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I messaggi lasciati su un forum di discussione non entrano (solo in quanto tali) nel concetto di stampa

I messaggi lasciati su un forum di discussione (che, a seconda dei casi, puo' essere aperto a tutti indistintamente, o a chiunque si registri con qualsiasi pseudonimo, o a chi si registri previa identificazione) sono equiparabili ai messaggi che potevano e possono essere lasciati in una bacheca (sita in un luogo pubblico, o aperto al pubblico, o privato) e, cosi' come quest'ultimi, anche i primi sono mezzi di comunicazione del proprio pensiero o anche mezzi di comunicazione di informazioni, ma non entrano (solo in quanto tali) nel concetto di stampa, sia pure in senso ampio, e quindi ad essi non si applicano le limitazioni in tema di sequestro previste dalla norma costituzionale. (Corte di Cassazione Sezione 3 Penale
Sentenza del 10 marzo 2009, n. 10535)



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITALONE Claudio - Presidente

Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere

Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere

Dott. GAZZARA Santi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.D.U.C. - (OMESSO), in persona del legale rappresentante DO. Vi.;

avverso l'ordinanza emessa il 30 giugno 2008 dal tribunale del riesame di Catania;

udita nella udienza in Camera di consiglio dell'11 dicembre 2008 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Amedeo Franco;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ordinanza 25 ottobre 2007 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania respinse la richiesta dell'Aduc di revoca del sequestro preventivo di alcune pagine web di sua proprieta' disposto il 20.11.2007 in relazione al reato di cui all'articolo 403 c.p..

Il tribunale del riesame di Catania, con l'ordinanza in epigrafe, in parziale accoglimento dell'appello dell'Aduc, revoco' il sequestro previa rimozione sul sito internet dell'Aduc delle espressioni e dei messaggi oggetto dei reati contestati, inibendone l'ulteriore diffusione.

L'Aduc propone ricorso per cassazione deducendo:

1) inosservanza dell'articolo 21 Cost., comma 6, e illegittimita' del sequestro preventivo poiche' non attiene a reati contro il buon costume. Osserva che l'articolo 21 Cost., comma 6, consente la limitazione dell'esercizio della liberta' di manifestazione del pensiero nei soli casi di manifestazioni contrarie al buon costume.

2) inosservanza dell'articolo 21 Cost., comma 6, e illegittimita' del sequestro preventivo perche' l'offesa ad una confessione religiosa non e' contraria al buon costume.

3) erronea applicazione dell'articolo 403 c.p. per erronea individuazione del bene giuridico protetto dalla norma. Osserva che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, non c'e' offesa se non vengono individuati i singoli individui, soggetti passivi della norma e portatori del bene giuridico da essa tutelato.

4) erronea applicazione dell'articolo 21 Cost., comma 3, ed erronea individuazione dell'ambito applicativo del divieto di sequestro ivi previsto. Erronea interpretazione restrittiva del concetto di stampa che esclude l'informazione non ufficiale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo e' inammissibile perche' consiste in una censura nuova non dedotta con l'appello, e che non puo' quindi essere proposta per la prima volta in questa sede di legittimita'. Il motivo e' comunque manifestamente infondato perche' l'articolo 21 Cost., comma 6, vieta direttamente "le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume", disponendo altresi' che "la legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni", ma non ha inteso dire che un comportamento, costituente manifestazione del pensiero, possa essere dalla legge vietato e previsto come reato esclusivamente quando sia contrario al buon costume, e non anche quando sia lesivo di altri beni ritenuti meritevoli di tutela, sebbene non lesivo del buon costume. Se cosi' non fosse, del resto, dovrebbe ritenersi che i reati di ingiuria e diffamazione non sarebbero legittimi quando colpiscano comportamenti lesivi solo dell'onore e della reputazione delle persone, e non anche del buon costume.

Per le stesse ragioni e' inammissibile, sia perche' nuovo sia perche' manifestamente infondato, anche il secondo motivo. Con l'atto di appello, invero, non era stato dedotto che il sequestro in questione era illegittimo perche' le frasi contestate non erano suscettibili di offendere il buon costume inteso come pudore sessuale della collettivita'. Ne' tale doglianza puo' essere proposta per la prima volta in sede di legittimita' solo perche' l'ordinanza impugnata ha osservato che alcune delle frasi incriminate, oltre ad avere offeso la religione cattolica mediante il vilipendio dei suoi fedeli e dei suoi ministri, avevano travalicato i limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il "sacro seme del cattolicesimo". In ogni caso il motivo e' manifestamente infondato perche' l'articolo 21 Cost., comma 6, non limita la possibilita' della legge di prevedere, in caso di reato, il sequestro di cose che rappresentino manifestazioni del pensiero soltanto quando queste siano lesive del pudore sessuale.

Il terzo motivo e' infondato perche' esattamente il tribunale del riesame ha ritenuto che per la configurabilita' del reato di cui all'articolo 403 c.p. non occorre che le espressioni di vilipendio debbano essere rivolte a fedeli ben determinati, ben potendo invece, come nella specie, essere genericamente riferite alla indistinta generalita' dei fedeli. La norma invero protegge il sentimento religioso di per se', sanzionando le pubbliche offese verso lo stesso attuate mediante vilipendio dei fedeli di una confessione religiosa o dei suoi ministri.

Opportunamente, invero, l'ordinanza impugnata ha ricordato la sent. n. 188 del 1975 della Corte costituzionale, la quale affermo' che: il sentimento religioso, quale vive nell'intimo della coscienza individuale e si estende anche a gruppi piu' o meno numerosi di persone legate tra loro dal vincolo della professione di una fede comune, e' da considerare tra i beni costituzionalmente rilevanti, come risulta coordinando gli articoli 2, 8 e 19 Cost., ed e' indirettamente confermato anche dall'articolo 3 Cost., comma 1 e dall'articolo 20 Cost.. Percio' il vilipendio di una religione, tanto piu' se posto in essere attraverso il vilipendio di coloro che la professano o di un ministro del culto rispettivo, come nell'ipotesi dell'articolo 403 c.p., che qui interessa, legittimamente puo' limitare l'ambito di operativita' dell'articolo 21 Cost.: sempre che, beninteso, la figura della condotta vilipendiosa sia circoscritta entro i giusti confini, segnati, per un verso, dallo stesso significato etimologico della parola (che vuoi dire "tenere a vile", e quindi additare al pubblico disprezzo o dileggio), e per altro verso, dalla esigenza di rendere compatibile la tutela penale accordata al bene protetto dalla norma in questione con la piu' ampia liberta' di manifestazione del proprio pensiero in materia religiosa, e che "il vilipendio, dunque, non si confonde ne' con la discussione su temi religiosi, cosi' a livello scientifico come a livello divulgativo, ne' con la critica e la confutazione pur se vivacemente polemica; ne' con l'espressione di radicale dissenso da ogni concezione richiamantesi a valori religiosi trascendenti, in nome di ideologie immanentistiche o positivistiche od altre che siano. Sono, invece, vilipendio, e pertanto esclusi dalla garanzia dell'articolo 21 Cost. (e dell'articolo 19 Cost.), la contumelia, lo scherno, l'offesa, per dir cosi', fine a se' stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e percio' lesione della sua personalita') e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato".

D'altra parte, anche la recente sent. n. 168 del 2005 (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 403 c.p. nella parte in cui prevede, per le offese alla religione cattolica mediante vilipendio di chi la professa o di un ministro del culto, la pena della reclusione rispettivamente fino a due anni e da uno a tre anni, anziche' la pena diminuita stabilita dall'articolo 406 c.p.) ha fatto espresso riferimento alle "esigenze costituzionali di eguale protezione del sentimento religioso che sottostanno alla equiparazione del trattamento sanzionatorio per le offese recate sia alla religione cattolica, sia alle altre confessioni religiose", ribadendo che tutte le norme contemplate dal capo dei delitti contro il sentimento religioso "si riferiscono al medesimo bene giuridico del sentimento religioso, che l'articolo 403 c.p. tutela in caso di offese recate alla religione cattolica mediante vilipendio di chi la professa o di un ministro del culto".

Del resto, anche qualora potesse accogliersi la tesi del ricorrente secondo cui il bene tutelato dalla norma non e' il sentimento religioso ma la persona (fisica o giuridica) offesa in quanto appartenente ad una determinata confessione religiosa, non si vedrebbe perche' questa tesi dovrebbe comportare che, per aversi reato, il vilipendio dovrebbe rivolgersi verso determinate persone e non verso il gruppo indistinto dei fedeli di quella confessione religiosa nei cui confronti viene pubblicamente portata l'offesa.

E' infine infondato anche il quarto motivo. Va preliminarmente osservato che il tribunale del riesame ha revocato il sequestro del forum esistente nell'ambito del sito appartenente alla associazione ricorrente, lasciandolo esclusivamente sui singoli messaggi inviati da alcuni partecipanti al forum in questione, contenenti le frasi oggetto dei reati contestati.

Cio' posto, il Collegio ritiene che esattamente il tribunale del riesame ha dichiarato che nel caso di specie non trova applicazione l'articolo 21 Cost., comma 3, secondo cui "Si puo' procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorita' giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili", dato che la concreta fattispecie in esame non rientra nella piu' specifica disciplina della liberta' di stampa, ma solo in quella piu' generale di liberta' di manifestazione del proprio pensiero di cui all'articolo 21 Cost., comma 1.

Gli interventi dei partecipanti al forum in questione, invero, non possono essere fatti rientrare nell'ambito della nozione di stampa, neppure nel significato piu' esteso ricavabile dalla Legge 7 marzo 2001, n. 62, articolo 1, che ha esteso l'applicabilita' delle disposizioni di cui alla Legge 8 febbraio 1948, n. 47, articolo 2 (legge sulla stampa) al "prodotto editoriale", stabilendo che per tale, ai fini della legge stessa, deve intendersi anche il "prodotto realizzato... su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico". Il semplice fatto che i messaggi e gli interventi siano visionabili da chiunque, o almeno da coloro che si siano registrati nel forum, non fa si' che il forum stesso, che e' assimilabile ad un gruppo di discussione, possa essere qualificato come un prodotto editoriale, o come un giornale online, o come una testata giornalistica informatica. Si tratta quindi di una semplice area di discussione, dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum, ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole ed agli obblighi cui e' soggetta la stampa (quale quello di indicazione di un direttore responsabile o di registrazione) o puo' giovarsi delle guarentigie in tema di sequestro che l'articolo 21 Cost., comma 3, riserva soltanto alla stampa, sia pure latamente intesa, ma non genericamente a qualsiasi mezzo e strumento con cui e' possibile manifestare il proprio pensiero. D'altra parte, nel caso in esame, neppure si tratta di un forum strutturalmente inserito in una testata giornalistica diffusa per via telematica, di cui costituisca un elemento e su cui il direttore responsabile abbia la possibilita' di esercitare il controllo (cosi' come su ogni altra rubrica della testata).

Acutamente il difensore del ricorrente sostiene che la norma costituzionale dovrebbe essere interpretata in senso evolutivo per adeguarla alle nuove tecnologie sopravvenute ed ai nuovi mezzi di espressione del libero pensiero. Ma da questo assunto, non puo' farsi derivare che i nuovi mezzi di comunicazione del proprio pensiero (newsletter, blog, forum, newsgroup, mailing list, chat, messaggi istantanei, e cosi' via) possano, tutti in blocco, solo perche' tali, essere inclusi nel concetto di stampa ai sensi dell'articolo 21 Cost., comma 3, prescindendo dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi.

In realta' i messaggi lasciati su un forum di discussione (che, a seconda dei casi, puo' essere aperto a tutti indistintamente, o a chiunque si registri con qualsiasi pseudonimo, o a chi si registri previa identificazione) sono equiparabili ai messaggi che potevano e possono essere lasciati in una bacheca (sita in un luogo pubblico, o aperto al pubblico, o privato) e, cosi' come quest'ultimi, anche i primi sono mezzi di comunicazione del proprio pensiero o anche mezzi di comunicazione di informazioni, ma non entrano (solo in quanto tali) nel concetto di stampa, sia pure in senso ampio, e quindi ad essi non si applicano le limitazioni in tema di sequestro previste dalla norma costituzionale.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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