In mancanza di un'espressa revoca, da parte della società da fusione, del mandato conferito a suo tempo dalla società fusa, il procuratore costituito in primo grado continua a rappresentare nel processo la società da fusione, anche se la controparte notifica a lui un atto d'impugnazione intimato alla società fusa, in forza di quella peculiare forma di continuità identitaria tra società partecipanti alla fusione, che, pur nelle loro variegate modificazioni soggettive, è propria dell'istituto
della fusione societaria. In sostanza, se la società da fusione succede nei cosiddetti stati di scienza (cfr. Corte di cassazione 11 aprile 2003, n. 5716)
Sent. n. 21161 del 6 agosto 2008 (ud. del 30 aprile 2008) della Corte Cass., Sez. tributaria
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Sent. n. 21161 del 6 agosto 2008 (ud. del 30 aprile 2008)
della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Saccucci, Rel. Meloncelli
Società - Fusione per incorporazione - Società costituitasi in primo grado a
mezzo di procuratore - Mancata notifica alla controparte dell'avvenuta
fusione - Conseguenze - Illegittimità dell'appello - Non sussiste
Svolgimento del processo - 1.1. Il 1° agosto 2003 è notificato alla
Società un ricorso del Ministero dell'economia e delle finanze e
dell'Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza indicata in
epigrafe, che ha dichiarato inammissibile l'appello dell'Amministrazione
delle finanze contro la sentenza del Tribunale di Bologna 20 ottobre 1998,
n. 568/99, depositata il 23 marzo 1999, che aveva accolto la domanda della
Società di rimborso delle somme pagate a titolo di imposta addizionale sui
consumi di energia elettrica.
1.2. Il 14 ottobre 2003 è notificato alle ricorrenti amministrazioni
finanziarie il controricorso della Società. 2.1 fatti di causa sono i
seguenti:
a) il 13 giugno 1994 la B. spa cita in giudizio l'Amministrazione delle
finanze dello Stato, chiedendo che essa sia condannata a restituirle L.
14.090.100, versate come imposta addizionale sui consumi di energia
elettrica;
b) dinanzi al Tribunale di Bologna, nell'udienza del 9 ottobre 1996, le
parti precisano le loro conclusioni;
c) con atto notarile del 6 maggio 1997, iscritto nel registro delle
imprese presso la Camera di commercio di Parma il 10 giugno 1997 e
pubblicato per estratto nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana
del 30 settembre 1997; la B. spa è incorporata dalla B.R. e figlio sp;
d) all'udienza collegiale dei Tribunale di Bologna del 20 ottobre 1998
la causa è posta in decisione;
e) il 23 marzo 1999 la sentenza di primo grado è pubblicata mediante
deposito in cancelleria;
f) il 4 gennaio 2000 la società incorporante notifica
all'amministrazione finanziaria, unitamente alla sentenza di primo grado.,
il relativo atto di precetto per il pagamento della somma contestata,
portando così a conoscenza dell'amministrazione finanziaria l'avvenuta
fusione societaria;
g) il 26 gennaio 2000 l'amministrazione finanziaria propone appello,
notificandolo all'incorporata Bormiolo Rocco Casa spa;
h) il 18 ottobre 2000 si costituisce in giudizio l'incorporante B.R. e
figlio spa, eccependo la nullità dell'appello;
i) l'appello dell'amministrazione finanziaria è dichiarato inammissibile
dalla Corte d'appello di Bologna con la sentenza ora impugnata per
cassazione.
3. La sentenza della Corte d'appello, oggetto del ricorso per
cassazione, è così motivata:
a) "nell'ipotesi in cui, dopo la chiusura dell'udienza di discussione (o
dell'udienza di precisazione delle conclusioni, ex art. 300 c.p.c., comma 5)
ma prima della notificazione della sentenza, si verifica la morte o la
perdita della capacità della parte costituita a, mezzo di procuratore (o
l'estinzione della società che ha formato oggetto di fusione o di
incorporazione), il giudizio di impugnazione dev'essere instaurato nei
confronti dei soggetti che siano parti sostanziali attualmente interessate
alla controversia";
b) "l'impugnazione proposta nei confronti della parte estinta è nulla
per un vizio attinente alla vocatio in ius, la cui sanatoria è disciplinata
dall'art. 164 nella vecchia formulazione, trattandosi di controversia
iniziata prima del 30.4.1995. Avendo la sanatoria per costituzione in
giudizio del successore a titolo universale efficacia ex tunc, si può
parlare di sanatoria solo se essa avvenga quando ancora non sia maturato il
termine di cui agli art. 325 e 327: nel caso in esame, non risultando la
sentenza notificata, si applica il termine di un anno e quarantasei giorni";
c) "orbene, la sentenza è stata pubblicata il 23.3.1999 mediante
deposito in cancelleria; l'atto di appello è stato notificato
dall'amministrazione finanziaria il 26.1.2000; il successore a titolo
universale Bormioli Rocco e figlio s.p.a. si è costituito in giudizio il
18.10.2000, vale a dire dopo il decorso del termine per l'impugnazione";
d) "nè l'appellante può invocare a propria discolpa quell'orientamento
secondo cui la nuova situazione dev'essere conosciuta dall'impugnante: se
egli ha senza sua colpa ignorato l'evento, opererebbe la disciplina
dell'art. 291.
La questione è stata superata da Cass. n. 11394 del 1996 nel senso sopra
delineato";
e) "l'appello è pertanto inammissibile".
4. Il ricorso per cassazione delle amministrazioni finanziarie è
sostenuto con un solo motivo d'impugnazione e si conclude con la richiesta
che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione,
anche in ordine alle spese processuali.
5. La Società resiste con controricorso e conclude per
l'inammissibilità, l'improponibilità e l'infondatezza del ricorso e per
l'adozione di ogni conseguente provvedimento, con vittoria di spese.
Motivi della decisione - 6.1. Con l'unico motivo d'impugnazione si
denunciano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 300 e 330
c.p.c., oltre all'insufficienza e alla contraddittorietà della motivazione
della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia.
6.2. Le ricorrenti amministrazioni finanziarie sostengono, al riguardo,
che il giudice d'appello, da un lato, avrebbe preso atto che la successione
della società incorporante alla società incorporata si è verificata prima
della conclusione del giudizio di primo grado e, in particolare, prima della
pubblicazione della relativa sentenza, ma, dall'altro lato, avrebbe
applicato principi regolanti la diversa ipotesi in cui l'evento modificativo
della soggettività si realizzi dopo la chiusura del giudizio, cioè dopo il
deposito della sentenza. Infatti, solo quando l'evento estintivo si
verifichi dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e prima della
sua notificazione il giudizio d'impugnazione dovrebbe essere instaurato nei
confronti, non della parte estinta, ma dei soggetti che siano parti
sostanziali attualmente interessate alla controversia.
Nel caso di specie, invece, in cui l'estinzione per incorporazione della
società attrice si è verificata nel corso del giudizio di primo grado, si
sarebbe dovuto applicare l'art. 300 c.p.c., in virtù del quale gli eventi
estintivi della parte costituita a mezzo di procuratore sarebbero
processualmente rilevanti solo ove siano oggetto di trasmissione di
conoscenza nel processo e in virtù del quale gli eventi realizzatisi dopo la
chiusura della discussione sarebbero privi di effetti processuali (art. 300
c.p.c., comma 4).
6.3. Nel suo controricorso la Società resistente, oltre ad eccepire
l'inesistenza e, comunque, la nullità dell'appello per il vizio di vocatio
in ius, in quanto rivolto alla società fusa e, quindi, non più esistente, e
per il vizio di notificazione, in quanto anch'essa indirizzata ad un
soggetto ormai inesistente, al quale sarebbe inapplicabile l'art. 145
c.p.c., perchè ne sarebbero venuti meno sia la sede sia il suo organo
rappresentativo, ritiene che sulla sentenza di primo grado si sia formato il
giudicato. Essa segnala, poi, che il 4 gennaio 2001 ha notificato
all'amministrazione finanziaria, insieme alla sentenza n. 568/99 del
Tribunale di Bologna, il relativo atto di precetto, portando così a
conoscenza dell'amministrazione finanziaria l'intervenuta fusione
societaria.
6.4.1. La controversia è caratterizzata in fatto dalla seguente serie di
accadimenti, desunta sia dalla sentenza impugnata (pag. 5) sia dalla
descrizione sommaria dei fatti di causa operata dalle parti:
a) la controversia è iniziata il 13 giugno 1994;
b) la fusione è intervenuta (1 giugno 1997) nel corso del giudizio di
primo grado tra l'udienza di precisazione delle conclusioni (9 ottobre 1996)
e l'udienza collegiale nella quale la causa è stata posta in decisione (20
ottobre 1998);
c) il procuratore della società di fusione, costituito in primo grado,
non ha fatto alcuna dichiarazione in udienza nè ha notificato alla
controparte l'avvenuta fusione;
d) in pendenza del termine per l'impugnazione della sentenza di primo
grado, corrente tra il 4 gennaio 2000 (data della notificazione della
sentenza a cura della Società all'amministrazione finanziaria) e il 4 marzo
2000, la società da fusione ha reso conoscibile all'amministrazione
finanziaria, attraverso la notificazione di un atto di precetto,
l'intervenuta fusione;
e) l'appello delle amministrazioni finanziarie è stato intimato alla
società di fusione e ad essa notificato il 20 e il 26 gennaio 2000 presso i
suoi procuratori costituiti in primo grado;
f) la società da fusione si è costituita in giudizio il 18 ottobre 2000.
6.4.2. Dei fatti di causa così succedutisi la Corte d'appello ha operato
la categorizzazione che risulta dalle seguenti considerazioni.
Il giudice di secondo grado ha dichiarato l'appello inammissibile in
base alla motivazione che s'è testualmente riprodotta nel 3 e che merita di
essere ripercorsa. Al fine d'individuare la categorizzazione dei fatti di
causa operata dal giudice di secondo grado, si deve mettere in rilievo che
la sentenza impugnata, dopo aver riferito che "Nel giudizio di primo grado
le parti precisavano le rispettive conclusioni all'ud. 9.10.1996; all'ud.
collegiale del 20.10.1998 la causa veniva posta in decisione; in data
23.3.1999 la sentenza era pubblicata mediante deposito in cancelleria",
avvia la sua motivazione affermando che "Nell'ipotesi in cui, dopo la
chiusura dell'udienza di discussione (o dell'udienza di precisazione delle
conclusioni, ex art. 300 c.p.c., comma 5) ma prima della notificazione della
sentenza, si verifica ... l'estinzione della società che ha formato oggetto
di fusione ... il giudizio d'impugnazione dev'essere instaurato nei
confronti dei soggetti che siano parti sostanziali attualmente interessate
alla controversia".
Se ne deduce che la categorizzazione del fatto oggetto della
controversia è stata effettuata la Corte d'appello in parte erroneamente e
in parte equivocamente:
a) l'erroneità della categorizzazione consiste nella riconduzione della
specie ultima della fusione per incorporazione della B. spa nella Bormioli
Rocco e figlio spa al genere della fusione posteriore all'udienza di
discussione, mentre la fusione controversa è intervenuta nel 1997 tra
l'udienza di precisazione delle conclusioni (1996) e l'udienza di
discussione (1998);
b) l'equivocità della categorizzazione, poi, deriva dal fatto che la
riconduzione della specie ultima al genere della fusione posteriore
all'udienza di discussione è equiparata alla riconduzione al genere della
fusione posteriore all'udienza di precisazione delle conclusioni; e
l'equivocità consiste nel fatto che, mentre sarebbe stato esatto considerare
la fusione delle società Bormiolo come una specie del genere della fusione
posteriore all'udienza di precisazione delle conclusioni, è erroneo, per le
ragioni che s'illustreranno tra breve, il suo inserimento nel genere della
fusione posteriore ali 'udienza di discussione.
Inoltre, si ritiene che sia erronea, nella motivazione della sentenza,
anche l'assunzione della notificazione della sentenza come il termine finale
del periodo in cui assume rilevanza l'adozione della fusione, perchè tale
rilevanza è riservata, invece, alla pubblicazione della sentenza.
Tutto ciò precisato in ordine alla categorizzazione della specie ultima
controversa operata dalla Corte d'appello, si ritiene che sia errata la
norma giuridica ad essa applicata, secondo la quale l'appello dev'essere
intimato alla società incorporante quando la fusione sia intervenuta tra
l'udienza di precisazione delle conclusioni e prima della notificazione -
recte pubblicazione - della sentenza di primo grado, senza che il
procuratore della società fusa abbia dato notizia della fusione alla
controparte. Le ragioni dell'errore di diritto contenuto nella sentenza
impugnata risultano dalle considerazioni che seguono.
6.4.3. Si ricorda, anzitutto, che, in vigenza del regime della fusione
societaria all'epoca dei fatti rilevanti per la controversia in esame,
derivante dagli artt. 2501 ss. c.c., nel testo introdotto dal D.Lgs. 16
gennaio 1991, n. 22, s'era consolidato l'orientamento giurisprudenziale di
questa Corte, confortato dalla stragrande maggioranza della più attenta
dottrina commercialistica, secondo il quale la fusione di società è un atto
inter vivos che, al fine di unificare le imprese di più società, produce
contestualmente, ma in ordine logico successivo, l'assunzione dei diritti e
degli obblighi delle società fuse da parte della società risultante dalla
fusione, la compenetrazione dei loro patrimoni giuridici e dei loro gruppi
sociali, e la prosecuzione dei rapporti giuridici delle società fuse da
parte della società da fusione e, quindi, l'estinzione delle società fuse,
come conseguenza del loro svuotamento og-gettivo (affidamento del patrimonio
alla compenetrazione) e soggettivo (mutamento del rapporto sociale e
cessazione degli organi societari) e della loro ineluttabile connessa
inutilità.
Inoltre, la giurisprudenza s'era consolidata anche nel ritenere che, se
l'estinzione per fusione della società si verifica nel corso di un processo
di cui la società fusa è parte, si applica per analogia la disciplina
dettata dall'art. 300 c.p.c. e che il regime sostanziale della circolazione
della conoscenza sulle vicende societarie non si applica al processo civile,
nel quale la circolazione della conoscenza tra le parti è regolata dalle
norme processuali. In particolare, per quel che riguarda l'estinzione del
soggetto che è parte costituita nel giudizio, essa non produce effetto nel
processo se non sia dichiarata dal procuratore in udienza o se non sia
notificata alle altre parti ai sensi dell'art. 300 c.p.c., senza che possa
invocarsi il regime della circolazione della conoscenza garantito dal
registro delle imprese. A ciò si deve aggiungere che la prescrizione
legislativa dell'art. 300 c.p.c., non può avere equipollenti
extraprocessuali o aventi sede in processi diversi, come quello invocato
dalla Società resistente nel caso di specie, costituito dalla notificazione
dell'avvenuta fusione in occasione della notificazione di un atto di
precetto.
Questo rigore comportamentale delle parti del processo corrisponde non
solo all'esigenza di tutelare l'interesse del soggetto che si è confrontato
con la società nel giudizio precedente e che deve notificare l'atto
d'impugnazione (Corte di cassazione 7 settembre 2007, n. 18861), ma anche
alla peculiarità del regime della fusione societaria, per la quale la legge
prevede l'assunzione, da parte della società risultante dalla fusione, di
tutte le situazioni giuridiche soggettive di cui era titolare la società
fusa, anche di quelle connesse a stati di fatto (in questo senso, Corte di
cassazione 11 aprile 2003, n. 5716), prefigurando così un bilanciamento
d'interessi tra le parti che merita di essere confermato.
Pertanto, per l'ipotesi in cui la fusione divenga efficace prima dello
svolgimento dell'udienza collegiale e la società fusa venga, perciò, meno
per una causa - l'estinzione per fusione - che, ai sensi dell'art. 110
c.p.c., rientra tra le cause diverse dalla morte fisica per cui un soggetto
può venir meno, senza che il suo procuratore dichiari in udienza o notifichi
alle altre parti il fatto estintivo ex art. 300 c.p.c., comma 1, vige, a
maggior ragione, il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa
Corte in relazione all'ipotesi della fusione successiva al deposito della
sentenza impugnata, secondo il quale "l'impugnazione è validamente
notificata al procuratore costituito di una società estintasi per fusione
secondo il quale dopo il deposito della sentenza impugnata, se (come nella
specie) l'istante non abbia avuto notizia dell'evento modificatore della
capacità della persona giuridica mediante notifica o dichiarazione del
procuratore all'udienza. Nè può essere invocata in contrario la presunzione
di conoscenza da parte dei terzi dei fatti di cui la legge prescrive
l'iscrizione nel registro delle imprese, a norma dell'art. 2193 cod. civ.,
perchè tale principio non opera in campo processuale" (Corte di cassazione 5
luglio 2007, n. 15234, che richiama numerose sentenze precedenti).
6.4.4. Non può essere seguita, perciò, la tesi abbracciata dalla
sentenza di questa Corte 12 dicembre 2007, n. 26010, secondo la quale "La
questione del coordinamento della regola dettata dall'art. 300 c.p.c. (per
il quale l'estinzione del soggetto che è parte costituita nel giudizio non
produce effetto nel processo, se non è dichiarata dal procuratore in udienza
o notificata alle altre parti), e la disciplina dettata dall'art. 328
c.p.c., in tema di prosecuzione dell'impugnazione contro i successori a
titolo universale della parte deceduta (ispirata al principio che
l'impugnazione deve essere proposta in contraddittorio con i successori) è
stata chiarita dalla pronuncia di questa corte, a sezioni unite (Sez. un. 28
luglio 2005, n. 15783), per la quale, qualora uno degli eventi idonei a
determinare l'interruzione del processo si verifichi nel corso del giudizio
di primo grado, prima della chiusura della discussione, e tale evento non
venga dichiarato nè notificato dal procuratore della parte cui esso si
riferisce a norma dell'art. 300 c.p.c., il giudizio d'impugnazione deve
essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati
...". In applicazione di tale principio la notificazione dell'impugnazione
alla società estinta per fusione sarebbe stata nulla, "secondo il quadro
normativo e giurisprudenziale anteriore alla riforma del diritto societario
(D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)".
La tesi appena ricordata non può essere seguita, non solo per le
considerazioni precedentemente esposte riguardanti il rapporto tra norme
sostanziali e norme processuali sulla circolazione della conoscenza delle
vicende societarie, ma anche perchè la citata sentenza di sezione semplice
di questa Corte, peraltro non isolata (vedansi le sentenze 24 marzo 2006, n.
6686, e 27 ottobre 2006, n. 23168), applica alla fusione societaria un
principio che le Sezioni unite hanno elaborato per le vicende che
caratterizzano esclusivamente le persone fisiche, mentre le vicende
modificative che investono le società partecipanti alla fusione sono
sottoposte ad un regime che è così particolare - il regime di fusione, per
l'appunto - da non sopportare applicazioni analogiche antropomorfiche se non
nei limiti della stretta compatibilità con le norme speciali dettate per la
fusione. In particolare, la fusione societaria era caratterizzata, anche
prima della riforma del 2003 (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), dal principio
di continuità dei rapporti giuridici della società di fusione da parte della
società da fusione, al punto da giustificare, come s'è veduto, anche la
successione della seconda negli stati di scienza della prima (Corte di
cassazione 11 aprile 2003, n. 5716), o, per meglio dire, com'è stato
dimostrato dalla dottrina, nelle situazioni giuridiche soggettive connesse
alla conoscibilità o alla conoscenza della società fusa.
La successione da fusione riguarda, in modo particolare, per quel che
interessa questa causa, da un lato, il rapporto giuridico in essa
controverso, con la precedente titolarità della società fusa, e il connesso
rapporto giuridico di mandato al suo procuratore costituito in primo grado
e, dall'altro lato, riguarda anche l'onere della società da fusione di
conoscere il duplice rapporto della società fusa, alla quale si è sostituita
per successione da fusione.
Ne deriva che, in mancanza di un'espressa revoca, da parte della società
da fusione, del mandato conferito a suo tempo dalla società fusa, il
procuratore costituito in primo grado continua a rappresentare nel processo
la società da fusione, anche se la controparte notifica a lui un atto
d'impugnazione intimato alla società fusa, in forza di quella peculiare
forma di continuità identitaria tra società partecipanti alla fusione, che,
pur nelle loro variegate modificazioni soggettive, è propria dell'istituto
della fusione societaria. In sostanza, se la società da fusione succede nei
cosiddetti stati di scienza (Corte di cassazione 11 aprile 2003, n. 5716) -
o, per maggiore precisione, nelle situazioni giuridiche soggettive connesse
alla situazione giuridica oggettiva di conoscibilità o alla conoscenza
effettiva - della società fusa, la società che risulta dalla fusione non può
sostenere di essere estranea al rapporto giuridico processuale pendente
intestato alla società fusa e al connesso rapporto di mandato alle liti, ivi
compreso il suo presupposto fiduciario, fino al punto da affermare che la
società fusa sarebbe un soggetto estraneo, diverso ed estinto.
Se si riconosce che la fusione societaria è un istituto, la cui natura
giuridica comporta una continuità identitaria sostanziale di rapporti
giuridici precedenti da parte di un soggetto nuovo (nella fusione per
unione) o rinnovato (nella fusione per incorporazione) e, comunque,
formalmente diverso - la società da fusione -, non v'è alcuna ragione di
porsi il problema della tutela del diritto di difesa ex art. 24 Cost., del
soggetto - la società da fusione -, quando l'atto d'appello della
controparte, pur intimato alla società fusa, sia stato notificato al suo
procuratore costituito in primo grado, che non sia stato revocato e la cui
eventuale revoca non sia stata portata a conoscenza dell'altra parte.
Infatti, la continuità del rapporto processuale, per sostituzione da fusione
della società risultante dalla fusione alla società fusa, e la continuità
del rapporto di mandato al procuratore costituito in primo grado assicurano
che la notificazione dell'appello al procuratore, conservato nella sua
posizione dalla società da fusione, realizzi a suo favore quella situazione
oggettiva di conoscibilità relativa all'evoluzione del rapporto processuale
pendente, che è voluto dalla legge come condizione di validità dell'atto
d'impugnazione e della sua notificazione.
Diventa conseguentemente irrilevante anche domandarsi se la costituzione
in giudizio della società da fusione produca un effetto di sanatoria ex nunc
o ex tunc in relazione al regime ex art. 164 c.p.c. nel testo modificato
dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 90, comma 1, a sua volta modificato
dalla L. 4 dicembre 1992, n. 477, art. 2, comma 3 e ulteriormente modificato
dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, di conversione del D.L. 7 ottobre 1994, n.
571, a seconda che la controversia sia sorta prima o dopo il 1 maggio 1995,
perchè, una volta riconosciuta, per le ragioni precedentemente illustrate,
la validità dell'appello e della sua notificazione, manca l'oggetto stesso
della sanatoria.
7. In conclusione, la sentenza impugnata, dichiarando inammissibile
l'appello dell'amministrazione finanziaria, si è discostata dal principio di
diritto, ottenuto combinando il materiale letterario tratto dall'art. 110
c.p.c., e art. 300 c.p.c., comma 1 e dall'art. 2504 bis c.c., comma 1,
secondo il quale "se una società, costituita in primo grado a mezzo di
procuratore, viene meno per fusione prima dell'udienza collegiale e il suo
procuratore non dichiara in udienza l'avvenuta fusione o non la notifica
all'altra parte, è valido l'appello dell'altra parte intimato alla società
fusa e notificato al suo procuratore costituito, non revocato dalla società
da fusione".
8. Le considerazioni esposte conducono a riconoscere la fondatezza
dell'unico motivo d'impugnazione e, quindi, ad accogliere il ricorso, a
cassare la sentenza impugnata e a rinviare la causa ad altra Sezione della
Corte d'appello di Bologna, che, oltre ad applicare il principio di diritto
enunciato nel p. 7, provvedere anche a liquidare le spese processuali
relative al giudizio di cassazione.
P.Q.M. - La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa ad altra Sezione della Corte d'appello di Bologna, anche per
le spese processuali relative al giudizio di cassazione.