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E' reato reato sintonizzarsi sulle frequenze della polizia, anche se per esigenze giornalistiche

Integrano gli estremi dei reati di cui agli articoli 617, commi 1° e 3°, e 617-bis del Cp l'installazione di un apparecchio radioricevente idoneo a intercettare le trasmissioni della centrale operativa delle forze dell'ordine e la conseguente cognizione delle comunicazioni intercorse tra la centrale operativa e le pattuglie delle forze dell'ordine operanti sul territorio. Affermazione resa nell'ambito di un procedimento penale a carico di alcuni giornalisti e dipendenti di un giornale che utilizzavano apparati ricetrasmittenti per captare le comunicazioni tra le forze dell'ordine sì da potersi portare sui luoghi degli interventi(Corte di Cassazione Sezione 5 Penale
Sentenza del 28 ottobre 2008, n. 40249).



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FAZZIOLI Edoardo - Presidente

Dott. PIZZUTI Giuseppe - Consigliere

Dott. AMATO Alfonso - Consigliere

Dott. SAVANI Piero - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BR. CL., N. IL (OMESSO);

DE. SA. DA., N. IL (OMESSO);

AL. FA., N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 15/05/2007 CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. PIZZUTI GIUSEPPE;

sentite le conclusioni del P.G., Dr. Baglione Tindari (rigetto del ricorso);

udito il difensore avv. CARLI M.Grazia.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 15.5.2007 la corte d'appello di Milano, in riforma della sentenza assolutoria del tribunale di Lecco in data 9.11.2004, dichiarava BR. Cl., DE. SA. Da. ed AL. Fa. colpevoli i primi due (A) del reato di cui agli articoli 110 e 81 cpv. c.p., articolo 617 c.p., commi 1 e 3, articolo 617 bis c.p., commi 1 e 2, articolo 623 bis c.p. ed il terzo (B) del reato di cui all'articolo 110 c.p., articolo 617 c.p., commi 1 e 3, articolo 623 bis c.p. e, ritenuta la continuazione e concesse a tutti gli imputati le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, condannava il BR. ed il DE. SA. alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione per ciascuno e l' AL. alla pena di mesi sei di reclusione.

Al BR., direttore responsabile del giornale interattivo "(OMESSO) ", e al DE. SA., dipendente dello stesso giornale, era stato contestato, in concorso tra loro, di avere installato apparati e strumenti al fine di intercettare comunicazioni o conversazioni telefoniche tra altre persone e di avere, mediante tali apparati, fraudolentemente, preso cognizione delle comunicazioni e delle conversazioni tra le centrali operative delle Forze di Polizia e le pattuglie mobili sul territorio; mentre all'AL., collaboratore del predetto giornale interattivo e corrispondente esterno del quotidiano "(OMESSO) " era stato contestato di avere, in concorso con il DE. SA., mediante un apparato radioricetrasmittente a modulazione di frequenza munito di antenna ed un apparato radioricevente anch'esso munito di antenna, fraudolentemente, preso cognizione delle comunicazioni e delle conversazioni tra la centrale operativa del comando compagnia carabinieri di (OMESSO) e le pattuglie mobili sul territorio.

Avverso la summenzionata sentenza della corte d'appello di Milano gli imputati proponevano, mediante il comune difensore, ricorso per cassazione.

Essi chiedevano l'annullamento della sentenza impugnata, deducendo:

1) Inosservanza ed erronea applicazione di legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dei reati contestati. Le comunicazioni tra la centrale operativa e le pattuglie delle forze dell'ordine non sarebbero connotate da segretezza, essendo diffuse "in chiaro" per aria attraverso onde elettromagnetiche, per cui esse non sarebbero tutelate costituzionalmente e penalmente. La segretezza, peraltro, costruirebbe requisito implicito del perfezionamento dei reati contestati.

2) e 3) Inosservanza ed erronea applicazione di legge, nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione con riferimento alla affermazione della responsabilita' degli imputati. La corte d'appello non avrebbe dimostrato la effettiva sussistenza dei fatti contestati, la loro realizzazione da parte di ciascun imputato e la ricorrenza del dolo.

4) Inosservanza ed erronea applicazione di legge e carenza di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento dell'esimente del diritto di cronaca.

Il ricorso deve essere rigettato.

Il primo motivo non e' fondato.

Il problema posto con tale motivo e' stato gia' affrontato da questa Corte Suprema, la quale ha chiarito che integra gli estremi del reato di cui all'articolo 617 bis c.p. l'installazione di un apparecchio radioricevente idoneo ad intercettare le trasmissioni della centrale operativa delle forze dell'ordine (Cass. Pen. Sez. 5, 15.1.2008, n. 5299, Rv. 239115; Cass. Pen. Sez. 5, 6.5.2004, n. 25488, Rv. 228895).

Conseguentemente, ricorre, nella specie, anche il contestato reato di cui all'articolo 617 c.p., commi 1 e 3.

Anche il secondo ed il terzo motivo sono privi di fondamento.

La realizzazione dei reati in questione da parte degli imputati e' dimostrata dal sequestro di apparati ricetrasmittenti, idonei a captare le comunicazioni della centrale operativa dei carabinieri, all'interno dell'autovettura con cui il DE. SA. e l' AL. si stavano portando sul luogo di un intervento dei carabinieri e nei locali del giornale "(OMESSO) " diretto dal BR.. La sentenza impugnata evidenzia che gli imputati "non negavano che gli strumenti sequestrati venivano utilizzati per l'attivita' giornalistica" e che il dolo era desunto "dalla tipologia dell'apparecchiatura illegittimamente installata, descritta dai testi come idonea ad impedire o intercettare conversazioni su frequenze riservate al Ministero della Difesa e in particolare utilizzate dal comando provinciale dei carabinieri."

Il quarto motivo e' parimenti infondato.

Il dedotto esercizio del diritto di cronaca, sussistendone i presupposti, puo' scriminare il reato di diffamazione, ma non i reati contestati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido della spese del procedimento.

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