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Calunnia e falsa denuncia di smarrimento di un assegno

Il reato di calunnia, ravvisabile a carico di chi abbia presentato una falsa denuncia di smarrimento di un assegno bancario pur avendo, invece, quell'assegno consegnato a un terzo per definire un pregresso rapporto debitorio, vede come soggetto passivo solo colui il quale abbia messo all'incasso il titolo, perché il rischio di subire ingiustamente un procedimento penale per i reati di furto o di ricettazione dell'assegno riguarda solo tale soggetto, che si trova a essere formalmente individuato nel circuito negoziale dell'assegno, e non anche eventuali ulteriori soggetti pur sostanzialmente interessati allo stesso affare. (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale
Sentenza del 19 gennaio 2009, n. 1871)



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovanni - Presidente

Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Consigliere

Dott. CORTESE Arturo - Consigliere

Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

1) NI. GI., N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 10/05/2007 CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CORTESE ARTURO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galasso Aurelio, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;

udito, per la parte civile, l'avv. Boldrin che si e' riportato alla memoria e alle conclusioni scritte.

FATTO

Con sentenza in data 10 maggio 2007 la Corte d'appello di Venezia confermava la penale responsabilita' di Ni. Gi. per il delitto ex articolo 61 n. 2 c.p., e articolo 368 c.p., per avere, denunciando falsamente il furto di un assegno da lui gia' sottoscritto e consegnato (in bianco) a Ma. Ad. e Pa. Ra., a garanzia della restituzione di un prestito di lire 20 milioni, incolpato falsamente i predetti, che sapeva innocenti, del delitto di ricettazione, al fine di conseguire l'impunita' per la truffa perpetrata ai loro danni.

Propone ricorso l'imputato, deducendo:

1, 2, 3) - che il reato doveva considerarsi prescritto a sensi della Legge n. 251 del 2005 applicabile in via diretta o, comunque, previa declaratoria di illegittimita' costituzionale della normativa transitoria, alla fattispecie;

4) - che le deposizioni rese dal Ma. e dal Pa. erano inutilizzabili per violazione dell'articolo 210 c.p.p.;

5) - che la sentenza impugnata e' incorsa in violazione di legge e in vizio di motivazione laddove non ha tenuto conto dei vari elementi accreditanti la buona fede del prevenuto;

6) - che la sentenza impugnata non ha dato risposta all'obiezione per cui l'unico soggetto eventualmente fatto oggetto della calunnia indiretta poteva essere il Pa., che pose all'incasso l'assegno.

DIRITTO

Preliminarmente si osserva che il reato contestato non puo' considerarsi prescritto, alla stregua del coordinato disposto degli articoli 157 e 160 c.p., nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dalla Legge n. 251 del 2005 che deve essere applicato alla fattispecie in forza dell'articolo 10, in relazione alla data di emissione della pronuncia di prime cure (Corte cost., n. 393 del 2006). Ne' tale disciplina transitoria puo' considerarsi viziata di illegittimita' costituzionale (Corte cost. n. 72 del 2008).

Infondata e' altresi' l'eccezione di inutilizzabilita' delle deposizioni rese dal Ma. e dal Pa., sia perche' gli stessi non risultavano indagati di reato connesso, sia in ogni caso perche', in tema di esame testimoniale, quando in capo al soggetto le cui dichiarazioni devono essere assunte nel giudizio la condizione di imputato dello stesso reato o di reato connesso o collegato concorre con quella di persona offesa dal reato, quest'ultima, per la sua maggiore pregnanza, e' destinata a prevalere, cosicche' il soggetto sara' esaminato nella veste di testimone, con l'obbligo di rispondere secondo verita' alle domande che gli sono rivolte (Cass. 05.06.2000, Pinto).

Di carattere fattuale e valutativo sono le deduzioni circa la presunta buona fede del prevenuto, esclusa dai Giudici di merito attraverso una ricostruzione e interpretazione delle risultanze processuali logicamente argomentata.

Fondato e' invece il rilievo circa la limitazione della condotta calunniosa nei confronti del solo Pa., che pose all'incasso l'assegno.

La denunzia di furto o smarrimento di assegno, infatti, allerta l'autorita' che la riceve su possibili reati commessi da chi verra' scoperto a detenere il titolo. E nell'arco di tali possibilita', a carico di questo detentore gravano sospetti tanto di furto quanto di ricettazione, in base a ben fondate massime di esperienza sul comune corso degli eventi. Puo' infatti darsi che costui abbia sottratto l'assegno o l'abbia ricevuto, consapevole della sua provenienza illecita. Quando dunque la denunzia in questione costituisce, come nella specie, l'abusato espediente per bloccare la circolazione del titolo di credito, il denunziante e' ben conscio di simulare una circostanza idonea a far si che il soggetto, a cui ha trasmesso l'assegno e che in buona fede lo girera' o lo porra' all'incasso, potra' essere perseguito d'ufficio per furto aggravato o per ricettazione. Tale possibilita', di cui s'e' accettato il rischio, di provocare ingiustamente l'apertura di un procedimento penale, riguarda pero' solo il soggetto che si trovi a essere formalmente individuato nel circuito negoziale dell'assegno, e non anche eventuali ulteriori soggetti pur (e solo) sostanzialmente interessati allo stesso affare. Tale essendo nella specie la posizione del Ma., nei suoi confronti la perpetrazione del reato va esclusa. L'impugnata sentenza e quella di prime cure devono essere quindi annullate senza rinvio "in parte qua".

Da tanto non conseguono effetti sulla commisurazione della pena, gia' irrogata nel minimo, bensi' sulle statuizioni civili, che, in relazione al Ma., vanno annullate.

P.Q.M.

Visti gli articoli 615, 616 e 620 c.p.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella 07.05.2002 del Tribunale di Venezia, sezione di Dolo relativamente all'affermazione di responsabilita' nei confronti di Ma. Ad. e alle conseguenti statuizioni civili. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla parte civile Pa. Ra. le spese del grado, che liquida in complessivi euro 3.000,00, di cui euro 541,00, per esborsi, oltre accessori di legge sugli onorari.

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