Nelle A.S.L. in assenza di delega spetta al direttore generale l’obbligo di osservanza delle norme di prevenzione e sicurezza

Per "datore di lavoro" negli enti pubblici deve intendersi chi in concreto abbia il potere gestionale sui luoghi di lavoro; nel caso di un'Azienda sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale questo potere gestionale, in mancanza di alcuna delega, spetta al direttore generale (sull'accentramento di tutti i poteri di gestione, nonche' della rappresentanza, al direttore generale, v. Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articolo 3, come modificato dal Decreto Legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, articolo 4, lettera d)).
Il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 2 infatti prevede espressamente che nelle pubbliche amministrazioni di cui al Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 1, comma 2, per "datore di lavoro" si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione. Solo nel caso in cui un funzionario non avente qualifica dirigenziale sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa, sullo stesso ricadono gli obblighi di prevenzione.(Corte di Cassazione Sezione 3 Penale, Sentenza del 17 luglio 2009, n. 29543)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente

Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere

Dott. MARMO Margherita - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CO. Al. , n. a (OMESSO) e da MI. Do. , n. (OMESSO);

avverso la sentenza del 20 febbraio 2008 del tribunale di Palmi;

Udita la relazione fatta in Pubblica udienza dal Consigliere Dott. Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. GERACI Vincenzo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio;

Udito l'avv. Loris Nisi per l'imputato Mi. che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

la Corte osserva:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Co. Al. , nato a (OMESSO); RA. Gi. , nato a (OMESSO); MI. Do. nato a (OMESSO); GA. Do. , nato a (OMESSO), erano imputati del reato p. e p. dall'articolo 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 7, comma 1, lettera c), articolo 58, lettera a) perche' in concorso tra loro, nelle rispettive qualita' di datori di lavoro, il Co. quale Commissario Straordinario dell'A.S.L. n. (OMESSO) di Palmi nei periodi 01.09.2003/02.12.2003 e 11.12.2003/16.03.2004, il Ra. quale direttore generale ASL di Palmi dal 20.11.1999 al 07.09.2000, il Mi. quale direttore generale ASL successivamente al 09.04.2004, il Ga. quale responsabile della sicurezza successivamente al 13.04.2000, omettevano di mantenere i locali dell'ufficio Protocollo dell'ASL (OMESSO) di Palmi ben asciutti e difesi dall'umidita' (accertato in (OMESSO)).

A seguito di decreto di citazione a giudizio emesso dal Pm gli imputati venivano citati a giudizio dinanzi al tribunale di Palmi.

Nel corso del dibattimento, a seguito della richiesta di prove articolata dalle parti, si procedeva all'istruzione della causa mediante l'esame testimoniale del teste M. , l'esame dell'imputato Ga. e l'esame del teste della difesa So. ; venivano inoltre acquisiti con il consenso delle parti gli atti indicati a verbale.

Esaurita l'istruttoria dibattimentale, all'esito della discussione orale, il tribunale, in composizione monocratica, pronunciava la sentenza 20 febbraio - 4 aprile 2008 e dichiarava Co. Al. e Mi. Do. colpevoli del reato a loro ascritto e, concesse le circostanze attenuanti generiche, condannava ciascuno alla pena di euro 1.200,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali: pena sospesa. Invece assolveva Ra. Gi. e Ga. Do. dal reato loro ascritto per non aver commesso il fatto.

3. Avverso questa pronuncia con distinti atti propongono ricorso per cassazione il Mi. ed il Co. .

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso del Co. , articolato in due motivi, denuncia la ritenuta (e non rilevata), abolitio criminis per effetto della nuova disciplina della materia ad opera del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 e deduce che egli aveva cessato dall'incarico di commissario straordinario qualche giorno dopo l'invito alla regolarizzazione.

Il ricorso del Mi. , articolato in tre motivi, denuncia l'omessa notifica del decreto di citazione a giudizio e la mancata reiterazione dell'invito alla regolarizzazione. Deduce poi che non poteva egli essere considerato "datore di lavoro": Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 2, comma 1, lettera b).

2. Il ricorso del Co. e' tardivo e quindi inammissibile.

Infatti il ricorso e' stato depositato in data 17 novembre 2008; mentre l'impugnata sentenza e' stata notificata in data 6 agosto 2008, come riferisce lo stesso ricorrente. Il termine di 45 giorni ex articolo 585 c.p.p. veniva a scadere il 30 ottobre 2008 sicche' il ricorso risulta ampiamente tardivo.

Va quindi dichiarata l'inammissibilita' del ricorso (ne' trova applicazione l'articolo 129 c.p.p. non sussistendo la dedotta abolitio criminis: v. infra).

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00

3. Il ricorso del Mi. - che e' invece tempestivo essendo stato depositato il 3 novembre 2008 e decorrendo il termine (di 45 giorni) per impugnare dalla notifica dell'estratto contumaciale avvenuta in data 19 settembre 2008 - e' nel merito infondato.

4. Va premesso che non c'e' abolitio criminis, ma continuita' normativa.

Il Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, articolo 7, recante norme generali per l'igiene del lavoro, vietava che fossero adibiti a lavori continuativi i locali chiusi i quali non rispondessero a determinate condizioni tra cui quella di essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidita'; condotta questa punita dal successivo articolo 58 con l'ammenda da lire 200.000 a lire 300.000.

Il successivo Decreto Legislativo n. 81 del 2008 prescrive all'articolo 63, quanto ai requisiti di salute e di sicurezza dei luoghi di lavoro, che questi devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV; prescrizione poi sanzionata dal successivo articolo 68.

A sua volta l'allegato 4 cit., che regolamenta i requisiti dei luoghi di lavoro, prevede al punto 1.3.1. che, a meno che non sia richiesto diversamente dalle necessita' della lavorazione, e' vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non rispondono a determinate condizioni, tra cui quella (punto 1.3.1.3.) di essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidita'.

Quindi c'e' piena continuita' normativa tra le due prescrizioni suddette: quella del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, articolo 7, e quella del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 63.

5. Cio' premesso, e' infondato il primo motivo di ricorso.

Il verbale dell'udienza 7 dicembre 2006 (contenente il rinvio all'udienza del 22 marzo 2007) e l'originario decreto di citazione a giudizio risultano notificati a mani proprie dell'imputato il 18 dicembre 2006 (v. relata dell'ufficiale giudiziario in atti). All'udienza del 22 marzo 2007 il Mi. e' stato ritualmente dichiarato contumace e nulla ha obiettato la difesa dello stesso neppure nel prosieguo del giudizio di primo grado e nelle conclusioni all'esito della discussione finale.

6. Infondato e' anche il secondo motivo.

Non occorreva la reiterazione dell'invito alla regolarizzazione, previsto dal Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, articolo 20, che e' rivolto al datore di lavoro che abbia violato le prescrizioni di prevenzione sicche' non rileva che durante il decorso del termine per la regolarizzazione, determinato ai sensi del cit. articolo 20 dall'organo di vigilanza tenendo conto del tempo tecnicamente necessario per eliminare la irregolarita' registrata, sia mutato il rappresentante del datore di lavoro. Chi subentra come datore di lavoro (in caso di cessione d'azienda) o come responsabile per la sicurezza e' tenuto a verificare al momento di assunzione dell'incarico lo statu quo e quindi anche eventuali prescrizioni gia' impartite dall'organo di vigilanza ai sensi del cit. articolo 20.

7. Altresi' infondato e' il terzo motivo atteso che il direttore generale della AUSL, essendo collocato al vertice amministrativo e gestionale dell'ente pubblico, e' tenuto all'osservanza delle norme di prevenzione e di sicurezza che rientrano nella piu' ampia nozione di gestione dell'ente.

E' vero che il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 64 prevede che il "datore di lavoro" provvede affinche' i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3 (tra cui c'e' il requisito della salubrita' in questione).

Ma a tal fine per "datore di lavoro" negli enti pubblici deve intendersi chi in concreto abbia il potere gestionale sui luoghi di lavoro; nel caso di un'Azienda sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale questo potere gestionale, in mancanza di alcuna delega, spetta al direttore generale (sull'accentramento di tutti i poteri di gestione, nonche' della rappresentanza, al direttore generale, v. Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articolo 3, come modificato dal Decreto Legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, articolo 4, lettera d)).

Il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 2 infatti prevede espressamente che nelle pubbliche amministrazioni di cui al Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 1, comma 2, per "datore di lavoro" si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione. Solo nel caso in cui un funzionario non avente qualifica dirigenziale sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa, sullo stesso ricadono gli obblighi di prevenzione.

3. Pertanto il ricorso del Mi. va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso di Co. Al. ;

rigetta il ricorso di Mi. Do. ;

condanna entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonche' il Co. al versamento di euro mille alla cassa delle ammende.

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