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Commettono il reato di diffamazione i soci che contestano la gestione degli amministratori senza prove

In tema di diffamazione, ai fini dell'applicabilità dell'esimente del diritto di critica, è indubbiamente vero che deve essere riconosciuta ai cittadini la più ampia possibilità di critica e questo, quindi, deve ritenersi, a maggior ragione, relativamente ai soci di una società cui deve riconoscersi il diritto di criticare gli amministratori anche in modo aspro, perché essi devono poter esercitare il loro potere di controllo in modo penetrante proprio per assicurare l'esercizio di una corretta attività gestionale nell'interesse della società e dei soci. Peraltro, se pure la critica si sostanzia in un giudizio non suscettibile di essere considerato ex se vero o falso, è altrettanto vero che il fatto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse deve essere esistente. Questo è il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione 5 penale, che con sentenza n. 16420 del 21 aprile 2008, ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione che aveva ritenuto applicabile l'esimente del diritto di critica senza peraltro avere motivato, e quindi chiarito, se le accuse rivolte dagli imputati agli amministratori della società, tra le quali quelle di appropriazione del denaro della società e di falso verbale assembleare, fossero o no fondate.



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SENTENZA

sul ricorso presentato da:

1) MO. MA., N. IL (OMESSO);

2) CA. CA., N. IL (OMESSO);

3) RI. GA., N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 19/05/2006 GIUDICE DI PACE di GENOVA;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARASCA GENNARO;

Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di appello.

La Corte di Cassazione:

OSSERVA

RI. Ga., socio della Do. Do., in una e-mail inviata al sito della societa' criticava pesantemente la gestione della stessa accusando l'amministratore unico ed il generai manager di gestione dittatoriale, incompetenza e possibili falsita' del futuro bilancio, accuse ritenute diffamatorie dalle parti lese MO.Ma., CA.Ca. e la Do. Do..

Il Giudice di pace di Genova, investito da ricorso delle parti lese, che si costituivano parti civili nel processo, con sentenza emessa in data 19 maggio 2006, assolveva il RI. dal delitto di diffamazione perche' il fatto non costituisce reato, sia perche' era ravvisatale l'esercizio del diritto di critica, sia perche' il contenuto era polemico, ma non diffamatorio, sia, infine, perche' non vi era alcun intento diffamatorio, ma era espressa soltanto la volonta' di avere chiarimenti su una gestione ritenuta dannosa per la societa'.

Con il ricorso per cassazione le parti civili MO.Ma., CA.Ca. e la Do. Do. deducevano:

1) la erronea applicazione dell'articolo 595 c.p., sia perche' anche le espressioni dubitative, specie nella forma dell'insinuazione, possono integrare il delitto di diffamazione, sia perche' l'animus diffamandi, non e' richiesto essendo sufficiente il dolo generico; 2) la erronea interpretazione dell'articolo 51 c.p., in riferimento all'articolo 21 Cost., perche' se e' vero che il giudizio non e' suscettibile di essere giudicato vero o falso, e' pure vero che il presupposto per la espressione di un giudizio e' la esistenza di un fatto vero, non sussistente nel caso di specie;

3) la contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla ritenuta irrilevanza di alcune testimonianze, alla data del deposito del bilancio ed alla insinuazione sulla presunta sparizione del capitale sottoscritto dai soci.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto dalle parti civili MO.Ma., CA.Ca. e societa' Do. Do. sono fondati.

Deve in primo luogo rilevarsi che si tratta di una impugnazione proposta dalle parti lese, costituitesi parti civili, che avevano presentato ricorso immediato al Giudice di pace ai sensi del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 21, in base a quanto disposto dall'articolo 38 del cit. Decreto Legislativo.

Correttamente le parti civili hanno proposto un ricorso per cassazione trattandosi di una sentenza non appellabile da parte del Pubblico Ministero ai sensi del cit. Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 36 dal momento che l'articolo 38 cit., consente la impugnazione delle parti civili contro le sentenze di proscioglimento del Giudice di pace negli stessi casi in cui e' ammessa l'impugnazione da parte del Pubblico Ministero.

Ebbene le sentenze del Giudice di pace sono impugnabili con ricorso per cassazione da parte del Pubblico Ministero ai sensi del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 36 comma 2.

Il ricorso delle parti civili che hanno introdotto il giudizio in base al piu' volte cit. Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 21 e' anche agli effetti penali cosi' come stabilito dal Decreto Legislativo cit., articolo 38.

Tanto premesso in ordine alla ammissibilita' del ricorso, va detto che i motivi di impugnazione sono fondati.

E' innanzitutto del tutto pacifico, essendo sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte costante, che, contrariamente a quanto sembra avere ritenuto il Giudice di pace, ai fini della integrazione dell'elemento psicologico del delitto di diffamazione non e' necessaria la intenzione di offendere il soggetto passivo - c.d. animus iniurandi o diffamandi, essendo sufficiente il dolo generico, consistente nella volonta' di usare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere l'altrui reputazione, volonta' e consapevolezza che, tenuto conto di quanto emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, non vi e' alcun motivo per ritenere insussistente nel caso di specie.

Anche il riferimento all'esercizio del diritto di critica contenuto nella sentenza impugnata non appare corretto.

Se e' vero, infatti, che deve essere riconosciuta ai cittadini la piu' ampia possibilita' di critica e se e' vero che ai soci di una societa' deve essere riconosciuto il diritto di criticare gli amministratori anche in modo aspro perche' debbono esercitare il loro potere di controllo in modo penetrante proprio per assicurare l'esercizio di una corretta attivita' gestionale nell'interesse della societa' e dei soci, e se e' vero, infine, che la critica si sostanzia in un giudizio non suscettibile di essere considerato vero o falso, e' altrettanto vero, per oramai pacifica giurisprudenza di legittimita', che il fatto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse deve essere esistente.

Ebbene su tale punto di sicuro rilievo il giudice di primo grado ha omesso di motivare e non ha, quindi, chiarito se le accuse, tra le quali quelle di appropriazione del danaro della societa' e di falso verbale assembleare, rivolte agli amministratori della Do. Do. e poste a fondamento delle censure, fossero o meno fondate.

Quanto, infine, alla valutazione della portata diffamatoria dello scritto, se e' vero che si tratta di una valutazione di merito non di competenza del giudice di legittimita', e' anche vero che quest'ultimo deve verificare se le predette valutazioni siano o meno sorrette da una motivazione congrua e logica.

Ebbene nel caso di specie la affermazione di assenza di portata diffamatoria dello scritto incriminato appare in alcuni casi apodittica, in altri manifestamente illogica, come quando si giustifica l'accusa di gestione dittatoriale per la scelta, del tutto legittima, dell'assemblea dei soci, di nominare un amministratore unico e non un consiglio di amministrazione della societa', ed in altri ancora fondata su erronee interpretazioni della disposizione di cui all'articolo 595 c.p., come quando si ritiene che le mere ipotesi non si concretizzino in accuse puntuali, dimenticando che, secondo la costante giurisprudenza di legittimita', anche le espressioni dubitative, specie nella forma della insinuazione (come si e' verificato nel caso di specie), possono integrare il delitto di diffamazione.

Per tutte le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame.

Il rinvio deve essere disposto allo stesso Giudice di pace Genova perche', come detto, la sentenza impugnata non e' appellabile.

P.Q.M.

La Corte:

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Genova per un nuovo esame.

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