Preambolo
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e87 della Costituzione;
Vista lalegge 16 febbraio 1987, n. 81, recante delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 gennaio 1988;
Visto il parere espresso in data 16 maggio 1988 dalla Commissione parlamentare istituita a norma dell'articolo 8 della citata legge n. 81 del 1987;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 luglio 1988;
Visto il parere espresso in data 4 agosto 1988 dalla Commissione parlamentare a norma dell'articolo 8, comma 3, della citata legge n. 81 del 1987;
Visto il parere espresso in data 19 luglio 1988 dal Consiglio superiore della magistratura;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 settembre 1988;
Sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia;
Emana
Il seguente decreto:
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 1 - Principi generali del processo minorile
1. Nel procedimento a carico di minorenni si osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale. Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne.
2. Il giudice illustra all'imputato il significato delle attività processuali che si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni anche etico-sociali delle decisioni.
Art. 2 - Organi giudiziari nel procedimento a carico di minorenni
1. Nel procedimento a carico di minorenni esercitano le funzioni rispettivamente loro attribuite, secondo le leggi di ordinamento giudiziario:
a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
b) il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni;
c) il tribunale per i minorenni;
d) il procuratore generale presso la corte di appello;
e) la sezione di corte di appello per i minorenni;
f) il magistrato di sorveglianza per i minorenni.
Art. 3 - Competenza
1. Il tribunale per i minorenni è competente per i reati commessi dai minori degli anni diciotto.
2. Il tribunale per i minorenni e il magistrato di sorveglianza per i minorenni esercitano le attribuzioni della magistratura di sorveglianza nei confronti di coloro che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto. La competenza cessa al compimento del venticinquesimo anno di età.
Art. 4 - Informativa al procuratore della Repubblica per i minorenni
1. Al fine dell'eventuale esercizio del potere di iniziativa per i provvedimenti civili di competenza del tribunale per i minorenni, l'autorità giudiziaria informa il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni nella cui circoscrizione il minorenne abitualmente dimora dell'inizio e dell'esito del procedimento penale promosso in altra circoscrizione territoriale.
Art. 5 - Sezioni di polizia giudiziaria per i minorenni
1. In ciascuna procura della Repubblica presso i tribunali per i minorenni è istituita una sezione specializzata di polizia giudiziaria, alla quale è assegnato personale dotato di specifiche attitudini e preparazione.
Art. 6 - Servizi minorili
1. In ogni stato e grado del procedimento l'autorità giudiziaria si avvale dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia. Si avvale altresì dei servizi di assistenza istituiti dagli enti locali.
Art. 7 - Notifiche all'esercente la potestà dei genitori
1. L'informazione di garanzia e il decreto di fissazione di udienza devono essere notificati, a pena di nullità, anche all'esercente la potestà dei genitori.
Art. 8 - Accertamento sull'età del minorenne
1. Quando vi è incertezza sulla minore età dell'imputato, il giudice dispone, anche di ufficio, perizia.
2. Qualora, anche dopo la perizia, permangono dubbi sulla minore età, questa è presunta ad ogni effetto.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano altresì quando vi è ragione di ritenere che l'imputato sia minore degli anni quattordici.
Art. 9 - Accertamenti sulla personalità del minorenne
1. Il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertarne l'imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili.
2. Agli stessi fini il pubblico ministero e il giudice possono sempre assumere informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minorenne e sentire il parere di esperti, anche senza alcuna formalità.
Art. 10 - Inammissibilità dell'azione civile
1. Nel procedimento penale davanti al tribunale per i minorenni non è ammesso l'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato.
2. La sentenza penale non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato.
3. Non può essere riconosciuta la sentenza penale straniera per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno.
Art. 11 - Difensore di ufficio dell'imputato minorenne
1. Fermo quanto disposto dall'articolo 97 del codice di procedura penale, il consiglio dell'ordine forense predispone gli elenchi dei difensori con specifica preparazione nel diritto minorile.
Art. 12 - Assistenza all'imputato minorenne
1. L'assistenza affettiva e psicologica all'imputato minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altra persona idonea indicata dal minorenne e ammessa dall'autorità giudiziaria che procede.
2. In ogni caso al minorenne è assicurata l'assistenza dei servizi indicati nell'articolo 6.
3. Il pubblico ministero e il giudice possono procedere al compimento di atti per i quali è richiesta la partecipazione del minorenne senza la presenza delle persone indicate nei commi 1 e 2, nell'interesse del minorenne o quando sussistono inderogabili esigenze processuali.
Art. 13 - Divieto di pubblicazione e di divulgazione [1]
1. Sono vietate la pubblicazione e la divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l'identificazione del minorenne comunque coinvolto nel procedimento.
2. La disposizione del comma 1 non si applica dopo l'inizio del dibattimento se il tribunale procede in udienza pubblica.
Note:
1 A norma dell'art. 50, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, il divieto di cui al presente articolo si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale.
Art. 14 - Casellario giudiziale per i minorenni [1]
Note:
1 Articolo abrogato dall'art. 52, comma 1, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 15 - Eliminazione delle iscrizioni [1]
Note:
1 Articolo abrogato dall'art. 52, comma 1, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
CAPO II
Provvedimenti in materia di libertà personale
Art. 16 - Arresto in flagranza
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere all'arresto del minorenne colto in flagranza di uno dei delitti per i quali, a norma dell'articolo 23, può essere disposta la misura della custodia cautelare.
2. [1]
3. Nell'avvalersi della facoltà prevista dal comma 1 gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria devono tenere conto della gravità del fatto nonché dell'età e della personalità del minorenne [2] .
Note:
1 Comma soppresso dall'art. 36, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
2
2 Comma modificato dall'art. 36, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 17 - Fermo di minorenne indiziato di delitto [1]
E' consentito il fermo del minorenne indiziato di un delitto per il quale, a norma dell'articolo 23, può essere disposta la misura della custodia cautelare, sempre che, quando la legge stabilisce la pena della reclusione, questa non sia inferiore nel minimo a due anni.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 37, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 18 - Provvedimenti in caso di arresto o di fermo del minorenne [1]
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o il fermo del minorenne ne danno immediata notizia al pubblico ministero nonché all'esercente la potestà dei genitori e all'eventuale affidatario e informano tempestivamente i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia.
2. Quando riceve la notizia dell'arresto o del fermo, il pubblico ministero dispone che il minorenne sia senza ritardo condotto presso un centro di prima accoglienza o presso una comunità pubblica o autorizzata che provvede a indicare. Qualora, tenuto conto delle modalità del fatto, dell'età e della situazione familiare del minorenne, lo ritenga opportuno, il pubblico ministero può disporre che il minorenne sia condotto presso l'abitazione familiare perché vi rimanga a sua disposizione.
3. Oltre nei casi previsti dall'articolo 389 del codice di procedura penale, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che il minorenne sia posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dovere richiedere l'applicazione di una misura cautelare.
4. Al fine di adottare i provvedimenti di sua competenza, il pubblico ministero può disporre che il minorenne sia condotto davanti a sé.
5. Si applicano in ogni caso le disposizioni degli articoli 390 e 391 del codice di procedura penale.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 38, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 18 bis - Accompagnamento a seguito di flagranza [1]
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accompagnare presso i propri uffici il minorenne colto in flagranza di un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e trattenerlo per il tempo strettamente necessario alla sua consegna all'esercente la potestà dei genitori o all'affidatario o a persona da questi incaricata. In ogni caso il minorenne non può essere trattenuto oltre dodici ore.
2. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno proceduto all'accompagnamento ne danno immediata notizia al pubblico ministero e informano tempestivamente i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia. Provvedono inoltre a invitare l'esercente la potestà dei genitori e l'eventuale affidatario a presentarsi presso i propri uffici per prendere in consegna il minorenne.
3. L'esercente la potestà dei genitori, l'eventuale affidatario e la persona da questi incaricata alla quale il minorenne è consegnato sono avvertiti dell'obbligo di tenerlo a disposizione del pubblico ministero e di vigilare sul suo comportamento.
4. Quando non è possibile provvedere all'invito previsto dal comma 2 o il destinatario di esso non vi ottempera ovvero la persona alla quale il minorenne deve essere consegnato appare manifestamente inidonea ad adempiere l'obbligo previsto dal comma 3, la polizia giudiziaria né dà immediata notizia al pubblico ministero, il quale dispone che il minorenne sia senza ritardo condotto presso un centro di prima accoglienza ovvero presso una comunità pubblica o autorizzata che provvede a indicare.
5. Si applicano le disposizioni degli articoli 16 comma 3, 18 commi 2 secondo periodo, 3, 4 e 5 e 19 comma 5.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 39, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 19 - Misure cautelari per i minorenni
1. Nei confronti dell'imputato minorenne non possono essere applicate misure cautelari personali diverse da quelle previste nel presente capo.
2. Nel disporre le misure il giudice tiene conto, oltre che dei criteri indicati nell'articolo 275 del codice di procedura penale, dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto. Non si applica la disposizione dell'articolo 275, comma 3, secondo periodo, del codice di procedura penale [1] .
3. Quando è disposta una misura cautelare, il giudice affida l'imputato ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia, i quali svolgono attività di sostegno e controllo in collaborazione con i servizi di assistenza istituiti dagli enti locali.
4. Le misure diverse dalla custodia cautelare possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni [2] .
3
5. Nella determinazione della pena agli effetti della applicazione delle misure cautelari si tiene conto, oltre che dei criteri indicati nell'articolo 278, della diminuente della minore età.
Note:
1 Comma modificato dall'art. 5, comma 4, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
2 Comma modificato dall'art. 40, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 20 - Prescrizioni
1. Se, in relazione a quanto disposto dall'articolo 19 comma 2, non risulta necessario fare ricorso ad altre misure cautelari, il giudice, sentito l'esercente la potestà dei genitori, può impartire al minorenne specifiche prescrizioni inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione. Si applica l'articolo 19 comma 3.
2. Le prescrizioni previste dal comma 1 perdono efficacia decorsi due mesi dal provvedimento con il quale sono state impartite. Quando ricorrono esigenze probatorie, il giudice può disporre la rinnovazione, per non più di una volta, delle prescrizioni imposte.
3. Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni, il giudice può disporre la misura della permanenza in casa.
Art. 21 - Permanenza in casa
1. Con il provvedimento che dispone la permanenza in casa il giudice prescrive al minorenne di rimanere presso l'abitazione familiare o altro luogo di privata dimora. Con il medesimo provvedimento il giudice può imporre limiti o divieti alla facoltà del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.
2. Il giudice può, anche con separato provvedimento, consentire al minorenne di allontanarsi dall'abitazione in relazione alle esigenze inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione.
3. I genitori o le persone nella cui abitazione è disposta la permanenza del minorenne vigilano sul suo comportamento. Essi devono consentire gli interventi di sostegno e di controllo dei servizi previsti dall'articolo 6 nonché gli eventuali ulteriori controlli disposti dal giudice.
4. Il minorenne al quale è imposta la permanenza in casa è considerato in stato di custodia cautelare, ai soli fini del computo della durata massima della misura, a decorrere dal momento in cui la misura è eseguita ovvero dal momento dell'arresto, del fermo o dell'accompagnamento. Il periodo di permanenza in casa è computato nella pena da eseguire, a norma dell'articolo 657 del codice di procedura penale [1] .
5. Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamento ingiustificato dalla abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamento in comunità.
Note:
1 Comma sostituito dall'art. 41, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 22 - Collocamento in comunità
1. Con il provvedimento che dispone il collocamento in comunità il giudice ordina che il minorenne sia affidato a una comunità pubblica o autorizzata, imponendo eventuali specifiche prescrizioni inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione.
2. Il responsabile della comunità collabora con i servizi previsti dall'articolo 19 comma 3.
3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 21 commi 2 e 4.
4. Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposte o di allontanamento ingiustificato dalla comunità, il giudice può disporre la misura della custodia cautelare, per un tempo non superiore a un mese, qualora si proceda per un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
Art. 23 - Custodia cautelare [1]
1. La custodia cautelare può essere applicata quando si procede per delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni. Anche fuori dei casi predetti, la custodia cautelare può essere applicata quando si procede per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 380 comma 2 lettere e), f), g), h) del codice di procedura penale nonché, in ogni caso, per il delitto di violenza carnale.
2. Il giudice può disporre la custodia cautelare:
a) se sussistono gravi e inderogabili esigenze attinenti alle indagini, in relazione a situazioni di concreto pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova;
b) se l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga [2] ;
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c) se, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità dell'imputato, vi è il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quelli per cui si procede.
3. I termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale sono ridotti della metà per i reati commessi da minori degli anni diciotto e dei due terzi per quelli commessi da minori degli anni sedici e decorrono dal momento della cattura, dell'arresto, del fermo o dell'accompagnamento.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 42, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
2 La Corte costituzionale, con sentenza 26 luglio 2000, n. 359, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera.
Art. 24 - Provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini
1. Quando l'imputato è scarcerato per decorrenza dei termini, il giudice può imporre le prescrizioni previste dall'articolo 20.
CAPO III
Definizione anticipata del procedimento e giudizio in dibattimento
Art. 25 - Procedimenti speciali
1. Nel procedimento davanti al tribunale per i minorenni non si applicano le disposizioni dei titoli II eV del libro VI del codice di procedura penale.
2. Le disposizioni deltitolo III del libro VI del codice di procedura penale si applicano solo se è possibile compiere gli accertamenti previsti dall'articolo 9 e assicurare al minorenne l'assistenza prevista dall'articolo 12.
2-bis. Salvo quanto previsto dal comma 2, il pubblico ministero può procedere al giudizio direttissimo anche nei confronti del minorenne accompagnato a norma dell'articolo 18-bis [1] .
Note:
1 Comma aggiunto dall'art. 43, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 26 - Obbligo della immediata declaratoria della non imputabilità
1. In ogni stato e grado del procedimento il giudice, quando accerta che l'imputato è minore degli anni quattordici, pronuncia, anche di ufficio, sentenza di non luogo a procedere trattandosi di persona non imputabile.
Art. 27 - Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto [1]
1. Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne.
2. Sulla richiesta il giudice provvede in camera di consiglio sentiti il minorenne e l'esercente la potestà dei genitori, nonché la persona offesa dal reato. Quando non accoglie la richiesta il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero.
3. Contro la sentenza possono proporre appello il minorenne e il procuratore generale presso la corte di appello. La corte di appello decide con le forme previste dall'articolo 127 del codice di procedura penale e, se non conferma la sentenza, dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero.
4. Nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, se ricorrono le condizioni previste dal comma 1 [2] .
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 1, L. 5 febbraio 1992, n. 123.
2 La Corte Costituzionale con sentenza del 9 maggio 2003 n. 149 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede che la sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto possa essere pronunciata solo nell'udienza preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo.
Art. 28 - Sospensione del processo e messa alla prova
1. Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova disposta a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi, per un periodo non superiore a un anno. Durante tale periodo è sospeso il corso della prescrizione [1] .
2. Con l'ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno. Con il medesimo provvedimento il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato.
3. Contro l'ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore.
4. La sospensione non può essere disposta se l'imputato chiede il giudizio abbreviato o il giudizio immediato [2] .
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5. La sospensione è revocata in caso di ripetute e gravi trasgressioni alle prescrizioni imposte.
Note:
1 Comma modificato dall'art. 44, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
2 La Corte Costituzionale, con sentenza 14 aprile 1995, n. 125, ha dichiarato l'incostituzionalità del presente comma nella parte in cui prevede che la sospensione non può essere disposta se l'imputato chiede il giudizio abbreviato o il giudizio immediato.
Art. 29 - Dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova
Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento del minorenne e della evoluzione della sua personalità, ritiene che la prova abbia dato esito positivo. Altrimenti provvede a norma degli articoli 32 e 33.
Art. 30 - Sanzioni sostitutive
1. Con la sentenza di condanna il giudice, quando ritiene di dover applicare una pena detentiva non superiore a due anni, può sostituirla con la sanzione della semidetenzione o della libertà controllata, tenuto conto della personalità e delle esigenze di lavoro o di studio del minorenne nonché delle sue condizioni familiari, sociali e ambientali.
2. Il pubblico ministero competente per l'esecuzione trasmette l'estratto della sentenza al magistrato di sorveglianza per i minorenni del luogo di abituale dimora del condannato. Il magistrato di sorveglianza convoca, entro tre giorni dalla comunicazione, il minorenne, l'esercente la potestà dei genitori, l'eventuale affidatario e i servizi minorili e provvede in ordine alla esecuzione della sanzione a norma delle leggi vigenti, tenuto conto anche delle esigenze educative del minorenne.
Art. 31 - Svolgimento dell'udienza preliminare
1. Fermo quanto previsto dagli articoli 420-bis e 420-ter del codice di procedura penale, il giudice può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato non comparso. [1]
2. Il giudice, sentite le parti, può disporre l'allontanamento del minorenne, nel suo esclusivo interesse, durante l'assunzione di dichiarazioni e la discussione in ordine a fatti e circostanze inerenti alla sua personalità.
3. Dell'udienza è dato avviso alla persona offesa, ai servizi minorili che hanno svolto attività per il minorenne e all'esercente la potestà dei genitori.
4. Se l'esercente la potestà non compare senza un legittimo impedimento, il giudice può condannarlo al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 25 (lire cinquantamila) a euro 516 (lire un milione). In qualunque momento il giudice può disporre l'allontanamento dell'esercente la potestà dei genitori quando ricorrono le esigenze indicate nell'articolo 12 comma 3.
5. La persona offesa partecipa all'udienza preliminare ai fini di quanto previsto dall'articolo 90 del codice di procedura penale. Il minorenne, quando è presente, è sentito dal giudice. Le altre persone citate o convocate sono sentite se risulta necessario ai fini indicati nell'articolo 9 [2] .
Note:
1 Comma modificato dall'art. 49, comma 2, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
2 Comma sostituito dall'art. 45, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 32 - Provvedimenti
1. Nell'udienza preliminare, prima dell'inizio della discussione, il giudice chiede all'imputato se consente alla definizione del processo in quella stessa fase, salvo che il consenso sia stato validamente prestato in precedenza. Se il consenso è prestato, il giudice, al termine della discussione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'articolo 425 del codice di procedura penale o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto. [1] . [2]
2. Il giudice, se vi è richiesta del pubblico ministero, pronuncia sentenza di condanna quando ritiene applicabile una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva. In tale caso la pena può essere diminuita fino alla metà rispetto al minimo edittale.
3. Contro la sentenza prevista dal comma 2 l'imputato e il difensore munito di procura speciale possono proporre opposizione, con atto depositato nella cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza, entro cinque giorni dalla pronuncia o, quando l'imputato non è comparso, dalla notificazione dell'estratto. La sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposizione o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile [3] .
3-bis. L'esecuzione della sentenza di condanna pronunciata a carico di più minorenni imputati dello stesso reato rimane sospesa nei confronti di coloro che non hanno proposto opposizione fino a quando il giudizio conseguente all'opposizione non sia definito con pronuncia irrevocabile [4] .
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4. In caso di urgente necessità, il giudice, con separato decreto, può adottare provvedimenti civili temporanei a protezione del minorenne. Tali provvedimenti sono immediatamente esecutivi e cessano di avere effetto entro trenta giorni dalla loro emissione.
Note:
1 Comma modificato dall'art. 46, lett. a), D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, sostituito dall'art. 2, L. 5 febbraio 1992, n. 123 e, successivamente, dall'art. 22, comma 1, L. 1° marzo 2001, n. 63; per le modalità di applicazione delle presenti disposizioni ai processi penali in corso alla data di entrata in vigore della L. 1° marzo 2001, n. 63, vedi l'art. 26 della medesima L. 63/2001.
2 La Corte costituzionale con sentenza 16 maggio 2002, n. 195, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma , nella parte in cui, in mancanza del consenso dell'imputato, preclude al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere che non presuppone un accertamento di responsabilità.
3 Comma sostituito dall'art. 46, lett. b), D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 11 marzo 1993, n. 77, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma , nella parte in cui non prevede che possa essere proposta opposizione avverso le sentenze di non luogo a procedere con le quali è stata comunque presupposta la responsabilità dell'imputato.
4 Comma aggiunto dall'art. 46, lett. c), D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 32 bis - Opposizione [1]
1. Con l'atto di opposizione è richiesto il giudizio davanti al tribunale per i minorenni.
2. L'opposizione è inammissibile quando è proposta fuori termine o da persona non legittimata. L'inammissibilità è dichiarata dal giudice che ha emesso la sentenza con ordinanza avverso la quale l'opponente può proporre ricorso per cassazione.
3. Quando non deve dichiararne l'inammissibilità, il giudice trasmette l'opposizione con il fascicolo formato a norma dell'articolo 431 del codice di procedura penale al tribunale per i minorenni competente per il giudizio.
4. Nel giudizio conseguente all'opposizione il tribunale per i minorenni revoca la sentenza di condanna.
5. Il tribunale per i minorenni può applicare in ogni caso un pena anche diversa e più grave di quella fissata nella sentenza revocata e revocare i benefici già concessi.
6. Con la sentenza che proscioglie l'imputato perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato ovvero è commesso in presenza di una causa di giustificazione, il tribunale per i minorenni, revoca la sentenza di condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non hanno proposto opposizione.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 47, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
Art. 33 - Udienza dibattimentale
1. L'udienza dibattimentale davanti al tribunale per i minorenni è tenuta a porte chiuse.
2. L'imputato che abbia compiuto gli anni sedici può chiedere che l'udienza sia pubblica. Il tribunale decide, valutata la fondatezza delle ragioni addotte e l'opportunità di procedere in udienza pubblica, nell'esclusivo interesse dell'imputato. La richiesta non può essere accolta se vi sono coimputati minori degli anni sedici o se uno o più coimputati non vi consente.
3. L'esame dell'imputato è condotto dal presidente. I giudici, il pubblico ministero e il difensore possono proporre al presidente domande o contestazioni da rivolgere all'imputato.
4. Si applicano le disposizioni degli articoli 31 e 32 comma 4.
Art. 34 - Impugnazione dell'esercente la potestà dei genitori
1. L'esercente la potestà dei genitori può, anche senza avere diritto alla notificazione del provvedimento, proporre l'impugnazione che spetta all'imputato minorenne.
2. Qualora sia l'imputato che l'esercente la potestà dei genitori abbiano proposto l'impugnazione, si tiene conto, a ogni effetto, soltanto dell'impugnazione proposta dall'imputato, quando tra i due atti vi sia contraddizione. Negli altri casi, la regolarità di una impugnazione sana l'irregolarità dell'altra anche in relazione ai motivi.
Art. 35 - Giudizio di appello
Nel procedimento di appello si osservano in quanto applicabili le disposizioni riguardanti il procedimento davanti al tribunale per i minorenni.
CAPO IV
Procedimento per l'applicazione delle misure di sicurezza
Art. 36 - Applicazione delle misure di sicurezza nei confronti dei minorenni
1. La misura di sicurezza della libertà vigilata applicata dei confronti di minorenni è eseguita nelle forme previste dagli articoli 20 e 21.
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2. La misura di sicurezza del riformatorio giudiziario è applicata soltanto in relazione ai delitti previsti dall'articolo 23 comma 1 ed è eseguita nelle forme dell'articolo 22.
Art. 37 - Applicazione provvisoria
1. Con la sentenza di non luogo a procedere a norma degli articoli 97 e 98 del codice penale, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può applicare in via provvisoria una misura di sicurezza.
2. La misura è applicata se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 224 del codice penale e quando, per le specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità dell'imputato, sussiste il concreto pericolo che questi commetta delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro la sicurezza collettiva o l'ordine costituzionale ovvero gravi delitti di criminalità organizzata.
3. Quando applica in via provvisoria una misura di sicurezza, il giudice dispone la trasmissione degli atti al tribunale per i minorenni. Allo stesso modo provvede nel caso di rigetto della richiesta del pubblico ministero. La misura cessa di avere effetto decorsi 30 giorni dalla pronuncia senza che abbia avuto inizio il procedimento previsto dall'articolo 38.
4. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano nel giudizio abbreviato quando il giudice, anche di ufficio, ritiene che sussistono le condizioni previste dal comma 2.
Art. 38 - Procedimento davanti al tribunale per i minorenni
1. Nei casi previsti dall'articolo 37 il tribunale per i minorenni procede al giudizio sulla pericolosità nelle forme previste dall'articolo 678 del codice di procedura penale e decide con sentenza, sentiti il minorenne, l'esercente la potestà dei genitori, l'eventuale affidatario e i servizi indicati nell'articolo 6. Nel corso del procedimento può modificare o revocare la misura applicata a norma dell'articolo 37 comma 1 o applicarla in via provvisoria.
2. Con la sentenza il tribunale per i minorenni applica la misura di sicurezza se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 37 comma 2.
Art. 39 - Applicazione di una misura di sicurezza nel dibattimento
1. Con la sentenza emessa a norma degli articoli 97 e 98 del codice penale o con la sentenza di condanna, il tribunale per i minorenni può disporre l'applicazione di una misura di sicurezza, se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 37 comma 2.
Art. 40 - Esecuzione delle misure di sicurezza
1. La competenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza applicate nei confronti di minorenni è attribuita al magistrato di sorveglianza per i minorenni del luogo dove la misura stessa deve essere eseguita.
2. Il magistrato di sorveglianza per i minorenni impartisce le disposizioni concernenti le modalità di esecuzione della misura, sulla quale vigila costantemente anche mediante frequenti contatti, senza alcuna formalità, con il minorenne, l'esercente la potestà dei genitori, l'eventuale affidatario e i servizi minorili. In caso di revoca della misura ne dà comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni per l'eventuale esercizio dei poteri di iniziativa in materia di provvedimenti civili.
Art. 41 - Impugnazione dei provvedimenti del magistrato di sorveglianza per i minorenni
1. Contro i provvedimenti emessi dal magistrato di sorveglianza per i minorenni in materia di misure di sicurezza possono proporre appello dinanzi al tribunale per i minorenni l'imputato, l'esercente la potestà dei genitori, il difensore e il pubblico ministero.
2. Si osservano le disposizioni generali sulle impugnazioni, ma l'appello non ha effetto sospensivo, salvo che il tribunale per i minorenni disponga altrimenti.