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La distruzione delle intercettazioni, i cui risultati non possono essere utilizzati a seguito di una pronuncia di inutilizzabilità, può essere disposta solo dopo che la pronuncia sia divenuta irrevocabile

La distruzione delle intercettazioni, i cui risultati non possono essere utilizzati a norma dell'articolo 271 c.p.p., commi 1 e 2, non puo' essere disposta in esecuzione di una dichiarazione di inutilizzabilita' intervenuta nel procedimento incidentale "de libertate", perche' presuppone una statuizione di inutilizzabilita' processualmente insuscettibile di modifiche, che faccia escludere la possibilita' di utilizzazione futura nell'ambito del processo. (Corte di Cassazione Sezione 2 Penale, Sentenza del 18 giugno 2009, n. 25590)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAGANO Filiberto - Presidente

Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere

Dott. DE CRESCIENZO Ugo - Consigliere

Dott. MANNA Antonio - Consigliere

Dott. RAGO Geppi - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

su ricorso proposto da:

1. PU. AN. , nato il (OMESSO);

2. GE. GI. , nato il (OMESSO);

avverso l'ordinanza del 16/05/2008 del g.i.p. del Tribunale di Roma; Visti gli atti, l'ordinanza ed il ricorso; udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Rago Geppino;

lette le conclusioni del Procuratore Generale in persona del Dott. Angelo Di Popolo che ha concluso per il rigetto.

FATTO

Con ordinanza del 28/1/2008, il g.i.p. del Tribunale di Roma, da una parte, disponeva che il P.m. formulasse, nei confronti di Pu. An. e Ge. Gi. , l'imputazione con riferimento ai fatti di cui al capo n. 1 (per Pu. - Ge. ) e n. 3 - 4/A - 4/E (per Pu. ), dall'altra, disponeva l'archiviazione per entrambi gli indagati relativamente ad altri fatti. Il G.I.P., nel corpo dell'ordinanza, rilevava che "i risultati delle intercettazioni telefoniche effettuate nella sede giudiziaria di provenienza non sono utilizzabili nel presente procedimento, poiche' dovrebbero essere utilizzati con riferimento ad un reato, quello di truffa aggravata (gia' corruzione), per il quale le intercettazioni stesse non furono all'epoca mai autorizzate (...) e per il quale reato, in ogni caso, i parametri di cui all'articolo 266 c.p.p. escludono il ricorso a tale mezzo di ricerca della prova (...)".

Con istanza depositata in data 24/4/2008, i suddetti indagati, richiamata l'ordinanza 28/1/2008, chiedevano al g.i.p. l'immediata distruzione delle intercettazioni telefoniche ritenute inutilizzabili. Con provvedimento del 16/5/2008, il g.i.p. respingeva l'istanza "ritenuto che le violazioni sanzionate con l'inutilizzabilita' rilevano in tema di prova ed ai fini del giudizio e che pertanto appare opportuno che vadano valutate e sanzionate con i divieti di utilizzazione ex articolo 271 c.p.p. nella sede a cio' deputata, ovvero il dibattimento, essendo, peraltro, rilevabile l'inutilizzabilita' in ogni stato e grado". Avverso il suddetto provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli indagati denunciandone l'abnormita'. Sostengono, infatti i ricorrenti che il g.i.p., a fronte della disposizione prevista nell'articolo 271 c.p.p. che impone che le intercettazioni illegittime siano distrutte in ogni stato e grado del processo, non avrebbe potuto sottrarsi ad un obbligo di legge ben preciso ed investire della decisione il Tribunale ossia un organo che ancora non era stato neppure investito del processo non essendo stato disposto il rinvio a giudizio.

In tal modo il g.i.p. aveva introdotto un anomalo criterio di competenza esclusiva "futura" non conosciuto dal nostro ordinamento.

Ad avviso, invece, del P.G., "la questione sollevata risulta destituita di fondamento, ancora tralasciandosi la valutazione di ricorribilita' ex se' del provvedimento impugnato e di individuazione del giudice funzionalmente competente, ma semplicemente applicando principi giurisprudenziali certamente condivisibili (Cass. sez. 6, n. 33810/2007 Rv 237155) secondo i quali la distruzione immediata della documentazione delle intercettazioni non utilizzabili ex articolo 271 c.p.p. postula e richiede una statuizione di inutilizzabilita' processualmente insuscettibile di modifiche, tale non potendo essere considerata quella incidentalmente desumibile, nella concreta fattispecie processuale, dal provvedimento di archiviazione, evidentemente emesso allo stato degli atti e suscettibile di prosieguo ex articolo 414 c.p.p.".

DIRITTO

Trattandosi di ordinanza emessa nel corso di un procedimento, il ricorso in Cassazione e' ammesso solo per abnormita', per tale dovendosi intendere, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, "non solo il provvedimento che, per la singolarita' e stranezza del contenuto risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e' delle ipotesi previste, al di la' di ogni ragionevole limite. L'abnormita' dell'atto processuale puo' riguardare tanto il profilo strutturale, allorche' l'atto per la sua singolarita', si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilita' di proseguirlo": ex plurimis SS.UU 17/1997 Rv. 209603, SS.UU. 26/1999 Rv. 215094 - Cass. 27716/2003 Rv. 225857.

Per stabilire, quindi, se il provvedimento impugnato sia o meno abnorme occorre verificare se si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale ovvero se abbia determinato, relativamente alla questione sollevata (distruzione delle intercettazioni non utilizzabili), una situazione di stasi.

La soluzione delle suddette questioni presuppone la ricostruzione della normativa processuale in ordine alla distruzione delle intercettazioni non utilizzabili.

L'articolo 269 c.p.p., commi 1 e 2 dispone, come regola generale, che le registrazioni sono conservate integralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione, "fino alla sentenza non piu' soggetta ad impugnazione".

Alla suddetta regola che, con tutta evidenza, si riferisce alle intercettazioni regolarmente eseguite ed utilizzate nel corso del processo, il codice di rito pone due eccezioni ossia: 1) le intercettazioni non necessarie (articolo 269 c.p.p., comma 2); 2) le intercettazioni inutilizzabili (articolo 271 c.p.p., commi 1 e 2).

In entrambi i casi, infatti, e' prevista la distruzione: articolo 2692 c.p.p. quanto alle intercettazioni non necessarie - articolo 271 c.p.p., comma 3, quanto alle intercettazioni inutilizzabili.

Diverse sono le modalita' stabilite per la procedura di distruzione.

Intercettazioni non necessarie: per tale tipologia di intercettazioni, l'articolo 2692 c.p.p. stabilisce che "gli interessati possono chiederne la distruzione, a tutela delle riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidate l'intercettazione.

Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127 c.p.p.".

Cio' significa, quindi, che la distruzione puo' essere chiesta subito ma puo' essere disposta, ove accolta, solo all'esito di un subprocedimento particolare, da svolgersi con le modalita' previste dall'articolo 127 c.p.p., e che si conclude con un provvedimento che, in ogni caso (venga o meno impugnato con successivo ricorso per Cassazione ex articolo 127 c.p.p., comma 7) e' destinato a divenire definitivo.

E', pertanto, ovvio concludere che, nella suddetta ipotesi, la distruzione puo' essere disposta solo dopo che il provvedimento, reso all'esito del suddetto procedimento camerale, sia divenuto definitivo.

Intercettazioni inutilizzabili: per tale tipologia di intercettazioni, l'articolo 271 c.p.p., comma 3, stabilisce solo che l'ordine di distruzione e' dato dal giudice in ogni stato e grado del processo "salvo che costituisca corpo di reato".

La norma, quindi:

- indica il giudice competente ad ordinare la distruzione, ossia quello che dichiara l'inutilizzabilita';

- non indica la procedura che occorre seguire;

- non stabilisce se l'ordine di distruzione sia o meno immediatamente esecutivo.

Il fatto che, nella suddetta ipotesi, il meccanismi processuale sia stato, per cosi' dire, lasciato "in bianco" dal legislatore (contrariamente alle ipotesi delle intercettazioni non necessarie) si spiega agevolmente con la considerazione che la questione della inutilizzabilita' della prova illegittimamente acquisita, e' una questione processuale che va risolta secondo le regole ordinarie nel senso che, ove su di essa sorga contestazione, la decisione non puo' che essere presa all'interno del procedimento secondo i meccanismi previsti in quella determinata fase processuale in cui la questione e' stata sollevata, con la conseguenza che la decisione diventa definitiva o per preclusione endoprocessuale o quando non sia piu' impugnabile una volta che sia stata esperita tutta la trafila processuale. Cio' comporta che, ove la questione sorga davanti al g.i.p. e sia costui competente ad ordinare la distruzione (avendo dichiarato l'inutilizzabilita') la procedura che deve seguire non puo' che essere quella camerale, ex articolo 127 c.p.p., l'unica in grado (in questa fase) di garantire il piu' ampio contraddittorio fra le parti e dal quale non si puo' prescindere stante la particolare rilevanza ed importanza della decisione che il giudice deve assumere.

Quanto appena detto, consente, quindi, di affermare che:

- la distruzione dev'essere ordinata dal giudice che dichiara l'inutilizzabilita' dell'intercettazione;

- la distruzione dev'essere eseguita solo quando la decisione sull'inutilizzabilita' sia divenuta definitiva. Tale principio e' agevole desumerlo sulla base delle seguenti osservazioni: a) come si e' visto, dalla normativa dettata in tema di distruzione delle intercettazioni non necessarie, si evince che le medesime devono essere distrutte solo dopo che la decisione sia divenuta definitiva: se, quindi, vige un divieto di distruzione per un'ipotesi minore (le intercettazioni legittime ma non necessarie) a fortiori (secondo l'argomento a minori ad maius), il suddetto divieto deve valere per le intercettazioni necessarie sulle quali si controverte se siano o meno illegittime; b) lo stesso articolo 271 c.p.p., comma 3, prevede solo venga dato l'ordine di distruzione non che il medesimo sia immediatamente eseguibile; c) l'interprelazione prospettata e' l'unica costituzionalmente orientata perche', tenendo conto delle finalita' del processo penale (che, sebbene improntato al principio accusatorio, deve pur sempre tendere all'accertamento della verita' e deve svolgersi in modo giusto sulla base di prove legittimamente acquisite) sarebbe abnorme la distruzione di una prova decisiva (a favore dell'accusa o della difesa) sulla base di una decisione che venisse poi riformata.

Le suesposte osservazioni, consentono, quindi, di enunciare il seguente principio di diritto: "ove insorga controversia in ordine alla utilizzabilita' di intercettazioni ai sensi dell'articolo 271 c.p.p., la distruzione delle medesime dev'essere ordinata, in ogni stato e grado, dal giudice che le dichiari inutilizzabili, ma dev'essere eseguita solo quando la suddetta decisione divenga irrevocabile".

Va, pertanto, dato continuita' ed ulteriormente ampliato il principio di diritto statuito (sebbene in fattispecie del tutto differente) da questa Corte secondo il quale "La distruzione delle intercettazioni, i cui risultati non possono essere utilizzati a norma dell'articolo 271 c.p.p., commi 1 e 2, non puo' essere disposta in esecuzione di una dichiarazione di inutilizzabilita' intervenuta nel procedimento incidentale "de libertate", perche' presuppone una statuizione di inutilizzabilita' processualmente insuscettibile di modifiche, che faccia escludere la possibilita' di utilizzazione futura nell'ambito del processo": Cass. n. 33810/2007 Rv. 237155. Chiarito il meccanismo processuale in base al quale si possa pervenire alla distruzione delle intercettazioni non utilizzabili, resta da verificare se l'ordinanza impugnata sia o meno abnorme alla luce dell'enunciato principio di diritto.

Sul punto, va osservato che la decisione del g.i.p. di rinviare al giudice del dibattimento la questione della utilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche, da una parte, si pone in contrasto con l'ordinanza del 28/1/2008 (con la quale lo stesso g.i.p. aveva dichiarato inutilizzabili le intercettazioni in questione) e, dall'altra, si risolve, in un inammissibile non liquet a fronte della legittima istanza degli indagati. Con il seddetto provvedimento, pertanto, il g.i.p., ha determinato una stasi del subprocedimento finalizzato alla distruzione delle intercettazioni perche', posto che dev'essere il giudice che ha dichiarato l'inutilizzabilita' delle intercettazioni ad ordinarne la distruzione (e, quindi, nella fattispecie, il g.i.p.), di fatto, gli indagati si trovano nell'impossibilita' di ottenere da alcun altro giudice l'ordinanza di distruzione.

P.Q.M.

Senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma per l'ulteriore corso.

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