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L'esercizio di un mestiere rumoroso in violazione dei limiti stabiliti dalla legge speciale può integrare anche la fattispecie contravvenzionale del disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

L'esercizio di un mestiere rumoroso in violazione dei limiti stabiliti dalla legge speciale può integrare, oltre che l'illecito amministrativo previsto dalla cosiddetta legge quadro sull'inquinamento acustico, anche la fattispecie contravvenzionale del disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, potendosi accertare in concreto che dall'esercizio del mestiere rumoroso sia derivato, non solo il mero superamento dei limiti di emissioni sonore, ma anche la lesione o la messa in pericolo della quiete pubblica, riferita alla media sensibilità delle persone nell'ambito del quale dette emissioni si verificano. (Corte di Cassazione, Sezione 1 Penale, Sentenza del 5 dicembre 2007, n. 45520)



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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 19.12.2006, il Tribunale di Bologna-Sezione distaccata di Imola condannava Mo. Ma. Fr. alla pena di 300 euro di ammenda ritenendola responsabile del reato di cui all'articolo 659 c.p., comma 2, perche', nell'esercizio dell'attivita' di panificazione, disturbava il riposo e le occupazioni delle persone con i rumori prodotti dai macchinari utilizzati nel suo laboratorio in misura superiore al limite stabilito per il periodo notturno: inoltre, il tribunale rigettava la richiesta di oblazione, trattandosi di reato permanente ancora in corso di consumazione, concedeva il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato all'eliminazione dei disturbi e condannava l'imputata al risarcimento dei danni, con la liquidazione di una provvisionale di 10.000,00 euro per ciascuno delle parti civili, e alla rifusione delle spese del giudizio a favore di quest'ultime.

Il difensore dell'imputata ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per i seguenti vizi logici e giuridici della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) : 1 - nullita' del decreto di citazione a giudizio per indeterminatezza dello stesso, nella parte riguardante la contestazione del reato ex articolo 659 c.p., comma 1, ed omessa pronuncia di proscioglimento per detto illecito; 2 - violazione della legge penale in relazione al mancato accoglimento dell'istanza di oblazione per asserita sussistenza delle conseguenze dannose del reato; 3 - manifesta illogicita' della motivazione e travisamento delle risultanze probatorie, in quanto il tribunale aveva affermato la persistenza del superamento del limite ammesso di rumore benche' la circostanza fosse stata esclusa dai tecnici dell'AR. .; 4 - nullita' della perizia ed irritualita' della modifica del capo di imputazione, nonche' mancata applicazione della Legge 31 luglio 2006, n. 241 ed illegittimo rigetto della richiesta di nuova perizia a norma dell'articolo 507 c.p.p.; 5 -motivazione illogica e contraddittoria relativamente all'elemento soggettivo del reato, all'accertamento del danno subito dalle parti civili e alla liquidazione di provvisionale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso non ha fondamento.

Preliminarmente deve rilevarsi la totale inconsistenza del primo motivo di ricorso, in quanto, da un verso, il capo di imputazione risulta analiticamente specificato nei suoi termini fattuali e, dall'altro, l'esclusione della figura di reato prevista dall'articolo 659 c.p., comma 1 e la sussunzione nella fattispecie ipotizzata dal medesimo articolo 659 c.p., comma 2 rappresentano i passaggi di un'unica operazione di qualificazione giuridica del fatto: di talche' l'attribuzione del nomen iuris piu' appropriato non doveva essere accompagnata dalla pronuncia di proscioglimento dal reato di cui all'articolo 659 c.p., comma 1.

Non ha pregio neppure la doglianza di violazione della legge penale in relazione alla non ammissione all'oblazione, per la precisa ragione che i risultati della perizia disposta in dibattimento hanno posto in evidenza la persistenza dei rumori e del disturbo alla quiete e al riposo delle persone provenienti dall'attivita' lavorativa esercitata, di notte, dal panificio gestito dall'imputata. In proposito deve sottolinearsi che sono infondate le censure mosse dalla ricorrente sull'attendibilita' delle conclusioni della perizia, contrastanti con quelle dell'accertamento compiuto dall'AR. nel 2004, dato che il tribunale ha dato conto, con esauriente ed adeguata motivazione, delle ragioni che, sulla scia delle osservazioni esposte dal perito, hanno giustificato l'opinione riguardante la produzione di effetti rumorosi dall'attivita' di panificazione esercitata in ore notturne.

Cio' posto, deve sottolinearsi che nella recente giurisprudenza di questa Corte e' stato stabilito che l'esercizio di un mestiere rumoroso in violazione dei limiti stabiliti dalla legge speciale puo' integrare, oltre che l'illecito amministrativo previsto dalla cd. legge quadro sull'inquinamento acustico, anche la fattispecie contravvenzionale del disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, potendosi accertare in concreto che dall'esercizio dei mestiere rumoroso sia derivato, non solo il mero superamento dei limiti di emissioni sonore, ma anche la lesione o la messa in pericolo della quiete pubblica, riferita alla media sensibilita' delle persone nell'ambito del quale dette emissioni si verificano (Cass., Sez. 1, 6 dicembre 2006, Raggio, rv. 235791). E, in tale prospettiva interpretativa, il giudice di merito ha accuratamente valutato le risultanze probatorie ritenendo sussistenti, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, gli elementi costitutivi del reato previsto dall'articolo 659 c.p., comma 2.

Infine, risultano manifestamente infondate le deduzioni del ricorrente riguardanti l'applicazione dell'indulto concesso con Legge n. 241 del 2006 e il rigetto della richiesta di nuova perizia a norma dell'articolo 507 c.p.p., nonche' la sussistenza dell'elemento psicologico della contravvenzione, al pari delle censure attinenti all'accertamento del danno e alla liquidazione di una provvisionale a favore delle parti civili costituite, posto che su tali punti la decisione impugnata risulta sorretta da congrua motivazione.

In conclusione, risultando inconsistente in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Prima Sezione Penale, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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