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In tema di concussione, l'espressione «utilità» indica tutto ciò che costituisca per la persona un vantaggio, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale

In tema di concussione, l'espressione «utilità» di cui all'articolo 317 del Cp indica tutto ciò che costituisca per la persona un vantaggio, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, consistente tanto in un dare quanto in un facere, purché sia ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal comune convincimento. Ne deriva che i favori sessuali rientrano in tale categoria in quanto rappresentano un vantaggio per il pubblico funzionario che ne ottenga la promessa o l'effettiva prestazione. (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 3 marzo 2009, n. 9528)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LATTANZI Giorgio - Presidente

Dott. MILO Nicola - Consigliere

Dott. CORTESE Arturo - Consigliere

Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere

Dott. LANZA Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) RO. RA. N. IL (OMESSO);

2) R. V. N. IL (OMESSO);

3) AG. AN. N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 11/10/2005 CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CORTESE ARTURO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALATI Giovanni, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso dell' Ag. e il rigetto dei ricorsi del Ro. e del R. ;

Udito il difensore Avv. Arico' per ( Ro. e R. ), che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza nei confronti del Ro. e del R. e in subordine, per l'annullamento con rinvio.

FATTO

1.- Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Napoli confermava la penale responsabilita' di Ro. Ra. , R. V. e Ag. An. , rispettivamente:

il Ro. :

a)-b)- per i delitti ex articoli 81 cpv., 317 e 519 c.p. (continuata induzione di straniera extracomunitaria a prestazioni sessuali, mediante abuso di qualita' e poteri di assistente della polizia di Stato in servizio presso l'ufficio stranieri della Questura di (OMESSO));

il R. :

c)-d)- per i delitti ex articoli 81 cpv., 317 e 519 c.p. (continuata induzione di due straniere di nazionalita' brasiliana a prestazioni sessuali, mediante abuso di qualita' e poteri di assistente della polizia di Stato in servizio presso l'ufficio stranieri della Questura di (OMESSO));

l' Ag. :

f)- per il delitto ex articoli 110 e 479 c.p. (concorso in apposizione su passaporti di straniere extracomunitarie di date false con timbri datari della Polaria di (OMESSO)).

2.- Propongono ricorso per cassazione i prevenuti.

3.- Il Ro. (con due atti di ricorso) deduce:

a.- violazione di legge, in relazione all'acquisizione ex articolo 512 c.p.p. delle dichiarazioni predibattimentali della cittadina extracomunitaria presunta vittima degli abusi, stante la non imprevedibilita' della sua successiva irreperibilita';

b.- violazione dell'articolo 197 c.p.p., comma 1, lettera d) in relazione all'assunzione testimoniale del teste Ce. , ausiliario del P.M.;

c- violazione dell'articolo 500 c.p.p., in relazione all'utilizzo delle dichiarazioni predibattimentali contestate ai testi Bo. , Pi. e A. ;

d.- violazione dell'articolo 317 c.p., in relazione alla ritenuta riconducibilita' nel campo di applicazione di tale norma delle prestazioni sessuali ipoteticamente pretese dal p.u. (e non suscettibili di valutazione economica) e all'assenza di qualsiasi prova di coartazione della presunta vittima;

e.- violazione dell'articolo 15 c.p., in relazione al ritenuto concorso formale con il delitto ex articolo 317 c.p. di quello ex articolo 519 c.p., chiaramente ricompreso nel primo;

f- vizio di motivazione, in relazione alla valutazione del materiale probatorio, condotta senza tenere adeguato conto delle molteplici ragioni di inattendibilita' delle dichiarazioni della cittadina extracomunitaria presunta vittima degli abusi;

g.- vizio di motivazione sulla misura della pena.

4.- Il R. deduce:

a.- vizio di motivazione, in relazione alla valutazione del materiale probatorio, condotta senza tenere adeguato conto dell'assenza, alla stregua delle dichiarazioni rese dalle cittadine extracomunitarie presunte vittime degli abusi, di elementi indicativi di qualsiasi condotta di violenza o abuso da parte del p.u.;

b.- vizio di motivazione e violazione di legge, in relazione alla possibile qualificazione del fatto sub specie del delitto ex articoli 322 e 319 c.p.;

c- violazione dell'articolo 15 c.p., in relazione al ritenuto concorso formale con il delitto ex articolo 317 c.p. di quello ex articolo 519 c.p., chiaramente ricompreso nel primo.

5.- L' Ag. deduce vizio di motivazione e violazione di legge, in relazione alla valutazione del materiale probatorio, condotta travisando i dati reali e omettendo di esaminare i rilievi formulati nell'atto di appello, e alla negata ammissione del mezzo di prova costituito dalla fonoregistrazione di dichiarazioni del coimputato (poi deceduto) Sc. .

DIRITTO

I ricorsi sono infondati.

Iniziando da quello del Ro. , in ordine ai vari motivi dedotti si osserva quanto segue.

Sulla denunciata violazione di legge relativa all'acquisizione ex articolo 512 c.p.p. delle dichiarazioni predibattimentali della persona offesa Qu. El. , si assume nel ricorso che la successiva irreperibilita' della donna, integrante la irripetibilita' dell'atto posta a giustificazione della sua acquisizione, non puo' essere considerata un fatto anteriormente imprevedibile (secondo quanto prescritto dalla citata norma codicistica), posto che essa, quando venne assunta, era una straniera extracomunitaria (colombiana) priva di stabile insediamento nel territorio nazionale, che, oltretutto, aveva espressamente dichiarato che avrebbe lasciato definitivamente l'Italia alla scadenza del permesso di soggiorno, di cui era munita.

Nella sentenza impugnata l'eccezione e' stata respinta sul rilievo che non basta a far ritenere la successiva irreperibilita' di un soggetto la mera condizione di straniero extracomunitario, tant'e' che nella specie le altre extracomunitarie coinvolte nelle vicende oggetto di causa sono state regolarmente rinvenute e della stessa Qu. si e' appurato che era comunque rimasta in Italia per molti anni dopo la scadenza del permesso di soggiorno.

Premesso, da un lato, che l'acciaiata irreperibilita' sopravvenuta del dichiarante configura un'ipotesi di oggettiva impossibilita' di formazione della prova in contraddittorio prevista dall'articolo 111 Cost., comma 5, (Cass. sent. 10.12.2004 n. 5821, Alfieri e, in obiter, Corte Cost. ord. 22.11.2001 n. 375), e non determina, quindi (al di fuori del caso in cui ne risulti la derivazione dalla volonta' di sottrarsi all'esame, la inutilizzabilita' delle precedenti dichiarazioni a sensi dell'articolo 526 c.p.p., comma 1 bis, (Cass. sent. 20.06.2006 n. 23571, Ogaristi), e, dall'altro, che la sopravvenuta impossibilita', per fatti o circostanze imprevedibili, della ripetizione di atti assunti anteriormente al dibattimento, deve essere liberamente apprezzata dal giudice di merito, la cui valutazione, se adeguatamente e logicamente motivata, non e' sindacabile in sede di giudizio di legittimita' (Cass. sent. 23.10.2002 n. 42926, Manazza), si osserva che la surriportata motivazione resa dalla Corte di merito non e' affetta da illogicita' e appare in linea con vari precedenti di questa Corte (oltre alla sentenza gia' citata, v. sent. 13.10.2005 n. 40957, Benkhalek; sent. 08.06.2007 n. 33785, De Lus Santos).

Ne' a diverse conclusioni puo' indurre la circostanza che la Qu. avesse dichiarato che avrebbe lasciato definitivamente l'Italia alla scadenza del permesso di soggiorno, posto che - a prescindere dal fatto che questo poi non avvenne - la dichiarata intenzione dello straniero extracomunitario di non restare nel nostro Paese dopo la scadenza del permesso di soggiorno non implica ne' giustifica certo per se' la previsione che ne diverra' ipso facto impossibile la futura assunzione, tenuto conto in particolare della disciplina di cui agli articoli 727 e 729 c.p.p..

Non sussiste poi la denunciata violazione dell'articolo 197 c.p.p., comma 1, lettera d) in relazione all'assunzione testimoniale del teste Ce. , per la dedotta incompatibilita' con la sua veste di ausiliario del P.M..

Nella sentenza impugnata l'eccezione e' stata respinta sul rilievo che l'assunzione de qua e' stata correttamente circoscritta alle sole domande attinenti all'attivita' di indagine svolta dal Ce. .

Premesso che e' generica e puramente assertiva l'obiezione per cui non sarebbe possibile fare distinzioni in ordine alle due fonti di cognizione del teste, rilevasi che la motivazione resa dalla Corte di merito appare del tutto in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la disposizione contenuta nell'articolo 197 c.p.p., comma 1, lettera d), che limita la possibilita' di testimoniare a coloro che hanno svolto la funzione di ausiliari dell'autorita' giudiziaria nel procedimento, non e' applicabile nei confronti di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria in relazione all'attivita' da essi compiuta nello svolgimento delle proprie funzioni istituzionali (Cass. sent. 29.02.2008 n. 17335, Venosa; sent. 03.11.2005 n. 44962, Ruberto; 25.03.2005 n. 11924, Spagnolo).

Quanto alla dedotta violazione dell'articolo 500 c.p.p., in relazione all'utilizzo delle dichiarazioni predibattimentali contestate ai testi Bo. , Pi. e A. , la Corte di merito, richiamando anche i rilievi del primo giudice, ha adeguatamente chiarito le ragioni per cui le stesse, precise, dettagliate e non coartate, rendano non credibili, a sensi dell'articolo 500 c.p.p., comma 2, le deposizioni negatone rese in dibattimento dai predetti testi.

Sul piano del diritto sostanziale, e' stato chiarito in giurisprudenza che, in tema di concussione, il termine "utilita'" indica tutto cio' che rappresenta un vantaggio per la persona, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, consistente tanto in un dare quanto in un facere e ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal convincimento comune;

ne deriva che i favori sessuali rientrano nella suddetta categoria in quanto rappresentano un vantaggio per il funzionario che ne ottenga la promessa o la effettiva prestazione Cass. SS.UU sent. 11.05.1993 n. 7, Romano; Cass. sent 03.03.1998 n. 4317, Clarucci).

Circa poi la contestazione del ritenuto concorso formale fra il delitto ex articolo 317 c.p. e quello ex articolo 519 c.p. (vecchio testo), deve rilevarsi che non e' ravvisabile fra le relative fattispecie astratte un rapporto di genere a specie.

In ogni caso, la specialita' sarebbe reciproca o bilaterale, presentando l'articolo 317 c.p. l'elemento specializzante della qualita' del soggetto attivo e l'articolo 519 c.p. (vecchio testo) quello dello oggetto materiale della condotta.

Quest'ultima, inoltre, lede all'evidenza, nella sua unitarieta', due diversi beni giuridici, posti a salvaguardia di distinti valori costituzionali, e cioe' il buon andamento della Pubblica Amministrazione e la liberta' di autodeterminazione della persona nella sfera sessuale (cfr. in termini Cass. sent. 20.11.2007 n. 1815, Rizza).

Venendo ora al denunciato vizio di motivazione nella valutazione del materiale probatorio, siccome condotta in particolare senza tenere adeguato conto delle molteplici ragioni di inattendibilita' delle dichiarazioni della straniera extracomunitaria presunta vittima degli abusi, si osserva che la Corte di merito, anche attraverso il richiamo alla pronuncia di prime cure, ha reso una illustrazione logica e compiuta delle ragioni della confermata responsabilita' dell'imputato, facendo in particolare riferimento alle precise e circostanziate dichiarazioni della persona offesa, corredate da un riscontro documentale (relativo alla sua convocazione notturna in Questura in coincidenza con l'epoca della seconda riferita violenza) e da riscontri orali (in particolare le dichiarazioni del Ce. e dello S. ).

Alle obiezioni circa il mancato riscontro della descrizione, fatta dalla Qu. , dei luoghi in cui sarebbero avvenuti i fatti, i giudici di merito hanno risposto col ragionevole richiamo alla situazione di tensione e disorientamento in cui si trovava la donna e alla facilita' per il Ro. , data l'ora notturna e la dimestichezza del posto, di reperire un posto, negli Uffici della Questura, ove appartarsi brevemente e riservatamente con la ragazza.

Ne' la credibilita' della Qu. puo' ritenersi incrinata da eventuali imprecisioni circa l'epoca del primo episodio di violenza.

Quanto alla sussistenza degli estremi della concussione, va precisato in diritto che:

elemento essenziale della fattispecie criminosa in esame e' l'abuso di potere, per effetto del quale la volonta' del soggetto passivo si determina sotto l'influenza del c.d. metus publicae potestatis (Cass. 10.10.1979, Biagetti), il quale deve consistere non nella generica posizione di supremazia, sempre connaturata alla qualifica di pubblico ufficiale, ma bensi' nel concreto abuso della veste pubblica, idoneo a far si' che la indebita promessa o dazione da parte del privato sia collegata alla pressione ad esso abuso connessa (Cass. 20.11.2003 n. 6073, Filippi) e alla correlata posizione non paritaria con il pubblico ufficiale e, quindi, di soggezione nei suoi confronti in cui il privato si sia venuto a trovare (Cass. 18.04.1994, Russo);

le modalita' del comportamento concussorio sfuggono alla possibilita' di una rigorosa delimitazione in chiave descrittiva attraverso predeterminate regole comunicative (Cass. 17.01.1994, Lentini), potendo lo stesso estrinsecarsi attraverso qualsiasi atteggiamento, anche implicito (Cass. 22.10.1997, Nicolazzi), che sia comunque in grado, tenuto conto anche delle particolari condizioni in cui si svolge, di turbare o diminuire la liberta' psichica del soggetto passivo che ne sia destinatario (Cass. 13.11.1986, Grimaudo), indipendentemente dalla verifica della sua idoneita' potenziale a produrre i medesimi effetti nei confronti di qualsiasi altro soggetto (Cass. 09.02.1996, Fatone);

l'elemento discriminante della concussione rispetto alla corruzione e' costituito dalla presenza, nella prima, di una volonta' prevaricatrice del pubblico ufficiale, condizionate la volonta' del privato (Cass. 03.11.2003 n. 4898, PG c. Di Giacomo), per effetto della quale quest'ultimo versa in stato di soggezione di fronte alla condotta del pubblico ufficiale, mentre nella corruzione i due soggetti vengono a trovarsi in posizione di sostanziale parita' (Cass. 01.02.1993, Cardillo), accordandosi, con manifestazioni di volonta' convergenti, sul pactum sceleris (Cass. 13.01.2000, PG c. Lattanzio);

analogamente, il delitto punito dagli articoli 56 e 317 c.p. si distingue da quello previsto dall'articolo 322 c.p., comma 4 per il fatto che nel primo la condotta del pubblico ufficiale e' astrattamente idonea a determinare uno stato di soggezione, anche se poi - per particolare resistenza o forza del soggetto passivo - tale risultato non si produce, mentre il secondo reato concerne le condotte del pubblico ufficiale dalle quali esula ogni significato di costrizione o di induzione nei confronti del privato (Cass. 25.02.1994, Fumarola);

la circostanza che l'atto, oggetto del mercimonio, del pubblico ufficiale sia illegittimo e contrario ai doveri di ufficio non comporta per se' la degradazione del titolo del reato da concussione in corruzione, neppure quando il soggetto passivo versi gia' in illecito e sia consapevole dell'illegittimita' dell'atto, posto che cio' che occorre e basta ai fini della sussistenza della concussione e' che rimanga inalterata la posizione di preminenza prevaricatrice del pubblico ufficiale sull'intimorita volizione del privato (Cass. 01.02.1993, Cardillo), indotta dall'abuso delle qualita' o delle funzioni del primo (Cass. 09.03.1984, Avalle), tale da escludere che la volonta' del secondo si sia liberamente determinata (Cass. 04.05.1983, Alfonso).

Nella specie i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei su enunciati principi, ravvisando, nella relazione fra la Qu. , straniera extracomunitaria munita di permesso di soggiorno turistico, sorpresa a lavorare in un locale notturno in violazione della normativa di legge, e il poliziotto dell'Ufficio stranieri, addetto alla verifica della regolarita' della posizione della donna, il quale, al fine di evitare problemi, le sollecita, nei locali della Questura e in un contesto di risaputi frequenti atteggiamenti "disinvolti" da parte degli agenti addetti all'Ufficio predetto, delle prestazioni sessuali, una situazione di palese squilibrio prevaricatorio, tale da determinare nella donna uno stato di soggezione idoneo a condizionarne la volonta'.

Quanto infine alla doglianza sulla misura della pena, rilevasi che la stessa e' generica e censura un punto della decisione, che e' rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, come tale sottratta al sindacato di legittimita', ove - come appunto nel caso di specie (v. il richiamo alla estrema gravita') - corredata di una motivazione riconducibile ai canoni di cui all'articolo 133 c.p. e idonea a far emergere la ragione della concreta scelta operata.

Passando ad esaminare i motivi dedotti nel ricorso del R. , puo' anzitutto farsi richiamo, per quanto concerne l'eccezione relativa al ritenuto concorso formale del delitto ex articolo 317 c.p. con quello ex articolo 519 c.p. (vecchio testo) e i criteri distintivi fra la concussione e i reati corruttivi di cui agli articoli 319 e 322, ai rilievi svolti su tali temi in sede di esame del ricorso del Ro. .

Focalizzando dunque l'attenzione sul denunciato vizio di motivazione nella valutazione del materiale probatorio, siccome condotta senza tenere adeguato conto dell'assenza, alla stregua delle dichiarazioni rese dalle cittadine extracomunitarie presunte vittime degli abusi, di elementi indicativi di qualsiasi condotta di violenza o abuso da parte del p.u., si osserva quanto segue.

I giudici di merito hanno dato correttamente atto che le due straniere extracomunitarie (brasiliane) non hanno parlato di esplicite minacce da parte del R. , agente addetto all'Ufficio stranieri della Questura di (OMESSO).

Cionondimeno, in considerazione del contesto in cui si svolsero i fatti (risultante dalle dichiarazioni del Ce. , dello S. e di Do.Fr. ), della situazione in cui le due donne si trovavano (munite di permesso di soggiorno turistico, lavoravano irregolarmente in un locale notturno), e di quanto riferito da una delle due donne, Ma. Pe.Gi. , in ordine alla circostanza che aveva dovuto acconsentire a un rapporto sessuale con il R. , con il quale, una volta regolarizzata la sua posizione, chiari' che non intendeva avere rapporti diversi da quelli di amicizia, nonche' del carattere eccessivamente compiacente e, come tale sospetto e contraddittorio (la conclamata integrita' del R. si scontrava con l'atteggiamento "benevolo" che egli aveva avuto con lei), della deposizione resa dall'altra donna, Da. Si. Sa. So. , la Corte d'appello ha ravvisato, nella situazione determinatasi fra le due donne e il poliziotto dell'Ufficio stranieri, addetto alla verifica della regolarita' della loro posizione, il quale le invita, dopo averle sorprese a lavorare irregolarmente in un locale notturno, a concedergli i loro favori sessuali, un implicito ma univoco atteggiamento intimidatorio da parte del p.u., esercitato da una posizione di evidente supremazia, tale da determinare nelle donne uno stato di soggezione idoneo a condizionarne la volonta'.

Tale conclusione appare scevra da illogicita' e conforme al surriportato orientamento di giurisprudenza, secondo il quale il comportamento concussorio puo' estrinsecarsi attraverso qualsiasi atteggiamento, anche implicito, che sia comunque in grado, tenuto conto anche delle particolari condizioni in cui si svolge, di turbare o diminuire la liberta' psichica del soggetto passivo che ne sia destinatario.

Venendo da ultimo ai motivi dedotti nel ricorso dell' Ag. , deve rilevarsi che:

la Corte d'appello ha reso idonea motivazione in ordine alla negata ammissione del mezzo di prova costituito dalla fonoregistrazione di dichiarazioni del coimputato (poi deceduto) Sc. , col riferimento alla non necessita' di tale mezzo, a fronte delle risultanze provenienti da testi presenti e della non presenza ai fatti del prefato coimputato;

la ricostruzione del fatto addebitato al prevenuto e degli elementi comprovanti la sua sicura responsabilita' e' stata operata dalla Corte territoriale attraverso un'analisi e valutazione precisa e logica delle deposizioni dei testi r. , M. , C. e F. , dalla quale emergeva sia la falsita' della data apposta su due passaporti di extracomunitari (v. in particolare la deposizione F. ), sia la consapevole, anche se sofferta, partecipazione al fatto, come autore materiale, dell' Ag. (gia' controllato, unitamente al superiore P. , di cui era autista, nell'ambito di accertamenti su attivita' dirette a favorire l'ingresso in Italia di extracomunitarie da inserire nei locali notturni);

a fronte della detta ricostruzione sono stati eccepiti genericamente errori di lettura e interpretazione delle risultanze processuali e omissioni di esame dei motivi di appello.

Deve in chiusura puntualizzarsi che per nessuno dei reati per cui e' stata confermata la responsabilita' degli imputati e' maturato il periodo massimo di prescrizione, da calcolarsi (in relazione all'epoca di emissione della pronuncia di prime cure) a sensi della disciplina previdente a quella introdotta dalla Legge n. 251 del 2005, dovendo al riguardo tenersi conto delle numerose sospensioni del termine verificatesi nel corso sia del giudizio di primo grado che di quello di appello.

P.Q.M.

Visti gli articoli 615 e 616 c.p.p., rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

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