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La scelta di andare a vivere con il partner è accettata "a tutti i livelli sociali" e non può far riconoscere, al genitore irato, l'attenuante della provocazione

La circostanza che una donna venticinquenne decida di andare a convivere col fidanzato non può integrare gli estremi del fatto ingiusto. Il comportamento di due giovani che decidono di conviverre, infatti,. é ormai comunemente accettato a tutti i livelli sociali e non può ritenersi contrario a norme giuridiche o a regole, condivise dalla collettività, etiche, sociali o di costume. (Corte di Cassazione Sezione 5 Penale, Sentenza del 15 aprile 2008, n. 15543)



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIZZUTI Giuseppe - Presidente

Dott. COLONNESE Andrea - Consigliere

Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere

Dott. AMATO Alfonso - Consigliere

Dott. OLDI Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) TI. GI., N. IL (OMESSO);

2) TI. AN., N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 09/11/2006 CORTE APPELLO di CATANZARO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. COLONNESE ANDREA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FEBBRARO Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore Avv. GENTILI Carla Maria del Foro di Roma.

OSSERVA

La Corte d'appello di Catanzaro con sentenza 9.11.2006 confermava la decisione del G.U.P. della stessa citta', in data 16.12.2005, con la quale Ti. Gi. e Ti. An. erano stati ritenuti responsabili dei reati, commessi in concorso, di danneggiamento, con un badile, della vettura "Fiat Uno", di proprieta' di Am. Fr. (capo 1 della rubrica), di tentata violazione di domicilio, perche', cercando di abbatterne con un badile la porta d'ingresso, compivano atti idonei inequivocamente diretti ad introdursi nell'abitazione dell'Am. (capo 2) e di tentata violenza privata perche', mediante le azioni indicate, compivano atti idonei diretti a costringere Ti. Vi. ad uscire dalla detta abitazione (capo 3).

Gli imputati miravano, con le condotte descritte, a far uscire Ti. Vi., rispettivamente sorella e figlia degli imputati, dalla casa dove era andata a convivere con il fidanzato Am. Fr..

Propone ricorso per cassazione il difensore degli imputati denunciando violazione di legge e vizio di motivazione.

Deduce, con riguardo alla posizione di Ti. Gi., che non era dimostrato che l'imputato avesse preso parte alle azioni realizzate dal proprio padre.

Sostiene, nel secondo motivo, che non risultava provata "la rilevanza penale del fatto" e non era stata argomentata la "sussistenza dell'elemento psicologico in capo all'imputato".

Lamenta, nel terzo motivo, il diniego di applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p., comma 1.

Assume, infine, che erroneamente non e' stata ritenuta configurarle l'attenuante della provocazione; la fuga di Ti. Vi. dall'abitazione paterna costituiva fatto ingiusto idoneo a determinare uno stato d'ira dell'imputato.

Relativamente alla posizione di Ti. An. assume, analogamente a quanto dedotto dal coimputato, che i reati erano stati commessi nello stato d'ira determinato dall'allontanamento della figlia Vi., che costituiva fatto ingiusto tale da legittimarne la reazione.

I motivi - che costituiscono riproposizione di analoghe doglianze avanzate in appello e disattese - sono destituiti di fondamento e pertanto i ricorsi devono esser rigettati con le conseguenze di legge.

Relativamente alla posizione di Ti. Gi. va osservato che - contrariamente alle deduzioni del ricorrente - la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato in ordine alla responsabilita' concorsuale del ricorrente.

Am. Fr. e Ti. Vi. avevano concordemente riferito che entrambi gli imputati avevano minacciato l' Am. di distruggere la vettura dello stesso se non avesse fatto uscire la fidanzata.

Le stesse persone offese avevano aggiunto che erano stati entrambi gli imputati a colpire l'auto e subito dopo ad assestar colpi contro la porta d'ingresso, tentando d'abbatterla per introdursi nell'abitazione.

In tale contesto coerentemente e' stato ritenuto che Ti. Gi. aveva preso parte attiva, con piena consapevolezza dell'illiceita' della condotta, nella realizzazione dei reati, donde non si profilavano i presupposti per ritenere che il contributo dello stesso si fosse concretizzato nell'assunzione di un ruolo del tutto marginale, cioe' di efficacia causale cosi' lieve da apparire trascurabile nell'economia dell'iter criminoso.

Relativamente alla doglianza - proposta da entrambi i ricorrenti - concernente il mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione, deve rilevarsi che la sentenza fornisce adeguata giustificazione circa le ragioni del diniego.

La circostanza che Ti. Vi. - all'epoca venticinquenne - avesse deciso di andare a convivere col fidanzato non poteva integrare gli estremi del fatto ingiusto. Il comportamento dei due giovani e' ormai comunemente accettato a tutti i livelli sociali e non puo' ritenersi contrario a norme giuridiche o a regole, condivise dalla collettivita', etiche, sociali o di costume.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.

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