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Avverso l'ordinanza di determinazione della somma dovuta ai fini della conversione del pignoramento può essere proposta opposizione agli atti esecutivi
Pubblicata il 06/01/2010
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 28 settembre 2009, n. 20733
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Presidente
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LU. CY. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE 164, presso lo studio dell'avvocato COLANTONE LECIS PIERO, rappresentato e difeso da se' medesimo unitamente all'Avvocato, MANCUSI ANGELO giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
SA. IM. (CHE HA INCORPORATO IL BA. DI. NA. SPA), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 3, presso lo studio dell'avvocato SAVERIO GIANNI, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 36/2004 del TRIBUNALE di LIVORNO, EMESSA IL 22/12/2003, (fissato a seguito di riconvocazione del collegio) depositata il 17/01/2004, rg.14/2001;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 19/03/2009, dal Consigliere Dott. FRASCA Raffaele;
udito l'Avvocato Marco PASSACALDI con delega avv. Gianni SAVERIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Ga.Ba. , nella qualita' di terza datrice di ipoteca su un immobile assoggettato ad esecuzione forzata dal Ba. di. Na. s.p.a., in forza di titolo esecutivo costituito da un mutuo garantito da ipoteca sull'immobile, concesso a favore di Lu. Cy. , proponeva dinanzi al Tribunale di Livorno, giudice della relativa esecuzione, opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza del 2 novembre 2001, con la quale, all'esito dell'audizione delle parti, quel giudice provvedeva sull'istanza di conversione del pignoramento a suo tempo depositata dalla Ga. il 16 ottobre 1998 nel ricorso per Cassazione si dice il 15, determinando in lire 555.000.000 (risultanti dalla quantificazione in lire 591.172.581 dell'importo del credito del Ba. di. Na. , al lordo di lire 45.000.000, versate all'atto dell'istanza di conversione, ed al netto delle spese dell'esecuzione, determinate in lire 8.827.419) l'importo da versare in sostituzione dell'immobile pignorato.
A sostegno dell'opposizione la Ga. assumeva l'erroneita' della somma determinata, a causa di errori commessi dal consulente tecnico d'ufficio, che era stato incaricato - a seguito della proposizione dell'istanza di conversione - dell'esatta determinazione del credito della banca procedente. Tali errori riguardavano l'individuazione dei tassi di interesse in quelli relativi al credito fondiario edilizio anziche' in quelli delle operazioni di mutuo ordinario, il calcolo degli interessi corrispettivi pur dopo la dichiarata risoluzione del mutuo, e il calcolo dell'anatocismo.
Nel contraddittorio della SG. s.p.a. (successore del Banco opposto, in qualita' di cessionaria del credito esecutato), il Tribunale, dopo un lungo svolgimento processuale, nel corso del quale disponeva anche una consulenza tecnica d'ufficio, rigettava l'opposizione con sentenza del 17 gennaio 2004, compensando le spese del giudizio.
2. La sentenza si fonda sulle seguenti ragioni.
Innanzitutto esamina l'opposizione qualificandola espressamente come opposizione agli atti esecutivi, giacche' si preoccupa di argomentarne la tempestivita' in riferimento all'ordinanza del 2 novembre 2001 proprio nel presupposto di quella qualificazione. Riferisce, quindi, che l'opponente aveva contestato l'ammontare della somma determinata dall'ordinanza de qua per l'erroneita' di alcune voci di credito individuate dal consulente tecnico d'ufficio, che era stato nominato - con ordinanza del 20 luglio 1999 - a seguito del contradditorio instauratosi sull'istanza di conversione, per "determinare con esattezza l'importo dovuto" e nell'intento di "prevenire eventuali opposizioni" tra le parti. Tali errori, secondo l'opponente, inerivano alle determinazioni del consulente tecnico, recepite dall'ordinanza del 2 novembre 2001 e relative ai tassi di interesse previsti per il credito fondiario edilizio (mentre si trattava di mutuo fondiario ordinario), al calcolo degli interessi corrispettivi pur dopo la risoluzione del mutuo e all'erroneita' del calcolo dell'anatocismo.
Il Tribunale, sulla base del richiamo a Cass. n. 9442 rectius: 3442 del 1988, ha ritenuto che le contestazioni mosse dall'opponente alla detta ordinanza in ragione del recepimento degli errori della consulenza tecnica, dovessero essere sollevate in sede di distribuzione ai sensi dell'articolo 495 c.p.c.) era di lire 473331.665 e di lire 498.336.620 alla data del 1 marzo 2000.
Dopo di che il Tribunale ha rilevato che tali emergenze giustificavano la compensazione delle spese.
3. Contro questa sentenza hanno proposto congiunto ricorso per Cassazione fondato su due motivi il Lu. e la Ga. .
Ha resistito con controricorso la Sa. Pa. IM. s.p.a. nella qualita' di mandataria e procuratrice della SG. s.p.a..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente si rileva che, caratterizzandosi il giudizio sull'opposizione agli atti esecutivi relativa ad esecuzione forzata che coinvolga il terzo prestatore di ipoteca come giudizio a litisconsorzio necessario fra il creditore procedente, il debitore principale esecutato e il terzo datore di ipoteca, il Lu. ha legittimazione attiva alla proposizione del ricorso, apparendo palese il suo interesse a che la somma di conversione risulti determinata esattamente, cioe' in funzione del debito a lui riferibile.
2. Con il primo motivo si deduce "violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all'articolo 495 c.p.c. e quello determinato in lire 591.172.581 dall'ordinanza impugnata quale importo da versarsi per la conversione, ma nonostante tale riconoscimento abbia rigettato l'opposizione.
Da tanto deriverebbe una illogicita' e contraddittorieta' dei due assunti, perche' se il credito era quello individuato dal supplemento di consulenza, la determinazione della somma da versarsi in funzione della conversione era stata errata e, dunque, l'opposizione avrebbe dovuto essere accolta perche' fondata. D'altro canto l'articolo 495 c.p.c., nel prescrivere che la somma sostitutiva per la conversione dev'essere pari all'importo dovuto al creditore pignorante e a quelli intervenuti, comprese "le spese di esecuzione, del capitale, degli interessi e delle spese", esigerebbe la coincidenza dell'importo della somma con quello del credito complessivo e, dunque, la parita' e non l'approssimazione fra di esse. Erroneamente, citando alcune massime di questa Corte e fraintendendone il significato, la sentenza impugnata avrebbe, del resto, ritenuto che la valutazione della corrispondenza debba essere soltanto sommaria.
Con il secondo motivo si denuncia "violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione agli articoli 88, 92, 112, 495 c.p.c." e ci si duole che non sia stata accolta la richiesta di condanna alle spese nei confronti dell'opposto, che, invece, era giustificata per il fatto che il Ba. di. Na. , all'atto dell'istanza di conversione aveva prospettato un credito di lire 639.972.603 mentre la sentenza ne ha ritenuto esistente uno di lire 473.331.938.
3. Va preliminarmente rilevato che, non solo il Tribunale ha espressamente deciso l'opposizione come opposizione agli atti esecutivi, ma lo ha fatto essendo stato investito dalla Ga. (siccome si da atto nella esposizione del fatto) proprio con un'opposizione proposta con quella qualificazione e, quindi, con una aderenza alla domanda come qualificata della parte.
La motivazione con la quale il Tribunale ha rigettato l'opposizione agli atti esecutivi si richiama a Cass. n. 3442 del 1988.
Essa non appare condivisibile, di modo che il primo motivo dev'essere accolto.
Le ragioni di tale accoglimento esigono che il Collegio preliminarmente si soffermi sull'assetto dei rimedi esperibili in relazione al provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione determina la somma da versarsi da parte del debitore in funzione della conversione del pignoramento ai sensi dell'articolo 495 c.p.c. Va avvertito che le considerazioni che si verranno svolgendo sono relative alla questione con riferimento al regime della disciplina del processo esecutivo e segnatamente dell'articolo 512 c.p.c. anteriore alle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 35 del 2005, convertito con modificazioni, nella Legge n. 80 del 2005.
3.1. Il principio di diritto affermato da Cass. n. 3442 del 1988, cui si e' richiamato il Tribunale e' il seguente: "Il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, sentite le parti, in sede di conversione del pignoramento, determina ai sensi dell'articolo 495 c.p.c.".
Come ebbe a sottolineare la dottrina, commentando la sentenza, peraltro essa, nella motivazione, non individua specificamente che cosa debba intendersi per verifica che la somma "e conforme ai criteri desumibili dall'articolo 512 c.p.c..
Nel caso di specie la controversia, peraltro, aveva riguardato - per quello che in questa sede interessa - due opposizioni agli atti esecutivi proposte dal debitore, l'una contro l'ordinanza di determinazione della somma di conversione ed avverso il creditore procedente, nel presupposto che fossero eccessive gli interessi sul capitale e le spese, l'altra contro un creditore intervenuto, con contestazione e del credito capitale e dei relativi interessi.
Il principio sopra riportato, per quanto attiene alla prima parte, quella relativa alle contestazioni relative ai crediti, era stato da questa Corte affermato gia' in precedenza in altra occasione. Cass. n. 5867 del 1982, intatti, aveva cosi' statuito: "La conversione del pignoramento ha l'effetto di sostituire, nel vincolo, una somma di denaro - pari all'importo delle spese e dei crediti - al bene oggetto del pignoramento, il quale, pertanto, permane, vincolando, dopo la sostituzione, la somma depositata al soddisfacimento dei crediti per cui si procede, comprensivi degli interessi e delle spese. Conseguentemente l'iter procedurale deve proseguire fino a tale soddisfacimento che - restando soppressa la sola fase della vendita, ormai inutile - avviene con la distribuzione della somma di denaro, depositata in sostituzione del bene pignorato, fra il creditore pignorante e quelli intervenuti, senza che una tale fase possa essere omessa, mentre le controversie di cui all'articolo 512 c.p.c., attinenti alla sussistenza o all'ammontare di uno o piu' crediti ovvero di diritti di prelazione, vanno sollevate soltanto nel corso di essa.".
Il senso dei principi affermati dalle due decisioni richiamate - per quanto attiene alle contestazioni sui crediti (e prescindendo dalla circostanza, sopra segnalata, che la controversia oggetto della prima in realta' concernesse proprio contestazioni sui crediti) - era di assoluta omologazione del trattamento di ogni controversia inerente la sussistenza o l'ammontare di uno dei crediti coinvolti, cioe' individuati dall'ordinanza di indicazione della somma da versare per la conversione dal primo comma dell'articolo 512 c.p.c.. Sottesa all'interpretazione in questione era la conseguenza che la tutela dell'interessato avverso gli errori di determinazione dell'ordinanza di individuazione della somma di conversione fosse procrastinata alla "sede di distribuzione" e, quindi, ad un momento successivo al versamento della somma di conversione ed all'inizio delle operazioni inerenti la distribuzione.
Peraltro, come si e' veduto a proposito del primo principio, restava oscuro che cosa si dovesse intendere per "questioni inerenti la conformita' dell'ordinanza determinativa ai criteri desumibili dall'articolo 495 c.p.c.". E l'incertezza risultava aggravata dal rilievo che l'oggetto della controversia concerneva questioni sull'ammontare dei crediti.
3.2. Ora, i principi espressi dalle due massime ricordate non solo non sono quelli attualmente sostenuti dalla giurisprudenza della Corte ma, per la verita', non trovavano esatta corrispondenza neppure nella giurisprudenza anteriore, la quale era, in realta', attestata su un diverso principio, che ammetteva - sia pure statuendo in riferimento a casi concreti che somministravano quella fattispecie - almeno il debitore riguardo al credito del creditore procedente allo svolgimento di una contestazione sull'an e/o sul quantum, tramite opposizione all'esecuzione ai sensi dell'articolo 615 c.p.c. proponibile avverso, o meglio a seguito, dell'ordinanza di indicazione della somma per la conversione.
Gia' Cass. n. 2753 del 1972 aveva affermato quanto segue; "il titolo esecutivo, e non il precetto, indica, direttamente ed immediatamente, quale sia il contenuto e quali siano i limiti del diritto per cui legittimamente si procede, onde nessun valore puo' avere il precetto per la parte in cui risulti in contrasto col titolo. Pertanto, il giudice dell'esecuzione, per stabilire la somma, oltre gli accessori, che il debitore e' tenuto a versare per la conversione del pignoramento, non deve necessariamente far riferimento alla somma per la quale e' stato intimato il precetto, ma deve determinarla, in via incidentale anche in mancanza di una formale opposizione all'esecuzione, con riferimento al titolo esecutivo, quando il precetto sia stato intimato per una somma maggiore di quella risultante dal titolo stesso. La discrepanza tra titolo esecutivo e precetto puo' essere dedotta dal debitore, a norma dell'articolo 615 c.p.c.".
E' evidente che questa non recente decisione ammetteva per implicito che il debitore potesse proporre opposizione all'esecuzione ai sensi dell'articolo 495 c.p.c..
Fra il precedente del 1982 e quello del 1988 si colloca, d'altro canto, Cass. n. 4516 del 1987, secondo la quale "nell'espropriazione forzata, con riguardo alla conversione del pignoramento, ove il creditore pignorante indichi in una certa somma di denaro il suo credito complessivo da soddisfare, la contestazione da parte del debitore esecutato dell'ammontare cosi' indicato, per essere superiore a quello effettivamente dovuto, investendo il diritto dell'istante di procedere ad esecuzione forzata per quella (maggior) somma, concreta (e va qualificata come) una opposizione all'esecuzione ex articolo 615 c.p.c., pur se il giudice dell'esecuzione emetta l'ordinanza ammissiva della conversione del pignoramento, determinando nella misura indicata dal creditore pignorante la somma di denaro da depositare, sussistendo in ogni momento del processo esecutivo e, quindi, anche in sede di conversione del pignoramento, l'interesse del debitore esecutato alla determinazione ed all'accertamento del quantum del credito per il cui soddisfacimento si procede in executivis senza dovere attendere la fase di distribuzione della somma ricavata per ottenere la eventuale restituzione di quanto versato in piu' del dovuto".
Dopo la sentenza del 1988 la giurisprudenza della Corte soltanto in una occasione ha ribadito i principi affermati da Cass. n. 3442 del 1988.
Cass. n. 386 del 1994 ha, infatti, affermato che "L'ordinanza con la quale, in sede di conversione del pignoramento, il giudice dell'esecuzione determina, con le modalita' di cui all'articolo 617 c.p.c. e deve essere proposta nei relativi termini, mentre le contestazioni rilevano esclusivamente ai fini della distribuzione del ricavato e vanno esaminate e decise in tale sede.".
3.3. Per il resto, la giurisprudenza della Corte ha espresso, invece, i seguenti principi, che sostanzialmente si muovono secondo una logica comune e diversa da quella del confinare le contestazioni in ordine all'an ed al quantum del credito in ambito di distribuzione del ricavato e, quindi, di rimedio ai sensi dell'articolo 512 c.p.c..
Cass. n. 6994 del 1992 ebbe a statuire, con evidente distacco dalla sentenza richiamata dalla pronuncia impugnata, quanto segue: "Il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione, sentite le parti, determina, in sede di conversione del pignoramento, ex articolo 512 c.p.c., ferma restando la possibilita' per il debitore o per il soggetto nel cui pregiudizio si svolge il processo di espropriazione di proporre opposizione all'esecuzione o di sollevare contestazioni circa l'esistenza e l'ammontare dei singoli crediti.".
Questa decisione, come si vede affermo' l'esistenza di una sorta di pluralita' di mezzi di tutela.
A sua volta, Cass. n. 9194 del 1999, prendendo espressamente posizione contro l'orientamento espresso dalla sentenza n. 3442 del 1988, ebbe a sancire che "L'ordinanza di conversione del pignoramento, emessa dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'articolo 495 c.p.c., comma 2, e' impugnabile con opposizione all'esecuzione, quando oggetto della opposizione medesima sia l'an o il quantum del debito esecutato.
Nel relativo giudizio, il creditore opposto e' tenuto a fornire la prova del proprio credito, producendo i titoli sui quali esso si fonda. A tali fini, potranno essere presi in considerazione anche i titoli che non siano stati allegati al ricorso di intervento del creditore nella procedura esecutiva, in quanto il creditore non e' tenuto a corredare tale ricorso con il titolo, la cui esibizione e' necessaria solo per provocare atti di esecuzione e per partecipare al riparlo".
E' da notare che nel caso di specie deciso vi era stata un'opposizione all'esecuzione proposta dal debitore contro un creditore intervenuto e, quindi, tale decisione - a differenza delle altre appartenenti all'orientamento ammissivo della opposizione ai sensi dell'articolo 615 c.p.c., le quali si riferivano ad una opposizione del debitore contro il creditore procedente, si e' pronunciata nel senso del riconoscimento del rimedio anche per la contestazione del credito di un creditore intervenuto, nella specie munito di titolo esecutivo (ancorche' allegato proprio in vista della conversione).
Successivamente, si segnalano le seguenti decisioni, espressione di un orientamento oramai costante:
a) Cass. n. 12197 del 2001, che-ripetendo l'affermazione di cui a Cass. n. 3442 del 1988 - ha cosi' deciso: "l'opposizione ex articolo 615 c.p.c.";
b) Cass. n. 17481 del 2007 ha statuito: "L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo c.p.c. ovvero mediante opposizione ex articolo 615 c.p.c.. (Nella specie, in applicazione del riportato principio, la sentenza - non avendo a tanto provveduto il giudice di merito - ha rilevato che erroneamente con l'opposizione agli atti esecutivi era stato contestato il diritto a pretendere gli interessi, diritto da contestare, invece, mediante opposizione all'esecuzione in quanto attinente all'ammontare del credito esecutato, ed ha dichiarato inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi proposta, cassando senza rinvio la sentenza impugnata).";
c) Cass. n. 18538 del 2007 si e' cosi' espressa; "In materia di esecuzione, la determinazione della somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, che il giudice opera ai sensi dell'articolo 512 c.p.c., fatta salva la possibilita' che il debitore contesti, con l'opposizione all'esecuzione, l'esistenza del credito, ovvero che lo stesso e' inferiore a quanto dovuto. Ne' puo' affermarsi che tale soluzione comporta un ingiustificato aggravio del principio di economia processuale, in quanto imporrebbe al debitore esecutato di contestare l'esistenza del credito od il suo ammontare in sede di distribuzione della somma depositata ovvero con opposizione agli atti esecutivi, considerato il diverso principio in materia, che e' quello della sollecita definizione della pretesa dei creditori istanti, questi si pregiudicati dalle contestazioni dei crediti";
d) Cass. n. 4446 del 2009, da ultimo, ha affermato: "L'ordinanza di conversione del pignoramento prevista dall'articolo 495 c.p.c.; nel conseguente giudizio, peraltro, l'opponente non puo' limitarsi ad affermare in modo generico la non corrispondenza della somma sostitutiva fissata dal giudice rispetto a quella ritenuta legittimamente computabile, ma e' tenuto ad indicare in modo specifico gli elementi di fatto e le ragioni di diritto per cui chiede che il provvedimento sia dichiarato illegittimo" (Cass. n. 4046 del 2009).
Va notato, in fine che la configurabilita' di un'opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza di assegnazione nei termini ammessi dalla giurisprudenza qui riportata era stata incidentalmente ammessa dalle Sezioni Unite. Cass. sez. un. n. 11178 del 1995, nella cui motivazione si legge: "L'ordinanza che determina la somma sostitutiva e' suscettibile di opposizione agli atti esecutivi e ne costituisce oggetto la verifica della conformita' a legge, sulla scorta dei criteri stabiliti dall'articolo 495 c.p.c., comma 1, della determinazione della somma in concreto effettuata dal giudice dell'esecuzione".
4. Lo stato attuale della giurisprudenza della Corte pertinente, naturalmente alla situazione quo ante l'ultima novella dell'articolo 512 c.p.c. - pone in evidenza alcune certezze.
La prima e' che l'ordinanza con cui il giudice indica la somma di conversione sarebbe suscettibile di opposizione agli esecutivi con riferimento all'osservanza formale dei criteri di determinazione stabiliti dall'articolo 495 c.p.c. o da quelle presupposte o generali del processo esecutivo.
Per dare contenuto a questa proposizione - per la verita' non esemplificata in concreto nella richiamata giurisprudenza - si possono fare alcuni esempi.
Se l'ordinanza ha omesso di considerare una delle poste previste (ad esempio, un credito o una fra le voci ivi indicate) e non vi sia contestazione riguardo all'an e/o al quantum di essa, tale errore attiene al quomodo del processo esecutivo ed essendo l'ordinanza de qua un atto del processo esecutivo che chiude un sub procedimento, e' giuocoforza ammettere detta opposizione. Allo stesso modo si deve ragionare ove sia stata considerata nella somma complessiva una voce non prevista dalla norma: anche questo sembra un errore inerente il quomodo del processo esecutivo. Non diversamente, se non e' stato rispettato il modus procedendi previsto dall'articolo 495 c.p.c.) o quanto alle garanzie (ad esempio non si e' disposta l'audizione delle parti o in concreto e' stato negata).
La seconda certezza parrebbe essere che, se sorgono contestazioni del debitore in ordine all'an o al quantum del credito del creditore procedente per come indicato dall'ordinanza di determinazione della somma sostitutiva, il rimedio ammesso e' l'opposizione all'esecuzione forzata ai sensi dell'articolo 512 c.p.c. ed esperire il rimedio ivi previsto (anche se, a sua scelta, puo' farlo e, quindi dar corso al versamento e procedere alla contestazione in quella sede).
Una terza certezza concerne la deducibilita' da parte del debitore con l'opposizione ai sensi dell'articolo 615 c.p.c. a favore del debitore per le stesse ragioni per cui lo si ammette contro il creditore principale, trattandosi di rimedio esperibile contro la pretesa esecutiva, cioe' assistita da titolo esecutivo, sia essa fatta valere in via principale o per via di intervento.
4.1. Le incertezze emergenti dallo stato della giurisprudenza della Corte riguardano i seguenti problemi.
Ove il debitore voglia contestare l'ordinanza di determinazione della somma di conversione quanto all'ho o al quantum di un credito di un creditore non munito di titolo esecutivo, qual e' il rimedio esperibile?
Ove la doglianza circa la detta ordinanza si intenda sollevare da parte del creditore procedente o di un creditore intervenuto, munito o meno che sia di titolo, perche' un credito non e' stato ammesso o perche' e' stato ammesso solo in parte in una situazione di contestazione dell'an e/o del quantum qual e il rimedio esperibile?
E' palese che la posizione di tali soggetti consiglia l'individuazione di un qualche mezzo di tutela, atteso che, se nessuna tutela immediata fosse possibile ed avesse corso, quindi, il versamento della somma per come determinata prescindendo dalle ragioni di detti creditori, costoro perderebbero ogni possibilita' di far valere le loro ragioni nell'esecuzione: invero, sostituita al bene la somma, magari di valore grandemente inferiore a quanto comprendeva il loro credito per come fatto valere, essi, in sede di distribuzione del ricavato non avrebbero alcuna prospettiva di tutela ai sensi dell'articolo 512 c.p.c., perche' la somma da spartire non contempla il loro credito (o il loro maggior credito).
Si tratta di interrogativi che in passato, specie in sede di commento di Cass. n. 4516 del 1987, avevano fatto prospettare alla dottrina la tesi che il rimedio esperibile dovesse essere in questi casi ed anzi anche quando fosse stata possibile l'opposizione all'esecuzione (e, quindi, la contestazione fosse stata proposta dal debitore contro il creditore procedente o un creditore munito di titolo esecutivo), l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'articolo 512 c.p.c), con una sorta di assunzione da parte dell'opposizione de qua di una funzione distonica rispetto a quella sua propria, cioe' della funzione di mezzo di accertamento dell'an della pretesa esecutiva (nel caso di creditore procedente o intervenuto e munito di titolo) e del diritto da soddisfarsi sine titulo (nel caso di creditore non munto di titolo) nel processo esecutivo. Accertamento, peraltro, di natura funzionale solo al procedere dell'esecuzione forzata e non del relativo diritto sostanziale. Accertamento determinativo in sostanza del diritto di procedere all'esecuzione in corso in un certo modo, secondo la tipica funzione dell'opposizione agli atti, e non invece dell'effettiva sussistenza e del quantum del diritto di credito, restando essa impregiudicata.
A questa prospettazione si potrebbe obiettare che essa si risolve comunque nell'attribuzione all'opposizione agli atti di una funzione del tutto impropria, cioe' della funzione di mezzo di accertamento dell'esistenza o dell'inesistenza del diritto di procedere all'esecuzione riguardo al creditore procedente o intervenutoi e munito del titolo e del diritto di parteciparvi riguardo al creditore non munito di titolo. Si tratta di questioni che afferiscono all'an e non al quomodo e che come tali - quando proposte dal debitore contro il creditore procedente o l'intervenuto titolato - dovrebbero essere tipiche questioni da dedursi con opposizione all'esecuzione. D'altro canto, il fatto che l'accertamento in questo caso avverrebbe incidenter tantum involge anche un problema ulteriore e preliminare: quello determinato dalla previsione di una cognizione incidentale del giudice investito della domanda di opposizione agli atti su sollecitazione dello stesso soggetto che propone la domanda. Questa sollecitazione si avrebbe tanto se l'opposizione agli atti fosse proposta dal debitore con la deduzione di una contestazione sul credito del creditore procedente per come individuato dall'ordinanza di determinazione della somma di conversione o sul credito di un creditore intervenuto munito di titolo o sul credito di un creditore intervenuto che ne sia privo, sempre per come cola' determinati, tanto se l'opposizione fosse proposta dal creditore procedente o da un creditore titolato o meno con la deduzione di una contestazione sull'omessa od insufficiente considerazione del credito da parte dell'ordinanza determinativa. Infatti, nella domanda introduttiva dell'opposizione agli atti, l'opponente dovrebbe sempre esporre come fatti costitutivi siffatte contestazioni. E dunque, una volta considerato che l'art 34 c.p.c. e' norma che consente la cognizione incidenter tantum per effetto di una contestazione di un fatto costitutivo della domanda prospettata dal convenuto e non sulla base di una prospettazione di tale fatto come controverso da parte dello stesso attore, si potrebbe ritenere che, in realta', ammettere nei detti casi l'opposizione agli atti comporti una deduzione della contestazione sul credito come oggetto diretto della domanda e non come oggetto di un accertamento incidentale e come tale non rilevante ai fini della individuazione della domanda stessa.
Inoltre, assoggettare le indicate contestazioni al breve termine decadenziale di proposizione dell'opposizione agli atti comporta il pericolo di un'oggettiva riduzione degli spazi di tutela.
4.2. Di fronte a tali obiezioni, si potrebbe, invece, prospettabile una diversa soluzione che tenda a valorizzare la circostanza che in sede di conversione del pignoramento le due situazioni descritte ed anzi in genere le stesse contestazioni mosse dal debitore contro il creditore procedente o quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo in ordine all'an ed al quantum della somma di conversione si debbano considerare come simili a quelle che danno luogo alle controversie riconducibili all'ambito del rimedio di cui all'articolo 512 c.p.c. e che, in ragione della particolarita' dello svolgimento del processo esecutivo a seguito dell'istanza di conversione e del suo accoglimento con l'ordinanza determinativa della conversione, diventano immediatamente proponibili.
Queste le ragioni.
La situazione che origina per effetto dell'emissione dell'ordinanza determinativa della somma di conversione viene nella sostanza a caratterizzarsi come una situazione corrispondente a quella che prelude alla distribuzione della somma ricavata dopo l'effettuazione della vendita. Ne consegue che sembrerebbe sostenibile che il rimedio di cui all'articolo 512 c.p.c..
Si potrebbe, dunque, sostenere che, quando, a seguito dell'emanazione dell'ordinanza di determinazione della somma di conversione il debitore solleva una contestazione sull'an o sul quantum di alcuno dei crediti, sia esso quello del creditore principale, sia esso quello di un creditore intervenuto, munito o meno di titolo esecutivo, oppure il creditore procedente o alcuno dei creditori muniti o meno di titolo sollevano una contestazione in ordine all'insufficiente indicazione del loro credito o all'eccessiva indicazione del credito altrui, la relativa controversia assume un contenuto sostanziale non dissimile da quello delle controversie ai sensi dell'articolo 512 c.p.c..
Il vantaggio che ne deriverebbe sarebbe anche il conseguente superamento dei problemi di legittimazione che invece si pongono nella logica dell'ammissione del rimedio di cui all'articolo 615 c.p.c., che non e' spendibile dai creditori (che si siano visti negare la considerazione del loro credito in tutto od in parte) e dal debitore contro il creditore non munito di titolo esecutivo.
5. Il Collegio ritiene, tuttavia, che le obiezioni mosse alla ammissibilita' del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi nelle descritte situazioni ed innanzi riassunte siano, in realta', superabili e che detto rimedio e' quello piu' adeguato normativamente rispetto ad esse.
Occorre muovere da un rilievo preliminare che concerne la situazione che si determina per effetto della emissione da parte del giudice dell'esecuzione dell'ordinanza determinativa della somma di conversione, a seguito dell'istanza di conversione da parte del debitore. L'ordinanza, come s'e' rilevato poco sopra, sulla base di quanto esige lo stesso articolo 495 c.p.c., nel determinare la somma di conversione procede necessariamente alla individuazione del credito del creditore procedente e dei crediti dei creditori intervenuti.
Essa si concreta, dunque, nell'esercizio da parte del giudice dell'esecuzione di un potere di ricognizione dell'ammontare di detti crediti e, quindi, nell'accertamento in funzione del procedere dell'esecuzione, di essi.
Tale accertamento esprime la creazione di una situazione di novita' nel processo esecutivo, per il fatto stesso che riconosce formalmente ai crediti un certo modo di essere ai fini del procedere dell'esecuzione. Quale espressione del potere di gestione del processo esecutivo, tale accertamento, costituendo parte dell'oggetto del potere esercitato dal giudice dell'esecuzione, non puo' che essere racchiuso nel provvedimento determinativo e cio' non diversamente da come lo e' quello sull'inerenza all'esecuzione di un determinato credito (ad esempio, sul fatto che vi e' stato un intervento). Si tratta, inoltre, di un accertamento che e funzionale al procedere dell'esecuzione a seguito dell'istanza di conversione e che, quindi, serve a "provvedere" su di essa, cioe' sulla particolare "domanda" ad essa sottesa.
Poiche' l'ordinanza e' un atto del processo esecutivo e come tale rientra nel novero degli atti impugnabili con l'opposizione agli atti e, dunque, non puo' escludersi che essa sia impugnabile con tale rimedio, diventa a questo punto illogico escludere che la domanda sottesa all'opposizione contro di essa proposta non possa esprimere una contestazione riguardo a tutto cio' che in essa, come provvedimento, ha trovato consacrazione e, quindi, in ordine alla determinazione dell'ammontare del credito del creditore procedente e dei crediti dei creditori intervenuti e, quindi, alla loro stessa rilevanza in funzione della determinazione della somma di conversione.
Ne consegue che la domanda di opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore contesti l'ammontare del credito del creditore procedente come determinato nell'ordinanza, quella dello stesso debitore con cui contesti l'ammontare o la sessa esistenza del credito di un creditore intervenuto e, quindi, il quanto ed il se con cui ad essi sia stato dato rilievo ai fini della determinazione della somma di conversione, quella del creditore procedente con cui si contesti l'ammontare del credito per come determinato dall'ordinanza, quella di un creditore intervenuto con cui si contesti l'insufficienza o l'omissione della considerazione del proprio credito, prospettano legittimamente come oggetto dell'accertamento sollecitato dall'opposizione queste questioni, perche' esse rappresentano i fatti costitutivi della invalidita' dell'ordinanza determinativa. E lo rappresentato non diversamente di profili formali di inosservanza delle regole di cui all'articolo 495 c.p.c., che sopra sono stati esemplificati.
L'accertamento che cosi' si sollecita riguardo all'ammontare o alla stessa esistenza parziale o totale di un credito e' qui richiesto soltanto in funzione dell'ottenimento del bene della vita costituto dall'annullamento o dalla modificazione dell'ordinanza determinativa della somma di conversione, in funzione del doversi provvedere sull'esecuzione a seguito dell'istanza di conversione, ed il giudicato che nel scaturira' avra' ad oggetto esclusivamente questo bene.
Se, pertanto, l'opposizione del debitore che abbia contestato l'ammontare del credito del creditore procedente o di quello di alcuno dei creditori intervenuti o la stessa esistenza del credito di uno dei creditori intervenuti viene accolta, l'accertamento che ne conseguira' comportera' soltanto che l'esecuzione potra' evolversi sulla base della nuova determinazione della somma di conversione accertata nel giudizio di opposizione agli atti (ed eventualmente nella sua fase sommaria, attraverso il provvedimento indilazionabile, poi confermato all'esito della cognizione piena), che dovra' considerare il credito di cui trattasi nel modo accertato oppure non dovra' considerarlo affatto.
L'accertamento dell'esatto ammontare del credito del creditore procedente o di quello del creditore intervenuto oppure dell'esistenza del credito di un creditore intervenuto (ove l'opposizione abbia contestato la sua esistenza), restera', invece, ininfluente al di fuori del processo esecutivo. E, quindi, il creditore procedente che abbia visto ridurre l'ammontare del suo credito per effetto dell'opposizione ai fini della somma di conversione, bene potra' farlo valere per il dippiu' in separato giudizio, se del caso riutilizzando il proprio titolo esecutivo nuovamente. Il creditore intervenuto che abbia visto ridotto o negato il suo credito, a sua volta bene potra' far valere l'eccedenza o l'intero credito in separato giudizio e, se titolato, riutilizzare il titolo esecutivo. Il debitore che abbia visto rigettare la sua opposizione agli atti diretta a contestare l'ammontare del credito del creditore procedente, o quello del credito di un intervenuto o la sua stessa esistenza, conservera' la possibilita' di proporre opposizione all'esecuzione per far valere la stessa contestazione contro il creditore procedente o quello intervenuto, munito di titolo esecutivo, e la possibilita' - eventualmente - di proporre autonomo giudizio di accertamento negativo del credito contro il creditore intervenuto non munito di titolo.
Tutto questo e' giustificato dall'oggetto stesso del giudicato che si forma a seguito dell'opposizione agli atti.
Restera', invece, preclusa la possibilita' di riproporre ai sensi dell'articolo 512 c.p.c. le questioni decise dall'opposizione agli atti in sede di distribuzione della somma di conversione. Ma tale effetto preclusivo si giustifica per la ragione che esse sono oramai definite nel processo esecutivo dall'opposizione agli atti (cioe' dal suo giudicato) e la distribuzione riguarda la somma acquisita per effetto della conversione per come determinata dall'ordinanza di conversione stessa.
5.1. La proposta ricostruzione, la' dove si concreta nel riconoscimento della possibilita' che avverso l'ordinanza di determinazione della somma di conversione possano essere proposte contestazioni relative all'ammontare del credito del creditore procedente, del credito dei creditori intervenuti e della stessa esistenza del credito di un creditore intervenuto, per come ritenute dall'ordinanza stessa, non toglie che quando la contestazione sia fatta dal debitore esecutato ed attinga il credito del creditore procedente o l'esistenza o l'ammontare del credito di un creditore munito di titolo, egli possa tutelarsi anche con il rimedio dell'opposizione all'esecuzione ai sensi del secondo comma dell'articolo 615 c.p.c. E cio', al fine di ottenere l'accertamento del diritto di procedere all'esecuzione forzata per la parte o per il credito, siccome consacrati nel titolo esecutivo e non gia' in funzione soltanto del modo di procedere dell'esecuzione in corso.
6. Questa ricostruzione sembra preferibile rispetto a quella, sopra adombrata, tendente a riportare all'articolo 512 c.p.c. e, per altro verso, la stessa prospettiva piu' ridotta (perche' non spendibile dal creditore procedente e da quelli intervenuti) dell'opposizione all'esecuzione (evocata, come si e' visto, dalla giurisprudenza di questa Corte), appaiono del tutto inidonee all'apprestamento a favore della parte interessata di un rimedio efficace per reagire contro il modo di essere della considerazione di un credito ai fini del provvedere sull'istanza di conversione.
L'uno e l'altro rimedio, infatti, determinerebbero, qualora in sede sommaria fosse riconosciuto che il credito del creditore procedente e' minore o che e' minore il credito di un creditore intervenuto munito di titolo, la sospensione dell'esecuzione e, quindi, del doversi provvedere sull'istanza di conversione, che dunque non potrebbe avere corso. Non potrebbe, invero, immaginarsi che, essendo stata la sospensione dell'esecuzione parziale e dovendo l'esecuzione proseguire per la parte non oggetto di sospensione, all'istanza di conversione possa farsi luogo per la somma non oggetto di sospensione. Il bene, infatti, in tale caso non potrebbe essere liberato e, dunque, si dovrebbe fare luogo ad una conversione parziale, il che e' del rutto al di fuori della logica dell'istituto.
7. L'esposta ricostruzione si rende preferibile anche perche' si pone in linea con il regime dell'articolo 512 c.p.c. introdotto dal Decreto Legge n. 35 del 2005, convertito con modificazioni, nella Legge n. 80 del 2005, che ha ricondotto le relative controversie sostanzialmente all'articolo 617 c.p.c.. Ma non e' questo problema che la Corte deve approfondire in questa sede.
8. Si puo' passare a questo punto all'esame del primo motivo, che, come si e' anticipato, appare fondato.
Invero, il Tribunale ha rigettato l'opposizione agli esecutivi, in quanto la Ga. l'aveva proposta adducendo a sua giustificazione fatti che sarebbero stati idonei a giustificare - a suo dire - un'azione ai sensi dell'articolo 615 c.p.c..
Avendo la Ga. scelto la prospettiva dell'opposizione agli atti, il Tribunale avrebbe, dunque, dovuto considerarli in funzione di essa. E, all'esito delle risultanze dell'espletata consulenza tecnica, di cui da atto la stessa sentenza impugnata, in ordine alla piu' ridotta misura del credito della creditrice procedente, l'opposizione si sarebbe dovuta accogliere con la conseguente caducazione dell'ordinanza di determinazione della somma di conversione limitatamente all'importo non dovuto secondo il supplemento di consulenza tecnica e, quindi, alla parte di credito accertata (con i limitati effetti sopra chiariti) inesistente, nonche' l'effetto di determinare lo sviluppo successivo dell'esecuzione in conformita'.
La sentenza impugnata, dunque, dev'essere cassata per non avere cosi' provveduto.
Il giudizio va rinviato al Tribunale di Livorno, che decidera' in conseguenza e, in particolare, accogliera' l'opposizione provvedendo ad annullare parzialmente l'ordinanza di determinazione della somma di conversione per la parte di credito del creditore procedente accertata inesistente dal supplemento di consulenza tecnica con riferimento al momento dell'udienza del 25 novembre 1998, di modo che la conversione dovra' avere luogo per la somma al netto di essa.
Naturalmente il giudice di rinvio potra' tenere conto degli accessori maturati successivamente determinati sempre in relazione al credito accertato esistente.
Non conoscendosi gli sviluppi del processo esecutivo non e' possibile decidere la causa nel merito.
9. Il secondo motivo resta assorbito.
La decisione sulle spese del giudizio di cassazione e' rimessa al giudice di rinvio.
P.Q.M.
LA CORTE
Accoglie il primo motivo di ricorso. Dichiara assorbito il secondo. Rinvia al Tribunale di Livorno, che decidera', anche sulle spese del giudizio di cassazione, in persona di diverso magistrato addetto all'ufficio.