La cessione del credito a scopo di garanzia dà sempre luogo alla trasmissione del credito che ne costituisce l’oggetto

La cessione del credito a scopo di garanzia dà sempre luogo alla trasmissione del credito che ne costituisce l’oggetto: in via immediata, se il credito è già maturato, ovvero in via differita, cioè al momento della maturazione, se trattasi di un credito futuro; essa non può essere confusa con il pegno di credito in quanto quest’ultimo, per la sua precipua caratteristica strutturale, integra un tipico diritto di prelazione, che non dà mai luogo al trasferimento della titolarità del credito al creditore pignoratizio.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 7 aprile 2016, n. 6759



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato - Presidente

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - rel. Consigliere

Dott. FERRO Massimo - Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso 8541-2010 proposto da:

(OMISSIS) S. P. A., (C.F. (OMISSIS)), quale societa' succeduta alla (OMISSIS) S. P. A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) S. R. L., (C.F. (OMISSIS)), (OMISSIS) S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 217/2010 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 01/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/02/2016 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la ricorrente, l'Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per le controricorrenti, l'Avvocato (OMISSIS), con delega, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La (OMISSIS) s.p.a., incorporante la (OMISSIS), chiedeva l'ammissione al passivo del Fallimento della s.r.l. (OMISSIS) per lo scoperto di conto corrente per Euro 2.498.006,40 in via privilegiata, in forza del contratto di cessione del credito Iva della fallita in favore di detta incorporata, e di lire 424.259,00 al chirografo; l'intero credito veniva ammesso al chirografo.

Con l'opposizione, la Banca contestava l'esclusione del privilegio, sostenendo l'assimilabilita' della cessione di credito a scopo di garanzia al pegno e deduceva che il credito Iva le era stato rimborsato per 1 miliardo di lire in due tranche e che per il residuo pendeva opposizione alla Commissione tributaria provinciale di Milano.

Il Fallimento si costituiva, contestava la fondatezza dell'opposizione, deduceva che l'Agenzia delle Entrate aveva negato l'esistenza del credito Iva in oggetto e che il provvedimento di diniego del saldo era stato impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale.

Il processo veniva interrotto per l'intervenuta omologazione del concordato fallimentare della s.r.l. (OMISSIS) e riassunto dalla Banca nei confronti della societa' in bonis, dell'assuntrice e garante del concordato (OMISSIS) s.r.l. e del Fallimento.

Il Tribunale, con sentenza del 20/7/06, dichiarava inammissibili le domande della Banca diverse da quelle dell'atto di opposizione; riteneva legittimate passive la (OMISSIS) e la (OMISSIS), respingeva l'opposizione per non essere il credito assistito da garanzia reale o privilegio.

La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 13/11/2/2010, ha respinto l'appello della Banca, e condannato detta parte alle spese.

La Corte territoriale, nello specifico, ha rilevato che con la chiusura della procedura fallimentare, il Fallimento aveva cessato di esistere; che erano legittimate passive la (OMISSIS) e la (OMISSIS); che era infondata la richiesta della Banca, basata sull'erroneo presupposto dell'equiparazione a tutti gli effetti della cessione di credito a scopo di garanzia al pegno, non rientrando la prima nella tassativa elencazione dei diritti di prelazione di cui all'articolo 54 l.f.; che era corretta la statuizione del Tribunale di inammissibilita' delle due domande introdotte dalla Banca in sede di riassunzione, ma anche a ritenere diversamente, la prima domanda, riguardante unicamente la (OMISSIS), era generica, ne' in ogni caso era stata provata la condotta colposa della societa' in ordine alla salvaguardia del credito Iva ceduto; la seconda domanda, riguardante principalmente (OMISSIS), era conseguente a quella fatta valere con l'opposizione allo stato passivo per cui, escluso il carattere privilegiato del credito, doveva ritenersi intangibile la ripartizione effettuata in sede di concordato fallimentare.

Ricorre avverso detta pronuncia la (OMISSIS) s.p.a., succeduta alla (OMISSIS) nel rapporto controverso a seguito della fusione del 16/9/2008, con ricorso affidato a tre motivi.

Si difende con controricorso l' (OMISSIS). La ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Col primo mezzo, la ricorrente si duole dei vizi ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 della pronuncia impugnata; sostiene che la Corte del merito e' "manifestamente sbrigativa, al punto di eludere le questioni nei termini posti e dibattuti"; deduce di avere fatto valere la cessione di credito pro solvendo a scopo di garanzia come causa atipica di prelazione, assimilabile al pegno, in linea con la sentenza 3128/58, il cui principio non e' mai stato superato da sentenze successive; che la costituzione in pegno di un credito verso la P.A. si realizza tecnicamente proprio con la cessione in garanzia, e che per l'opponibilita' la cessione del credito fiscale non richiede l'accettazione della Pubblica Amministrazione, ma solo la notificazione a questa.

1.2.- Col secondo motivo, la Banca si duole del vizio di motivazione della pronuncia impugnata, sul fatto controverso e decisivo della cessione pro solvendo del credito Iva, anno 1996, a scopo di garanzia del finanziamento effettuato dalla Banca al cedente. Secondo la ricorrente, il ragionamento della Corte di merito e' illogico, per la negazione della prelazione,"supponendosi" il riferimento alla causa tipica di prelazione, pegno e privilegio, mentre la Banca, riferendosi unicamente alla cessione pro solvendo in garanzia del credito Iva, non ha invocato ne' il pegno ne' il privilegio.

1.3.- Col terzo motivo, la ricorrente censura la pronuncia per avere ritenuto l'inammissibilita' delle domande ritenute "nuove" avanzate nelle conclusioni aggiuntive in sede di riassunzione, che devono invece ritenersi direttamente conseguenti alla chiusura del fallimento per concordato.

2.1.- I primi due motivi, strettamente collegati, vanno esaminati congiuntamente e sono da ritenersi infondati.

La questione di diritto posta dalla parte e' chiara; secondo la Banca, deve riconoscersi l'ammissione del proprio credito derivante dalla cessione di credito Iva pro solvendo in funzione di garanzia in via privilegiata, dovendosi ritenere sussistente una garanzia atipica, secondo i principi enunciati nella sentenza 3128/1958, e non gia' quella tipica costituita dal pegno o dal privilegio.

Cio' posto, si deve rilevare che la pronuncia 3128/1958, nella parte che qui interessa, si e' limitata a ritenere che la cessione di credito, stipulata in occasione di un finanziamento, assume funzione di garanzia, (atipica) paragonabile nei suoi effetti a quella tipica prevista dalla legge nei casi consimili di pegno di crediti e, piu' in dettaglio, nella parte motiva, ha affrontato la questione della violazione dell'articolo 112 c.p.c., ritenendola infondata, alla stregua dell'interpretazione della domanda contenuta nel ricorso al giudice delegato e di quella riproposta con l'atto di opposizione, rilevando che l'espressione adottata nel ricorso "con privilegio speciale" chiariva come la Cassa di Risparmio volesse avvalersi della garanzia atipica integrata dalla cessione pro solvendo.

Ne consegue che il (datato) precedente invocato non puo' adeguatamente supportare la tesi della ricorrente.

Nel merito, in ogni caso, la ricorrente, ha invocato nel caso il medesimo effetto tipico riconosciuto dalla legge ai diritti reali di garanzia, ovvero la soddisfazione del credito con preferenza rispetto agli altri creditori in sede di ammissione al passivo fallimentare, facendo valere l'assimilabilita' della fattispecie con il pegno di credito: detta tesi e' infondata, per la sostanziale diversita' tra le due figure giuridiche.

Ed infatti, come affermato nella pronuncia 5943/1980, la cessione del credito a scopo di garanzia da' sempre luogo alla trasmissione del credito che ne costituisce l'oggetto: in via immediata, se il credito e' gia' maturato, ovvero in via differita, cioe' al momento della maturazione, se trattasi di credito futuro; essa, pertanto, non puo' essere confusa con il pegno di credito, in quanto quest'ultimo, per la sua precipua caratteristica strutturale, integra un tipico diritto di prelazione, che non da' mai luogo al trasferimento della titolarita' del credito al creditore pignoratizio: conseguentemente, non potendosi la cessione di un credito a scopo di garanzia annoverare tra i diritti di prelazione, indicati tassativamente dall'articolo 177, comma 3, legge fallimentare, bensi' attuando soltanto una forma atipica di garanzia, l'adesione del cessionario del credito al concordato preventivo del cedente non ne comporta la rinuncia.

Ne', infine, puo' attribuirsi alcun effetto, ai fini che qui interessano, alla intervenuta pronuncia di questa Corte nel contenzioso tributario, che ha qualificato l'intervento della Banca in primo grado come adesivo autonomo, ed ha respinto i ricorsi principale ed incidentali.

2.2.- Il terzo motivo e' inammissibile.

La ricorrente non ha censurato l'effettiva ratio decidendi adottata dalla Corte del merito, ovvero la natura impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo, ed il rilievo d'ufficio dell'inammissibilita' delle domande nuove; la ricorrente, infatti, si e' limitata a fare valere "la necessita' delle conclusioni aggiuntive", e nel resto ha censurato le valutazioni svolte dalla Corte del merito in via di mera ipotesi, a ritenere introducibili con l'atto di riassunzione domande aggiunte, quali domande di un nuovo giudizio.

3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

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