legittimità disconoscimento plafond inesistente derivante da soggetto conferente ramo di azienda

Massima - Le comunicazioni richieste dalla disciplina relativa all'utilizzo del plafond di cui agli artt. 8 e 35 del D.P.R. n. 633/1972 costituiscono il necessario completamento di un sistema normativo finalizzato all'indispensabile chiarezza di rapporti tra l'Amministrazione finanziaria ed il contribuente. Conseguentemente, è legittimo il disconoscimento dell'utilizzo di un plafond inesistente da parte di un soggetto passivo conferente un ramo d'azienda al quale siano da ricondursi le operazioni effettuate in sospensione d'imposta.

Sent. n. 336 del 28 novembre 2007 (ud. del 17 ottobre 2007) della Comm. trib. prov. di Milano



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Sent. n. 336 del 28 novembre 2007 (ud. del 17 ottobre 2007) della Comm. trib. prov. di Milano, Sez. XXVI - Pres. e Rel. Martino Imposta sul valore aggiunto (IVA) - Art. 8, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 - Esportatori abituali - Plafond - Conferimento di ramo d’azienda -  Art.  35, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 - Omessa  comunicazione  -  Effettuazione  di operazioni in sospensione d’imposta - Conseguenze Massima - Le comunicazioni richieste dalla disciplina relativa  all’utilizzo del plafond di cui agli 35 del D.P.R. n. 633/1972 costituiscono il necessario   completamento   di    un    sistema    normativo    finalizzato all’indispensabile chiarezza di rapporti tra  l’Amministrazione  finanziaria ed  il  contribuente.  Conseguentemente,  è  legittimo  il   disconoscimento dell’utilizzo di un plafond inesistente da  parte  di  un  soggetto  passivo conferente un ramo d’azienda al quale  siano  da  ricondursi  le  operazioni effettuate in sospensione d’imposta.
    Considerazioni in fatto e in diritto -  La  società  ha  ricorso  contro l'avviso d'accertamento indicato     in  epigrafe  con  il  quale  l'Agenzia  delle  Entrate  ufficio  di  ha rettificato la dichiarazione IVA 2000 recuperando alla tassazione  l'imposta -e sanzioni- dovuta per effetto del mancato riconoscimento del  plafond  IVA previsto all'art. 8 dpr 633/72 per gli  esportatori  abituali,  sull'assunto secondo che la società T. spa, conferente di ramo d'azienda,  nell'anno  '99 avrebbe effettuato acquisti in sospensione d'imposta utilizzando un  plafond IVA in larga misura inesistente.     La ricorrente ha eccepito la nullità dell'accertamento  per  difetto  di motivazione assumendo che la  rettifica  si  fonderebbe  su  dati  di  fatto erronei e su elementi, come l'interrogazione dei dati del sistema VIES,  non messi a disposizione della parte.     In fatto, ha ripercorso le fasi e della ristrutturazione  finanziaria  e industriale che ha condotto all'atto di conferimento con il quale era  stato iposo iure trasferito il plafond IVA, negando di aver continuato  l'attività d'impresa e imputando a un errore dello spedizioniere  la  compilazione  del documento doganale con l'indicazione del codice fiscale di essa società.     Quanto, poi, all'omissione della comunicazione prevista all'art. 35  dpr n.633/72, ha osservato trattarsi di adempimento non previsto dalla normativa de qua che  provvede  a  elencare  tassativamente  le  comunicazione  cui  i contribuenti sono tenuti in materia d'IVA.     Infine, ha chiesto l'annullamento delle sanzioni valutando, in  ipotesi, come errore meramente formale il proprio comportamento.     L'ufficio finanziario si è costituito, ha ulteriormente  replicato  agli argomenti della ricorrente, ha concluso per la conferma del proprio atto.     A conclusione dell'odierna pubblica udienza, giudica il Collegio che  il ricorso debba essere rigettato.     È provato per tabulas - e non sarebbe ipotizzabile altra prova-  che  il 30 novembre '98 la società  ...  ha  conferito  il  proprio  ramo  d'azienda adibito a vendita, progettazione e produzione d'impianti  alla  società  ... sulla base delle situazione patrimoniale al 30/09/98,  con  ciò  trasferendo anche il plafond IVA, trattandosi di effetto legale dell'atto.     Che l'atto di conferimento sia stato registrato risulta dagli estremi di registrazione apposti sul documento e dei quali, in ipotesi,  va  dimostrata la falsità.     È provato che nell'anno 1999 la società ha eseguito delle  esportazioni, ciò ricavandosi dai bollettini doganali e dai dati del sistema VIES.     Che possa essersi trattato di un errore dello spedizioniere,  frutto  di particolare negligenza e ripetuto, non è credibile,  ma  in  ogni  caso  ciò atterrebbe a rapporti interni ai quali l'amministrazione finanziaria  è  del tutto estranea e dei quali,  di  conseguenza  non  può  subire  gli  effetti pregiudizievoli. Se così è davvero accaduto sarà la parte a  far  valere  le proprie ragioni nei confronti dello spedizioniere infedele.     Per completezza va detto che le comunicazioni richieste dal dpr n.633/72 non sono un fuor d'opera, bensì il necessario completamento  di  un  sistema normativo finalizzato all'indispensabile chiarezza di rapporti tra il  fisco e la parte privata  tenuta,  per  l'effetto  a  notiziare  l'amministrazione finanziaria delle eventuali operazioni straordinarie e del trasferimento del plafond IVA. Soprattutto, va aggiunto, allorché il  conferente  mantenga  la partita IVA.     Non sussistono le condizioni per non applicare le sanzioni  esulando  il caso di specie dalle situazioni di obiettiva incertezza della norma.     Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, tenuto conto del  valore della controversia, in complessivi € 4.000,00.       P.Q.M.  -  rigetta  il  ricorso  e  condanna  la  società  a  rimborsare all'Agenzia delle Entrate ufficio di le spese  processuali  che  liquida  in complessivi € 4.000,00.                                                    

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