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Calunnia e falsa denuncia di smarrimento di un assegno
Pubblicata il 27/02/2009
Sentenza del 19 gennaio 2009, n. 1871)
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovanni - Presidente
Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Consigliere
Dott. CORTESE Arturo - Consigliere
Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere
Dott. CARCANO Domenico - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) NI. GI., N. IL (OMESSO);
avverso SENTENZA del 10/05/2007 CORTE APPELLO di VENEZIA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CORTESE ARTURO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galasso Aurelio, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;
udito, per la parte civile, l'avv. Boldrin che si e' riportato alla memoria e alle conclusioni scritte.
FATTO
Con sentenza in data 10 maggio 2007 la Corte d'appello di Venezia confermava la penale responsabilita' di Ni. Gi. per il delitto ex articolo 61 n. 2 c.p., e articolo 368 c.p., per avere, denunciando falsamente il furto di un assegno da lui gia' sottoscritto e consegnato (in bianco) a Ma. Ad. e Pa. Ra., a garanzia della restituzione di un prestito di lire 20 milioni, incolpato falsamente i predetti, che sapeva innocenti, del delitto di ricettazione, al fine di conseguire l'impunita' per la truffa perpetrata ai loro danni.
Propone ricorso l'imputato, deducendo:
1, 2, 3) - che il reato doveva considerarsi prescritto a sensi della Legge n. 251 del 2005 applicabile in via diretta o, comunque, previa declaratoria di illegittimita' costituzionale della normativa transitoria, alla fattispecie;
4) - che le deposizioni rese dal Ma. e dal Pa. erano inutilizzabili per violazione dell'articolo 210 c.p.p.;
5) - che la sentenza impugnata e' incorsa in violazione di legge e in vizio di motivazione laddove non ha tenuto conto dei vari elementi accreditanti la buona fede del prevenuto;
6) - che la sentenza impugnata non ha dato risposta all'obiezione per cui l'unico soggetto eventualmente fatto oggetto della calunnia indiretta poteva essere il Pa., che pose all'incasso l'assegno.
DIRITTO
Preliminarmente si osserva che il reato contestato non puo' considerarsi prescritto, alla stregua del coordinato disposto degli articoli 157 e 160 c.p., nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dalla Legge n. 251 del 2005 che deve essere applicato alla fattispecie in forza dell'articolo 10, in relazione alla data di emissione della pronuncia di prime cure (Corte cost., n. 393 del 2006). Ne' tale disciplina transitoria puo' considerarsi viziata di illegittimita' costituzionale (Corte cost. n. 72 del 2008).
Infondata e' altresi' l'eccezione di inutilizzabilita' delle deposizioni rese dal Ma. e dal Pa., sia perche' gli stessi non risultavano indagati di reato connesso, sia in ogni caso perche', in tema di esame testimoniale, quando in capo al soggetto le cui dichiarazioni devono essere assunte nel giudizio la condizione di imputato dello stesso reato o di reato connesso o collegato concorre con quella di persona offesa dal reato, quest'ultima, per la sua maggiore pregnanza, e' destinata a prevalere, cosicche' il soggetto sara' esaminato nella veste di testimone, con l'obbligo di rispondere secondo verita' alle domande che gli sono rivolte (Cass. 05.06.2000, Pinto).
Di carattere fattuale e valutativo sono le deduzioni circa la presunta buona fede del prevenuto, esclusa dai Giudici di merito attraverso una ricostruzione e interpretazione delle risultanze processuali logicamente argomentata.
Fondato e' invece il rilievo circa la limitazione della condotta calunniosa nei confronti del solo Pa., che pose all'incasso l'assegno.
La denunzia di furto o smarrimento di assegno, infatti, allerta l'autorita' che la riceve su possibili reati commessi da chi verra' scoperto a detenere il titolo. E nell'arco di tali possibilita', a carico di questo detentore gravano sospetti tanto di furto quanto di ricettazione, in base a ben fondate massime di esperienza sul comune corso degli eventi. Puo' infatti darsi che costui abbia sottratto l'assegno o l'abbia ricevuto, consapevole della sua provenienza illecita. Quando dunque la denunzia in questione costituisce, come nella specie, l'abusato espediente per bloccare la circolazione del titolo di credito, il denunziante e' ben conscio di simulare una circostanza idonea a far si che il soggetto, a cui ha trasmesso l'assegno e che in buona fede lo girera' o lo porra' all'incasso, potra' essere perseguito d'ufficio per furto aggravato o per ricettazione. Tale possibilita', di cui s'e' accettato il rischio, di provocare ingiustamente l'apertura di un procedimento penale, riguarda pero' solo il soggetto che si trovi a essere formalmente individuato nel circuito negoziale dell'assegno, e non anche eventuali ulteriori soggetti pur (e solo) sostanzialmente interessati allo stesso affare. Tale essendo nella specie la posizione del Ma., nei suoi confronti la perpetrazione del reato va esclusa. L'impugnata sentenza e quella di prime cure devono essere quindi annullate senza rinvio "in parte qua".
Da tanto non conseguono effetti sulla commisurazione della pena, gia' irrogata nel minimo, bensi' sulle statuizioni civili, che, in relazione al Ma., vanno annullate.
P.Q.M.
Visti gli articoli 615, 616 e 620 c.p.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella 07.05.2002 del Tribunale di Venezia, sezione di Dolo relativamente all'affermazione di responsabilita' nei confronti di Ma. Ad. e alle conseguenti statuizioni civili. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla parte civile Pa. Ra. le spese del grado, che liquida in complessivi euro 3.000,00, di cui euro 541,00, per esborsi, oltre accessori di legge sugli onorari.