Casa:
Bar e ospedali sono come la casa e vanno considerati luoghi di privata dimora
Pubblicata il 21/12/2008
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FAZZIOLI Edoardo - Presidente
Dott. CALABRESE Renato Luigi - Consigliere
Dott. DI TOMASSI Maria Stefani - Consigliere
Dott. FUMO Maurizio - Consigliere
Dott. DUBOLINO Pietro - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Cr. Iv., nato il (OMESSO);
avverso la sentenza in data 15.2.2008 della Corte d'appello di Trento;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dr.ssa M. Stefania Di Tomassi;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Delehaye Enrico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito per il ricorrente l'avvocato Papalia Ubaldo, che si riporta al ricorso.
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d'appello di Trento confermava la sentenza 10.5.2007 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale della medesima citta' nella parte in cui a seguito di giudizio abbreviato aveva dichiarato Cr.Iv. responsabile del reato di cui all'articolo 624 bis c.p., commesso il (OMESSO), e, riconosciute allo stesso le circostanze attenuanti del danno di particolare tenuita' e del suo risarcimento in aggiunta alle attenuanti generiche gia' concesse in primo grado, riduceva la pena inflitta al Cr. a tre mesi di reclusione e euro 40,00 di multa.
Il fatto contestato si riferiva all'impossessamento di un portafoglio contenente euro 100,00, appartenente ad una dipendente dell'Ospedale di (OMESSO), sottratto dalla sala riservata al personale ospedaliere.
2. Ricorre l'imputato personalmente e chiede l'annullamento della sentenza impugnata denunziando:
2.1. che il fatto contestato andava qualificato furto semplice, dovendosi escludere che ricorra l'ipotesi della privata dimora allorche' il bene venga sottratto presso "mense o spogliatoi", e che doveva di conseguenza dichiararsi l'improcedibilita' per difetto di querela;
2.2. che erroneamente la Corte d'appello aveva negato la sostituzione della pena detentiva facendo riferimento ad un'altra condanna in materia di stupefacenti, giacche' detta condanna si riferiva a fatto successivo a quello contestato accertato con sentenza pure successiva, e non era percio' in alcun modo ostativo.
DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso e' infatti manifestamente infondato, giacche' e' orientamento consolidato che ai fini della sussistenza del delitto di furto in abitazione (ex articolo 624 bis c.p.), per luogo destinato a privata dimora debba intendersi qualsiasi luogo, non pubblico, in cui una persona si trattenga, in modo permanente oppure transitorio e contingente, per compiere atti di vita privata o attivita' lavorative (cfr. da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 20022 del 16/04/2008, Castri, e, conformi: Sez. 5, Sentenza n. 43089 del 18/09/2007, Salvadori; Sez. 4, Sentenza n. 18810 del 26/02/2003, Solimano, nonche' Sez. 5, Sentenza n. 5767 del 14/05/1981, Giacomelli; Sez. 5, Sentenza n. 10531 del 26/10/1983, Logiudice, in tema di configurabilita' come luoghi di privata dimora persino degli esercizi pubblici quando, cessato l'orario di apertura, il proprietario si trattenga all'interno).
Sicche' corretta e' la qualificazione del fatto in esame, commesso sui beni personali che il dipendente dell'Ospedale aveva lasciato nei locali riservati della struttura.
1.2. Parimenti manifestamente infondato e' il secondo motivo.
La condanna per un fatto in materia di stupefacenti e' stata menzionata infatti, e ritenuta "grave", dalla Corte d'appello per giustificare la non "opportunita'" della sostituzione della pena: per motivare cioe' quel giudizio di meritevolezza in concreto che la Legge n. 689 del 1981, articolo 58 impone sia in positivo formulabile.
Ne' il ricorrente indica elementi di segno opposto, decisivi per una diversa valutazione, non considerati.
2. All'inammissibilita' del ricorso consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e - per i profili di colpa correlati all'irritualita' dell'impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) - di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.