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L'offesa all'aspetto fisico di una persona integra gli estremi del reato di ingiuria e si ripercuote anche sulla sua immagine professionale

Dire ad una donna "sei un cesso.. ti sei vista" integra la fattispecie delineata dall'articolo 594 c.p in quanto le parole profferite sono sicuramente tali da offendere l'aspetto fisico ed esteriore e sono idonee a ledere la sfera personale e privata di una donna, la cui immagine e' stata offuscata anche nell'ambito del proprio ambiente professionale. Nella fattispecie la querelante svolge la professione di avvocato e la frase ingiuriosa indirizzatale e' stata rivolta in pieno centro cittadino, addirittura a pochi metri dal Tribunale, tant'e' che il luogo in cui si e' verificato l'episodio rappresenta il punto di incontro di appartenenti all'ordine degli avvocati.

Corte di Cassazione Sezione 5 Penale, Sentenza del 31 gennaio 2011, n. 3360



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CALABRESE Renato Luigi - Presidente

Dott. ROTELLA Mario - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

Dott. SANDRELLI Giangiacomo - Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) VI. FI. , N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 8/2008 TRIBUNALE di CATANZARO, del 30/09/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

Udito il Procuratore Generale in persona del GALASSO Aurelio, che ha concluso per inammissibilita';

Udito il difensore avv. (Ndr: testo originale non comprensibile) Patrizia di Velletri.

FATTO E DIRITTO

Vi. Fi. proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza d Tribunale di Catanzaro che, in sede di appello, confermava la sentenza del Giudice di Pace di Catanzaro che aveva ritenuto la ricorrente responsabile del delitto di ingiuria in danno di De. Lu. Lo. e l'aveva condannata alla pena di euro 800,00 di multa ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Deduceva l'improcedibilita' del reato perche' nella querela presentata dalla De. Lu. mancava la richiesta di punizione della denunciatala rinuncia all'azione penale per aver la De. Lu. presentato in sede civile domanda di risarcimento del danno; la violazione del diritto di difesa perche' le richieste istruttorie negate dal primo giudice erano state ammesse in appello; l'insussistenza della valenza diffamatoria della condotta.

Il ricorso e' solo parzialmente fondato e deve essere accolto nella misura che di seguito si indichera'.

Infondati sono tutti i motivi di ricorso relativi al riconoscimento della penale responsabilita' della ricorrente.

Preliminarmente deve affermarsi che il reato era procedibile in quanto la De. Lu. ha proposto regolare querela con l'indicazione dei fatti ritenuti offensivi del suo onore e della persona che li aveva commessi.

Non e' necessario nella querela chiedere espressamente la condanna della persona denunciata, in quanto la stessa proposizione dell'atto indica la volonta' della parte che lo Stato intervenga per punire condotte ritenute penalmente rilevanti.

Non vi e' stata nessuna violazione del diritto di difesa in quanto rientra nella dinamica processuale, prevista espressamente dal legislatore, la possibilita' che il giudice di appello riapra l'istruttoria per ascoltare testi la cui deposizione non era stata ritenuta rilevante dal giudice di primo grado. In ordine al contenuto delle espressioni pronunziate dall'imputata nei confronti della De. Lu. , i giudici di appello hanno fornito ampia, adeguata e condivisibile motivazione in ordine alla natura della stesse lesiva dell'onore della De. Lu. .

Infatti i giudici di appello hanno sottolineato che sul piano della lesivita' giuridica la frase ingiuriosa pronunciata dalla Vi. nei confronti della De. Lu. , "sei un cesso, ma ti sei vista? ....sono la moglie di Ru.Fl. e questo cesso e' l'amante", viene ad assumere una particolare carica offensiva se rapportata al contesto in cui e' stata pronunciata e riferita al ruolo professionale e all'ambiente sociale della parte offesa. La De. Lu. infatti svolge la professione di avvocato e la frase ingiuriosa indirizzatale e' stata rivolta in pieno centro cittadino, addirittura a pochi metri dal Tribunale, tant'e' che il luogo in cui si e' verificato l'episodio rappresenta il punto di incontro di appartenenti all'ordine degli avvocati.

Giustamente i giudici di merito hanno ritenuto che la condotta ascrivibile all'imputata integra la fattispecie delineata dall'articolo 594 c.p in quanto le parole profferite sono sicuramente tali da offendere l'aspetto fisico ed esteriore e sono idonee a ledere la sfera personale e privata di una donna, la cui immagine e' stata offuscata anche nell'ambito del proprio ambiente professionale.

Fondato e' invece il motivo di ricorso relativo alla costituzione di parte civile della De. Lu. nel procedimento penale.

Infatti De. Lu. Lo. risulta aver iniziato con citazione del 12.12.2008, dopo la pronunzia della sentenza di primo grado, un procedimento civile diretto ad ottenere il risarcimento del danno affermando erroneamente che la sentenza penale di condanna era passata in giudicato. Infatti la proposizione dell'azione civile, dopo che questa e' stata precedentemente proposta in sede penale, comporta la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale e cio' impedisce al giudice penale di mantenere ferme le statuizioni civili relative ad un rapporto processuale ormai estinto. Sez. 4, Sentenza n. 31320 del 15/04/2004. Pertanto, preso atto della revoca, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in ordine alla costituzione di parte civile.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla costituzione di parte civile che elimina.

Rigetta nel resto il ricorso.
 

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