In tema di imposte sui redditi d'impresa, - ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 123, sia
nel testo originario che in quello modificato dalla L. n. 67 del 1988, art. 7, comma 6, che non ha modificato sostanzialmente la disciplina di cui al D.P.R. n. 598 del 1973, art. 16, - il disavanzo di fusione realizzato per incorporazione da parte di una società che già possedeva l'intero capitale
sociale dell'incorporata e che procede alla fusione senza aumentare il proprio capitale sociale e annullando tutte le quote rappresentative dell'intero capitale sociale dell'incorporata, può, nel regime previgente al 1 gennaio 1995 (data di entrata in vigore della L. n. 724 del 1994, il cui
art. 27, ha introdotto il principio di neutralità fiscale delle fusioni), essere iscritta in bilancio alla voce avviamento. Ne consegue, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, comma 3, la legittimità della deduzione fiscale della quota di ammortamento.
Sent. n. 20630 del 25 settembre 2009 (ud. del 23 aprile 2009)
della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Prestipino, Rel. Polichetti
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Sent. n. 20630 del 25 settembre 2009 (ud. del 23 aprile 2009)
della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Prestipino, Rel. Polichetti
Imposte dirette – Società - Disavanzo di fusione - Avviamento – Legittimità
– Deduzione fiscale - D.P.R. n. 917 del 1986, art. 123
Fatto e Diritto - In data 28.02.90 la società F.E. Spa ha stipulato atto
di fusione per incorporazione della società "N.F." (la denominazione sociale
è stata successivamente variata nella attuale F.E.S.); a seguito della
suddetta operazione di fusione per incorporazione è emerso un disavanzo di
fusione che la incorporante ha iscritto nelle proprie attività per L.
2.000.000 quale avviamento. Nei bilanci relativi agli esercizi chiusi il
31.12.91 e il 21.12.92, la società ha iscritto una quota di ammortamento di
detta posta di avviamento, di L. 150.000.000 per entrambi i relativi periodi
d’imposta. In data 3.11.97 l’Ufficio Distrettuale II DD di Parma ha
notificato gli avvisi di accertamento 64/A e 65/A contestando
l’indeducibilità dell’importo di L. 15.000.000 quale quota di ammortamento
dell’avviamento e quindi rettificando per pari importo gli imponibili
dichiarati per le imposte IRPEG e ILOR ed irrogando le relative sanzioni.
Avverso questi due avvisi di accertamento la F.E. Spa ha presentato ricorso
avanti la C.T.P. di Parma.
In data 29.08.90 la società I. Spa ha stipulato l’atto di fusione per
incorporazione della I. Spa nella F.A. Spa (la denominazione sociale è stata
successivamente variata nell’attuale I. Spa). A seguito della suddetta
operazione di fusione per incorporazione è emerso un disavanzo di fusione
che la incorporante ha iscritto nelle proprie attività per L. 4.882.771.000
quale avviamento, iscrivendo poi tra i componenti negativi di reddito le
relative quote di ammortamento nei bilanci relativi agli esercizi chiusi il
31.08.90 (quota di L. 455.181.000), il 31.12.90 (quota di L. 227.50.000) e
il 31.12.91 (quota di L. 350.000.000). In data 11.11.97 l’Ufficio
Distrettuale delle II DD di Parma ha notificato all’I. Spa gli avvisi di
accertamento n. 67/A, 68/A, e 69/A contestando l’indeducibilità degli
importi dedotti quali quote di ammortamento di dette poste di avviamento,
rettificando per pari importo gli immobili dichiarati per le imposte IRPEG e
ILOR ed irrogando le relative sanzioni. La Società I. avverso tali avvisi di
accertamento ha proposto tre ricorsi avanti la C.T.P. di Parma.
In data 18.05.98, i ricorsi anzidetti, riuniti per connessione a quelli
proposti dalla FBR-ELBO Spa, vennero tutti ritenuti infondati e respinti,
con compensazione delle spese, dalla C.T.P. di Parma che con sentenza n.
154/04/98 accoglieva le argomentazioni dell’Ufficio.
In particolare il Giudice di l grado ha ritenuto che le operazioni di
fusione per incorporazione possano prestarsi a casi di elusione, perchè il
valore di una partecipazione azionaria, non sottoposto alla stima del
mercato ma solo a quella del detentore, è vago e opinabile, e ciò ha portato
l’Amministrazione Finanziaria a disconoscere a fini fiscali tali operazioni
di rivalutazione. La C.T.P. di Parma ha affermato che il legislatore con
l’introduzione del TUIR ha inteso, nel caso di fusione per incorporazione e
totale annullamento della partecipazione azionaria dell’incorporante (o
meglio dell’incorporata), a differenza del passato, riconoscere la
possibilità di annoverare fra le plusvalenze anche le rimanenze ed il valore
di avviamento, così implicitamente ammettendo la liceità di considerare ai
fini fiscali il disavanzo di fusione; questa possibilità è stata però
abrogata con effetti retroattivi dalla L. n. 67 del 1988, art. 7, comma 6,
il quale ha sostituito l’ultima parte del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 123,
comma 2, (T.U.I.R.), il quale stabiliva che "nella determinazione del
reddito della società derivante da fusione o incorporazione non si tiene
conto dell’avanzo o del disavanzo iscritto in bilancio per effetto del
rapporto di cambio delle azioni o quote o dell’annullamento della azioni o
quote di alcune della società fusa possedute da altre nè delle plusvalenze
dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle
rimanenze ed il valore di avviamento, iscritte in bilancio e fino alla
concorrenza del disavanzo", (a partire dall’inciso "né delle plusvalenze")
con il nuovo testo: " e delle plusvalenze iscritte a bilancio non si tiene
conto fino a concorrenza delle differenze tra il costo delle azioni o quote
delle società incorporate annullate per effetto della fusione ed il valore
del patrimonio netto risultante dalle scritture contabili". Questo nuovo
testo, così si legge nella sentenza di 1^ grado, esclude inequivocabilmente
dal novero delle plusvalenze a fini fiscali quella relativa alle rimanenze e
all’autostimato valore di avviamento, e la soppressione di tale inciso,
chiaramente a fini antielusivi, ha un significato tale da escludere,
contrariamente alla difesa delle ricorrenti, che ciò sia dovuto a svista o
incuria.
Avverso detta sentenza n. 154 le Società I. Spa e F.E., hanno entrambe
proposto appello avanti alla C.T.R. per l’Emilia - Romagna chiedendo la
riforma della sentenza impugnata e l’annullamento degli avvisi di
accertamento impugnati, con vittoria di spese. L’Ufficio si è costituito,
ritenendo legittimo il convincimento del primo Giudice di merito, ha chiesto
il rigetto degli appelli. I suddetti ricorsi sono stati riuniti per
connessione.
Le società appellanti, censurando con ricorsi sostanzialmente simili la
sentenza di primo grado, osservano che le operazioni di fusione sono state
eseguite prima delle successive leggi (la prima è la L. n. 408 del 1990) che
hanno esplicitamente cercato di evitare l’uso dell’istituto giuridico in
questione a fini elusivi. Pertanto al di là della verifica delle reali
intenzioni del legislatore circa la soppressione dell’inciso relativo
all’avviamento, alle appellanti pare che il tentativo di interpretare una
legge in modo antielusivo per un periodo d’imposta anteriore alle prime
leggi c.d. "antielusive" non sia consentito al Giudice. Esaminate poi le
norme civili sulla legittimità dell’iscrizione dell’avviamento e l’eventuale
interferenza dell’art. 123 cit. T.U.I.R. sulla normativa civilistica, le
appellanti si soffermano sulla detraibilità fiscale dell’ammortamento
dell’avviamento derivante da fusione per incorporazione e quindi senza
concambio.
La Commissione Tributaria Regionale di Bologna ritenne fondati e
meritevoli di accoglimento i ricorsi evidenziando quanto segue.
Il disavanzo di fusione, inteso come maggior costo della partecipazione
rispetto alla corrispondente frazione di patrimonio netto della società
incorporata, deve trovare allocazione nell’attivo del bilancio della società
incorporante, risultando altrimenti quest’ultimo contabilmente zoppo (Cass.
n. 4382/86).
Fino all’emanazione del TUIR, giurisprudenza e dottrina ritenevano che
se la società incorporante, allo scopo di assorbire la differenza di
fusione, procede alla rivalutazione effettiva e diretta di un o più cespiti
autonomamente individuati o alla rivalutazione indiretta dell’azienda
acquistata mediante l’iscrizione di una posta a titolo di avviamento,
siffatta rivalutazione, in ogni caso, non era assoggettabile all’imposta
(Cass. n. 4382/86 cit.). Infatti la presenza di un avviamento
dell’incorporata, alla base del divario tra le partecipazioni annullate ed
il valore dell’incorporata, giustificava l’assorbimento del disavanzo,
mediante iscrizione non assoggettabile ad imposta dei beni dell’incorporata
perché il nuovo valore iscritto rappresentava il costo effettivamente
sostenuto dalla società incorporante. Successivamente anche il T.U.I.R. del
1986 nella originaria formulazione dell’art. 123, comma 2, menzionò la
facoltà di iscrivere l’avviamento in franchigia fiscale, così come aveva già
stabilito il D.P.R. n. 598 del 1973, art. 16, comma 2. A parere della
Commissione la lettera e la ratio del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 123, in
vigore dal 2.03.89, non precludono l’iscrizione dell’avviamento e il
combinato disposto dell’art. 68, comma 3, del citato T.U.I.R.,
ammette la detraibilità del relativo ammortamento. Il più volte richiamato
art. 123, comma 2, nel testo modificato dalla L. n. 67 del 1988, art. 7,
comma 6, limita, infatti, la detassazione delle c.d. plusvalenze da
concambio ma non limita certamente l’iscrizione dell’avviamento. Infine si
sottolinea, ad abundantiam, che il legislatore, con la L. n. 724 del 1994,
art. 27, ha escluso, a far tempo dal 24 febbraio 1995, la possibilità di
utilizzo del disavanzo di fusione, confermando così implicitamente tale
utilizzo per il passato.
Le Amministrazioni in epigrafe indicate hanno proposto ricorso innanzi a
questa Corte le Amministrazioni in epigrafe indicate, per il tramite
dell’Avvocatura Generale dello Stato deducendo la violazione e falsa
applicazione degli 68, comma 3, e art.
123, commi 1 e 2, del T.U.I.R. del 22.12.1986 (nei testi vigenti per il
1990), nonché omesso esame di punto decisivo in relazione all’art. 360
c.p.c., nn. 3 e 5. Nonché nei confronti della s.p.a. I. la violazione e
falsa applicazione dell’art. 123 del sopra
citato T.U.I.R. (nei testi vigenti per il 1990) nonché omesso esame di un
punto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Le società in epigrafe indicate presentavano un articolato controricorso
chiedendo il rigetto del ricorso proposto dall’Amministrazione delle Finanze
contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Bologna, con
condanna alle spese, competenze ed onorari dei ricorrenti.
Il ricorso è infondato.
Come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte: "In tema di imposte
sui redditi d’impresa, - ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 123, sia
nel testo originario che in quello modificato dalla L. n. 67 del 1988, art.
7, comma 6, che non ha modificato sostanzialmente la disciplina di cui al
D.P.R. n. 598 del 1973, art. 16, - il disavanzo di fusione realizzato per
incorporazione da parte di una società che già possedeva l’intero capitale
sociale dell’incorporata e che procede alla fusione senza aumentare il
proprio capitale sociale e annullando tutte le quote rappresentative
dell’intero capitale sociale dell’incorporata, può, nel regime previgente al
1 gennaio 1995 (data di entrata in vigore della L. n. 724 del 1994, il cui
art. 27, ha introdotto il principio di neutralità fiscale delle fusioni),
essere iscritta in bilancio alla voce avviamento. Ne consegue, ai sensi del
D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, comma 3, la legittimità della deduzione
fiscale della quota di ammortamento". (Cass. 28/09/2007 n. 20243 Rv. 600603;
conformi n. 3413 del 2002 Rv. 553401 e n. 81104 del 2003 Rv. 563445).
Pertanto il ricorso deve essere rigettato con condanna alle spese dei
ricorrenti.
P.Q.M. - La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.500,00, di cui
100,00 per spese.