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Detenzione simultanea di droghe leggere e pesanti

La parificazione delle sostanze stupefacenti perseguita con la legge n. 46 del 2006 di modifica del Dpr n. 309 del 1990 in forza della quale è scomparsa la differenziazione tra «droghe pesanti» e «droghe leggere», e tutte le sostanze, quindi, sono state inserite nella medesima tabella (tabella I), con conseguente parificazione sotto il profilo sanzionatorio, esclude ora la sussistenza del reato continuato prevista, in precedenza, in caso di illegale detenzione di sostanze stupefacenti di tipo e natura diversi e, quindi, appartenenti a tabelle non omogenee.Ciò non significa, però, che il giudice di appello, chiamato a giudicare di un fatto commesso nella vigenza della precedente normativa, debba necessariamente procedere a una revisione in melius del trattamento sanzionatorio, non potendosi escludere che tale giudice - nel nuovo giudizio e con adeguata valutazione della vicenda - possa ritenere comunque equamente commisurata, rispetto al caso concreto, la pena irrogata dal giudice di primo grado, ritenendo che l'imputato, avuto riguardo alla sua personalità e alla gravità del fatto (sulla quale incide necessariamente il tipo di sostanza oggetto del medesimo), non sia meritevole di un più mite trattamento sanzionatorio.
(Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 4 marzo 2009, n. 9874)




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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovanni - Presidente

Dott. SERPICO Francesco - Consigliere

Dott. MILO Nicola - Consigliere

Dott. LANZA Luigi - Consigliere

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

DE. FO. Vi., nato il (OMESSO);

avverso la sentenza della 20 febbraio 2006 della Corte di appello di Bari.

Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.

Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Luigi Lanza.

Udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEBBRARO Giuseppe, che ha concluso per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla entita' delle sanzioni.

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

L'imputato ricorre avverso la sentenza della 20 febbraio 2006 della Corte di appello di Bari che ha confermato la decisione di condanna, in data 1 giugno 2005 del G.U.P. presso il Tribunale di Bari, anche per il delitto Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 ex articolo 73, con irrogazione, per tale titolo, della sanzione finale di anni 4 di reclusione ed euro 14 mila di multa, in concorso di attenuanti generiche e con la diminuente del rito (fatti del (OMESSO)).

Con un primo motivo di impugnazione la difesa dell'imputato invoca la nuova disciplina in materia, che, per effetto della Legge 21 febbraio 2006, n. 49 (G.U. 27 febbraio 2006), ha cancellato la differenziazione tra droghe leggere droghe pesanti, cosi' rendendo inapplicabile la continuazione ex articolo 81 cpv. c.p. in ipotesi, come nella specie, di simultanea detenzione di sostanze pesanti e leggere (cocaina, Hashish e metadone).

Con un secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta comunque l'eccessivita' dell'aumento fissata nella misura di mesi 8 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa per il reato satellite.

Il primo motivo e' fondato ed il suo accoglimento assorbe il secondo motivo di ricorso.

La doglianza va infatti riconsiderata (cfr. in termini: Cass. Penale sez. 4, 47144/2007, Rv. 238532) alla stregua delle profonde modificazioni introdotte dal Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 272, articolo 4 bis, convertito dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49 al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. La riforma, che ha soppresso la distinzione tabellare fra droghe "leggere" e droghe "pesanti", ha necessariamente mutato il trattamento sanzionatorio da riservarsi a chi illegalmente detiene sostanze stupefacenti di tipo e natura diversi.

Prima della legge novellata, l'articolo 73, nei commi 1 e 4 prevedeva diverse figure di reato, in considerazione della diversita' dell'oggetto materiale delle condotte (rispettivamente, droghe "pesanti" e droghe "leggere"), pertanto, in caso di illegale detenzione di sostanze stupefacenti di tipo e natura diversi, il colpevole rispondeva di due reati, generalmente unificati dal vincolo della continuazione. L'avvenuta assimilazione delle sostanze impone, dunque, di ritenere che nel caso anzidetto il reato sia ora unico, con la possibilita' che il concreto trattamento sanzionatolo sia piu' favorevole rispetto al passato.

Tale limite, in relazione al piu' mite trattamento sanzionatorio del reato in esame derivato dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49, articolo 4 bis, che ha modificato il comma 1 ed introdotto il Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1 bis) non comporta che il giudice dell'appello sia tenuto "ad adeguarsi" (riducendo la pena) nel caso in cui il primo giudice abbia in concreto commisurato la pena - base nel minimo edittale previgente.

La Corte rileva tuttavia (cfr. negli stessi termini: Cass. Penale sez. 4, 47144/2007, Rv. 238532) che non puo' trascurarsi il fatto che il mutamento della cornice edittale e' correlato anche all'avvenuto accorpamento, quale oggetto materiale delle attivita' penalmente sanzionate dalla disposizione in esame, di sostanze di tipo diverso, rispetto alle quali era in precedenza prevista, non solo la riconducibilita' a diverse tabelle di appartenenza (unica e' ora la tabella in cui sono elencate le sostanze vietate), ma anche un trattamento sanzionatorio sensibilmente diverso, sintomatico della loro profonda incidenza sul disvalore penale del fatto.

Per tali ragioni non e' da escludere che il giudice dell'appello - nel nuovo giudizio e con adeguata valutazione della vicenda - possa ritenere equamente commisurata, rispetto al fatto concreto, la pena irrogata dal giudice di primo grado, ritenendo che l'imputato, avuto riguardo alla sua personalita' ed alla gravita' del fatto (sulla quale incide necessariamente il tipo di sostanza oggetto del medesimo), non sia meritevole di un piu' mite trattamento sanzionatorio.

La sentenza va quindi annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari, per nuovo giudizio, che tenga conto del principio di diritto affermato, in punto di trattamento sanzionatorio, limitatamente alla ritenuta continuazione "interna", nonche' alla misura della pena.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta continuazione "interna", nonche' alla misura della pena e rinvia per nuovo giudizio su tali punti ad altra Sezione della Corte di appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso.

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