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Anche il congelamento del prodotto effettuato in maniera inappropriata integra il reato di vendita o detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione

Integra il reato di cui alla Legge 30 aprile 1962, n. 283, articolo 5 lettera b) vendita o detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione "anche il congelamento del prodotto effettuato in maniera inappropriata, in quanto il cattivo stato di conservazione e' riferibile non soltanto alle caratteristiche intrinseche del prodotto alimentare, ma anche alle modalita' estrinseche con cui si realizza. Nella specie, la modalita' di conservazione inappropriata era consistita nel congelamento "ordinario" di un quantitativo di carne (modalita' ritenuta rischiosa in quanto, tecnicamente, l'unico procedimento idoneo a conservare la carne nel tempo, alternativo alla surgelazione, e' il congelamento mediante ricorso ad abbattitori di temperature).

Corte di Cassazione Sezione 3 Penale, Sentenza del 25 marzo 2011, n. 11996



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TERESI Alfredo - Presidente

Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere

Dott. GRILLO Carlo - Consigliere

Dott. MULLIRI Guicla - rel. Consigliere

Dott. RAMACCI Luca - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Ch. Xi. , nata in (OMESSO);

imputato Legge n. 283 del 1962, articolo 5, comma 1, lettera b e articolo 6;

avverso la sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Rimini in data 17.12.09;

Sentita la relazione del cons. Dr. Guicla Mulliri;

Sentito il P.M., nella persona del P.G. dott. IZZO Gioacchino che ha chiesto il rigetto del ricorso;

V. sentenza 15049/07 circa il bene giuridico protetto.

OSSERVA

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - L'odierna ricorrente e' stata condannata dal G.u.p. alla pena di 600 euro di ammenda per avere, in qualita' di titolare del ristorante (OMESSO), detenuto in deposito frigorifero, con finalita' di vendita o comunque distribuzione, sostanze alimentari (prodotti ittici) in cattivo stato di conservazione.

Avverso tale decisione, l'imputata ha proposto ricorso personalmente deducendo contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione (articolo 606 c.p.p., lettera e)).

La critica si fonda sull'assunto secondo cui, proprio nella sentenza delle S.U. citata dal giudice di merito (19.12.01, Butti, Rv. 220716) e' contenuta l'affermazione secondo la quale si sarebbe al cospetto di un reato di danno e non di pericolo perche' diversamente verrebbero limitate le garanzie difensive. Orbene, poiche' nella specie non si e' registrato alcun danno igienico sanitario, non sarebbe configurabile alcun reato. In ogni caso, si fa notare che il giudicante avrebbe dovuto pronunciare giudizio di colpevolezza solo se essa fosse risultata "oltre ogni ragionevole dubbio".

La ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata.

2. Motivi della decisione - Il ricorso e' infondato e deve essere respinto perche' si fonda su una erronea lettura di pronunzie di questa S.C. ove e' stato affermato un principio esattamente opposto a quello che qui si intende sostenere.

Proprio la sentenza a S.U. citata dalla ricorrente, infatti, ad una sua attenta disamina, mira a tutelare il consumatore di prodotti alimentari anche sulla base del semplice pericolo che una sua cattiva conservazione ne alteri o deteriori le proprieta' organolettiche, e cio', anche a prescindere dal verificarsi di tale eventualita'.

In altri termini, la decisione evocata dalla ricorrente (19.12.01, Butti, Rv. 220716) affronta dettagliatamente il tema della corretta interpretazione della lettera della norma di cui sottolinea una innegabile "ambiguita'", in particolare, con riguardo al termine "conservazione", del quale non si comprende se stia ad esprimere "l'effetto del conservare (vale a dire, il mantenimento delle caratteristiche iniziali)" ovvero l'atto e il modo di conservare (e cioe' le attivita' dirette ad assicurare quel mantenimento)". Parimenti ambigua, si dice, "e' l'espressione "stato di conservazione", con la quale si puo' indicare tanto il risultato dell'attivita' di mantenimento, quanto le condizioni presenti per ottenere il risultato stesso.

Dopo avere, quindi, evidenziato che l'ambiguita' non si scioglie neppure prendendo in esame l'intera locuzione: "e' vietato impiegare ... vendere, detenere ... distribuire ... sostanze alimentari ...in cattivo stato di conservazione", (visto che quell'"in cattivo ecc." puo' intendersi, sia, come complemento predicativo dell'oggetto, e cioe' delle sostanze alimentari, sia come complemento di modo, che indica la maniera in cui si compie l'azione espressa dal verbo), le Sezioni Unite risolvono il contrasto giurisprudenziale, che aveva portato la questione dinanzi ad esse, riagganciandosi alla posizione assunta da altra propria decisione risalente nel tempo (s.u., 5.1.96, Timpanaro). Si afferma, cioe', che "per risolvere il contrasto giurisprudenziale, basta semplicemente ripetere ... che la necessita' di riferire il reato in questione alla inosservanza delle regole di conservazione delle sostanze (opzione com'e' s'e' visto possibile sotto il profilo lessicale) deriva dal fatto che, altrimenti, nessuno spazio di operativita' avrebbe la disposizione, a fronte delle lettera a), c), d), le quali - nell'arco che va dalla privazione degli elementi nutritivi all'alterazione degli stessi abbracciano tutti gli aspetti oggettivamente rilevabili di degenerazione delle caratteristiche intrinseche degli alimenti".

Detto in altri termini, la lettera b) della norma in esame non puo' che comprendere anche le cattive forme di conservazione e non soltanto le ipotesi di alterazione del prodotto (con scadimento delle proprieta'). Si tratta, percio' di un reato di pericolo e non di danno.

Cio' e' tanto chiaro che, in seguito alla decisione evocata dalla ricorrente, altre sezioni semplici di questa Corte si sono espresse chiaramente nel senso che "ai fini della configurabilita' del reato di cui alla Legge 30 aprile 1962, n. 283, articolo 5 lettera b) vendita o detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non e' necessario accertare la sussistenza di un concreto danno per la salute o un concreto deterioramento del prodotto, in quanto, trattandosi di un reato di pericolo, e' sufficiente che le modalita' di conservazione possano determinare il pericolo di un tale danno o deterioramento" (sez. 3, 9.1.07, Bestini, Rv. 236332). Ed ancora, assolutamente in termini, e' la recentissima (Sez. 3, 11.3.10, Greco, Rv. 245970) pronunzia del principio secondo cui integra il reato in discussione "anche il congelamento del prodotto effettuato in maniera inappropriata, in quanto il cattivo stato di conservazione e' riferibile non soltanto alle caratteristiche intrinseche del prodotto alimentare, ma anche alle modalita' estrinseche con cui si realizza. Nella specie, la modalita' di conservazione inappropriata era consistita nel congelamento "ordinario" di un quantitativo di carne (modalita' ritenuta rischiosa in quanto, tecnicamente, l'unico procedimento idoneo a conservare la carne nel tempo, alternativo alla surgelazione, e' il congelamento mediante ricorso ad abbattitori di temperature).

Del tutto coerente e', quindi, la presente affermazione di responsabilita' per un episodio in cui e' stato accertato che la cattiva congelazione dei prodotti ittici era argomentabile dal rilievo che essi erano gia' stati sottoposti a lavorazione "in quanto infarinati e depositati in un contenitore di cartone" ed il "cattivo stato di conservazione (dei pesce n.d.r.) ... era desumibile dal fatto che lo stesso - per come anche evidenziato dalle allegate fotografie - fosse ricoperto di brina: circostanza, questa, che lasciava presumere fondatamente che il prodotto ittico fosse stato sottoposto piu' volte a processi di congelazione e successiva ricongelazione, con il conseguente mancato rispetto delle regole di conservazione esterna del prodotto".

Infondato e' anche l'ulteriore argomentazione difensiva secondo cui una siffatta interpretazione della norma limiterebbe le garanzie difensive perche', creandosi una ipotesi di pericolo presunto, all'imputato non sarebbe lasciata la possibilita' di dimostrare la genuinita' del prodotto.

Proprio questo aspetto, infatti, e' stato gia' preso in considerazione dalle S.U. che, a riguardo ribattono che "la presunzione legislativa non e' arbitraria in quanto la lettera b) ha il ruolo di completare, in armonia con le differenti ipotesi previste dallo stesso articolo, il quadro di prevenzione e tutela delle sostanze alimentari, dal momento della produzione a quello della distribuzione sul mercato e a quello, rilevante, della loro conservazione".

Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Visto l'articolo 615 e ss. c.p.p., rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

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