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Il conto corrente cointestato è pignorabile nei limiti della quota del debitore
Pubblicata il 20/01/2017
Corte d'Appello Roma, Sezione 2 civile, Sentenza 17 ottobre 2016, n. 6123
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE SECONDA CIVILE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati;
Silvio dott. Sorace Presidente relatore
Anna dott. Del Boccio Consigliere
Murili Enrica dott. Punti Consigliere
riunita oggi in camera di consiglio per decidere nella causa in appello appresso indicata, trattenuta in decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni del 23/10/20l5 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1332 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell'anno 2013 vertente
TRA
Or.Ma., elettivamente domiciliato in Roma. Via (...) presso lo studio dell'avv.to Fa.Bl. che lo rappresenta e difende in virtù di delega in calce all'atto di citazione in appello
Appellante
Ma.Fl., elettivamente domiciliata in Roma, Via (...) presso lo studio dell'avv.to Fr.Ro. che la rappresenta e difende in virtù di delega in calce alta comparsa di costituzione e risposta
Appellata
Ma.An. e Ma.Ro., quali eredi di Ma.Fr., elettivamente domiciliati in Roma, Via (...) presso lo studio dell'avv.to Se.Do. che li rappresenta e difende in virtù di delega a margine della comparsa di costituzione e risposta
Appellati
Ma.Si.
Appellata contumace
E
In.Sa. S.p.A. in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via (...) presso lo studio dell'avv.to La.Be. che la rappresenta e difende in virtù di procura a marine della comparsa di costituzione e risposta
Appellata e appellante incidentale
Oggetto: appello contro la sentenza del Tribunale di Roma n. 16290/12.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione in appello ritualmente notificato, Ma.Or. proponeva impugnazione avverso la sentenza n. 16290/12 del Tribunale di Roma. La controversia tra le parti in causa era sorta a seguito dei pignoramento, da parte dell'odierno appellante, di due conti correnti di proprietà di Fr.Ca., suo debitore personale per la somma di Euro 24.790,00, presso la Banca In.Sa. di Roma, Agenzia n. 22. la quale, evidenziando come oltre al debitore, risultassero cointestatali dei conti anche i fratelli Si., Ca. e Fl., aveva reso indisponibile l'importo di Euro 21.920,31, ossia la quota (1/4 del complessivo ammontare dei conti - pari a Euro 87.681,23) spettante al debitore esecutato, ai sensi dell'art. 1298 ex.. Proponeva opposizione di terzo all'esecuzione Si.Ca., sorella del debitore, evidenziando come detti conti correnti - apeni per canalizzare gli accrediti derivanti dai canoni relativi a due immobili locati alla società ponti rossi S.r.l. dalla propria madre - erano in realtà di proprietà anche di un altro fratello, Al.Ma.: infatti, facendo i medesimi conti parte del compendio ereditario materno, dovevano necessariamente essere attribuiti a tutti i fratelli, a nulla rilevando il fatto che egli non risultasse indicato espressamente tra gli intestatari, avendovi partecipato indirettamente attraverso la sorella Si., alla quale aveva rilasciato procura speciale ad agire per svolgere tutte le pratiche occorrenti alla liquidazione della successione materna. Peraltro, a detta dell'opponente, l'importo globale dei conti non doveva essere suddiviso in parti eguali, in quanto, con il proprio testamento, El.So. (madre dei fratelli Ma.Ca.) aveva ripartito diversamente le quote dei propri beni tra i figli, attribuendone a Si. e a Al. il 30% e agli altri tre (Fr., Fl. e Ca.) il 13,33% ciascuno, quindi, in base a tale ripartizione, la somma pignoratile spettante al debitore Fr.Ca. sui conti correnti era di Euro 11.689,24 (cioè il 13,33% del complessivo ammontare degli stessi). Si costituiva in giudizio Ma.Or., contestando l'appartenenza dei conti correnti al compendio ereditario di El.So., essendo gli stessi stati stipulati in epoca successiva alla morte di quest'ultima e, di conseguenza, anche l'idoneità del suo testamento a incidere sulla ripartizione delle quote tra i cointestatari - i quali, peraltro, multavano essere quattro, non essendovi alcuna traccia della presenza anche di Al.Ma. nei documenti relativi all'apertura dei conti oggetto di controversia In ogni caso, Or. sosteneva che. nonostante vi fossero più cointestatari, l'efficacia del pignoramento nei confronti di uno solo di essi si sarebbe esteso a tuffo l'ammontare del conto e non si sarebbe limitato alla sola quota di proprietà del debitore. Interveniva in giudizio Fl.Ca., la quale chiedeva al Tribunale di estromettere dai giudizio l'originaria opponente, avendo dia acquistato dai fratelli Alfonso e Sii vena, con atto del 05/03/2010 per notar Ra., le quote ereditarie ed i diritti loro spettanti derivanti dalla successione dei propri genitori (richiesta alla quale si era opposto l'Or.), e integrava il contraddittorio nei confronti di In.Sa. e dei figli, rimasti contumaci, di Fr.Ca., debitore personale dell'opposto e, pertanto, litisconsorte necessario pretermesso in tale giudizio di opposizione, deceduto il 20/08/2009. Il Tribunale accoglieva l'opposizione e, dopo aver disposto l'estromissione dal giudizio di Si.Ca., confermava l'assegnazione al creditore pignorante della sola somma di Euro 11.689,24 (già avvenuta con ordinanza di assegnatone del Tribunale di Roma del 23/12/2008), con compensazione delle spese tra l'opponente e l'Or. e tra l'opponente ed i convenuti non costituiti e condanna della In.Sa. al pagamento delle spese in favore di Fl.Ma. Interponeva appello avverso la suddetta sentenza Ma.Or. evidenziandone, in primo luogo, la sua nullità sotto un quadruplice ordine di motivi; in primo luogo, in quanto, ove i conti correnti pignorati si dovessero realmente considerare come facenti parte del patrimonio ereditario di El., si sarebbe dovuta disporre l'integrazione del contraddittorio anche nei confronti degli altri eredi. Ca. e Al., quali litisconsorti necessari nel giudizio involgente parte dell'eredità materna: inoltre, la sentenza, determinando le quote di spettanza di ciascun crede Ma., avrebbe disposto una divisione ereditaria inammissibile, visto che non erano stati evocati in giudizio anche gli altri due coeredi - da considerarsi sempre alla stregua dei litisconsorti necessari nel giudizio di divisione ereditaria - Ca. e Al.Ma.; in terzo luogo, la sentenza sarebbe altresì invalida, poiché non sarebbe stata fornita la prova della qualità di crede di Fr.Ca. da parte di Ro. e An.Ma., né, tanto meno, da parte di Ha.Ra., Ca. e Gu.Ma. (indicati dal l'interveniente Fl.Ma. quali eredi di Carlo Ma. e, pertanto, da considerarsi come unica parte dei conti correnti oggetto di lite assieme a Fl., Si. ed agli eredi di Fr.Ca.); infine, la sentenza impugnala sarebbe viziata da nullità, essendo stata emessa senza l'indicazione della "ratio decidendi". Nel merito, l'appellante contestava la sentenza del giudice di prime cure evidenziando, in primo luogo, l'errore del giudicante nel considerare ricompresi nel patrimonio ereditario di El. anche i conti pignorati che, essendo stati sottoscritti dopo la morte (e quindi l'apertura della successione) della madre dei fratelli Ma., avrebbero costituito un rapporto estraneo alla sua eredità. Quanto al numero di cointestatari dei conti pignorati, esponeva che essi risultavano essere solo quattro, senza che vi avesse mai preso parie anche Al.Ma. né in proprio né, tanto meno, tramite la sorella Sii veri a, la quale non risultava avesse mai speso la procura assegnatale dal fratello in relazione a tali conti correnti (né avrebbe potuto farlo dato che essi non facevano parte dell'eredità materna (e, pertanto, esulavano anche dall'ambito di applicazione della procura rilasciatale dal fratello)). Dall'estraneità dei conti pignorati al compendio ereditario di El., sarebbe discesa anche l'irrilevanza della ripartizione delle quote Ira i figli operata nel testamento dalla stessa, ai fini dell1 individuazione della quota di spettanza del debitore Fr.Ca. Quanto, poi, alla possibilità di pignorare solo la quota di spettanza del debitore personale e non anche l'intero ammontare dei conti cointestati, evidenziava, l'appellante, che, al caso di specie, si doveva applicare il disposto di cui all'art. 1854 c.c. (che prevede la solidarietà tra i cointestatari per l'intero saldo di conto), con la conseguenza che sarebbe stato possibile pignorare l'intero ammontare del conto. Infine, chiedeva, alla Corte di dichiarare illegittima l'estromissione dal giudizio di Si.Ma. dal processo, in violazione, pertanto, dell'art. 111 c.p.c. concludendo in conformità alle epigrafate conclusioni. Si costituivano in giudizio Fl.Ma. e, quali figli e unici eredi di Fr.Ca., An. e Ro.Ma., chiedendo il rigetto dell'opposizione e la conferma dell'impugnata sentenza. Si costituiva in giudizio anche In.Sa. S.p.A. proponendo appello incidentale, con cui chiedeva la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui la aveva condannata al pagamento delle spese di lite in favore di Fl.Ma. (pagamento di cui chiedeva la restituzione), non polendo risultare soccombente in una controversia nella quale non era parte in causa ma semplice terza interveniente ed avendo comunque sempre orientato il proprio comportamento in conformità a quanto disposto dall'art. 546 c.p.c. per il terzo pignorato. Dichiarata la contumacia di Si.Ma., all'udienza del 21/03/2014 e respinta, all'udienza del 28/11/2014, la domanda di declaratoria di inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c. avanzata da An. e Ro.Ma., la causa era stata trattenuta in decisione all'udienza del 23/10/2015 con concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. L'appello è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di seguito precisati.
Vanno, in primo luogo, respinti i motivi di nullità della sentenza di primo grado per mancata indicazione della "ratio decidendi" e per la mancata prova della propria qualità da parte degli eredi di Fr. e Ca.Ma.
Circa la prima, ritiene il Collegio che dalla lettura della sentenza emerga con sufficiente chiarezza il percorso motivazionale, che ha orientato il Tribunale nell'accoglimento dell'opposizione originariamente avanzata da Si.Ma. Circa la seconda, - rinviando "infra" per ciò che concerne gli eredi di Ca.Ma., riguardo la mancata prova della qualità di eredi di Fr.Ca. (litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione di terzo, in quanto debitore esecutato) da parte di An. e Ro.Ma. -, occorre evidenziare, in primo luogo, come, con la comparsa di costituzione in appello, essi abbiano allegato il verbale di accettazione di eredità con beneficio di inventario del proprio defunto padre (cfr., fascicolo di parte), inoltre, osserva il Collegio come l'Or. nulla abbia osservato in primo grado circa la qualità di costoro che, ancorché non costituitisi, erano comunque stati evocati in giudizio dall'interveniente Fl.Ma. e, nonostante ciò, alcuna contestazione in merito era stata sollevata da Ma.Or. neppure all'udienza di precisazione delle conclusioni del 06/03/2012 in cui (cfr. verbale di udienza) egli aveva concluso chiedendo il rigetto dell'opposizione e l'inammissibilità o l'infondatezza dell'atto di intervento di Fl.Ma., senza nulla rilevare circa l'identificazione, operata dal l'interveniente, degli eredi di Fr.Ca.
Passando, ora, al mento dell'appello di Ma.Or., va rilevata l'erroneità della sentenza del Tribunale di Roma, con conseguente accoglimento "in parte qua" dell'appello, nella parte in cui ha ricompreso i conti correnti pignorati nel patrimonio ereditario di El. madre del Ma. Militano a sfavorire la tesi sostenuta dal primo giudicante due considerazioni. In primo luogo, una ragione di ordine cronologico: El. risulta essere deceduta in data 21/02/1999, mentre i conti correnti oggetto di lite sono stati stipulati in data 23/04/1999, quindi oltre due mesi dopo la morte (e l'apertura della successione della stessa); in secondo luogo, osserva il Collegio come non possa in alcun modo rilevare il fatto che detti conti siano stati accesi per canalizzare gli importi derivanti dall'affitto di due immobili concessi in locazione dalla So. alla società Po. S.r.l. (immobili, quindi, la cui proprietà è passata in successione ai cinque figli) al fine di poter ricomprendere i conti correnti nel patrimonio ereditario della originaria locatrice. Solo gli immobili condotti in locazione erano entrati a far parte dell'eredità della So. e, pertanto, i suoi eredi erano subentrati "iure hereditario" solo nella titolarità degli immobili e, di conseguenza, dei contratti di locazione che riguardavano gli stessi, mentre i canoni che erano derivati da tali locazioni erano da essi acquisiti "iure proprio", con la conseguenza che nessun collegamento può essere rinvenuto tra i conti correnti pignorati (ove Confluiscono i canoni "de quibus") e l'eredità di El. Dall'esclusione dei conti correnti oggetto di controversia dal novero del patrimonio ereditario della madre dei fratelli Ma., derivano molteplici conseguenze: in primo luogo, l'irrilevanza della procura rilasciata da Al.Ma. alla sorella Si. al fine di poter ricomprendere, mercé la stessa, anche il rappresentato Al. tra i contitolari dei conti accesi presso la Banca In.Sa., essendo tale procura limitata alle sole attività involgenti la liquidazione della successione materna; in secondo luogo, consegue l'irrilevanza della ripartizione delle quote del proprio patrimonio operata con il testali erto da parte di El. ripartizione che nessun effetto può spiegare sui conti correnti che, per quanto detto in precedenza, non rientrano nella sua eredità; in terzo luogo, l'estraneità dei conti correnti dal complesso dell'eredità So. rende illegittima l'estromissione dal giudizio di Si.Ca., in quanto proprio da tale estraneità discende l'irrilevanza dell'atto di cessione del 05/03/2010 ai lini di una successione a titolo particolare nei conti per cui è causa. L'atto del 05/03/2010 ha comportato la cessione, da parte di Si. ed Al.Ma., alla sorella Fl. solo delle quote ereditarie e dei diritti loro (cfr. testi indicati Ma.) spettanti derivami dalla successione dei propri genitori, ma non anche derivanti da altri rapporti estranei al fenomeno successorio quali, appunto, sono i conti correnti nn. 4775 e 4776 accesi - dopo il decesso della So. - presso la Banca In.Sa. S.p.A. di Roma, Agenzia n. 22. Ne discende che, in relazione a tali conti, nessuna successione a titolo particolare può dirsi effettuata con l'atto vidimato dal notaio Ra., con la conseguenza che non vi erano ì presupposti per effettuare l'estromissione di Si.Ca. (da considerarsi, quindi, tuttora cointestatari a degli stessi con la sorella Fl. e gli credi dei fratelli Fr. e Ca.) dal giudizio ex art. 11 1 c.p.c. - estromissione, peraltro, alla quale l'Or. si era opposto espressamente, senza che il Tribunale ne avesse tenuto debitamente conto La mancate ricomprensione dei conti "de quibus" nell'eredità di El., infine, fa venir meno anche i restanti motivi di nullità della sentenza di primo grado sollevati dall'appellante.
Circa i primi due, non essendo oggetto del giudizio la questione dell'eredità della So., nessuna violazione può dirsi realizzata dalla mancata integrazione del contraddittorio (né tanto meno, nessuna attività di divisione ereditaria può dirsi compiuta dai Tribunale con la sentenza gravata) nei confronti di Al. e Ca.Ma. Non facendo parte i conti pignorati dell'eredità della madre dei Ma., questi ultimi non sono interessati nel giudizio, in quanto suoi eredi (quindi litisconsorti necessari), con la conseguenza che Al.Ma. - non risultando come pocanzi indicato, neppure cointestatario dei conti pignorati - è totalmente estraneo all'oggetto della controversia: mentre Ca., se pure egli vi potrebbe rientrare proprio in quanto cointestatario del conto (e, pertanto (- sul solco della linea difensiva dell'appellante) obbligato in via solidale con gli altri cointestatari (solidarietà della obbligazione per cui si esclude il litisconsorzio necessario)) non avrebbe mai assunto la posizione di litisconsorte necessario tal da dover essere evocato in giudizio, si che nessun profilo di invalidità della sentenza può ravvisarsi nella mancata integrazione del contraddittorio anche nei confronti di costoro. Ne deriva, altresì, l'irrilevanza della prova della qualità degli eredi di Ca.Ma., non avendo quest'ultimo fatto parte - ne do vai do necessariamente fame parte - del giudizio "de quo". Da quanto detto in precedenza, deriva che i conti nn. 4775 e 4776 devono ritenersi cointestati sin dalla loro origine, come peraltro provano i documenti allegati nel giudizio, ai soli Fr., Ca., Fl. e Si.Ma.
Non può essere accolto l'appello di Ma.Or. nella parte in cui ritiene che, nonostante la presenza di più cointestatari, il creditore personale di uno solo di essi possa agire "in executivis" su tutto il conto e non soltanto sulla quota del proprio debitore personale. Ciò in quanto, a detta dell'appellante, al caso di specie si deve applicare l'art. 1854 c.c., che - nel caso di conto corrente intestato a più persone - prevede che gli intestatari siano considerati creditori o debitori in solido dei saldi di conto, con la conseguenza che, visto che ogni contitolare può disporre del saldo attivo, specularmente il creditore personale di uno dei contitolari potrebbe agire in via esecutiva su tutto ì! saldo attivo (cfr. atto di citazione in appello, pagg. 13 - 14). Tale tesi però non può essere avallata. Anzitutto, giova precisare che l'orientamento giurisprudenziale maggioritario evidenzia che l'art. 1854 c.c. disciplina soltanto i rapporti tra correntisti e banca, mentre nei rapporti interni tra i cointestatari del conto si applica il disposto di cui all'art. 1298 c.c., per cui il credito, salva prova contraria, si presume ripartito "pro quota", in misura eguale, tra i cointestatari (così Cass. Civ. n. 8758/93, n. 4327/99, n. 4066/99 e, più di recente, n. 26991/13, la quale evidenzia che "nel conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due io più) persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati non dall'art. 1854 cod. civ. riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell'art. 1298 cod. civ., in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni, non può disporre in proprio favore. senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto"). Tale principio si adatta pienamente al caso di specie, con la conseguenza che il creditore procedente Ma.Or. deve ritenersi avere il diritto di pignorare solo la quota (1/4) di spettanza del proprio debitore personale (allora Fr.Ca. ed, ora, i suoi eredi), non potendo aggredire le altre quote che. per quanto detto in precedenza, appartengono a soggetti estranei al rapporto debitorio tra il Ma. e l'odierno appellante. Il principio, per cui il pignoramento di somme depositate su un conto cointestato a più soggetti, di cui uno solo sia debitore personale del creditore procedente, deve limitarsi alla quota dei debitore è peraltro implicitamente ribadito da Cass. n. 10028/98, che evidenzia proprio come "in tema di pignoramento di crediti presso terzi, quando il pignoramento cade sul credito alla restituzione di somma depositata su di un libretto bancario intestato a più persone e il creditore abbia assoggettato a pignoramento l'intero anziché la quota di pertinenza del debitore, su altri cointestatari del deposito sono legittimati a dedurre, sotto forma di opposizione di terzo, che il credito appartiene per una quota anche a loro. Peraltro, se l'opposizione di terzo non è stata proposta, l'intestatario non avvisato a norma dell'art. 180 disp., att. cod. proc, civ. può ancora agire contro il creditore procedente e assegnatario del credito per ottenere la restituzione di quanto incassato". Ne deriva, pertanto, in parziale accoglimento dell'appello proposto, la possibilità per l'attuale appellante, di sottoporre ad esecuzione soltanto la somma di Euro 21.920,31, pari al quarto (quota) dell'importo complessivo (Euro 87,681,24) dei conti nn. (...), quanto di proprietà ovviamente degli eredi del proprio debitore Fr.Ca., in base a quanto risulta dagli atti di causa.
L'appello incidentale di In.Sa. risulta ovviamente assorbito dalla riforma della sentenza di primo grado.
Va, invece, dichiarata nulla la domanda di restituzione delle somme asseritamente versate da In.Sa. in favore di Fl.Ma., perché non è stato sufficientemente dalla Banca definito il dedotto assolvimento del debito "ex sententia" nei suoi tenni ni di tempo e di modo, essendo presente in atti (all. E del fascicolo di In.Sa.) solo copia di una mail con cui l'Avvocato Be. indica alla Banca le coordinate bancarie di Fl.Ma. presso le quali eseguire il bonifico (senza, quindi, alcun riferimento specifico circa le modalità e i tempi del versamento). Va comunque precisato che, risolvendosi il giudizio di opposizione all'esecuzione in un giudizio avente come oggetto la verifica del diritto del procedente ad attivare l'esecuzione forzata sulla base dei titolo posto a base della medesima esecuzione dall'istante (giurisprudenza di legittimità costante), è ovvio che tale verifica, come nel caso, comporta comunque e quindi a prescindere dalle deduzioni delle parti intervenute - la verifica della oggettiva necessaria limitazione del diritto a procedere "in executivis" su iniziativa del creditore, solo per la quota appartenente al suo debitore esecutato (con esclusione delle altre quote di pertinenza di altri soggetti non debitori), quota (1/4) in relazione all'importo globale dei conti (già con 4 cointestatari) ( Euro 87.681,24/4 = Euro 21.920,31 (quota ora degli credi di Fr.Ca., An. e Ro.Ma.)) di Fr.Ca. e ora degli predi di quest'ultimo.
Le spese di entrambi i gradi del giudizio tra l'appellante e gli appellati Ma.Fl., Si., Ro. e An. vengono compensate per 1/4, in ragione del parziale accoglimento dell'appello e, per il resto, vengono poste a carico degli appellati, maggiormente soccombenti, e liquidate come da dispositivo.
L'assorbimento dell'appello incidentale e la limitazione al solo aspetto di rito della domanda di restituzione giustificano l'integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio tra la Banca appellante incidentale e gli appellati Ma.
P.Q.M.
La Corte, accogliendo parzialmente l'appello principale, e dichiarando assorbito quello incidentale di In.Sa., così provvede: a) dichiara illegittima e priva di ogni effetto l'estromissione dal giudizio di Si.Ca., così che va ritenuta parte nel giudizio, non costituita; b) accerta il diritto di Ma.Or. a procedere esecutivamente sui conti nn. (...) custoditi presso la Banca In.Sa. di Roma, Agenzia n. 22, con riferimento alla o maggior somma di Euro 21.920,31 (e non solo sulla somma di Euro 11.689,24, come sancito in primo grado) - pari alla quota, in relazione all'importo dei conti "de quibus", di Fr.Ca. e ora degli eredi di quest'ultimo (1/4) An.Ma. e Ro.Ma. -, dando atto che, con ordinanza di assegnazione del Tribunale di Roma del 23/12/2008, è stata già disposta in suo favore ed eseguita per quanto risulta in all'assegnazione della somma di Euro 11.689,24; c) compensa totalmente le spese del doppio grado di giudizio tra l'appellante Ma.Or. e gli appellati Fl. e Si.Ca.; condanna An. e Ro.Ma., appellati, per 3/4 a pagare, in favore dell'appellante Ma.Or., liquidando la sola frazione di 3/4 in Euro 4.500,00 per il primo grado, oltre accessori di legge, ed in Euro 5.025,00 per l'appello, oltre accessori di legge; compensa tra te suddette parli il residuo 1/4 per entrambi i gradi; compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio tra In.Sa. S.p.A. e gli appellati Ma.
Così deciso in Roma il 31 dicembre 2015.
Depositata in Cancelleria il 17 ottobre 2016.