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E' omissione di soccorso anche se l'automobilista che ha causato il sinistro si accerta sommariamente delle condizioni fisiche della parte lesa, ma si allontana minimizzando senza dare aiuto e senza nemmeno fornire i propri dati

Il reato di cui al combinato disposto dell'articolo 189 C.d.S., commi 1 e 7, che punisce la violazione dell'obbligo di fermarsi e di "prestare assistenza alle persone ferite" da parte dell'utente della strada, in caso di incidente con danno alle persone comunque ricollegabile al suo comportamento, e' punibile a titolo di dolo. Per la punibilita' e' cioe' necessario che ogni componente del fatto tipico (segnatamente, oltre l'evento dell'incidente, il danno alle persone e l'esservi persone ferite, necessitanti di assistenza) sia conosciuto e voluto dall'agente. A tal fine e' pero' sufficiente anche il dolo eventuale che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che puo' attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per cio' stesso l'esistenza: cio' significa che rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all'incidente, e' sufficiente (ma pur sempre necessario) che, per le modalita' di verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, per l'agente si rappresenti la probabilita' - o anche la semplice possibilita' - che dall'incidente sia derivato un "danno alle persone" e che queste "necessitino di assistenza" e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi (cfr. Cass. pen. Sez. 4, n. 34134, 13.7.2007, Rv. 237239). Sussiste, pertanto, il dolo eventuale se l'investitore, dopo aver avvicanto il danneggiato e chiesto come stava, si è allontanato - nonostante quest'ultimo gli avesse risposto che gli faceva male una spalla - senza dare aiuto e senza nemmeno fornire i propri dati.

Corte di Cassazione Sezione 4 Penale, Sentenza del 27 giugno 2011, n. 25668



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) LO. CA. , N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 325/2009 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 04/10/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonio Gialanella, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;

Udito il difensore Avv. Di Tullo Giovanni del Foro di Trieste che chiede l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 1.10.2008 il Tribunale di Trieste, in composizione monocratica, affermava la penale responsabilita' di Lo. Ca. in ordine al reato (capo a) di cui all'articolo 189 C.d.S., comma 7 per non aver prestato assistenza alla suddetta p.l. ((OMESSO)), condannando la Lo. alla pena di giustizia. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza in data 4.10.2010, in parziale riforma di quella predetta, assolveva la Lo. dal reato sub a) riqualificato in quello di cui al Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 189, comma 4, perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, riducendo la pena principale e la sanzione accessoria e confermando nel resto. Avverso tale sentenza della Corte triestina ricorre per cassazione. Il difensore di fiducia di Lo. Ca. , deducendo:

1. la violazione di legge ed il vizio motivazionale, in ordine alla mancata valutazione della deposizione della teste Pa. , presente sul posto;

2. il difetto o manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'elemento psicologico del reato (ritenuto come dolo eventuale, laddove poi si fa riferimento alla negligenza, sintomatica della colpa; era inoltre del tutto contraddittorio cercare di fondare la decisione sull'asserita circostanza che l'imputata non avrebbe fornito i propri dati personali alla parte lesa).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e' infondato e va respinto.

La prima censura non risulta essere stata formulata in grado di appello onde ne scaturisce la sua inammissibilita' ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3, se riguardata sotto il profilo della violazione di legge, nonche' per la limitazione della cognizione del giudice di appello al devolutum, per quel che concerne la prospettazione del vizio motivazionale: del resto, non e' tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

Quanto al secondo motivo di ricorso, si deve riconoscere la piena congruita' e correttezza della motivazione addotta dalla Corte territoriale sul punto. Infatti, il reato di cui al combinato disposto dell'articolo 189 C.d.S., commi 1 e 7, che punisce la violazione dell'obbligo di fermarsi e di "prestare assistenza alle persone ferite" da parte dell'utente della strada, in caso di incidente con danno alle persone comunque ricollegabile al suo comportamento, e' punibile a titolo di dolo. Per la punibilita' e' cioe' necessario che ogni componente del fatto tipico (segnatamente, oltre l'evento dell'incidente, il danno alle persone e l'esservi persone ferite, necessitanti di assistenza) sia conosciuto e voluto dall'agente. A tal fine e' pero' sufficiente anche il dolo eventuale che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che puo' attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per cio' stesso l'esistenza: cio' significa che rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all'incidente, e' sufficiente (ma pur sempre necessario) che, per le modalita' di verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, per l'agente si rappresenti la probabilita' - o anche la semplice possibilita' - che dall'incidente sia derivato un "danno alle persone" e che queste "necessitino di assistenza" e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi (cfr. Cass. pen. Sez. 4, n. 34134, 13.7.2007, Rv. 237239). E correttamente e' stata ritenuta la sussistenza del dolo eventuale traendone elementi dal peculiare comportamento tenuto nell'occasione dalla Lo. che, secondo l'attendibile versione della persona offesa che dopo essersi alzata dopo esser caduta dal motorino a seguito del sinistro cagionato dalla Lo. per non aver dato la precedenza, aveva avvicinato la De. Gr. alla quale aveva chiesto come stava e, nonostante la ragazza le avesse risposto che le faceva male una spalla, aveva minimizzato, dicendo che se stava in piedi la cosa non doveva esser grave e, sollecitata dalla cognata, si era allontanata senza dare aiuto e senza nemmeno fornire i propri dati.

Ne' sono dirimenti talune improprieta' tecnico - giuridiche (circa il richiamo al concetto di negligenza) in cui e' incorsa la Corte territoriale che ha adeguatamente spiegato la sussistenza del dolo eventuale da parte dell'imputata, evidenziato dal comportamento tenuto nell'occasione teso a minimizzare (che implica la piena consapevolezza della loro esistenza e della necessita' dell'assistenza) le lesioni rappresentate dalla p.l., non attendendo i soccorsi e nemmeno fornendo le proprie generalita', prima di allontanarsi.

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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