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Grava sul gestore l'onere di controllare le emissioni sonore

E' pacifico l'obbligo per il gestore di un bar pizzeria, sita in zona centrale ed abitata, di controllare il volume delle emissioni sonore musicali e di impedire schiamazzi da parte degli avventori, specie in ora notturna dedicata al riposo dalla massima parte dei cittadini. A nulla vale poi la possibile incidenza di altre fonti rumorose. La Corte di Cassazione ha, quindi, confermato la sentenza del tribunale che riteneva provato che il titolare e gestore di un bar-pizzeria sita in zona centrale ed abitata, avesse disturbato la quiete delle persone dimoranti nei pressi, diffondendo musica ad alto volume fino a notte fonda e non impedendo lo schiamazzo degli avventori.

Corte di Cassazione Sezione 1 Penale, Sentenza del 5 aprile 2011, n. 13599



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIORDANO Umberto - Presidente

Dott. IANNELLI Enzo - Consigliere

Dott. ZAMPETTI Umberto - rel. Consigliere

Dott. ROMBOLA' Marcello - Consigliere

Dott. CAPRIOGLIO Piera Maria S - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) CA. GI. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 315/2009 TRIBUNALE di MODICA, del 15/01/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ZAMPETTI Umberto;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VOLPE Giuseppe che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

Osserva:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. - Con sentenza in data 15.01.2010 il Tribunale di Modica in composizione monocratica dichiarava Ca. Gi. colpevole della contravvenzione di cui all'articolo 659 c.p., cosi' condannandolo alla pena di euro 600,00 di ammenda.

Con la stessa sentenza l'anzidetto imputato era condannato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, danni liquidati direttamente in via equitativa in euro quattromila, oltre spese di lite.

Detto Tribunale riteneva invero provato che il Ca. , quale titolare e gestore di un bar-pizzeria sita in zona centrale ed abitata, avesse disturbato la quiete delle persone dimoranti nei pressi, diffondendo musica ad alto volume fino a notte fonda e non impedendo lo schiamazzo degli avventori.

2. Il Ricorso - Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'anzidetto imputato che motivava l'impugnazione deducendo: a) violazione di legge e vizio di motivazione, posto che non era risultato provato alcuno dei profili di condotta che erano stati contestati; b) insufficiente valutazione delle deposizioni, nel complesso di segno contrastante; c) errata valutazione della perizia giurata del tecnico audiometrico.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. - Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

Tutte le proposte deduzioni, invero, involgono valutazione nel merito non consentita in questa sede di legittimita', risultando peraltro logica e coerente la motivazione dell'impugnata sentenza. E' palesemente infondato, del resto, il primo motivi di ricorso, posto che il complesso probatorio assunto ha pienamente confermato l'ipotesi accusatoria, e cioe' la riscontrata presenza di musica ad alto volume e di non sopiti schiamazzi degli avventori fino a notte fonda, il che - all'evidenza - configura la materialita' del contestato reato, secondo specifica giurisprudenza di questa Corte, in casi del tutto analoghi (cfr. Cass. Pen. Sez. 1, n. 48122 in data 03.12.2008, Rv. 242808, Baruffaldi; Cass. Pen. Sez. 1, n. 11310 in data 26.02.2008, Rv. 239165, Fresina; Cass. Pen. Sez. 1, n. 1466 in data 06.11.2007, Rv. 238525, Perrone; ecc). Pacifico, dunque, l'obbligo per il gestore di un simile locale di controllare il volume delle emissioni sonore musicali e di impedire schiamazzi da parte degli avventori, specie in ora notturna dedicata al riposo dalla massima parte dei cittadini. Il Tribunale ha poi correttamente escluso anche la possibile incidenza di altre fonti rumorose, atteso che e' risultato -circostanza non potuta contrastare dall'odierno ricorrente-che nel periodo di cui alla contestazione ((OMESSO)) non vi erano, nelle vicinanze, altri locali che fossero aperti in ora notturna.

La diffusivita' delle emissioni e' stata ben provata (riferita anche ad abitazioni situate a decine di metri di distanza).

L'entita' dei disturbi e' poi plasticamente evidenziata dalle dedotte conseguenze (chi ha dovuto installare vetri isolanti alle finestre, chi ha cambiato casa).

La motivazione dell'impugnata sentenza risulta dunque del tutto corretta, in relazione ai parametri di legge ed ai principi giurisprudenziali in materia, nonche' logica e coerente.

Ne' sussistono i dedotti contrasti tra testimoni, quelli di difesa avendo apportato elementi sostanzialmente irrilevanti, quali la presenza in zona di altri locali (ma in periodi di tempo diversi da quello di cui all'imputazione), le direttive dell'imputato per ridurre i rumori (in sostanza non efficaci), o il rispetto delle disposizioni dell'autorita' in relazione a singoli eventi musicali (il che non esime dalla responsabilita' ove, in concreto, i disturbi si manifestino e si propaghino ugualmente: cfr., ex pluribus, la sopra citata sentenza Rv. 239165, Fresina; ecc.).

Irrilevante, infine, la deduzione del ricorrente in ordine alle modalita' di espletamenti dei rilievi acustici (teste Ot. ), posto che il giudizio di condanna non si e' basato su tale elemento, ma precipuamente sulle plurime e concordi fonti testimoniali (v. la parte conclusiva dell'impugnata motivazione).

Il ricorso, palesemente infondato e proposto su temi in fatto non consentiti, e' dunque inammissibile ex articolo 591 c.p.p. e articolo 606 c.p.p., comma 3.

Alla declaratoria di inammissibilita' segue per legge, in forza del disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso totalmente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente Ca. Gi. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.
 

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