo 1218 c.c.. Quanto all'istituto scolastico, l'accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell'allievo determina infatti l'instaurazione di un vincolo negoziale, in virtu' del quale, nell'ambito delle obbligazioni assunte dall'istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l'incolumita' dell'allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso". V. anche Cass. 3 civ. n. 8067 del 31/03/2007: nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, sia che si invochi la presunzione di responsabilita' posta dall'articolo 2048 c.c., comma 2, sia che si configuri la responsabilita' come di natura contrattuale, la ripartizione dell'onere della prova non muta, poiche' il regime probatorio desumibile dall'articolo 1218 cod. civ. impone che, mentre l'attore deve provare che il danno si e' verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso e' stato determinato da causa non imputabile all'obbligato.
Cfr. ancora Cass. 3 civ. n. 10268 del 20/05/2015, secondo cui ai fini dell'applicazione dell'articolo 2050 c.c., la valutazione in concreto se un'attivita', non espressamente qualificata pericolosa da una disposizione di legge, possa essere considerata tale per la sua natura o la spiccata potenzialita' offensiva dei mezzi adoperati, implica un accertamento di fatto secondo il criterio della prognosi postuma, in base alle circostanze esistenti al momento dell'esercizio dell'attivita', rimesso in via esclusiva al giudice di merito, la cui valutazione e' insindacabile in sede di legittimita' ove correttamente e logicamente motivata).
Nella specie, dunque, tenuto conto di quanto complessivamente accertato in punto di fatto dai giudici di merito (affidamento del minorenne apprendista al caposquadra di fatto (OMISSIS), operaio esperto e qualificato in materia di posa in opera di cavi telefonici, con conseguenti obblighi di guida, sorveglianza e formazione, e quindi pure di adottare i minimi accorgimenti i tema di sicurezza, indipendentemente dalle specifiche previsioni dettate in materia dalla normativa antinfortunistica; situazione di indubbio pericolo costituita dal dover operare ad una certa altezza dal suolo ed in prossimita', pure notata dallo stesso caposquadra, di cavi che conducevano energia elettrica di media tensione, e dalla umidita' del punto di lavorazione, dovuta alla pioggia caduta, con impiego altresi' di una scala metallica), non e' possibile escludere il nesso causale tra la condotta ascritta dal ricorrente e l'infortunio occorso all'infradiciottenne, folgorato dalla scarica elettrica.
In tale contesto, dunque, premesso che la Corte di Appello non ha comunque ritenuto (almeno espressamente) la corresponsabilita' del (OMISSIS) in ordine all'accaduto sulla presunzione di cui all'articolo 2048 c.c., d'altro canto in relazione all'anzidetta acclarata motivata dinamica (incensurabile anche ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5), nessuna prova liberatoria ex articolo 1218 c.c. risulta fornita o comunque allegata dal (OMISSIS) riguardo all'anzidetto esercizio di attivita' indubbiamente pericolosa, rilevante percio' anche ai sensi dell'articolo 2050 del medesimo codice (cfr. peraltro anche Cass. 4 sez. pen. n. 8230 del 1/3 - 11/10/1979 sulla possibilita' di ipotizzare il caposquadra di fatto, per cui anche se la legge non prevede la figura del preposto di fatto, cioe' la figura di un operaio che in un gruppo, pure ristretto a due persone, agisca come caposquadra e ne esplichi in concreto le mansioni, ove cio' sul piano pratico avvenga, non e' esclusa la responsabilita' di questo soggetto nel caso in cui, in seguito agli ordini che egli abbia impartito, si verifichi un evento colposo.
Parimenti, secondo Cass. 4 pen. n. 48 del 14/01 - 18/02/1970, la qualifica e le responsabilita' del preposto non competono soltanto ai soggetti forniti di titoli professionali o di formali investiture, ma a chiunque si trovi in una posizione di supremazia sia pure embrionale, tale cioe' da porlo in condizione di dirigere l'attivita' lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini; preposto puo' essere dunque chi, in una formazione per quanto piccola di lavoratori, anche se composta soltanto di due uomini, esplica le mansioni di caposquadra, fuori della immediata direzione di altra persona a lui soprastante. Conforme Cass. 3 pen. n. 2642 del 26/02 - 05/04/1986.
Cass. 6 pen. n. 4481 del 21/01 - 29/03/1977: il caposquadra e' un preposto che e' tenuto a seguire minuto per minuto l'attivita' lavorativa allorche' questa sia pericolosa. In tal caso e' tenuto a controllare l'esecuzione del lavoro compiuto da altri e ad avvertire costoro o terzi dell'insorgenza di un improvviso pericolo.
Cfr. poi Cass. 4 pen. n. 8622 del 04/12/2009 - 03/03/2010, secondo cui in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, il rapporto di causalita' tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo non puo' essere desunto soltanto dall'omessa previsione del rischio nel documento, di cui al Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, articolo 4, comma 2, (documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro), dovendolo tale rapporto essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si e' concretizzato).
Quanto, poi, ai limiti dell'impugnazione consentita dal codice di rito mediante il ricorso per cassazione, deve qui ricordarsi il principio (cfr. tra le altre Cass. lav. n. 6288 del 18/03/2011 e n. 27162 del 23/12/2009), secondo cui il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimita' ex articolo 360 c.p.c., n. 5, (peraltro secondo il testo - nella specie ratione temporis qui applicabile con riferimento alla sentenza de qua, risalente al 9 / 22 giugno 2011- anteriore alla piu' restrittiva formulazione introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134) sussiste soltanto se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non puo' invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perche' la citata norma non conferisce alla Corte di legittimita' il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilita' e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. inoltre Cass. lav. n. 23455 del 05/11/2009: ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, e' censurabile in sede di legittimita' soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale. In senso conforme v. anche Cass. civ. Sez. 6 - L, ordinanza n. 9808 del 4/5/2011, principio affermato ai sensi dell'articolo 360 bis c.p.c.).
Va, inoltre, ricordata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di infortuni sul lavoro e di cd. rischio elettivo, premesso che la "ratio" di ogni normativa antinfortunistica e' quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia degli stessi lavoratori, destinatari della tutela, la responsabilita' esclusiva del lavoratore sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, cosi' da porsi come causa esclusiva dell'evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalita' del lavoro da svolgere. In assenza di tale contegno, l'eventuale coefficiente colposo del lavoratore nel determinare l'evento e' irrilevante sia sotto il profilo causale che sotto quello dell'entita' del risarcimento dovuto (cosi' da ultimo Cass. lav. n. 798 del 13/01/2017). Nel caso di specie qui in esame, pero', non risulta accertato alcun anomalo comportamento del giovane apprendista, tale da poter aver esclusivamente determinato l'infortunio di cui lo stesso rimase vittima.
Pertanto, sotto nessun profilo il motivo di ricorso, ancorche' variante articolato, merita accoglimento.
Ed in particolare, correttamente la corresponsabilita' in esame e' stata ritenuta indipendentemente dalla regolare formale osservanza delle norme dettate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro), operando la stessa in base ad elementari regole di prudenza e di cautela valutate alla luce di tutte le possibili specifiche circostanze del caso specifico, caratterizzato dalla descritta situazione pericolosa e dall'affidamento in concreto del minorenne apprendista alla guida del piu' esperto operaio, la cui condotta per l'effetto non puo' ritenersi immune da scriminanti giuridicamente apprezzabili.
Pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna del ricorrente, rimasto soccombente, al rimborso delle spese relative a questo giudizio, liquidate come da seguente dispositivo in favore della societa' controricorrente (nulla va invece disposto al riguardo per quanto concerne le altre parti, essendo queste rimaste intimate).
P.Q.M.
la Corte RIGETTA il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento che liquida, a favore della sola controricorrente (OMISSIS) misura di Euro tremila/00 per compensi ed in Euro duecento/00 oltre spese generali al 15%, I.v.a. e C.p.a. come per legge.