Ai fini della concessione del sequestro conservativo e della sua convalida e' sufficiente che sia accertata con una indagine sommaria la probabile esistenza del credito

Secondo l'articolo 671 c.p.c. applicabile "ratione temporis" (e' stato in vigore fino al 31.12.1992 ed e' stato abrogato a decorrere dall'1.1.1993 ai sensi della Legge n. 353 del 1990, articolo 89), ai fini della concessione del sequestro conservativo e della sua convalida e' sufficiente che sia accertata con una indagine sommaria la probabile esistenza del credito, restando riservato al giudizio di merito ogni altro accertamento in ordine alla effettiva esistenza di esso ed al suo ammontare (ex plurimis Cass. 19.4.1983, n. 2672). (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 27 giugno 2007, n. 14844)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto - Presidente

Dott. VARRONE Michele - Consigliere

Dott. DURANTE Bruno - rel. Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere

Dott. CALABRESE Donato - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CH. TO. , elettivamente domiciliato in ROMA VIA OTRANTO 18, presso lo studio dell'avvocato PANICI PIER LUIGI, difeso dall'avvocato DI CIOLLO FRANCESCO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

CH. FA. , in proprio e nella qualita' di erede di Ch. Et. , elettivamente domiciliato in ROMA VIA ASCONIO PEDIANO 44, presso lo studio dell'avvocato FERRANTE LUIGI, difeso dall'avvocato IMPERIA LUIGI, giusta delega in atti;

- controricorrente -

contro

BA. CR. CO. DI. RO. , Soc.Coop. a.r.l., in persona del Presidente Dott. Li. Fr. , elettivamente domiciliata in ROMA VIA FLAMINIA 354, presso lo studio dell'avvocato FRANCO LUBERTI, difesa dall'avvocato PIETRO BIANCHI, giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro

DU. IR. , CH. PI. , CH. AR. , CH. IR. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 1597/03 della Corte d'Appello di ROMA, sezione seconda civile emessa il 5/02/2003, depositata il 01/04/03; RG. 4025/1996;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/07 dal Consigliere Dott. Bruno DURANTE;

udito l'Avvocato FRANCESCO DI CIOLLO;

udito l'Avvocato LUIGI IMPERIA;

udito l'Avvocato PIETRO BIANCHI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La cassa rurale ed artigiana " Be. To. " di (OMESSO) chiese al presidente del tribunale di Latina il sequestro conservativo dei beni di Ch.To. , Ri.Ig. e Co.Gi. , assumendo che a seguito di un controllo ispettivo era emerso che il Ch. aveva emesso centinaia di assegni senza copertura che non erano stati addebitati sul suo conto, non avendoli fatti protestare il Ri. ed il C. , rispettivamente direttore e cassiere della filiale di (OMESSO) della banca.

Il presidente dispose la comparizione delle parti; il ricorso con il pedissequo provvedimento venne notificato al solo Ch. ; all'udienza la banca rinuncio' alla domanda nei confronti dei propri dipendenti.

Autorizzato il sequestro nel limite di lire 1.200.000.000, la banca cito' il Ch. per la convalida; ne chiese la condanna al pagamento di lire 1.034.261.858 ed al risarcimento dei danni.

Il Ch. si oppose alla domanda.

Et. e Ch.Fa. , Du.Ir. , coeredi del convenuto, spiegarono intervento e chiesero la divisione dei beni sequestrati.

Il tribunale, istruita la causa, sciolse la comunione ereditaria; convalido' il sequestro fino alla concorrenza di lire 882.493.341; condanno' Ch.To. al pagamento della detta somma; respinse tutte le altre domande.

La corte di appello di Roma, con sentenza resa il 5.2.2003, rigetto' il gravame di Ch.To. , motivando come segue.

L'intervento autonomo e' ammissibile tutte le volte che la domanda dell'interventore presenti una connessione o un collegamento implicanti la opportunita' del "simultaneus processus"; una tale situazione ricorre nella specie, in cui l'azione conservativa della banca investe un patrimonio comune; le censure mosse al progetto divisionale sono infondate; avendo la banca rinunciato a fare valere le istanze conservative nei confronti dei dipendenti, non comporta violazione del principio del contraddittorio il fatto che il ricorso per sequestro non sia stato notificato ai predetti; ben a ragione il tribunale ha disatteso l'eccezione di prescrizione dei diritti della banca, avendo la stessa agito sia per il risarcimento del danno contrattuale e di quello extracontrattuale sia per l'inadempimento degli obblighi nascenti dal contratto di conto corrente e di affidamento bancario; la consulenza contabile posta a base della decisione del tribunale sfugge alle censure che le vengono mosse, in particolare il c.t.u. ha esaminato specificamente tutti gli assegni che hanno dato origine all'addebito; la divergenza fra l'accertamento fatto in causa e quello fatto in sede penale e' priva di rilevanza; l'acquisizione della relazione ispettiva della banca d'Italia e' ininfluente, la c.t.u. espletata nel giudizio di appello ha colmato le insufficienze della c.t.u. precedente; si deve escludere che vi sia stata duplicazione dell'addebito di titoli nel conto; la prova testimoniale si palesa, oltre che superata dalle acquisizioni probatorie, generica ed irrilevante.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Ch. To. , deducendo sette motivi; Ch.Fa. e la banca di credito cooperativo di Roma, incorporante della Cassa rurale ed artigiana " Be. To. ", hanno resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia "insufficiente e contraddittoria motivazione ex articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione agli articoli 103 e 105 c.p.c. Illogicita' relativamente alla dedotta inammissibilita' dell'intervento volontario dei comproprietari del Ch. finalizzato alla domanda di divisione"; la corte di merito ha ritenuto ammissibile l'intervento, rigettando il corrispondente motivo di gravame, sul rilievo che gli interventori avevano interesse a partecipare al giudizio per tutelare il diritto alla pacifica gestione della quota concreta loro spettante; viceversa, l'intervento e' ammissibile solo quando, diversamente dalla specie, vi sia un rapporto di connessione oggettiva costituita dall'identita' del "petitum" e della "causa petendi" tra la domanda originaria e quella, dell'interventore; cio' per evitare che la parte sia costretta a difendersi nello stesso giudizio in relazione a domande diverse per "causa petendi" e "petitum".

1.1. Il motivo e' infondato.

1.2. Ribadito che ai fini dell'intervento principale o litisconsortile, anche se l'articolo 105 c.p.c. esige che il diritto vantato dall'interventore non si limiti ad avere una generica comunanza di riferimento al bene materiale in relazione al quale si fanno valere le contrapposte richieste delle parti, la diversa natura delle azioni esercitate rispettivamente dall'attore in via principale o dal convenuto in via riconvenzionale rispetto a quella esercitata dall'interventore o la diversita' dei rapporti giuridici con esse dedotti in giudizio non costituiscono elementi decisivi per escludere l'ammissibilita' dell'intervento, essendo sufficiente che la domanda dell'interventore presenti una connessione o un collegamento con quella delle altre parti tali da giustificare il "simultaneus processus" (Cass. 3.11.2004, n. 21060; Cass. 15.5.2002, n. 7055), va rilevato che correttamente la corte di merito ha ravvisato un collegamento di tale genere nella specie, in cui la domanda di sequestro conservativo ha riguardato un patrimonio comune e quella di divisione lo stesso patrimonio, poco importando che la prima domanda sia stata limitata alla quota ideale.

2. Con il secondo motivo si lamenta "insufficiente ed illogica motivazione ex articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, articolo 118 disp. att. c.p.c. per cio' che attiene il merito della divisione in relazione agli articoli 713 e ss. c.c.. Mancata valutazione delle prove documentali allegate al fascicolo di parte"; alla corte di merito si addebita di non avere tenuto conto delle controdeduzioni del geometra Ceraso e della ct. di parte; si sostiene che le controdeduzioni sono state tempestivamente formulate all'udienza del 9.7.1991, mentre la ct. di parte e' riproduttiva di altra consulenza e la corte di merito avrebbe dovuto valutarla, ancorche' sia stata prodotta in appello; si aggiunge che dalla ct. di parte risulta una serie di inesattezze contenute nella c.t.u..

2.1. Il motivo non puo' essere accolto.

2.2. Dopo avere correttamente rilevato che l'appello deve contenere "critiche al ragionamento logico-giuridico della sentenza" impugnata, la corte di merito si e' fatta carico delle critiche specifiche mosse alla detta sentenza in ordine alla divisione, pervenendo alla conclusione della loro infondatezza.

Invece di censurare la premessa (e, cioe', che le critiche specifiche sono quelle esaminate) e la conclusione di infondatezza delle medesima, il ricorrente lamenta che la corte di merito non abbia esaminato la ct. di parte, dalla quale emergerebbero inesattezze della c.t.u.; e' del tutto evidente l'errore di prospettiva che comporta inammissibilita' del motivo.

Senza dire che le ct. di parte possono fornire elementi che il giudice e' libero di utilizzare o meno, ma che non sono sicuramente dotati di efficacia probatoria tale che ne risulti l'inesattezza della C.t.U..

3. Con il terzo motivo si deduce "nullita' della sentenza appellata per inesistenza della motivazione ex articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, in relazione all'articolo 118 disp. att. c.p.c., articoli 102 e 107 c.p.c."; la sentenza del tribunale di Latina, confermata dalla corte di appello, e' "inutiliter data perche' finalizzata a sanzionare una condotta plurisoggettiva senza la partecipazione in giudizio dei soggetti principali che hanno determinato il dissesto contabile della banca"; la mancata partecipazione al giudizio del Ri. e del C. ha impedito al Ch. di svolgere azioni nei loro confronti; avrebbe dovuto, comunque, disporsi la chiamata in causa dei predetti a norma dell'articolo 107 c.p.c.; la corte di merito ha riconosciuto "la condotta plurisoggettiva inscindibile del C. e del Ri. in danno del Ch. " ed avrebbe, percio', dovuto ravvisare un'ipotesi di litisconsorzio necessario, ricorrente ogni qualvolta "la situazione dedotta in giudizio ha radice in una plurisoggettivita' manifesta".

3.1. Il motivo e' infondato.

3.2. Com'e' noto, per stabilire se ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario occorre avere riguardo ai rapporti sostanziali; se la struttura di questi rapporti, quale risulta dalla normativa sostanziale, e' unitaria e, cioe', tale da coinvolgere in ogni vicenda del rapporto i piu' soggetti che ne sono partecipi, ciascuno di essi riveste la qualita' di litisconsorte necessario.

Non e', quindi, sufficiente l'esistenza di una pluralita' di parti del rapporto sostanziale per dare vita al litisconsorzio necessario.

In applicazione di tali concetti si e' ritenuto che nelle ipotesi di solidarieta' sia attiva che passiva dell'obbligazione, pur nella sussistenza di piu' soggetti creditori o debitori della stessa somma o della medesima prestazione, non si verifica un'ipotesi di litisconsorzio necessario in quanto la struttura del rapporto e' congegnata in modo tale che ogni creditore puo' esigere ed ogni debitore e' tenuto a corrispondere l'intero, salvo l'esercizio del diritto di rivalsa nei confronti degli altri concreditori o condebitori (ex plurimis Cass. 11.2.2000, n. 1519).

3.3. Nel caso di specie, quand'anche fosse ravvisabile una condotta plurisoggettiva, come viene sostenuto dal ricorrente, la medesima potrebbe dare vita ad obbligazione solidale, sicche' sarebbe da escludere il litisconsorzio necessario.

3.4. E' privo di rilevanza il fatto che il Ch. non abbia potuto esercitare azioni nei confronti dei soggetti, di cui lamenta la mancata partecipazione al giudizio, potendo esercitarle, se ritiene, in altro giudizio, mentre il disporre l'intervento in causa di un terzo a norma dell'articolo 107 c.p.c. costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di primo grado insuscettibile di sindacato nelle fasi successive del giudizio.

4. Con il quarto motivo si denuncia "violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 in relazione all'articolo 1832 c.c. Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articolo 75, Legge n. 141 del 1938, articolo 102, Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 8 di conto corrente in relazione al Regio Decreto n. 375 del 1936, articolo 32. Inammissibilita' dell'azione - Illogicita' della motivazione - Omessa valutazione dei documenti allegati al fascicolo di parte ed in particolare di quelli indicati ai nn. 20 e 21 ai fini della prescrizione dell'azione per mancata contestazione dell'estratto conto e per tardiva contabilizzazione di assegni scaduti"; ove non sia impugnato entro il termine di quaranta giorni dalla ricezione, l'estratto conto si intende approvato; gli assegni sono stati riversati nel conto dopo l'approvazione dello stesso e siccome "erano prescritti" la banca non se ne poteva avvalere per ottenere il sequestro conservativo; con la domanda di sequestro e' stata dedotta la responsabilita' per violazione delle norme sul conto corrente bancario; la corte di merito ha, invece, ritenuto illegittimamente la responsabilita' extracontrattuale; in ogni caso, non essendovi un credito liquido, certo ed esigibile, non avrebbe potuto essere autorizzato il sequestro ed avrebbe dovuto procedersi in via ordinaria.

5. Con il quinto motivo si lamenta "violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 in relazione agli articoli 102 e 107 c.p.c. Illogicita' della motivazione"; la mancata notifica del ricorso per sequestro e del decreto presidenziale a tutte le parti produce nullita' assoluta, insanabile e rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento; la corte di merito, come gia' il tribunale, ha escluso la nullita' sul rilievo che la banca aveva rinunciato alla domanda nei confronti dei soggetti diversi dal Ch. , senonche' la rinuncia e' inefficace giacche', ricorrendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario, avrebbe dovuto essere accettata da tutti i litisconsorti e non lo e' stata.

6. I motivi, da esaminare in un contesto unitario per ragioni di connessione, non possono essere accolti.

6.1. Per quanto concerne la prescrizione va rilevato che la corte di merito ha confermato il rigetto della relativa eccezione, considerando che non e' invocabile la prescrizione breve di cui al Regio Decreto n. 1736 del 1933, articolo 75 giacche' la banca ha agito sia per il risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale che per l'inadempimento degli obblighi nascenti dal contratto di conto corrente ed affidamento bancario.

Orbene questa motivazione non e' specificamente e completamente censurata, all'uopo non valendo l'osservazione che la corte di merito ha ritenuto la responsabilita' extracontrattuale, pur essendo stata azionata quella contrattuale, e va inoltre esente da vizi logico-giuridici, posto che la corte medesima ha avuto riguardo all'azione concretamente proposta (risarcimento di danno contrattuale ed extracontrattuale; inadempimento di obblighi derivanti da contratto di conto corrente e di affidamento bancario).

6.2. Per quanto concerne il credito e' sufficiente considerare che secondo l'articolo 671 c.p.c. applicabile "ratione temporis" (e' stato in vigore fino al 31.12.1992 ed e' stato abrogato a decorrere dall'1.1.1993 ai sensi della Legge n. 353 del 1990, articolo 89), ai fini della concessione del sequestro conservativo e della sua convalida e' sufficiente che sia accertata con una indagine sommaria la probabile esistenza del credito, restando riservato al giudizio di merito ogni altro accertamento in ordine alla effettiva esistenza di esso ed al suo ammontare (ex plurimis Cass. 19.4.1983, n. 2672).

6.3 Con riferimento al contraddittorio, confermato che in base all'abrogato articolo 672 c.p.c., in vigore all'epoca della domanda, ove il sequestro abbia per oggetto cose immobili ovvero azienda o altre universalita' di mobili, il contraddittorio fra tutte le parti interessate e' obbligatorio anche nella fase presidenziale del procedimento anteriore alla pronuncia dell'ordinanza ed il difetto di contraddittorio importa la nullita' assoluta ed insanabile del provvedimento di sequestro rilevabile anche nel successivo giudizio di convalida (Cass. 6.2.1997, n. 1430), va osservato che l'obbligo della partecipazione e' previsto a tutela delle parti e, come correttamente ritenuto dalla corte di merito, per effetto della rinuncia della banca il Ri. ed il C. hanno perduto la qualita' di parte, sicche' la mancata notifica ad essi del ricorso e del provvedimento presidenziale non e' causa di nullita'.

E' appena il caso di aggiungere che, non essendo nella specie ravvisabile litisconsorzio necessario, neppure si pone la questione dell'inefficacia della rinuncia per mancata accettazione di tutte le parti del processo.

7. Con il sesto motivo si deduce "violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione agli articoli 194 e 196 c.p.c. - Illogicita' della motivazione. Carenza della c.t.u. principale e della c.t.u. a chiarimenti - Illogicita' e carenza della motivazione in ordine alla valutazione della c.t.u. in relazione alla c.t.p. ed alle critiche svolte dalla difesa del Ch. . Mancata valutazione delle prove decisive in atti"; dalle c.t.u. espletate in sede civile e penale risulta che il Ch. ha dovuto firmare tre "carnet" di assegni in bianco "per eludere la differenza di data dell'accertamento"; gli assegni non sono stati ne' restituiti ne' distrutti, come avrebbero dovuto, e sono stati riportati sul conto corrente; sono stati "passati tramite ordine e conto" assegni "al di sopra delle linee di affidamento" senza autorizzazione dell'interessato e quindi arbitrariamente; la corte di merito non ha considerato che, come emerge dalle c.t.u., la contabilita' della banca non era ne' valida ne' legale; nel maggio 1989 il Ch. ha ripianato la propria posizione debitoria con la banca, sicche' ogni ulteriore sua esposizione e' da ricollegare alla condotta illecita dei funzionari della banca accertata in sede penale con efficacia di giudicato; da qui l'impossibilita' per la banca di "annullare il vincolo solidale dedotto nel ricorso introduttivo" ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata che concerne il punto; la corte di merito non ha considerato che: 1) il c.t.u. ha espresso dubbi sulla possibilita' di ricostruire i rapporti di dare e di avere; 2) non e' stata raggiunta prova certa del debito e non ha motivato in ordine all'eccezione di prescrizione; avrebbe dovuto essere acquisita la relazione ispettiva della banca d'Italia; la stessa corte a) non ha rilevato che la c.t.u. non e' nel suo complesso rappresentativa dei rapporti intercorsi tra la banca ed il Ch. e non ne ha, percio', disposto la rinnovazione; b) non ha considerato che la contabilita' della banca e le risultanze del libro giornale non sono dotate di efficacia probatoria; c) non ha accolto le richieste istruttorie ingiustamente disattese dal tribunale.

7.1. Il motivo e' per una parte inammissibile e per l'altra infondato.

7.2. E' inammissibile nella parte in cui: 1) attraverso la denuncia di vizi di motivazione si mira ad ottenere una rivalutazione delle risultanze processuali non consentita al giudice di legittimita'; 2) si lamenta la mancata rinnovazione della c.t.u., rientrando nei poteri discrezionali del giudice di merito disporre o meno la rinnovazione con l'obbligo di motivare il rigetto della richiesta in tale senso avanzata solo ove sia supportata da specifiche ragioni (Cass. 2.8.2004, n. 14775) e nella specie non e' dedotto che vi sia stata una richiesta di tale genere.

7.3. E' infondato nella rimanente parte, avendo la corte di merito congruamente e correttamente motivato il convincimento espresso in ordine a ciascuno dei punti della sentenza censurati.

In particolare, la corte di merito ha considerato che 1) il c.t.u. ha esaminato tutti gli assegni che hanno dato origine all'addebito e proprio per questa ragione non rileva che vi sia divergenza fra l'accertamento fatto nella presente causa e quello fatto in sede penale; 2) in presenza dell'accertamento analitico reso necessario dall'inattendibilita' delle risultanze dei libri della banca l'acquisizione della relazione ispettiva della banca d'Italia si palesa ininfluente, 3) si deve escludere che vi sia stata duplicazione dell'addebito dei titoli nel conto.

8. Con il settimo motivo si denuncia "nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione all'omessa pronuncia in ordine alla domanda riconvenzionale spiegata dal Ch. in primo grado e reiterata in grado di appello".

8.1. Il motivo e' insuscettibile di trovare accoglimento.

8.2. E' ben vero che la corte di merito non si e' pronunciata sulla domanda di risarcimento del danno proposta dal Ch. .

Ove, pero', si fosse pronunciata, avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilita' dell'appello per la parte concernente il rigetto della domanda per difetto di specificita', essendosi il Ch. limitato a riproporre la domanda stessa senza in alcun modo censurare la motivazione di rigetto.

9. In conclusione, il ricorso e' rigettato con condanna del ricorrente alle spese.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in euro 3.100,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, in favore di Ch. Fa. ed in euro 5.100,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, in favore della banca, oltre spese generali ed accessori di legge.

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