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La misura del sequestro sui conti correnti bancari dei congiunti può scattare solo se l'accusa riesce a dimostrare che gli importi sono "cosa pertinente al reato"

Una somma di denaro può essere definita corpo di reato solo ove sia proprio quella acquisita attraverso l'attività criminosa, mentre, ove rappresenti esclusivamente la misura del valore di un credito - come avviene dopo il suo eventuale deposito in un istituto bancario - essa è sequestrabile solo in quanto cosa pertinente al reato. Ne consegue che la misura del sequestro sui conti correnti bancari dei congiunti può scattare solo se l'accusa sia riuscita a dimostrare che gli importi sono "cosa pertinente al reato".



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione seconda penale

composta da:

Dott. ESPOSITO ANTONIO - Presidente

Dott. GALLO DOMENICO - Consigliere

Dott. DE CRESCIENZO UGO - Consigliere

Dott. CHINDEMI DOMENICO - Consigliere

Dott. RAGO GEPPINO - Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

su ricorso proposto da:

Ga.Cl. nato il (...), avverso l'ordinanza del 30/10/2008 del Tribunale del Riesame di Treviso;

Visti gli atti, l'ordinanza ed il ricorso;

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;

Sentite le conclusioni del Procuratore Generale in persona del dott. Giovanni D'Angelo che ha concluso per l'annullamento senza rinvio;

FATTO E DIRITTO

Con decreto emesso in data 3/10/2008, il P.M. presso il Tribunale di Treviso "ritenuto necessario sottoporre a sequestro le seguenti somme di denaro (...) in quanto trattasi di profitto e perciò di cose pertinenti al reato per cui si procede" sottoponeva a sequestro probatorio ex art. 253 ss c.p.p. la somma di denaro di Euro 71.629,22 depositata su un conto corrente bancario ed un dossier titoli intestati a Ga.Cl., soggetto terzo nonché padre di Ga.Da. indagato per il reato di cui all'art. 646 - 61 n° 11 c.p.

Proposta richiesta di riesame, il Tribunale di Treviso, la respingeva osservando che:

- sussisteva il fumus commissi delicti nei confronti di Ga.Da. il quale aveva dichiarato che le somme depositate sul c/c e sul dossier titoli intestati a suo padre, erano riconducibili alla propria attività delittuosa;

- la tesi difensiva secondo la quale alcuni versamenti erano stati eseguiti in epoca non sospetta, non giovava "ad elidere il fumus commissi delicti (...) e che comunque l'eventuale restituzione, in tutto o in parte della somma in sequestro non potrà prescindere dai necessari controlli e verifiche in ordine al suo legittimo possesso (...) sicché proprio a tal fine appare comunque necessario mantenere il vincolo".

Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Ga.Cl. adducendo i seguenti motivi:

1. Violazione, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in tema di sequestri: lamenta il ricorrente che la somma di denaro in questione è stata sequestrata in assenza dei presupposti di legge essendo stato disposto "su denaro che non è corpo di reato né pertinente al reato e che non soddisfa esigenze probatorie, confondendo i requisiti e le finalità proprie di tale mezzo di ricerca della prova con i sequestri che invece hanno natura di misure cautelari reali";

2. Violazione del diritto di difesa: si duole il ricorrente che il decreto di sequestro indica solo gli articoli di legge violati, genericamente riferiti ad un'appropriazione indebita aggravata che sarebbe stata commessa in un arco di tempo biennale senza alcuna ulteriore precisazione nemmeno della parte offesa;

3. Omessa motivazione; sostiene il ricorrente che il decreto sarebbe privo di alcuna motivazione in ordine alle esigenze probatorie che non possono mai esser considerate in re ipsa e che tale carenza di motivazione è stata perpetuata dal Tribunale che non avrebbe spiegato quali siano le ragioni probatorie che giustificano il sequestro;

4. Violazione dell'art. 262 c.p.p.: lamenta il ricorrente l'illegittimità del sequestro "in quanto è stato disposto e mantenuto nonostante l'esponente abbia dimostrato il legittimo possesso del denaro e la propria posizione di terzo estraneo di buona fede, risultando anzi la sua qualità di persona offesa dal reato".

In tema di sequestro probatorio tre sono i principi di diritto fissati dalle SS.UU. (sentenza n° 5876/2004 rv 226712) e, poi reiteratamente ribaditi da questa Corte (Cass. 23215/2004 Rv 229415 - Cass. 9556/2004 Rv 228389 - Cass. 30328/2004 Rv 229127 - Cass. 25966/2004 Rv 22978 - Cass. 35615/2004 Rv 229721 - Cass. 17289/2006 Rv 234532 - Cass. 17711/2004 Rv 232282):

1. "il ricorso per violazione di legge, ai sensi dell'art. 325.1 c.p.p., è ritualmente proponibile per denunciare la mancanza assoluta di motivazione dell'ordinanza di riesame, confermativa del sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato, in ordine al presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti";

2. "il decreto di sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato dev'essere necessariamente sorretto da idonea motivazione, anche in ordine alla concreta sussistenza del presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti" ossia dell'assicurazione della prova del reato per cui si procede o della responsabilità dell'autore;

3. essendo il potere di iniziativa attribuito al Pubblico Ministero (immediatamente ovvero mediatamente tramite la convalida dell'operazione di sequestro della polizia giudiziaria ex art. 354-355 c.p.p.), "non può che spettare allo stesso organo, esclusivo dominus delle indagini preliminari e delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale, identificare e allegare le ragioni probatorie che, in funzione dell'accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l'applicazione della misura. Di talché, a fronte dell'omessa individuazione nel decreto di sequestro delle esigenze probatorie e della persistente inerzia del Pubblico Ministero pure nel contraddittorio camerale del riesame, il tribunale non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un'arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell'organo dell'accusa, siano state da questi radicalmente e illegittimamente pretermesse".

Applicando i suddetti principi al caso di specie, il ricorso deve ritenersi fondato atteso che:

- il decreto di sequestro risulta mancante della minima motivazione in ordine alle esigenze probatorie, tale non potendosi considerare la stereotipata formula "ritenuto necessario sottoporre a sequestro le seguenti somme di denaro (...) in quanto trattasi di profitto e perciò di cose pertinenti al reato per cui si procede";

- lo stesso Tribunale, ha fondato la propria decisione solo sulla sussistenza del fumus commissi delicti aggiungendo che era necessario mantenere il sequestro "a fini di prova" dovendo essere eseguiti "controlli e verifiche" in ordine al legittimo possesso del denaro da parte del ricorrente. Ma questa ultima parte della motivazione deve ritenersi doppiamente fuorviante: a) perché, qualora si volesse ritenere che integri gli estremi dell'esigenza probatoria, non rientrava nei compiti del Tribunale individuare quale fosse la suddetta necessità, potendo il Tribunale solo integrare o ampliare la motivazione che dev'essere contenuta nel decreto che, però, non ne faceva menzione alcuna: in terminis: Cass. 45212/2007 Rv. 238517; b) perché, a tutto concedere, si tratta di un'esigenza che non ha nulla a che vedere con quelle probatorie (una cosa è indicare quale sia l'esigenza probatoria che impone il vincolo, altra cosa è l'accertamento della proprietà della cosa) tanto più ove si consideri che il P.M. (cfr. motivazione decreto sequestro) aveva ritenuto che il denaro in questione fosse non corpo del reato (nel senso di denaro acquisito attraverso l'attività criminosa) ma cosa pertinente al reato (nel senso che rappresentava solo la misura del valore del credito: Cass. Sez. 3^, 8 maggio 2003, Zorzi e altri "una somma di denaro può essere definita corpo di reato solo ove sia proprio quella acquisita attraverso l'attività criminosa, mentre, ove rappresenti esclusivamente la misura del valore di un credito - come avviene dopo il suo eventuale deposito in un istituto bancario - essa è sequestrabile solo in quanto cosa pertinente al reato"): - occorreva, quindi, indicare, la specifica finalità probatoria che giustificasse il provvedimento, di talché la motivazione addotta dal Tribunale si rivela essere tautologica ed incongrua.

In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi fondata sicché l'ordinanza va annullata.

P.Q.M.

ANNULLA

L'impugnata ordinanza e dispone che gli atti siano trasmessi al Tribunale di Treviso per il corso ulteriore.

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