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Commette il reato di tentata estorsione il parcheggiatore abusivo che che, con atteggiamento intimidatorio, minaccia l'automobilista di un danno grave alla propria integrità fisica e ai membri della sua famiglia
Pubblicata il 19/10/2009
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRASSI Aldo - Presidente
Dott. ESPOSITO Antonio - Consigliere
Dott. DAVIGO Piercamillo - Consigliere
Dott. IASILLO Adriano - Consigliere
Dott. MANNA Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) BO. AD. n. il (OMESSO);
avverso SENTENZA del 29/05/2006 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. ESPOSITO Antonio;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MONTAGNA che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
FATTO E DIRITTO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 29 maggio 2006, confermava la decisione del Tribunale, in composizione monocratica, di Agrigento del 30 novembre 2004 con la quale BO. Ad. e' stato condannato alla pena di anni 1 mesi 8 ed euro 800,00 di multa siccome ritenuto responsabile del delitto di estorsione tentata e continuata, previsto e punito dagli articoli 56 e 629 c.p. perche', "in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, minacciando RE. Ca. e i membri della sua famiglia di un danno grave alla propria integrita' fisica, dicendogli che avrebbe mandato presso la sua abitazione gente della famiglia LU. , se non gli avesse consegnato la somma di euro 1,50 per il parcheggio della sua autovettura dinanzi al lido "(OMESSO)" di (OMESSO), compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere il RE. ad un atto disposizione patrimoniale, al fine di realizzare per se' un ingiusto profitto, evento non verificatosi per l'intervento di personale del locale Commissariato di P.S., allertato dalla P.O., con l'aggravante di avere commesso il fatto mentre era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza, in (OMESSO)." e. concessa la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita' di cui all'articolo 62 c.p., n. 4, ritenuta prevalente sulla contestata aggravante, e' stato condannato alla pena di anno uno e mesi otto di reclusione ed euro 200,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Propone ricorso per Cassazione l'imputato, lamentando innanzitutto la inosservanza o la erronea applicazione dell'articolo 393 c.p. dal momento che la condotta andava qualificata nel diverso e meno grave reato di ragion fattasi. In via subordinata, il ricorrente lamenta la carenza di motivazione e violazione di legge penale per essere la motivazione sottesa alla sentenza della Corte di Appello carente in punto di mancata qualificazione del fatto ascritto al ricorrente nel diverso e meno grave reato di cui all'articolo 610 c.p.. Il ricorrente lamenta, infine, la violazione della legge penale per inosservanza e mancata applicazione degli articoli 133 e 62 bis c.p.. La situazione soggettiva ed oggettiva che caratterizzava il caso di specie avrebbe dovuto indurre l'organo giudicante alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, attesa, altresi', la lieve entita' del fatto. Il ricorso e' inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi. Invero, la Corte di Appello ha correttamente motivato in ordine alla responsabilita' dell'imputato attribuendo piena attendibilita' alle dichiarazioni della p.o.;avendo costui offerto precisi elementi sul contenuto della minaccia, che sono stati oggettivamente riscontrati, come il riferimento fatto dall'imputato di avvalersi, ove fosse stato necessario, della famiglia Lu. , composta da pregiudicati, e con la quale l'imputato aveva legami di affinita'.
Ha precisato, ancora, la Corte di merito che la richiesta avanzata dal Bo. , con atteggiamento intimidatorio, era mirata a conseguire l'ingiusto profitto di euro 1,50 sicche', correttamente, il fatto e' stato inquadrato nel reato di tentata estorsione, e, pertanto, correttamente sono state escluse le ipotesi meno gravi di cui agli articoli 393 e 610 c.p.. Ne consegue che i primi due motivi di ricorso sono del tutto infondati.
Parimenti, manifestamente infondato e' il terzo motivo di ricorso avendo la Corte territoriale puntualmente motivato in ordine al diniego delle attenuanti generiche, facendo corretto riferimento sia alle modalita' del fatto contestato sia alla personalita' dell'imputato negativamente desumibile dai precedenti penali.
Alla declaratoria di inammissibilita' consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Suprema Corte di Cassazione, 2 sezione penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.