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In tema di marchi contraffatti, il reato di falsificazione è configuarato anche nel caso in cui non venga ingenerato inganno

Il reato di cui all'art. 474 c.p. tutela in via principale e diretta non la libera determinazione dell'acquirente, bensi' la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Ne consegue che l'attitudine della falsificazione ad ingenerare confusione dev'essere valutata non con riferimento al momento dell'acquisto, ma in relazione alla visione degli oggetti nella loro successiva utilizzazione.
E' quanto stabilito dalla Corte di Corte di Cassazione, Sezione 5 Penale, con sentenza del 7 novembre 2007, n. 40874.



- Leggi la sentenza integrale -

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO TRIBUNALE DI VERONA;

nei confronti di:

1) TH. MA. N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 11/01/2006 TRIBUNALE DI VERONA;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. AMATO ALFONSO;

udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO G. che ha concluso per l'acc.to del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Th. Ma. e' stato assolto dal Tribunale di Verona dal delitto di cui all'articolo 474 c.p. per l'inidoneita' della condotta, stante la grossolanita' del falso.

Ricorre "per saltum" il Procuratore della Repubblica, deducendo la violazione di legge, dal momento che non necessita l'inganno del soggetto che procede all'acquisto della merce recante il marchio contraffatto ad integrare il reato di che trattasi.

Il ricorso e' fondato.

Un esiguo e ormai risalente indirizzo assume la configurabilita' del falso grossolano, quanto per la modesta entita' del prezzo e le particolari condizioni di vendita risulti impossibile ledere la fede pubblica (sez. 5, 17.6.99, n. 2119, Diaw).

Ma tale orientamento non puo' essere condiviso, poiche' l'articolo 474 c.p. tutela in via principale e diretta non la libera determinazione dell'acquirente, bensi' la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Si tratta, dunque, di un reato di pericolo, la cui configurazione non esige la realizzazione dell'inganno (sez. 2, 11.10.2000, n. 13031, Ndong). L'attitudine della falsificazione ad ingenerare confusione dev'essere valutata non con riferimento al momento dell'acquisto, ma in relazione alla visione degli oggetti nella loro successiva utilizzazione (Sez. 2, 2.10.01, Babacar; id., 26.3.98, Alberino).

La sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di appello di Venezia per il giudizio.

Il giudice suindicato si atterra' al principio di diritto enunciato innanzi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Venezia per il giudizio.

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