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In tema di infortunio sul lavoro, grava sul committente l'onere di i adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori
Pubblicata il 15/02/2016
Corte di Cassazione, Sezione L civile, Sentenza 12 gennaio 2016, n. 287
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi - Presidente
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27733-2010 proposto da:
(OMISSIS) S.N.C., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
(OMISSIS) DITTA;
- intimata -
avverso la sentenza n. 22/2010 della CORTE D'APPELLO SEZ. DIST. di BOLZANO, depositata il 24/05/2010 R.G. N. 62/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;
udito l'Avvocato (OMISSIS); udito l'Avv. (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Il (OMISSIS) il tagliaboschi (OMISSIS), dipendente di (OMISSIS) titolare della omonima ditta individuale, subi' un infortunio sul lavoro nel quale perse la vita. Durante le operazioni di taglio di un abete rosso di 32 metri il datore di lavoro aveva mandato il dipendente sulla strada forestale piu' in basso per impedire ad eventuali passanti di entrare nella zona di rischio; una volta reciso il tronco dell'abete esso era precipitato su di un altro albero che, cadendo, aveva colpito al capo lo (OMISSIS).
In relazione a tale infortunio l'INAIL, che aveva erogato le prestazioni previste per legge in favore dei familiari superstiti, esercito' azione di regresso Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, ex articoli 10 e 11 nei confronti del datore di lavoro (OMISSIS) innanzi al giudice del lavoro del Tribunale di Bolzano.
Instaurato il contraddittorio, su richiesta del convenuto venne chiamata in causa la (OMISSIS) S.n.c, societa' che aveva subappaltato alla ditta individuale l'attivita' di taglio degli alberi nel bosco in cui aveva perso i'a vita lo (OMISSIS) e nei confronti della quale l'INAIL estese la domanda.
Il Tribunale di Bolzano respinse il ricorso dell'Istituto.
In seguito ad impugnazione della parte soccombente, la Corte d'Appello di Trento - sezione distaccata di Bolzano, con sentenza del 24 maggio 2010, riformando integralmente la decisione di prime cure, ha dichiarato la concorrente responsabilita' di (OMISSIS) e della (OMISSIS) S.n.c. per l'infortunio sul lavoro oggetto di causa, con concorso di colpa dell'infortunato in ragione di un terzo, ed ha condannato le suddette parti in solido al pagamento in favore dell'Inail dell'importo di euro 142.705,98, oltre interessi e spese liquidate; ha altresi' condannato la societa' a rifondere a (OMISSIS) "quanto lo stesso dovesse pagare all'INAIL oltre la meta' degli importi, per capitale, interesse, spese" in ragione della sentenza.
La Corte territoriale - per quanto qui interessa - ha ritenuto la concorrente responsabilita' della societa' appaltante richiamando il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, allora vigente che faceva obbligo ad appaltante ed appaltatore di "cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa oggetto dell'appalto" e "coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi ... informandosi reciprocamente"; ha argomentato che la " (OMISSIS) sarebbe stata tenuta, una volta affidato alla ditta (OMISSIS) il compito di tagliare alberi immediatamente sopra la trafficata strada forestale, a mettere a disposizione un proprio dipendente, perche' la strada medesima potesse essere opportunamente sorvegliata, durante le operazioni di taglio, da due persone contemporaneamente, il che ad entrambi avrebbe permesso di posizionarsi al di fuori della c.d. zona vietata".
2.- Ricorre per cassazione avverso tale sentenza la (OMISSIS) S.n.c. affidandosi ad un articolato mezzo di impugnazione illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso l'Inail. L' (OMISSIS) e' rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3.- La societa' lamenta, con una prima intestazione della rubrica del motivo, "errata individuazione dei soggetti responsabili per la sicurezza: effetti giuridici della nomina del subappaltatore - funzioni di delega - requisiti soggettivi" e, con una seconda, "violazione delDecreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
Per il primo aspetto il ricorso contesta che la sentenza impugnata abbia riconosciuto la concorrente responsabilita' della societa' nella causazione dell'evento dannoso; sostiene che, essendo la ditta individuale (OMISSIS) il solo datore di lavoro dello (OMISSIS), esclusivamente ad essa ditta poteva riferirsi l'adempimento dell'obbligazione di sicurezza; argomenta inoltre che, avendo la societa' provveduto "a nominare un soggetto (per l'appunto il subappaltatore) dotato di poteri consentanei all'autonoma organizzazione del lavoro nel cantiere" nonche' "delle capacita' tecnico-organizzative per espletare l'attivita' di taglia boschi", andava riconosciuta "la responsabilita' esclusiva della ditta (OMISSIS) nella causazione dell'evento lesivo".
Sotto altro profilo ci si duole che i giudici di appello abbiano motivato il loro pronunciamento basandolo su accertamenti di fatto del giudizio penale a carico dell' (OMISSIS), nonostante la (OMISSIS) fosse rimasta completamente estranea ad esso. Invocando l'articolo 651 c.p.p.secondo cui il giudicato penale di condanna vincola, oltre all'imputato, anche il responsabile civile "che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale", si assume che "la possibilita' di invocare in sede civile il giudicato penale di condanna non solo nei confronti dell'imputato (OMISSIS), ma anche nei confronti della soc. (OMISSIS), sarebbe stat(a) legittim(a) solo se quest'ultim(a) avesse partecipato o fosse stat(a) post(a) in condizione di partecipare al processo penale, con conseguente piena salvezza del suo diritto di difesa".
Il ricorso non puo' trovare accoglimento.
3.1.- Il mezzo di gravame, per come e' formulato il primo profilo di censura, presenta pregiudiziali connotati di inammissibilita' perche' privo di sufficienti caratteri di specificita' e completezza nonche' di concreta riferibilita' alla decisione impugnata, in quanto, a causa della vaghezza dell'argomentare frutto dell'assemblaggio di proposizioni assolutamente generiche, non si e' in grado di comprendere ne' di cosa esattamente il ricorrente si dolga, ne' quali disposizioni di legge si assumano violate, ne' sulla base di quale errata interpretazione sia censurata la decisione.
E' invero del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione debbono essere, oltre che specifici e completi, strettamente riferibili alla decisione impugnata, cio' che comporta l'esatta individuazione del capo di pronunzia che si intende censurare e l'esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione (Cass. n. 20652 del 2009; Cass. n. 15952 del 2007; Cass. n. 13259 del 2007; Cass. n. 5637 del 2006; Cass. n. 2312 del 2003).
In particolare si e' precisato che il vizio di violazione e falsa applicazione di legge di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilita' giusta la disposizione dell'articolo 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a dimostrare motivatamente in qua modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita', diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (in termini, da ultimo, Cass. n. 16760 del 2015; conformi: Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 1063 del 2005; Cass. n. 8106 del 2006).
Nella specie, al cospetto dell'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la societa' committente ha violato l'allora vigente Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, nella parte in cui obbliga appaltante ed appaltatore a "cooperare(re) all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa oggetto dell'appalto" ed a "coordina(re) gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi ... informandosi reciprocamente", parte ricorrente in alcun modo censura specificamente l'applicabilita' di detta disposizione alla fattispecie concreta, limitandosi ad invocare un esonero di responsabilita' per il solo fatto di non essere il datore di lavoro del dipendente deceduto e di avere affidato i lavori ad impresa idonea.
Con cio' mostrando di non cogliere l'effettiva ratio decidendi che si fonda sugli obblighi del committente stabiliti dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, nella cui disponibilita' e controllo permane l'ambiente di lavoro (da intendersi secondo un criterio non meramente topografico: Cass. n. 11362 del 2009), di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrita' fisica e la salute dei prestatori di lavoro, ancorche' dipendenti dall'impresa appaltatrice, non limitandosi ad informarla adeguatamente, ma informando altresi' i singoli lavoratori, predisponendo i mezzi idonei al raggiungimento dello scopo per tutti e per ciascuno di essi, e cooperando con l'appaltatrice per l'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro, sia all'attivita' appaltata (Cass. n. 21694 del 2011), risultando del tutto irrilevante il dato soggettivo dei rapporti giuridici tra i vari datori di lavoro (Cass. n. 45 del 2009).
3.2.- Nella seconda parte in cui la doglianza e' percepibile come specifica il motivo si palesa poi infondato, in quanto la Corte territoriale non ha affatto considerato la responsabilita' concorrente della societa' appaltante sulla base di una sentenza penale passata in cosa giudicata all'esito di un giudizio al quale la societa' non aveva partecipato, ma ha piu' semplicemente utilizzato le risultanze di quel processo per fondare il suo convincimento.
Cio' ben poteva fare sulla scorta di una consolidata giurisprudenza di legittimita' che, in applicazione del principio della pressoche' completa autonomia e separazione tra giudizio penale e giudizio civile, quale principio generale del nuovo c.p.p., ha gia' statuito non solo che il giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilita' (civile) con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale (Cass. n. 1095 del 2007), ma soprattutto che il giudice civile puo' legittimamente utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale e fondare la decisione su elementi e circostanze gia' acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, procedendo a tal fine al diretto esame del contenuto del materiale probatorio ovvero ricavandoli dalla sentenza, o se necessario, dagli atti del relativo processo in modo da accertare esattamente i fatti materiali sottoponendoli al proprio vaglio critico (tra le piu' recenti v. Cass. n. 11512 del 2013).
4.- Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza liquidate in favore del solo Inail come da dispositivo, non avendo invece svolto attivita' difensiva l' (OMISSIS).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese sostenute dall'INAIL liquidate in euro 7.100,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.