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La pendenza di un procedimento penale per fatti che hanno dato luogo ad un danno coperto da assicurazione non impedisce il decorso della prescrizione

La pendenza di un procedimento penale per fatti che hanno dato luogo ad un danno coperto da assicurazione (nella specie, procedimento per incendio doloso a carico dell'assicurato contro i danni derivanti dall'incendio) non costituisce, di per sè, fatto impeditivo del decorso della prescrizione del diritto all'indennizzo, salvo che le parti, nella loro autonomia contrattuale, non lo abbiano espressamente elevato a condizione sospensiva, perché, in tal caso, la pendenza del giudizio penale rappresenta un ostacolo giuridico all'esercizio del diritto, che, a norma dell'art. 2935 c.c., impedisce il decorso della prescrizione.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 21 ottobre 2010, n. 21601



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARIO ROSARIO MORELLI - Presidente -

Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI - Consigliere -

Dott. GIOVANNI FEDERICO - Consigliere -

Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO - Rel. Consigliere -

Dott. GIULIO LEVI - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 19099-2006 proposto da:

Fu. Li. S.p.a., già S.n.c., (...), in persona dell'Amministratore Delegato Sig. No. Li., elettivamente domiciliata in Ro., Via Mo. Ze. (...), presso lo studio dell'avvocato Ca. De Po., rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Es. giusta delega a margine del ricorso;
 

- ricorrente -

contro

Generali Assicurazioni S.p.a., elettivamente domiciliata in Ro., Via Ci. (...), presso lo studio dell'avvocato Er. Pr. (Studio Associato Be.), che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

Assitalia S.p.a. (...), in persona dell'Avv. Ma. Fu., elettivamente domiciliata in Ro., Via Ci. (...), presso lo studio dell'avvocato Er. Pr. (Studio Associato Be.), che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrenti -

nonché contro

Vittoria Assicurazioni S.p.a., Unione Subalpina Assicurazioni S.p.a., Meie S.p.a.;

- intimati -

avverso la sentenza n. 2245/2005 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, IV SEZIONE CIVILE, emessa il 28/6/2005, depositata il 11/07/2005, R.G.N. 5213/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2010 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l'Avvocato Er. Pr.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

A seguito di un incendio verificatosi in un capannone, sito in Ca., di proprietà di Lu. Sp. e condotto in locazione dalla Fu. Li. S.n.c. ai fini della produzione di carta, la Fu. Li., premesso di aver stipulato sin dal 1986 polizza assicurativa con la società Assicurazioni Generali conveniva, con atto di citazione del 25.1.94, innanzi al Tribunale di Napoli quest'ultima per sentirla condannare al risarcimento dei danni.

Costituitasi la Assicurazioni Generali ed effettuate su sua richiesta le chiamate in causa della BN Commercio e Finanza, Vittoria S.p.a., Unione Subalpina di Assicurazione, Assitalia S.p.a. e Meie S.p.a., l'adito Tribunale, con sentenza n. 9156/2001 dichiarava cessata la materia del contendere tra le Generali, Unione Subalpina di Assicurazione e Vittoria mentre dichiarava la nullità della chiamata in causa di Assitalia e Meie.

Avverso tale decisione proponeva appello la Fu. Li. S.p.a. lamentando che il Goa del Tribunale di Napoli era incorso in violazione dell'art. 112 c.p.c. per aver affermato la prescrizione del diritto azionato contro le coassicuratrici; aveva affermato illegittimamente la tardività della chiamata in causa dell'Assitalia S.p.a. e della Meie S.p.a.; aveva apoditticamente ritenuto cessata la materia del contendere obliando anche il riconoscimento degli interessi e non aveva fornito spiegazione alcuna sulla quantificazione del danno nella somma di Lire 964.431.600; aveva illegittimamente compensato, e per l'intero, le spese di causa.

Si costituiva la Assicurazioni Generali S.p.a. rilevando che, quale coassicuratrice al 40% aveva erogato la somma a suo carico di Lire 587.818.000, a seguito di una perizia da parte di un tecnico fiduciario, per cui ogni ulteriore pretesa dell'appellante doveva essere disattesa.

L'Assitalia, eccepita la prescrizione ex art. 2952 c.c., reiterava l'eccezione di nullità della chiamata in causa e deduceva l'infondatezza dell'appello nei suoi confronti per essere estranea, unitamente alla Meie, alla garanzia relativa al sinistro occorso all'appellante, lamentava inoltre la compensazione delle spese di lite disposta del Goa.

La Meie, a sua volta, eccepiva l'intervenuta prescrizione del diritto azionato e censurava la compensazione delle spese di giudizio.

Le Società U.s.a. e Vittoria, eccepita la prescrizione, ribadivano la nullità della loro chiamata in causa e deducevano di aver comunque corrisposto la quota loro spettante (20% pro capite).

Con sentenza 5213/01, la Corte d'Appello di Napoli, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Napoli n. 9156/01, così provvedeva: condanna la Generali Assicurazioni S.p.a. al pagamento in favore dell'appellante, degli interessi legali sulla somma di Euro 330.338,00 (ex Lire 587.418.000) dal 25.5.95 e rigetta nel resto ogni ulteriore pretesa dell'appellante nei confronti della Compagnia; rigetta l'appello della Fu. Li. S.p.a. contro Assitalia, Meie, Usa e Vittoria; rigetta gli appelli incidentali dell'Assitalia, Meie, Usa e Vittoria; dichiara interamente compensate le spese del doppio grado tra tutte le parti in causa.

Ricorre per cassazione la Fu. Li. con quattro motivi, e ulteriore memoria; resistono con controricorso le Assicurazioni Generali e Ina Assitalia.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 1341 c.c., elemento pregiudiziale all'erogazione dell'indennizzo dovuto".

Con il secondo motivo si deduce violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto nonché dell'art. 112 c.p.c. Si afferma in proposito che "per quanto riguarda la quantificazione dell'indennizzo dovuto alla Fu. Li. sia in primo che in secondo grado, i Giudici hanno sostanzialmente riconosciuto la misura di Lire 1.261.846.000; tuttavia, null'altro hanno deciso, ritenendo la questione assorbita dal tema (erroneo) della prescrizione e dal tema della carenza di legittimazione passiva (per Meie ed Assitalia). Cosicché la Fu. Li. non ha ottenuto una pronuncia di condanna sul saldo residuo spettategli in ottenuto in Lire 297.413.400 a completamento dell'indennizzo di Lire 1.261.846.000, da tutte le parti in lite e dai Giudici di merito riconosciuto, invece, come dovuto".

Con il terzo motivo si deduce difetto di motivazione in relazione al "contrasto logico" tra due punti della decisione d'appello. Si afferma in proposito che "i Giudici di merito, a questo proposito, hanno tenuto conto solo dello status quo come fotografato al momento della citazione introduttiva, tralasciando gli sviluppi verificatisi fino alla precisazione delle conclusioni istruttorie di primo grado. Con questo metodo hanno incomprensibilmente confuso fatti ed effetti connessi, ricollegando gli uni agli altri, senza alcun rispetto della loro collocazione spazio-temporale".

Con il quarto motivo si deduce ancora difetto di motivazione in relazione agli articoli in tema di interpretazione del contratto nonché agli artt. 112 e 91 c.p.c. Si afferma in proposito che "ad intregrazione delle considerazioni formulate, si deve sottolineare che nella pronuncia di appello risulta omesso qualsiasi riferimento alla richiesta di condanna del saldo residuo di Lire 297.414.400"; inoltre che "a pag. 13 della sentenza impugnata si registra una discordanza tra l'importo di lire incassato e quello dovuto" ed ancora che "sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno ritenuto di non dover pronunciare in ordine alla condanna delle spese legali nonostante il palese tardivo adempimento, per altro parziale".

Il ricorso non merita accoglimento.

Deve innanzitutto premettersi che la Corte di merito con l'impugnata decisione ha escluso il vincolo di solidarietà tra le compagnie assicuratrici, affermando, sulla base delle risultanze di causa (non ulteriormente esaminabili nella presente sede) che "nell'atto di dichiarazione n. 92/03 dell'8.10.92 sono espressamente specificati, come condizione particolare di polizza debitamente sottoscritta dalla Futura s.n.c, sia il riparto dell'indennizzo (40% a carico delle Generali, 30% a carico dell'U.s.a. e 30% a carico della Vittoria) sia l'esclusione di ogni solidarietà tra le coassicuratrici"; tale ratio non è assolutamente presa in considerazione nel ricorso e le relative censure ne prescindono.

Più specificamente, quanto al primo motivo deve rilevarsi la sua infondatezza e pretestuosità in quanto, come già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 14387/99), la pendenza di un procedimento penale per fatti che hanno dato luogo a un danno coperto da assicurazione (nella specie, procedimento per incendio doloso a carico dell'assicurato contro i danni derivanti dall'incendio) non costituisce, di per sé, fatto impeditivo del decorso della prescrizione del diritto all'indennizzo, salvo che le parti, nella loro autonomia contrattuale, non lo abbiano espressamente elevato a condizione sospensiva, perché, solo in tal caso, la pendenza del giudizio penale rappresenta un ostacolo giuridico all'esercizio del diritto, che, a norma dell'art. 2935 cod. civ., impedisce il decorso della prescrizione; di tale eventuale accordo non è stata fornita nella vicenda in esame alcuna prova, al di fuori di un mero riferimento numerico in ricorso ad un articolo delle condizioni generali, e la ricorrente non ha evidenziato in proposito la prospettazione di tale questione nella fase di merito.

Anche il secondo motivo, sia per quanto esposto in relazione all'esclusione del vincolo solidale, sia perché attiene al quantum della liquidazione che riguarda una valutazione in fatto, non può essere accolto; del tutto poi privo di autosufficienza è l'ulteriore profilo censorio della violazione dell'art. 112 c.p.c.

Inammissibili sono, poi, il terzo e il quarto motivo perché erroneamente denunciano vizi con riferimento alle norme di interpretazione del contratto in correlazione al contenuto decisionale della sentenza impugnata.

Infine, l'ultimo profilo di censura del quarto motivo è anch'esso inammissibile perché denuncia una "discordanza, fra l'importo di lire 964.431.600, incassato, e quello dovuto il lire 1.216.846.000, secondo la perizia", così prospettando un eventuale mero errore materiale e comunque una inammissibile quaestio facti.

In relazione alla complessa natura della controversia sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra tutte le parti in causa le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

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