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E' reato omettere volontariamente di versare i contributi o ritardarne con coscienza il pagamento
Pubblicata il 09/12/2011
Corte di Cassazione, Sezione 3 penale, Sentenza 4 ottobre 2011, n. 35895
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Presidente
Dott. GENTILE Mario - Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere
Dott. SARNO Giulio - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) LA. RO. CH. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 9924/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del 11/10/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/07/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Passacantando, che ha concluso per il rigetto;
Udito il difensore Avv. Morigi Enrico di Roma.
OSSERVA
La. Ro. Ch. e' stato condannato con sentenza del 29.2.08 dal tribunale di Roma alla pena di giustizia per i reati di cui all'articolo 81 c.p., Decreto Legislativo n. 463 del 1983, articolo 2, in relazione all'omesso versamento all'Inps delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per il periodo dal novembre 2002 al dicembre 2003 e per il reato di cui alla Legge n. 689 del 1981, articoli 81 cpv. e 37, in relazione alla omesse denunce all'Inps dalle quali derivava il mancato versamento di contributi e premi per il periodo dicembre 2002 dicembre 2003. La corte di appello di Roma, riformando la decisione di primo grado, dichiarava estinti per prescrizione i reati commessi fino all'aprile 2003 e, per quanto concerne il reato di cui alla Legge n. 689 del 1981, articoli 81 cpv. e 37, assolveva l'imputato perche' il fatto non sussiste per i fatti commessi dal maggio al dicembre 2003. Di conseguenza riduceva la pena inflitta in relazione al primo reato in relazione al periodo maggio - dicembre 2003.
Propone in questa sede ricorso l'imputato deducendo per il tramite del proprio difensore l'erronea applicazione della legge penale e la mancanza o illogicita' della motivazione in relazione alla configurabilita' del reato di cui al Decreto Legislativo n. 463 del 1983, articolo 2. Si assume al riguardo mancare ogni motivazione in ordine alla prova della penale responsabilita' dell'imputato per il periodo compreso tra il maggio dicembre 2003 e che non vale richiamare in proposito le dichiarazioni dell'ispettore del lavoro sia in quanto quest'ultimo si e' limitato ad effettuare controlli telematici della sede Inps e sia in quanto i verbali redatti dal pubblico ufficiale fanno prova fino a querela di falso unicamente dei fatti che il pubblico ufficiale essere attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti ma non hanno alcun valore probatorio precostituito neanche di presunzione semplice riguardo alle altre circostanze in esso contenute. In piu' essendo l'attivita' ispettiva posta in essere esclusivamente sulla base della documentazione inviata dalla parte non si puo' nemmeno parlare di una vera e propria attivita' di indagine a fine della prova penale non costituendo tale attivita' accertamento in senso tecnico. Infine, secondo il ricorrente, non e' possibile nemmeno ricavare la prova del reato dal tardivo versamento delle somme escludendo cio', invece, l'elemento soggettivo del reato stesso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e' inammissibile in quanto manifestamente infondato.
In sentenza per la prova del reato si citano la testimonianza dell'ispettore del lavoro che ha verificato l'omesso versamento in termini e la presentazione da parte dell'imputato di una domanda di sanatoria, seppure tardiva.
Cio' posto va anzitutto premesso che, come gia' chiarito in numerose occasioni, per la sussistenza del reato rilevano il pagamento della retribuzione e la scadenza del termine previsto per il versamento all'INPS.
Nella specie non constano contestazioni sul primo aspetto nei motivi di ricorso.
Quanto all'omesso versamento delle ritenute si deve ritenere correttamente motivata la decisione di appello.
Al riguardo va preliminarmente osservato che e' certamente ammissibile la testimonianza resa dall'ispettore del lavoro concernendo la stessa attivita' di accertamento espletata direttamente. Ne' rilevano evidentemente le modalita' dell'accertamento stesso, non contestandosene in questa sede la regolarita'.
Per il resto occorre ricordare che il processo penale e' regolato dai principi di non tassativita' dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice il quale, puo' senz'altro trarre elementi di convincimento in ordine alla omissione del versamento anche dalla successiva domanda di sanatoria. Ne' tale scelta e' sindacabile sul piano logico conseguendo normalmente l'istanza alla volonta' di regolarizzare la precedente omissione.
Quanto all'elemento psicologico, questa Corte ha gia' chiarito che il reato di omesso o intempestivo versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, di cui al Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, conv. in Legge 11 novembre 1983, n. 638, non richiede il dolo specifico, esaurendosi con la coscienza e volonta' della omissione o della tardivita' del versamento delle ritenute e che, pertanto, e' sufficiente il dolo generico e questo non viene meno e non e' comunque intaccato ne' dalla tardivita' del versamento (Sez. 3 sent. 07044 del 06/04/1987 rv 176098).
A mente dell'articolo 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilita' - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonche' del versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, fissata in via equitativa, nella misura di euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche' al versamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.000,00.